3046 Il relatore della Margherita: «sì alla doppia cittadinanza»

20070329 13:05:00 redazione-IT

E’ scontro da settimane nell’Unione sul testo di riforma della legge sulla cittadinanza. Intervista al relatore del testo unificato, Gianclaudio Bressa: «Sbagliato ragionare sulle patologie. La cittadinanza è un forte fattore di stabilità»
di Cinzia Gubbini (da Il Manifesto)

Roma – Ieri (27.03) l’ultimo (forse) vertice di maggioranza. Poi, il testo di riforma della legge sulla cittadinanza dovrebbe essere approvato in commissione e finalmente approdare in aula. L’ultimo scoglio è rappresentato dalla «doppia cittadinanza»: si deve o no permettere a chi vuole diventare italiano di mantenere la sua cittadinanza di origine? Ma è solo l’ennesimo tema di discussione.

E’ stata tutta in salita la strada del testo unificato partorito dal relatore della Margherita Gianclaudio Bressa, che ha messo insieme i diversi progetti di legge presentati alla Camera oltre a quello varato dal governo. Cercando, in molti casi, di allargare gli spazi. E questo ha scatenato la bagarre: i più intransigenti nell’Unione, Italia dei valori e Udeur, spesso alleati di Forza Italia e An. A Bressa l’onore di trovare il compromesso. Lui è un uomo pacato. E per alcuni una vera rivelazione. Visto da sinistra, non ci si aspetterebbe da un deputato della Margherita una posizione così progressista, e su un tema scottante come l’immigrazione.
Cos’è per lei la cittadinanza, onorevole?
Di certo non è una graziosa concessione dello Stato. E’ un diritto soggettivo, seppur affievolito, riconosciuto dallo Stato quando una persona lo chiede
Nel suo testo la cittadinanza è un’ «attribuzione». Cosa significa?
Che si gioca tutto su un doppio atto di volontà: da parte dello straniero che vuole diventare cittadino e da parte dello Stato che che vuole agevolare questa possibilità, riconoscendola come un diritto. Si fa una scommessa, considerando la cittadinanza non un percorso ad ostacoli ma uno strumento che consente una migliore e più rapida integrazione. La nostra ipotesi è scommettere che chi chiede di diventare cittadino lo fa perché ha deciso di far parte di questa comunità.
Sia nella maggioranza che nell’opposizione c’è chi è contrario alla doppia cittadinanza. Qual è la sua posizione?
Io sono per dare la possibilità alle persone di mantenere la cittadinanza del paese di origine, per una serie di semplici motivi. Intanto, attualmente vige il regime della doppia cittadinanza. Ma il primo è di carattere storico: siamo un paese di emigrazione, i nostri emigranti hanno patito sulla loro pelle la scelta di non essere cittadini italiani per farsi accogliere da altri paesi, e il nostro ordinamento non prevede che tu debba rinunciare. Tra l’altro nel testo unificato c’è un articolo che consente il riacquisto della cittadinanza per gli emigranti che l’hanno perduta. La logica, dunque, è quella dell’equilibrio: non si possono usare due pesi e due misure.
E’ molto attesa la modifica dell’acquisizione della cittadinanza per i bambini stranieri che nascono in Italia. Su questo siete d’accordo?
Lo abbiamo risolto stamattina (ieri, ndr). Non sarà uno ius soli in senso stretto: diventeranno italiani i bambini nati in Italia di cui uno dei genitori sia residente in modo regolare da almeno cinque anni.
E ci sarà il requisito del reddito?
Per i genitori dei bambini nati in Italia no, visto che questo sarebbe un diritto «per nascita». Per gli adulti, invece, sì. D’altronde il reddito è previsto dalla direttiva europea sulla carta per lungo soggiornanti, dunque ci è stato fatto notare che l’attribuzione della cittadinanza non poteva essere più favorevole.
E per quanto riguarda gli altri requisiti?
Stiamo ancora discutendo. Il mio testo prevede la conoscenza della lingua italiana pari alla terza elementare.
Un emendamento dell’Italia dei valori chiede, tra le verifiche, quella sulla dichiarazione dei redditi.
Io avrei accettato quest’ipotesi se ci fosse stata la reciprocità: chi non paga le tasse perde la cittadinanza. Ma credo che ridurremmo di molto i nostri concittadini…
Perché discussioni così accese dentro la maggioranza?
Faticose, ma non accese. Credo ci sia il vizio, quando si parla di immigrazione, di partire sempre dalla patologia. Si vuole mettere mano a tutti i possibili casi limite. E non si vuole scommettere sull’idea che la cittadinanza possa essere, invece, un fattore di integrazione, stabilità e sicurezza.
In questa discussione è stato spesso sostenuto da Rifondazione. E’ lei l’anomalia?
Stiamo parlando di diritti e la loro garanzia, se si vuole, è nella grande lezione di Moro e del cattolicesimo democratico.

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