3042 PARTITO DEMOCRATICO: Lettera aperta di Occhetto a Fassino e Veltroni

20070328 23:36:00 redazione-IT

Caro Walter, caro Piero,

mi rivolgo in modo particolare a voi due per il tipo di collaborazione privilegiata che ci ha accompagnato durante la svolta e negli anni immediatamente successivi.

Lo faccio con una certa trepidazione, perché mi sembra di avvertire, assieme ad altri, un profondo disagio prodotto dalla sensazione che la politica italiana stia rischiando di perdersi. Che in sostanza fra poche settimane, con il congresso dei Ds, si possa precipitare in un buco nero nelle profondità oscure del quale si rischierebbe di perdere il senso stesso, il significato delle scelte dominanti, delle stesse discriminanti che hanno caratterizzato fino ad ora il nostro modo di sentire l’impegno pubblico.

In quel buco nero temo che possa sparire, prima di tutto, la sinistra.

Questa mia affermazione, come vi sarà chiaro, non nasce da una sorta di nostalgia conservatrice per la vecchia sinistra.

Ho più volte affermato che non ho alcuna prevenzione, o pregiudizio ideologico, verso la formazione di un partito democratico capace di fondere, attraverso una effettiva contaminazione ideale e politica, i diversi riformismi della tradizione politica italiana.

All’indomani della svolta della Bolognina io stesso proposi la costituente di una nuova formazione politica. Anche il Pds, come ricorderete bene, avrebbe dovuto essere nella nostra visione strategica solo una prima tappa sulla strada della formazione di un nuovo organismo alla cui nascita contribuissero forze esterne provenienti non solo dai tradizionali partiti, ma anche dalla stessa società civile. In sostanza, si trattava di quella che allora chiamammo la sinistra sommersa, che si andava formando attorno ai problemi e alle sfide del nuovo millennio che stava per aprirsi e non già nel chiuso delle vecchie, e a volte logore, nomenclature politiche.

Questa ipotesi doveva essere favorita dal formarsi di una grande coalizione, una sorte di Carovana, come la chiamai in modo forse troppo colorito, nella quale ogni convoglio mantenesse la propria identità di partenza, ma che fosse ispirata dalla identica tensione ideale e morale verso la nuova frontiera di una politica profondamente rinnovata.

Il «Grande Ulivo» del 1996 incominciò ad incarnare questa idea. In quella occasione uomini e donne che il muro ideologico della guerra fredda aveva divisi si ritrovarono dalla stessa parte, dando vita ad un’ effettiva esperienza unitaria di base. Esattamente come nella mia visione della Carovana quella esperienza avrebbe dovuto, senza forzature burocratiche dall’alto, preparare il terreno di coltura di una fecondazione unitaria da realizzarsi nel vivo di una comune esperienza di vita politica e sociale.

Purtroppo quell’idea, come sapete, è stata sacrificata, con la crisi del primo governo Prodi, frutto di un vero e proprio complotto politico, sull’altare della vecchia politica. Invece di fornire alla coalizione una propria autonoma identità, di un originale soggetto politico di coalizione, rispetto al quale i partiti avrebbero dovuto fare un passo in dietro, i partiti stessi si ripresentarono con prepotenza sul proscenio della politica italiana portando con sé tutto il retaggio di vecchi rancori e antiche contrapposizioni. Con l’aggravante che al posto dei grandi partiti di massa usciti dalla Resistenza apparve la loro caricatura di meri comitati elettorali, dando così vita ad una sorta di partitismo senza partiti.

Non c’era dubbio pertanto che occorresse riprendere, in qualche modo, la via della unificazione a sinistra e della contaminazione tra i diversi riformismi di cui abbiamo tante volte parlato.

Ma come farlo? Questa è la domanda che vi pongo; perché dovete sapere che non è il fine, sul quale comunque ci sarebbe molto da discutere, che mi spaventa, ma è il modo che ancor mi offende.

La mia risposta a quella domanda è: in un modo totalmente opposto da quello tentato con l’attuale proposta di partito democratico. A mio avviso occorreva prendere le mosse da una effettiva costituente delle idee che avviasse la stagione di un confronto culturale e programmatico aperto, in partenza, all’insieme del popolo di centrosinistra. Purtroppo la scelta non è stata questa; la società civile, nelle sue differenti espressioni, non è stata chiamata a raccolta, e tutta l’operazione politica si è ridotta all’incontro di due apparati molto ristretti, quello dei Ds e quello della Margherita. Una strada, quella che è stata imboccata, che si allontana sia dall’ispirazione ulivista del primo Prodi e sia dalla visione che del partito democratico era stata avanzata dallo stesso Veltroni.

Infatti il partito che tu Walter avevi sognato, lo so per certo perché ne abbiamo parlato tante volte, anche di recente, avrebbe dovuto essere il naturale coronamento della stagione ulivista per nascere dal crogiuolo del tutto originale di forze politiche, movimenti, associazioni e personalità della cultura e della società civile. Questa, come si sa, era anche la mia ipotesi di lavoro, anche se probabilmente, vissuta su alcuni punti programmatici, con una torsione più di «sinistra» della tua.

Ma poco importa, perché in una grande forza politica democratica, riformatrice e liberal non dovrebbe certamente vigere lo spirito del centralismo democratico proprio dei vecchi partiti comunisti, che, con la svolta, mi onoro di aver contribuito a sradicare definitivamente.

E con te, caro Piero, ho lavorato, gomito a gomito, per quella grande impresa che è stata l’ingresso degli ex-comunisti italiani nell’Internazionale socialista e la co-fondazione, da parte mia, del Partito del socialismo europeo.

Ebbene ora mi chiedo e vi chiedo: queste due ipotesi di lavoro dovevano necessariamente separarsi tra di loro?

Ma soprattutto che cosa è rimasto di tutto quello che abbiamo pensato, sognato nell’attuale tentativo della formazione di un partito democratico che si basa sull’incontro, molto spesso insincero, tra ex-comunisti e ex-democristiani, e su un’ipotesi programmatica, che per quanto venga sapientemente coperta da alcuni espedienti verbali, è sostanzialmente moderata?

Per questo vi dico con estrema franchezza che se la formazione del nuovo partito democratico dovesse procedere su questi binari, già minati in partenza, si lascerebbe nella politica italiana un enorme spazio vuoto: quello di una sinistra moderna, capace di reinventare il senso di una attuale ispirazione socialista e democratica.

Ma prima che le nostre strade si separino definitivamente mi chiedo, se si vuole per davvero muovere verso la formazione di un nuovo partito democratico collegato alla grande famiglia della sinistra europea, se non sia il caso di fermarsi a pensare per riprendere il cammino su basi diverse e più solide. Su basi che si riallaccino per davvero alla nostra comune esperienza precedente.

Vi chiedo una pausa di riflessione al fine di rendere più chiaro il percorso e più ampio il consenso verso la costruzione di una formazione politica capace di raccogliere l’eredità positiva del «Grande Ulivo» e della «Carovana» verso la nuova frontiera della politica italiana.

Se avrete il coraggio e insieme l’umiltà di fare questo, siatene certi, potrò, assieme a molti altri, riprendere con voi lo stesso cammino.

In caso contrario, sarà compito ideale e morale di molti di noi di impegnarsi perché la sinistra in quanto tale non sparisca dal panorama politico italiano.

Con affetto e speranza

 

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EmiNews 2007

 

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