3065 Il club dei ricchi taglia gli aiuti ai Paesi poveri

20070404 15:04:00 redazione-IT

Luigina D’Emilio

«Dammi uno 07!» Con questo slogan le Nazioni Unite lanciano un appello importante ai governi perché sia onorata la promessa fatta dai paesi più ricchi, tra i quali l’Italia, di dare lo 0,7% del Prodotto Interno Lordo in Aiuto Pubblico allo Sviluppo. Un’invito che ha ben più di un motivo per essere rilanciato nel giorno i cui l’Ocse rende noto un rapporto che evidenzia come nel 2006 gli aiuti allo sviluppo da parte dei 22 principali paesi donatori siano addirittura calati del 5,1%.

«La data entro la quale gli obiettivi dovranno essere raggiunti, il 2015, non è molto lontana, ma i risultati sì» ricorda Silvia Francescon, coordinatrice per l’Italia della Campagna del Millennio.I paesi firmatari della dichiarazione del Milennio sono 189, tutti con lo scopo di sradicare i mali che affliggono i paesi più poveri: fame, istruzione, mortalità infantile, Aids, parità tra uomini e donne. Ad indossare la maglia nera per percentuale del Pil destinata all’aiuto pubblico allo sviluppo con uno scarso 0,20% (tale percentuale scende allo 0,11% al netto della cancellazione del debito) anche l’Italia. I numeri sono stati resi noti da un rapporto dell’Ocse (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che ricorda come le informazioni pubblicate riflettono le disposizioni della finanziaria 2005, e quindi del governo Berlusconi.

La lista dei più avari è guidata dai ricchi Stati Uniti. Ma anche l’Italia è agli ultimi posti tra i paesi donatori eppure si era impegnata in importanti forum internazionali, insieme ad altri paesi ricchi, a raggiungere, entro il 2015, lo 0,70% PIL. Tale impegno è stato ulteriormente ribadito in sede europea, dove l’Italia aveva dato la parola a raggiungere anche delle scadenze intermedie. In particolare: lo 0,33% entro il 2006 (obiettivo evidentemente non raggiunto) al Consiglio dei Ministri dell’UE a Barcellona nel 2002, e lo 0,51% entro il 2010 al Consiglio Europeo di Bruxelles nel 2005.

Nella lista c’è anche chi si distingue per aver mantenuto le promesse fatte e chi va oltre come la Svezia che ha già raggiunto l’1,03%, la Danimarca lo 0,80%, il Lussemburgo lo 0,89%, i Paesi Bassi lo 0,81%, la Norvegia lo 0,89%. Tutti i partner europei stanno mantenendo le scadenze intermedie. Ultimi tra gli ultimi assieme al Belpaese Grecia e Portogallo.

Eppure un’inversione di rotta c’è. Con l’ultima finanziaria, infatti, il governo Prodi ha aumentano gli aiuti alla cooperazione. «Ma ancora non ci siamo replica la Francescon perché essi sono pur sempre insufficienti per onorare gli impegni internazionali, ma la volontà di fare qualcosa di serio in questo senso c’è. Si sta valutando la possibilità di intervenire con diversi strumenti come una tassa sulle transazioni valutarie internazionali. A tal fine, ricorda la Francescon, l’Italia è entrata recentemente nel gruppo di quei paesi che sta portando avanti questa discussione a livello internazionale e anche questo è µn segnale di ripresa di protagonismo nella scena internazionale su questi temi. È importante, poi, che il tema della qualità degli aiuti, e quindi la garanzia della loro efficacia, sia sempre presente nelle strategie di lotta alla povertà».

Sia il Presidente del Consiglio Romano Prodi, che il Ministro degli Esteri Massimo D’Alema, hanno ribadito in Parlamento che la lotta alla povertà rappresenta un asse portante dell’azione internazionale del governo. C’è da sperare che queste non siano solo parole, ma le buone intenzioni trovino spazio anche nel prossimo documento di programmazione economico finanziaria e nella prossima finanziaria, conclude Silvia Francescon.

www.unita.it

 

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EmiNews 2007

 

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