3092 Addio ai Ds, senza rimpianti

20070418 21:35:00 redazione-IT

Colloquio con Tortorella: il Pd è l’approdo naturale per quei liberal-democratici che fecero la svolta. Per gli altri il socialismo non può essere un etichetta: è un compito da affrontare uniti. E senza fretta
di Andrea Fabozzi

E’ lo strappo definitivo ma è quello che fa meno male. Il congresso dei Ds comincia dopodomani e la liquidazione dell’eredità postcomunista sarà cosa fatta entro la fine della settimana, ma ad Aldo Tortorella questo non provoca alcuna emozione. Sarà che essendogli capitato di lavorare con Togliatti, Longo e Berlinguer fa fatica a vederli traslocati fuori dai nuovi pantheon. Sarà soprattutto che sono passati diciotto anni dall’89, e gli ultimi dieci Tortorella li ha passati lontano dai Ds, non più leader della minoranza di sinistra nella Quercia ma ancora padre nobile di una sinistra ancora senza approdo.
Di fronte al partito democratico, dunque, nessuna resistenza. «Anzi – spiega – vedrei persino l’utilità di un vero partito liberal democratico che non c’è mai stato in Italia. A patto, e mi sembra difficile, che riesca ad essere laico». Il Pd come approdo naturale di «quei giovani che io stesso insieme agli altri compagni più vecchi avevo chiamato alle responsabilità» alla morte di Berlinguer. I giovani essendo gli allora avanzati trentenni D’Alema, Veltroni e Fassino che poco dopo «davanti alla sconfitta del comunismo si sono venuti convincendo che non c’è nulla fuori della liberal-democrazia, ma potrei anche dire del liberismo». Parte da lì lo «scivolamento continuo» che finisce nel Pd e la ragione è che «non ci si è più posti il problema dei fondamenti di una cultura di sinistra, si è rinunciato del tutto a cercare un punto di vista di sinistra persino sottovalutando la portata della sconfitta. Perché con l’89 non va in crisi solo l’Unione sovietica e nemmeno solo il comunismo, ma anche il socialismo visto che tutti si trovavano nelle parole d’ordine ‘proprietà sociale dei mezzi di produzione e scambio’».
Certo non tutto è cominciato nell’89 «neanche nell’ultimo Pci c’è stata una riflessione su cosa voleva dire dirsi marxisti e chi voleva tentarla era guardato male», ma poi con gli anni della «rivoluzione liberale» e del «paese normale» tutto si compie: «Lo sfondamento è avvenuto sul terreno culturale. Ci spiegavano: i comunisti hanno lottato per l’ammodernamento dell’Italia, vogliamo continuare quella lotta. Solo che allora l’ammodernamento voleva dire, mettiamo, la nazionalizzazione dell’Enel, e poi è significato liberalizzazioni spinte. Fino a che questi nuovi dirigenti ci hanno spiegato che Gramsci con Americanismo e fordismo faceva l’elogio degli Stati uniti e criticava l’arretratezza dell’Europa e che Berlinguer era anticomunista».
Tortorella conserva un po’ di quella polemica con il correntone che lo portò all’epoca della guerra in Kosovo a lasciare in quasi solitudine i Ds: «L’insistenza contro lo scioglimento del partito da parte dei compagni della sinistra mi è sembrata una battaglia un tantino di retroguardia». Ma ora che l’uscita di un blocco organizzato con Mussi e Salvi alla testa sta per realizzarsi finalmente e inevitabilmente, ora Tortorella naturalmente approva: «E’ un fatto utile e importante e niente affatto scissionistico, loro restano fedeli alla volontà di militare in una forza di ispirazione socialista». Mentre per il Pd è persino eccessiva la definizione di compromesso storico bonsai trovata da Boselli: del compromesso storico quello vero Tortorella fu tra i critici e adesso dice che «nell’intenzione di Berlinguer non è mai stato il banale accordo tra Pci e Dc ma un’intesa tra le classi che da quei partiti erano rappresentate, in ogni caso si cercò l’alleanza di governo non certo di fare un partito unico». E a proposito di Bettino Craxi nel pantheon – «è grottesco» – è il caso di fare una puntualizzazione: «Proprio volendolo giudicare non dal punto di vista penale ma da quello politico bisogna considerare che gli anni di Craxi furono quelli dell’esplosione del debito pubblico, un po’ strano doverlo ricordare a chi oggi insiste con il rigore».
Quello che a Tortorella interessa è «cogliere l’occasione» per costruire «una sinistra nuova e moderna» ed è persino prudente nell’usare l’aggettivo che a questo punto si impone – «socialista» – perché «c’è un po’ di ipocrisia in questo presentarsi con delle etichette così nette, io sono comunista, io sono socialista, mi viene da dire: ma di che parlate? Che significa dirsi socialisti oggi, che vogliamo un po’ più bene ai lavoratori? La prima discussione da fare è che cos’è adesso il pensiero socialista, ed è una domanda da fare a tutti quelli che sono interessati, ai compagni della sinistra ds a quelli di Rifondazione, ai comunisti italiani e persino a Boselli, Angius e Macaluso, perché no? Mi pare che si stia facendo strada la convinzione che bisogna fare veramente qualcosa di nuovo». E’ più o meno questo il perimetro del «cantiere» che si è aperto a sinistra del Pd e Tortorella con la sua Associazione per il rinnovamento della sinistra non ha già scelto quale sarà l’esito finale anche perché c’è subito un problema aperto, speculare a quello del Pd. «Dal mio punto di vista – spiega – sarebbe stato auspicabile che Mussi e gli altri avessero fatto la battaglia più per l’unità delle sinistre in Europa che per l’appartenenza al partito socialista europeo. I compagni del Prc con Sinistra europea hanno scelto un’altra collocazione. Fortunatamente non è detto che né l’una né l’altra siano molto solide e forse non è il caso di farsi affascinare troppo da queste questioni di appartenenza. Più importante è stabilire un’alleanza, questo mi sembra che si possa fare ed è già molto».
Dunque tutto il contrario del Pd: la costruzione di una nuova sinistra organizzata non è per oggi e nemmeno per domani: tempi lunghi. E intanto «ricostruire il più possibile insieme una cultura di sinistra». E non si tratta nemmeno di recuperare il meglio delle tradizioni, «serve di più fare circolare idee nuove senza incarognirsi nella rifondazione delle diverse tradizioni». Le priorità che Tortorella indica non sono poche, lavoro e libertà in cima alla lista, ma più in generale «il nuovo socialismo ha un compito diverso da quello del Novecento che ha lavorato soprattutto sulle quantità, vuoi per la redistribuzione vuoi per l’utopia egualitaria. Adesso bisogna discutere della qualità, qualità dello sviluppo innanzitutto, una questione che non può essere risolta nei limiti del pensiero liberal-democratico, non si può salvare il capitalismo da se stesso». Dunque è un problema di cultura politica come dice anche Bertinotti – «ha ragione» – ma non è un problema con una soluzione già scritta: «Oggi è difficile pensare a un nuovo partito di sinistra, è più facile per partiti e associazioni esistenti aprire una discussione comune sui fondamenti, sui contenuti delle idee, per tutto il tempo che ci vorrà». E alla fine Tortorella propone anche uno spunto dal quale partire, non proprio indolore: «Come si può stare al governo senza diventare governativi?».

 

3092-addio-ai-ds-senza-rimpianti

3865

EmiNews 2007

 

Views: 8

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.