3368 Gino Bucchino a “America Oggi” quotidiano di New York

20070606 16:02:00 redazione-IT

Gino Bucchino ed il suo primo anno in Parlamento

NEW YORK – Giovedì ci sarà un incontro a New York con l’on. Gino Bucchino, deputato eletto nelle liste dell’Unione nella circoscrizione Nord America. Il deputato italo-canadese risponderà alle domande della comunità in un dibattito intitolato “Verso il Partito Democratico. Una forza grande come il futuro”, moderatrice Emilia Vitale, del gruppo di New York dei Democratici di Sinistra-L’Unione di Prodi. L’incontro si terrà il 7 giugno, alle 7 pm, presso la Società San Cono di Teggiano di Brooklyn (231 Ainslie St., Brooklyn per info. Tel. 646 338 6118).

All’on. Bucchino “America Oggi” ha inviato in anticipo qualche domanda sul suo primo anno di esperienza in Parlamento. Ecco le sue risposte:

Come si vive da parlamentare a Roma? Un libro uscito da poco di due giornalisti del Corriere della Sera, intitolato “La Casta,” va a ruba e sembra stia facendo tremare la politica italiana. Dopo un anno di esperienza nel palazzo, pensa che certi attacchi siano esagerati o meritati?

“Vivere a Roma e vivere l’esperienza di parlamentare è una grande emozione che si rinnova ogni giorno che ho occasione di entrare in aula. Avvertire la sacralità del cuore della democrazia è davvero una fortuna che capita a pochi. Il libro di Stella parla di privilegi e di abusi, che in buona parte sono veri. Non credo però che facciano tremare la politica. Ci vuole ben altro! Sono solo, purtroppo uno spaccato del malcostume italico che solo un lungo lavoro di educazione potrà cambiare”.

Come è il rapporto con gli altri parlamentari eletti all’estero, mi riferisco anche con quelli del centrodestra. Per esempio con l’on. Ferrigno di Forza Italia, eletto nella sua circoscrizione Nord America, vi parlate, consultate e coordinate ogni tanto?

“No, non è facile parlare e coordinarci. Pensiamo troppo in forma egoistica e non riusciamo a condividere quasi niente. E’ un vero peccato perché al di là delle differenze ideologiche, e sono molte, i problemi che riguardano gli italiani all’estero e la loro soluzione dovrebbero essere condivisi e avere un sentire comune”.

Al varo del governo Prodi, ci furono delle polemiche per la mancata scelta di un eletto all’estero per l’incarico ministeriale per gli italiani nel mondo. E’ passato un anno: è soddisfatto dell’operato del vicemistro Danieli o pensa che avrebbe potuto far meglio uno di voi?

“Il vice ministro Danieli è un vero uomo politico con tutto quello che di positivo e di negativo che ne consegue. Ha fatto molto per gli italiani all’estero ma non è un italiano all’estero. Credo che se il suo ruolo fosse stato ricoperto da uno di noi l’Italia avrebbe potuto dare un segnale più dignitoso di attenzione verso i nostri connazionali. Credo anche però che avremmo ottenuto risultati ancora più scarsi dato che gli eletti dall’estero sono ancora guardati come dei marziani”.

Cosa pensa del Partito democratico? Lei crede che il suo leader debba essere scelto al più presto possibile oppure meglio non aver fretta?

“Il Partito democratico è una sorta di percorso obbligato, la speranza di dare alla politica un volto nuovo che sappia rispondere ad una Italia che cambia. Dobbiamo anche però avere il coraggio di individuare in tempi brevi un nuovo leader, forte. So che questo può creare delle serie difficoltà di tenuta e di immagine dell’attuale governo. Non credo che abbiamo bisogno solo di un segretario di partito con il ruolo di coordinatore. Io ho fiducia che un forte capo del governo e un forte segretario possano convivere. Se questo però non fosse possibile dovremmo avere anche il coraggio di affrontare perfino una crisi di Governo. Gli italiani capirebbero e la scelta sarebbe premiata”.

Quale è per lei il motivo principale della sconfitta elettorale del centrosinistra alle elezioni amministrative?

“Per me la risposta è semplice; non si tratta della vittoria dell’astensionismo e dell’antipoltica. Si tratta piuttosto della sconfitta della politica che si è allontanata dal paese reale, della sua incapacità decisionale e del non sapere mantenere le promesse”.

La sua opinione sulla nuova legge sull’immigrazione che sostitusce la Bossi-Fini?

“So che nell’opinione pubblica fa presa la spinta della paura del diverso perché innesca egoistici meccanismi di difesa. La nuova legge è un piccolo passo avanti, un atto di coraggio sulla strada della vera cultura della tolleranza e della solidarietà. Dobbiamo convincerci che il fenomeno immigrazione è inarrestabile. Tutti hanno diritto per sé e per la propria famiglia di cercare condizioni di vita migliore. Dobbiamo imparare a convivere sapendo che gli immigrati possono darci colore e calore umano. Resta però fermo il nostro diritto-dovere di salvaguardare il nostro patrimonio di nazione e dobbiamo pertanto esigere il rispetto delle regole, le nostre regole”.

Sulla legislazione dei Dico cosa pensa? Nel rapporto tra Stato e Chiesa in Italia, si aspettava questa partecipazione del Vaticano negli affari della politica interna italiana?

“I Dico sono un atto dovuto per la difesa de diritti dei cittadini. Il nostro è uno stato laico e laico deve rimanere. La Chiesa ha tutto il diritto di parlare e difendere i suoi principi e i suoi valori. Noi abbiamo il sacrosanto dovere di dialogare ma non necessariamente di sollevare un bran baccano su una presunta ingerenza. Dobbiamo andare avanti”.

E’ soddisfatto di come il ministro degli Esteri D’Alema guida la politica estera dell’Italia nei rapporti bilaterali con gli Stati Uniti e col Canada? A voi eletti nel Nord America, il governo chiede mai qualche consiglio su certe tematiche?

“L’azione del governo in tema di politica estera è ottima e ha ridato all’Italia dignità di attenzione. In tema di italiani all’estero nessuno ci chiede niente. Non per questo però ci arrendiamo. Attraverso interrogazioni parlamentari e proposte di legge facciamo sentire la nostra voce e riusciamo anche a portare qualcosa a casa come per esempio l’assicurazione della ratifica delle convenzioni in materia di previdenza fra l’Italia e il Canada”.

C’è una legge che avrebbe voluto presentare ma non ha potuto? Una che invece ha votato ma si è già pentito di averlo fatto?

“Avrei voluto vedere una legge ad hoc per la cittadinanza, mi riferisco al riacquisto della cittadinanza e alla normativa del riconoscimento. Il fatto che gli articoli di legge che riguardano gli italiani all’estero siano stati incorporati nell’articolato della nuova legge sulla cittadinanza che riguarda anche gli immigrati sta determinando dei pericolosi ritardi. Non ho firmato mai niente che non condividessi. Sono dispiaciuto che la strada di una legge che preveda l’assegno di solidarietà per i nostri connazionali indigenti sia stata abbandonata”.

Rai International: è cambiato qualcosa?

“Sì. Io credo nella nuova Rai International. Il cammino che abbiamo fatto finora è stato importante. Gli italiani all’estero non hanno mai abbassato la guardia. Adesso abbiamo anche ottenuto garanzie di maggiori finanziamenti e non potremo che migliorare”.

Se cadesse il governo e si rivotasse, lei si ricandiderebbe?

“Sono ormai più di venti anni che mi occupo di italiani all’estero. La mia vittoria alle elezioni è una grande soddisfazione. Onestamente credo di avere raggiunto lo scopo che mi prefiggevo per tutte le cose in cui credo e anche per la mia soddisfazione personale. Credo di avere le conoscenze della problematiche e la capacità per dare il mio contributo in questa legislatura. Non credo nelle investiture a vita”.

(America Oggi/Eminotizie)

 

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