3385 Mobilità umana e ordine internazionale

20070616 16:35:00 redazione-IT

Lavoriamo per una scommessa positiva

Sarà una sensazione naturale e ricorrente in ciascuna persona e in ogni epoca…Eppure è sempre con un senso di stupefazione che costatiamo, guardando il mondo attorno a noi, che il tempo e la circostanza in cui si svolge la nostra vita, sia individuale che collettiva, sono caoticamente pieni, sia di opportunità positive che di grandi rischi degenerativi.

Anche adesso, cercando uno spunto valido per la conversazione che idealmente facciamo ogni paio di settimane con gli amici del patronato Inas in Italia e nei paesi di emigrazione, ci colpisce la varietà delle situazioni nelle quali possiamo orientare le nostre osservazioni e l’azione, anche concreta, del nostro patronato. Una recente ricerca promossa dalla CIA (Confederazione italiana agricoltori), ad esempio, non sappiamo quanto vasta ed accurata, ci fa sapere che oltre il 70 per cento degli italiani non conosce il patronato, il suo profilo e la sua funzione, confermando, in questo modo, quanto già rilevato dalla ricerca della Fondazione Pastore promossa dall’Inas nel 2006. Da un’altra fonte poi apprendiamo che in tema di regolarizzazione della posizione degli immigrati, uno straniero ospite su tre utilizza la nostra assistenza gratuita per compilare la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno. E’ molto? è poco? è sufficiente? possiamo rallegrarcene o no?
Nel dubbio diciamo che occorre comunque fare di più: E dunque ripetere che i patronati, a cominciare dall’Inas, pur essendo enti giuridici di diritto privato collegati più o meno organicamente alle organizzazioni sindacali dei lavoratori (più, nel nostro caso, in rapporto alla Cisl) svolgono un servizio pubblico di assistenza e di tutela amministrativa e giudiziaria in favore di lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati, italiani o stranieri ( e dei loro familiari) per il conseguimento di prestazioni di qualsiasi genere in materia di sicurezza sociale, erogate da amministrazioni ed enti pubblici, nonché da enti gestori di previdenza complementare. In particolare per i migranti c’è un’assistenza diretta e immediata riguardo ai permessi. I nostri operatori infatti possono compilare seduta stante la domanda a video, rilasciandone agli interessati copia che poi va spedita per posta. Dunque una proceduta più rapida e snella di quella manuale, perché i dati vengono subito inviati per via telematica al centro di smistamento.
Come si sposa allora questo quadro con gli allarmi della stampa che parla di “permessi nel caos” di “37 mila documenti rilasciati sui 613 mila richiesti”, di “16 mesi per una risposta”, di “una domanda su 4, respinta”? E’ vero tutto e il contrario di tutto per chi come noi crede nella buona fede (salvo prova contraria) di chi comunica e diffonde notizie. Si tratta dunque di scegliere il lato positivo della realtà e di lavorarci su con la passione e l’impegno sociale di quanti operano per far andare la barca nel verso giusto, senza cedere né a facilonerie buoniste, né a catastrofismi demagogici.
Per la verità infatti si moltiplicano in tanti ambienti – non solo sindacali e non solo solidaristi per vocazione ideale – gli sforzi per la gestione dei flussi di mobilità, alimentati, in un mondo che vogliamo aperto e globalizzato, a causa di divari economici tra le diverse aree continentali e nazionali; a causa della più umana, comprensibile e giusta ricerca di serenità, di democrazia, di opportunità di progresso.
La storia sociale di noialtri italiani ci è maestra in questo sforzo, se non di diretta gestione della mobilità umana, almeno di consapevolezza profonda del fenomeno. Tra l’800 e il 900 ma ancora fino a 30-40 anni fa, oltre 30 milioni di connazionali hanno lasciato le loro terre piemontesi o venete, calabresi o sarde o siciliane per cercare migliori opportunità in Europa o al di là degli oceani. In questo senso abbiamo vissuto a pieno la prima globalizzazione, quella che si interruppe tragicamente con la prima guerra mondiale, incubata a lungo nei pentoloni ribollenti e scervellati degli opposti nazionalismi, con il loro gretto seguito di chiusure antarchiche e protezionistiche, quando non da ideologie di folli “purificazioni” razzistiche.
Siamo dunque titolati, non solo come organizzazioni sindacali e sociali ma come popolo riemerso dolorosamente alla democrazia e alla fratellanza pacifica, a operare, attraverso le nostre istituzioni, per mandare avanti la barca del XXI secolo. E in realtà, checchè se me dica, lo facciamo. E non solo l’Inas, in Sud-America o in Canada, in Australia o in Svizzera, con i suoi servizi e nelle sue sedi, ma anche con una politica europeista tanto misurata e accorta quanto illuminata e cooperativa. Pensiamo – e chiudiamo con questa sottolineatura positiva – all’impegno per rilanciare il cammino costituzionale europeo, senza inutili rimpianti ma cercando (col presidente Napolitano ma non solo) le soluzioni concordabili con le nuove leaderhip emergenti, in Francia come in Germania, in Gran Bretagna come nei paesi dell’Est turbati dal nuovo protagonismo russo e tentati dal by-passaggio diretto verso una protezione cercata oltre-Atlantico.
Vedremo, proprio in questo mese, se i grandi appuntamenti internazionali svoltisi ultimamente in Europa, daranno ragione – al di là di ogni conflitto sociale o di potenze – a quell’ottimismo della volontà per il quale anche come Inas e come Cisl, vogliamo spenderci!

 

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EmiNews 2007

 

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