3378 Gente d'Italia: La collettività italiana in Uruguay chiede a Danieli….

20070608 17:23:00 lagenteditalia

“Gente d’Italia” anche oggi in edizione speciale per la visita a Montevideo del vice ministro per gli Italiani nel mondo Comites, Cgie, imprenditori, Camera di commercio, ecco le richieste più urgenti della collettività uruguayana a Franco Danieli

MONTEVIDEO – La nebbia che per due giorni ha tenuto Montevideo in una morsa, ha cominciato a diradarsi solo nel pomeriggio di ieri. – scrive Federica Manzitti su Gente d’Italia quotidiano delle Americhe diretto da Mimmo Porpiglia.

Dopo l’ora di pranzo ha finalmente scoperto le case di quegli ottantamila e più che hanno il passaporto italiano, come degli uruguaiani senza antenati che parlassero la lingua di Dante, ha scoperto le scuole dove quella lingua non si insegna più per obbligo ministeriale e quelle dove lo si fa ancora col sostegno dei privati e il riconoscimento del Governo di Roma.
La nebbia ha scoperto anche il porto e i suoi container, la sua attività incessante come quella di un motore, economico in questo caso, che attrae investitori stranieri, e chiama quegli italiani come e più degli altri, e ha risparmiato le campagne dove non si produce più solo carne e lana e soia, ma anche vino e olio e legno.
E tutto questo che sia politico, sociale, industriale o agricolo, culturale o ludico si farà vedere, nebbia permettendo, anche oggi e domani fino a lunedì quando il viceministro Danieli riprenderà la strada per Roma. Ogni settore che compone questo mosaico che è la presenza italiana in Uruguay parteciperà in qualche modo, chi più, chi meno alla tre giorni di missione. Ma con delle differenze, appunto. Dal CGIE e dal Comites con aspettative diverse, che dalla Camera di Commercio italiana per fare un esempio. "Io vedo la visita del Vice Ministro con simpatia", dichiara Filomena Narducci, dal 2002 Vice Segretario Generale per l’America Latina del CGIE, " mi sembra che sia suo dovere venire ad incontrare le comunità all’estero e nello stesso tempo anche il riconoscimento per il lavoro che abbiamo svolto qui a Montevideo come in tutto il Sud America nella definizione dei temi più importanti da affrontare. Saremo poi noi a chiedere al Vice Ministro di continuare sulla linea di lavoro che si sta conducendo in Italia e di insistere su quei temi".
Quali Narducci? "Penso al tema della cittadinanza anche per chi ha una discendenza materna prima del 1948, che è una richiesta di sempre della nostra comunità, penso alle assicurazioni sanitarie a favore dei connazionali più poveri, alla riforma del CGIE, a quella sulla legge 153 in merito alla promozione culturale. Su tutti questi temi è importante che il Vice Ministro si confronti con noi".
Nel programma della missione c’è anche una pre-inaugurazione della nuova sede consolare. "Il Vice Ministro Danieli ha lavorato alla mappatura della rete consolare italiana in tutto il mondo. Per l’Uruguay è emersa dai dati la realtà di un rete deficitaria. Per quanto la designazione di una nuova sede è un passo importante, perchè sarà adeguata al numero di richieste che arrivano dalla nostra comunità, manca ancora il personale sufficiente per svolgere i servizi consolari in tempo reale come il rinnovo del passaporto".
Filomena Narducci ricorda poi che dal 2003 è stato di fatto chiuso l’ufficio cittadinanze. "Ossia le persone vengono ricevute fisicamente su appuntamento ma le domande non vengono accettate perchè ancora si devono smaltire quelle rimaste inevase". Simpatia quindi nei confronti del Vice Ministro, ma anche franchezza nell’indicare i nodi che ancora non passano al pettine. "La nostra rete consolare è deficitaria, il rapporto tra il numero di personale addetto e il numero di cittadini da assistere è troppo alto. Senza contare il fatto che in Uruguay abbiamo un solo consolato per tutto il paese, quindi anche molto distante da coloro che vivono nelle province dell’interno, e che non è neanche un consolato generale, quindi con un numero di funzionari ridotto". Si dice invece soddisfatta del lavoro che si sta svolgendo per la riforma della legge 153 in materia di promozione culturale. "Evidentemente bisogna adeguare ai nuovi italiani che abbiamo nel mondo e in America Latina gli strumenti di diffusione della nostra lingua e della nostra cultura".
E sulla questione dell’insegnamento nelle scuole superiori?. "E’ vero che il nostro era uno dei pochi paesi al mondo dove l’italiano veniva insegnato per l’indirizzo umanistico, ma rimangono i centri per la diffusione delle lingue e credo che con le leggi italiane e con i fondi governativi bisogna spingere sulla diffusione in altri termini e prendere anche in considerazione l’ipotesi di favorire iniziative anche popolari che possano far accedere allo studio dell’italiano un maggior numero di persone. La 153 va ristrutturata in base a questa realtà che è cambiata. In fondo", conclude la responsabile del CGIE, "stiamo chiedendo al Vice Ministro Danieli le stesse cose che gli chiedevamo quando era Sottosegretario, ma con la grande differenza che oggi di quelle stesse cose si sta discutendo in . E questo non è un dettaglio trascurabile".
Anche Renato Palermo, membro del Comites ricorda le visite e gli scambi già intessuti con l’attuale responsabile per gli Italiani nel Mondo. Si ricorda quando Franco Danieli venne a Montevideo da Sottosegretario agli Esteri, e quando era all’opposizione e venne ugualmente. "Lo conosciamo e lui conosce noi, ossia conosce le nostre esigenze. L’atteggiamento con il quale sta portando avanti queste tematiche nelle sedi del governo mi sembra interessante. E’ apprezzabile anche il fatto che voglia tornare ad incontrare le comunità, e venire, per così dire a sentire la temperatura, a tastare l’effetto delle proposte di riforma avanzate incontrando gli italiani all’estero".
Chiediamo a Palermo quali secondo lui siano le questioni che più premono alla comunità italiana in Uruguay. "Per noi e per tutto il Sud America è fondamentale la questione della rete consolare che numero. C’è poi il problema della cultura, e quello dell’assistenza. Su questi tre fronti abbiamo visto alcuni segnali positivi. Ad esempio con la nuova sede consolare di Uruguay salgono a tre gli edifici rinnovati del sistema diplomatico italiano in Sud America, penso ad esempio a Mar del Plata in Argentina e anche al Brasile. Ossia, c’è un adeguamento almeno fisico alla nuova domanda, ma si deve ancora adeguare il numero del personale e la tempistica dei servizi".
E la cultura, l’identità italiana? "E’ in moto la riforma della legge 153. E io credo che nella ricerca di canali alternativi vadano considerate le iniziative private che, se ben coordinate tra loro e appoggiate almeno in parte dall’Italia possono aiutare la diffusione della nostra cultura". E’ una migliore organizzazione di queste diverse realtà private, secondo Renato Palermo, la ricetta per aiutare una nuova promozione e una più capillare diffusione della lingua e della tradizione culturale bianca rossa e verde. "Sul piano dell’assistenza c’è bisogno di fare di più, ma con l’ultima finanziaria, che sappiamo essere stata severa, il governo ha aumentato lo stanziamento dei fondi e questo permetterà di avere una copertura migliore dell’assistenza diretta e migliorare assistenza per italiani meno fortunati. Con il nuovo esercizio 2007 ci sarà un aumento e credo che crescerà il numero degli assistiti, che oggi è di 150 persone circa".
Palermo ci sono altre aspettative in ballo? "L’assegno sociale. Ci stiamo muovendo perchè il parlamento voti per un assegno di solidarietà, e non più sociale. Sarebbe un modo per "risarcire" gli italiani nati in Italia e partiti nel dopoguerra, cioè quando non avevano alternative, una vita di lavoro duro, e trentacinque anni di contributi versati al fronte dei quali oggi dal governo uruguayano ricevono pensioni da settanta, ottanta euro al mese. Una decisione in questo senso potrebbe aiutare tante persone che soffrono della situazione che si è venuta a creare per gli effetti congiunturali dell’economia locale".
Ecco, l’economia. Dove sono gli imprenditori di origine italiana? Cosa faranno durante la visita di Franco Danieli e cosa si aspettano dal governo italiano?. Lo abbiamo chiesto a presidente dela camera di Commercio Italiana Manuel Ascer."Quella del Vice Ministro Franco Danieli è una visita politica. Non porta con sè nessuna delegazione imprenditoriale. Il nostro intervento quindi sarà solo protocollare." Amarezza, quindi anche se dissimulata nelle parole della persona che guida oggi un’istituzione nata 124 anni fa, la più antica delle Camere di Commercio italiane nel mondo, e che è alla vigilia delle celebrazioni per il centoventicinquesimo anniversario nel 2008. "Non c’è delusione nelle mie parole", corregge Ascer, " nei mesi precedenti abbiamo ricevuto tante visite e questi sono segnali positivi. Ma a noi preme anche informare l’Italia sullo stato degli investimenti italiani che qui in Uruguay non sono importanti come in Brasile e in Argentina. Gli italiani qui stanno investendo soprattutto nel settore del turismo e non mi riferisco solo a Punta del Este. Ci sono però altri settori degni di interesse. Prendiamo quello del legno. I finlandesi hanno speso 1miliardo e 200mila dollari per un impianto per la pasta di cellulosa. Il legno rappresenterà, nel futuro prossimo dell’Uruguay, una voce sempre più importante e vogliamo che anche gli italiani ne possano tenere conto". Gli imprenditori dello stivale invece sarebbero ancora legati in massima parte al turismo e all’agriturismo che in Uruguay si sta sviluppando con grande velocità e con elementi di qualità considerevoli. "Per cui io dico al Vice Ministro: se verrete con gli imprenditori saremo più felici. Noi abbiamo bisogno di nuova imprenditoria italiana e di stringere nuovi affari". In realtà è in arrivo nelle giornate intorno al 25 giugno, quindi a breve, una delegazione imprenditoriale guidata dalla presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso. "Abbiamo rapporti stretti con il Centro estero della Camera di Commercio del Piemonte. La governatrice verrà con una delegazione nutrita e saranno imprenditori interessati alla realtà uruguayana nei suoi diversi aspetti". Ci faccia qualche esempio. "
La logistica. E’ un settore in grande espansione. Oltre ai settori fondamentali della produzione locale come la carne, la lana e il pesce che sta andando forte, ci sono la logistica e il legno. D’altronde se guardiamo alla bilancia commerciale oggi vediamo che pende a favore dell’Uruguay. Il valore dell’interscambio è di duecento milioni di dollari: due terzi di esportazione verso l’Italia, un terzo di import. Su questo dato ovviamente influisce l’effetto euro che gioca a favore delle esportazioni dall’Uruguay dove ad esempio c’è la voce ortofrutticola che è in salita anche in virtù della controstagione". Insomma Ascer avrebbe molto da dire al Vice Ministro Danieli, ma il protocollo della visita, almeno di questa forse non gliene darà il tempo. "Quello che mi piacerebbe trasmettere, e che cerchiamo di far capire anche durante le nostre missioni in Italia è che ad esempio i nostri porti, quello di Montevideo in primis, sono molto convenienti, e lo sono assai più che quelli argentini. Ecco perchè la logistica diventa un settore interessante per un investitore italiano. Belgi e olandesi si sono convinti da soli e già stanno avanzando proposte, noi cerchiamo di portare sulla stessa strada ad esempio le autorità portuali di Genova e Trieste". Ma Ascer, non sarà che l’Uruguay non convince le imprese italiane perchè sempre troppo legata all’economia argentina dove in tanti sono rimasti scottati con la crisi del 2002? "E’ vero che questa è una convinzione diffusa, ma è sbagliata. L’Uruguay a differenza dell’Argentina ha sempre rispettato tutti i pagamenti di debito con l’estero. Lo ha fatto dopo la crisi del 2002, magari rinegoziando i termini di pagamento, prorogando, ma assolvendo sempre. E così è stato sia durante i governi democratici ,che durante il governo militare. L’Uruguay è un paese che mantiene i suoi impegni. E non va confuso con altri paesi".
Orgoglio uruguayo e italiano insieme anche nelle parole di un altro imprenditore, Angelo Del Duca, sbarcato a Montevideo nel lontano 1958. "La comunità italiana è cambiata tanto in questi anni. E’ cresciuto il numero delle persone con il passaporto, ma è calato quello dei nati in Italia. Noi facciamo il possibile perchè i nostri i figli e i nostri nipoti siano coscienti della loro identità italiana, ma quello che facciamo da soli non basta". Del Duca è un piccolo imprenditore, un self-made che mai ha chiesto nulla allo stato italiano eppure crede che fornire strumenti di incentivo all’imprenditoria sia importante. "Quello economico è un aspetto fondamentale. In questo settore l’Italia potrebbe fare molto. Ha una grande esperienza in piccola e media imprenditoria e la formazione adeguata di giovani imprenditori sarebbe preziosa. Naturalmente quando dico questo mi riferisco a qualcosa di pratico, di concreto, perchè apparentemente di iniziative di questo genere, di teoria ce ne sono tutti i giorni, noi compiliamo formulari, ma di concreto non abbiamo mai visto nulla". Nonostante nessuna formazione italiana abbia tirato sù i due figli di Del Duca per farne dei capi d’azienda, essi continueranno comunque nel solco del padre. Apprendimento sul campo, anche qui, self-made. E sul piano della cultura, dell’identità? "Io penso che quello che si sta facendo attraverso gli istituti di cultura e la scuola italiana è molto importante, però molte volte quello che avviene in queste istituzioni non arriva alla nostra comunità, non per colpa delle stesse istituzioni, ma perchè la nostra comunità, per diverse ragioni, perde interesse per questo genere di offerta .I miei figli, ad esempio, quando erano piccoli per imparare l’italiano, avrebbero potuto imparalo solo alla scuola italiana. Abbiamo lottato per ottenere l’insegnamento della nostra lingua di origine alla scuola pubblica, perchè, nonostante tutto il merito della scuola italiana , beh non basta per tutta la comunità. Oltre al fatto che non tutti possono permettersela. E lo dico senza dimenticare l’orgoglio che una scuola eccellente come quella suscita nella comunità intera. Io credo che bisogna tenere conto della realtà, del momento storico che si vive oggi. Sappiamo quello di cui hanno bisogno i nostri giovani e quello dobbiamo dare loro, non altro. Credo sia davvero possibile trovare delle forme alternative per la trasmissione della nostra cultura e per l’insegnamento dell’italiano."
Quindi, Del Duca è ottimista? " In parte, ma sono anche amareggiato per un altro verso. Manca della concretezza. Noi abbiamo passato tanti anni a discutere e a lottare e non è cambiato nulla. Anzi nella misura in cui passano gli anni e i temi sono sempre gli stessi calcoliamo la distanza tra le aspettative i risultati ottenuti. Dopo le parole spese, le istituzioni create, le comunità aspettano ancora. Ma le comunità, soprattutto su certi temi, non hanno più il tempo di aspettare. Se penso alla grande speranza che avevamo per il voto all’estero. Ci avevano detto che per contare, per farci sentire dovevamo creare degli organi di rappresentanza. Abbiamo fatto i Comites e il CGIE, poi finalmente siamo arrivati al voto e abbiamo eletto i nostri rappresentanti al Senato e in Parlamento. Ma se oggi quegli stessi rappresentanti non riescono a farsi valere perchè sono assorbiti dal sistema partitico italiano, cosa abbiamo ottenuto"? Le strutture, insomma per Del Duca, le forme, per lui che è uomo del fare più che del dire non servono a nulla se sono senza contenuti. "Se i nostri eletti non possono mantenere la loro indipendenza perchè devono fare quello che gli ordinano i partiti, allora abbiamo buttato via anni di lavoro. E se continuiamo a non ottenere risultati concreti, come facciamo a convincere i nostri i figli e i nostri nipoti a mantenere un legame culturale ed identitario con l’Italia?"Una domanda che, se non lo stesso imprenditore, forse qualcuno a Montevideo girerà al Vice Ministro Franco Danieli.

 

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EmiNews 2007

 

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