3401 IL LAVORO MINORILE: IL DOMANI RUBATO IERI ED OGGI

20070612 17:41:00 redazione-IT

L’OIL (Organizzazione Internazionale Lavoro) ha proclamato il 12 giugno “giornata mondiale contro il lavoro minorile”.
di Antonio Bruzzese

Uno dei più grandi disastri mineari, quello avvenuto il mattino del 6 dicembre 1907, alle 10.27, nella miniera di carbone di Monongah, negli USA, sarà certamente ricordato prossimamente, ad un secolo di distanza.
Nel cimitero, sulla collina del paese, sotto l’ombra dei pini, sono incisi i nomi, ormai sbiaditi, delle 361 vittime (in realtà il numero di morti fu di circa mille).

Il nome Monongah significa, nella lingua della tribù indo-americana Seneca, “Fiume dalle acque ondulate”. In quel cimitero, cullati da quelle “acque ondulate”, sotto i pini, riposano 171 minatori italiani, con la testa poggiata sul “cuscino rosso”, come chiama il salvagente delle navi degli emigranti lo scrittore molisano Giose Romanelli.

Eppure decine di minatori-bambini, morti in quel disastro, non hanno avuto nemmeno il “risarcimento” di una lapide: essi non avevano il “time-checks”, cioè il tipico bottone con la matricola del minatore. Non esistevano.
Eppure la commissione federale di inchiesta suppose che a causare lo scoppio sarebbe stato proprio uno di loro, uno di questi minatori bambini, chiamati “raccoglitori di ardesia” o “ragazzi dell’interruttore”, non registrati in nessun elenco, remunerati con qualche spicciolo direttamente dai minatori adulti.
Questo non è il solo luogo dove decine di lapidi portano i nomi di bambini di sette, otto, dieci anni morti in miniera, ma ne troviamo anche in Belgio e Lussemburgo, bambini magri particolarmente adatti ad entrare nei cunicoli più stretti.

Fino al 1842 in Gran Bretagna i bambini di 5 anni erano mandati legalmente a lavorare nelle miniere; una legge federale del 1885 vietava negli USA il lavoro nelle miniere prima del compimento dei 12 anni di età, ma ancora all’inizio del secolo XX numerosi erano i bambini di età inferiore ai 10 anni che lavoravano nelle miniere statunitensi. Essi erano incaricati, tra l’altro, di portare gabbiette con uccelli che, morendo in caso di esalazioni di gas, avrebbero segnalato il pericolo, o di raccogliere minerali o di azionare gli impianti.

Oggi nel mondo lavorano non meno di 352 milioni di bambini (nei paesi dell’OCSE 14 milioni), con età compresa tra i 7 e i 17 anni: il 23% del totale della popolazione infantile mondiale. Nei paesi sviluppati sono circa 14 milioni, in quelli di transizione economica (paesi dell’Europa dell’est) 8 milioni e 400 mila. In America Latina sono circa 28 milioni. Nella zona subsahariana, la parte più povera del continente africano, i minori lavoratori sono circa 66 milioni, mentre in Nord Africa sono 21 milioni. La zona geografica più popolosa del mondo, Asia e Pacifico, ne conta oltre 214 milioni. Molti di essi sono sfruttati per la prostituzione, il traffico di droga, la guerra. A tutti viene negato il diritto allo sviluppo, all’istruzione, alla salute, ad una vita sociale adatta alla loro età.

La Convenzione OIL n. 138 del 1978 fissò a 18 anni l’età minima per i lavoratori; solo in alcuni casi, dopo avere consultato le organizzazioni sindacali e datoriali, si potevano ammettere deroghe, a condizione di non compromettere la “salute, la sicurezza, la moralità” dei minori lavoratori e dopo avere verificato “specifica ed adeguata formazione professionale nel settore d’attività corrispondente”.
A distanza di un quarto di secolo, nel 1998, la Dichiarazione dell’OIL sui Principi e diritti fondamentali nel lavoro ha richiamato la necessità dell’”abolizione effettiva del lavoro infantile”.

In Italia un momento di convergenza importante è rappresentato dalla piattaforma comune di CGIL, CISL e UIL del maggio 2004: “MAI PIU’ LAVORO MINORILE!”

Le tre confederazioni hanno chiesto al Governo in quell’occasione di impegnarsi nella lotta all’evasione dell’obbligo scolastico, di ridefinire e riqualificare i percorsi formativi, di rilanciare gli Osservatori provinciali e regionali, di definire interventi di offerte culturali, didattiche e per il tempo libero finalizzate ad una migliore integrazione sociale dei minori, di promuovere una politica europea di monitoraggio e di intervento per lottare contro il fenomeno del lavoro minorile.

Tale piattaforma prevede anche un impegno delle confederazioni in sede di contrattazione sindacale, sia in Italia che in EUROPA (CES) ed una speciale attenzione agli interventi internazionali (OCSE, OIL ecc.).

L’ultimo congresso della CES svoltosi a Siviglia dal 21 al 24 maggio u.s., purtroppo non ha dato nessun segnale di rilievo che affrontasse senza reticenze le responsabilità che grandi multinazionali americane ed europee hanno in vari ambiti, dai giocattoli della miseria, alle merci griffate, alla produzione di cotone BT (Bacillus Thuringiensis geneticamente modificato), ne sono state programmate iniziative incisive di alcun tipo.
L’Europa può e deve fare di più.

Il fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile nel mondo (ma anche nei Paesi dell’OCSE) è così grave e diffuso che non può essere risolto senza un impegno incessante e deciso.

La globalizzazione dell’economia mondiale rischia di aggravare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile. La tentazione di essere più competitivi riducendo i costi comporta anche la spinta ad utilizzare maggiormente questo tipo di lavoro.

Come nei Paesi occidentali il progresso sociale è stato possibile creando, sotto la spinta delle organizzazioni dei lavoratori, un “diritto del lavoro”, occorre elaborare e rendere effettivo un diritto internazionale del lavoro, che vieti relazioni commerciali con le imprese che non rispettano i diritti fondamentali dei lavoratori ed in particolare dei minori.

Evidentemente non deve trattarsi di misure di facciata, che in realtà eludono gli obblighi legali.
Se il mercato globale è una realtà che non può essere negata con astratte affermazioni, anche il diritto del lavoro deve necessariamente globalizzarsi.

Non avrebbe senso lottare nei Paesi ricchi per migliorare le condizioni dei lavoratori ed ignorare le condizioni di miseria in cui vivono i lavoratori delle altre aree del mondo.

Il sottosviluppo non è solo “ingiusto” per alcuni, ma è motivo di insicurezza ed instabilità per tutti.

Rubare oggi il futuro di 350 milioni di minori mette a rischio il futuro di tutti ed aumenta lo squilibrio di un mondo nel quale il 20% dell’umanità detiene l’80% delle risorse.

Insieme Argentina con la Fondazione G. Di Vittorio, in collaborazione con altre Associazioni quali il Circolo Pertini, anche quest’anno proporrà lo sviluppo dell’azione “I bambini a studiare”, sia in Argentina che in Brasile. A Rosario 330 ragazzi poveri sono stati aiutati a svolgere regolarmente l’anno scolastico.

“Le stelle stanno a guardare” diceva un vecchio romanzo. Gli sfruttati del mondo non staranno a guardare, specialmente se abbiamo rubato loro l’infanzia ed abbiamo permesso che fossero prigionieri nelle case chiuse o sui campi di battaglia o nei cunicoli delle miniere.

 

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EmiNews 2007

 

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