3429 E' un caso se tra i 45 del PD non c'è neanche un immigrato?

20070625 21:55:00 redazione-IT

Il governo il 24 aprile scorso, a un anno dal proprio insediamento, ha approvato il disegno di legge sull’immigrazione, che contiene importanti e indispensabili modifiche (ma non uno stravolgimento radicale) della legislazione vigente. Il 14 giugno il testo è stato esaminato dalla Conferenza Unificata per la valutazione da parte delle Regioni e delle Autonomie locali.

Si è trattato di un passaggio decisivo, non meramente formale e procedurale: le competenze e le responsabilità, soprattutto in materia di integrazione, sono già oggi prevalentemente delle Regioni, delle Province, dei Comuni. Anche tra le Regioni si è riprodotta la contrapposizione tra schieramenti politici. Ora che il confronto è comunque avviato, bisogna procedere nella valutazione effettiva dei problemi e delle soluzioni proposte, alla ricerca di sinergie e convergenze. Proprio le autonomie locali possono contribuire a sottrarre la materia a scontri ideologici, a continui cambiamenti a ogni mutare delle maggioranze politiche. E’ peraltro improprio ritenere che il testo del governo modifichi solo la cd Bossi-Fini”: in realtà, le modifiche che si vorrebbero apportare riguardano l’intero testo unico sull’immigrazione, anche nella precedente versione cd “Turco-Napolitano”. L’esame in corso costituisce un occasione utile perché si rafforzi il ruolo degli enti territoriali, al quale deve corrispondere l’attribuzione delle risorse necessarie.
Le proposte del governo prevedono una ulteriore coinvolgimento dei Comuni, ai quali, “dopo una congrua fase transitoria” spetteranno le competenze per il rinnovo dei permessi di soggiorno: anche qui si dovrà procedere attribuendo altrettanto congrue risorse.

Si dovranno anche affrontare problemi, in parte inediti, derivanti dalla articolazione delle competenze anche in seguito alla istituzione di nuovi ministeri. Il D.P.C.M. del 30 marzo sullo “spacchettamento” tra il Ministero del lavoro e il Ministero della solidarietà sociale prevede che questo ultimo, (ferma resta la dipendenza delle direzione regionali e provinciali del lavoro dal Ministero del lavoro) se ne possa avvalere per la vigilanza sui flussi migratori e per il coordinamento delle politiche per l’integrazione degli immigrati: non è facile immaginare come ciò possa concretamente operare!
Il confronto sereno tra le Regioni e le Autonomie locali costituisce così la sede utile anche per necessari suggerimenti al governo, che dovrà già ora esaminarne le osservazioni.
In ogni caso, l’iter per l’approvazione della nuova legge non sarà brevissimo, anche per la scelta di operare attraverso un disegno di legge di delega al governo, che avrà poi 12 mesi di tempo dall’entrata in vigore della legge per adottare i decreti legislativi.
Ma, soprattutto, per la governance della materia non è sufficiente modificare le norme: sono necessarie anche scelte istituzionali di tipo organizzativo e amministrativo, mettendo funzionalmente ordine a vari livelli di competenza nel territorio e tra le amministrazioni centrali.
Non è un caso che molte tra le proposte contenute nel testo del governo potrebbero già attivarsi (penso soprattutto alle banche dati per gli ingressi al lavoro): le difficoltà per le quali non si sono fino a ora ottenuti risultati sufficienti non sono, dunque, attribuibili all’assenza di regolamentazione legislativa. In questa fase, è necessario, dove è possibile, procedere con la sperimentazione delle misure previste. I Comuni si sono già offerti per quanto riguarda il loro coinvolgimento nel rilascio dei permessi di soggiorno.
Più in generale, non è oramai rinviabile la discussione sugli assetti organizzativi per adeguare la governance nel settore, in una logica di sistema e, quanto meno, di medio periodo, provando a spezzare i meccanismi che alimentano reciprocamente il lavoro sommerso e l’immigrazione irregolare e clandestina, a promuovere programmi per attrarre forza lavoro qualificata, a esercitare un ruolo propositivo della costruzione di convergenza nell’Unione europea.
Una possibile soluzione per una governance delle politiche migratorie è quella di istituire, magari a partire dalla prossima legislatura e dopo la adozione della nuova legislazione, una agenzia, molto snella, competente in materia di immigrazione e rifugiati, che non si sovrapponga alle amministrazioni centrali esistenti ma che ne assuma i compiti, che sia sede di competenze tecniche riconosciute e che sottragga la materia al fluire, non sempre prevedibile nei tempi, dell’alternanza tra le maggioranze politiche.
La nuova struttura non dovrebbe gestire direttamente mega programmi centralizzati, ma promuovere confronti, definire standard per valutare le politiche, contribuire con le risorse pubbliche ad attivare il mercato tra gli operatori.
Riforme legislative, in definitiva, non sono sufficienti. Anche per quanto riguarda la partecipazione amministrativa e politica, consentire legislativamente il voto non basta.
Anzi, la carenza di partecipazione degli immigrati alla vita, amministrativa e politica rischia di costituire il sintomo più evidente dell’ avvitamento su sé stessa di una classe politica che si autoriproduce, garantendosi con la cooptazione, ma che con tale meccanismo non interpreta le dinamiche più innovative della nostra epoca, e non potrebbe essere diversamente.
E’ forse un caso se tra i 45 membri del Comitato promotore del partito democratico non vi è neppure un immigrato?

Daniela Carlà
(da Il Riformista)

 

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EmiNews 2007

 

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