3421 IL NON PROFIT RISCHIA DI ESSERE ''UN UTILE IDIOTA". QUALE FUTURO?

20070622 11:54:00 redazione-IT

A Roma il convegno della Comunità di Capodarco. Politici e associazioni a confronto sui nodi critici: dalla normativa ai ‘modelli’ di intervento.

– Ferrero: ‘Prepariamo insieme un convegno sul welfare’
Serve un welfare adatto alla nuova società.
– Baretta (Cisl): ‘Anche il sindacato deve ripensarsi’
– Bindi: ‘Non è necessario cambiare la legge 328’
– Il terzo settore fa autocritica. Marcon: ‘Schiacciati tra burocratizzazione e commercializzazione’

Il non profit rischia di essere ”un utile idiota”. Quale futuro?

A Roma il convegno della Comunità di Capodarco. Politici e associazioni a confronto sui nodi critici: dalla normativa ai ”modelli” di intervento

ROMA – Chi opera nel sociale ha l’impressione, a volte, di stare nel Darfur: non si capisce più da chi dipendono le associazioni che lavorano, se la cura e l’assistenza debbano essere a carico delle famiglie o dei servizi sociali, mentre si perde l’umanità di chi lavora con le persone: si chiedono tante lauree e meno amore, si richiedono standard altissimi a chi offre servizi come se fossimo l’Hotel Hilton a quattro stelle. Mentre aumentano continuamente i costi della politica: solo per una piccola città come Fermo ci sono 500 candidati per le elezioni amministrative come se fosse Los Angeles. E i servizi sono a carico delle famiglie. Con queste parole forti, il presidente della Comunità di Capodarco, don Vinicio Albanesi, ha introdotto questa mattina il convegno di Roma ”Per non essere utili idioti” al quale sono stati invitati politici e rappresentanti del Terzo Settore. Tutti gli invitati hanno partecipato (fatta eccezione per Livia Turco, ministro della Salute e il Vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli).

Al convegno di Roma sono intervenuti il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, il ministro delle Politiche della Famiglia, Rosy Bindi, l’onorevole Gianni Alemanno, il giornalista dell’Espresso, Marco Damilano, Giulio Marcon esperto di terzo settore, Pier Paolo Baretta, segretario generale aggiunto della Cisl. Gli interventi dei rappresentanti del Terzo Settore e delle ong: Teresa Pedrangolini (Cittadinanza attiva), Maria Guidotti (portavoce del Forum del Terzo Settore), Sergio Marelli (Associazione delle Ong), Pietro Barbieri (Fict), Giacomo Panizza (Progetto Sud). Il convegno ha offerto una doppia occasione: fare il punto sulle politiche sociali (e sulla difficoltà di praticarle anche da parte del governo di centro-sinistra); avviare un vero discorso critico su ciò che è diventato il Terzo Settore e sul rischio che sia utilizzato solo come “tappabuchi".

Il presidente Albanesi ha riproposto a tutti gli intervenuti una scaletta di domande-problemi, che poi sono l’essenza delle questioni oggi sul tappeto: la legge 328, "ultimo grande atto legislativo riguardante il welfare in Italia", i modellli di intervento, la suddivisione tra intervento sanitario e sociale, ma sorpattutto il ruolo dell’associazionismo, che ad oggi si sente schiacciato tra la gestione diretta dei servizi e "un utilizzo strumentale”. Da qui "incertezza, precariato, insufficienza delle risorse, non limpidezza di interventi e di continuità".

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Ferrero: ”Prepariamo insieme un convegno sul welfare”

Il ministro per la Solidarietà Sociale intervenuto a Roma al convegno della Comunità di Capodarco. E sui livelli essenziali, il governo ha scelto di dare priorità alla non autosufficienza

ROMA – "Voglio farvi una proposta: potremmo pensare a organizzare insieme un grande convegno sul welfare nel prossimo autunno. Sarebbe l’occasione per rifare il punto in modo serio su tutti i problemi delle politiche sociali. Dovrà essere una cosa seria che abbia una attitudine di verità”. Così il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, ha concluso questa mattina il suo intervento al convegno “Per non essere utili idioti”, organizzato a Roma dalla Comunità di Capodarco. Il ministro ha spiegato che sarebbe molto contento di poter organizzare un evento del genere con la Comunità che da anni sperimenta sulla propria pelle le contraddizioni del sistema di welfare italiano. Alla proposta di Ferrero, ha risposto subito il presidente Vinicio Albanesi che ha detto: “Noi accettiamo e siamo pronti”. Si tratta ora di costruire un appuntamento che potrebbe segnare un importante punto di svolta nel percorso delle politiche sociali italiane.

Il ministro Ferrero ha detto di essersi “rallegrato” leggendo il documento scritto da don Vinicio come base del convegno di oggi. Ferrero ha detto che l"analisi lì proposta rappresenta i punti principali di una situazione che sta peggiorando. Il ministro ha voluto però proporre le sue osservazioni sia a proposito della legge 328, di cui non si sono capite le potenzialità e che viene applicata oggi in modo distorto viste le differenze abissali di risorse che vengono destinate alle politiche sociali nelle singoli realtà. Ferrero ha spiegato anche che esiste una linea d’ombra sulle Regioni, perché mentre il governo nazionale e i comuni sono costantemente sotto osservazione, le Regioni possono vivere un po" indisturbate. Ovvia anche la constatazione che molte delle difficoltà attuali del governo dipendono dal taglio delle risorse applicato dal governo Berlusconi (il dimezzamento del fondo sociale che invece non dovrebbe mai essere tagliato). Ma Ferrero non ha lesinato critiche anche al Terzo Settore dove spesso oggi si confondono i ruoli. Sempre più spesso, infatti, il Terzo Settore è rappresentante dell’utenza, ma anche produttore di servizi creando così un corto circuito di interessi che precipita al momento degli appalti e delle convenzioni. Il Terzo Settore non deve marciare al livello della politica. Deve essere più in basso (ovvero vicino alla gente nei territiori) e più in alto, ovvero avere la capacità costante di critica e di indirizzo strategico, perfino “profetico”.

In una situazione che rischia di trasformarsi in una guerra tra poveri, il governo – sempre secondo Ferrero – sta cercando di concentrarsi su alcune priorità. Siccome è praticamente impossibile (sarebbero necessari 20 miliardi) fissare tutti i livelli essenziali in tutti i settori, il ministero della Solidarietà Sociale ha scelto di dare la priorità alla non autosufficienza, introducendo una gradualità di applicazione dai 3 ai 6 anni. I diritti devono essere esigibili – ha detto Ferrero – altrimenti non sono. L’altro punto toccato dal ministro riguarda il fondo per le politiche sociali che appunto non si può diminuire. L’altro filone di lavoro riguarda il monitoraggio della spesa sociale che deve essere fatto con le regioni. (pan)

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Serve un welfare adatto alla nuova società. Baretta (Cisl): ”Anche il sindacato deve ripensarsi”

Le priorità secondo il sindacalista devono essere i giovani, le donne e le persone anziane. E sulle risorse: ”non è vero che i soldi, in un paese ricco come il nostro, non ci sono. Dobbiamo decidere dove indirizzarli”

ROMA – Che cosa deve essere il welfare in una società che non si basa più sulle grandi fabbriche e dove sta crescendo la quota della popolazione anziana? E quali devono essere i rapporti tra la politica e il mondo del Terzo Settore? Sono state queste le due domande alle quali hanno cercato di rispondere tutti gli ospiti di oggi al convegno "Per non essere utili idioti” organizzato a Roma dalla Comunità di Capodarco (vedi lanci precedenti). Molti gli spunti critici nei confronti della politica, che sono stati poi bilanciati dall’intervento del ministro Rosy Bindi, che ha messo in guardia dalle scivolate qualunquistiche.

Il giornalista Marco Damilano (al quale era stato affidato il compito di raccontare dove vive la politica) ha polemizzato per esempio con i politici italiani, anche con quelli di sinistra, che si sono dimenticati degli “straccioni” termine metaforico per indicare tutti quelli che sono esclusi dai giri del potere, quelli che si possono vedere nel quadro di Pellizza da Volpedo. Per Damilano (l’Espresso), i politici hanno davvero perso il rapporto con la realtà, vivono tra la bouvette di Montecitorio e gli studi televisivi, ma non è tanto un discorso moralistico. Quello che conta, il concetto che dovrebbe invece tornare al centro dell’attenzione della politica è quello della rappresentanza e dell’appartenenza. Anche Giulio Marcon, impegnato protagonista e studioso del Terzo Settore, la politica deve ripensarsi, ma deve ripensarsi contemporaneamente anche lo stesso Terzo Settore, che ha “esaurito la sua spinta propulsiva” (vedi lancio successivo). In una situazione di crisi della politica e crisi dell’associazionismo si rischia di far trionfare un welfare compassionevole, mentre non si parla più di diritti, ma di bisogni e di “clienti” e non di utenti e cittadini. Invece di parlare solo del deficit economico, ha concluso Marcon, sarebbe necessario cominciare a parlare dell’enorme deficit sociale che abbiamo.

Anche il segretario generale aggiunto della Cisl, Pier Paolo Baretta, ha detto che è necessario ripensare il welfare. Molte famiglie fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, mentre sta aumentando la povertà. Quello che poi i politici dovrebbero cominciare a capire è il fatto che le spese sociali non potranno che aumentare nel prossimo futuro. Anche il sindacato confederale, per Baretta, deve fare un grande sforzo di ripensamento, bisogna ripensare un welfare adatto alla nuova società in cui viviamo e dove le priorità sono sicuramente i giovani, le donne e le persone anziane. Anche il lavoratore tipo 45enne, quello su cui era misurato il vecchio welfare, deve capire – sempre secondo Baretta – che non può più tutelare se stesso: se non pensa a chi è più giovane e a chi è più anziano di lui, verrà risucchiato. L’altra grande priorità deve essere quindi la non autosufficienza, mentre si devono elaborare proposte nuove anche per gli incapienti, ovvero per quella fascia di popolazione che non si può aiutare con le misure fiscali. Non è vero che i soldi, in un paese ricco come il nostro, non ci sono, ha detto Baretta. E’ che dobbiamo decidere dove indirizzarli. (pan)

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Bindi: ”Non è necessario cambiare la legge 328”

Sulla crisi di fiducia nella politica: ”Attenti a scivolare nel qualunquismo”. Per Alemanno il non profit rischia di cadere invischiato nella burocrazia e di essere ”strumentalizzato” dalla politica

ROMA – Il ministro delle Politiche della Famiglia, Rosy Bindi, che oggi ha partecipato al convegno "Per non essere utili idioti” (vedi lanci precedenti), ha detto che ci si dovrebbe scrollare di dosso un po’ del pessimismo che oggi circola sempre più frequentemente. Ha detto che la politica, ma anche ogni cittadino, ha il dovere di reagire. Il primo ingrediente che serve è la fiducia. Bisogna stare anche molto attenti a scivolare nel qualunquismo perché è vero che la politica ha le sue responsabilità, ma è vero anche che spetta a tutti noi ritrovare un senso comunitario che si sta perdendo. Non è facile battere Berlusconi, ha spiegato il ministro, ma è ancora più difficile battere il berlusconismo. Per questo si deve ripartire dalla cose concrete e da una rivalutazione del welfare che sia anche diverso rispetto al passato. Una volta un nonno – ha detto scherzando Rosy Bindi – aveva cinque nipoti. Ora siamo in una situazione in cui un nipote ha cinque nonni.

Secondo il ministro della Famiglia, è necessario quindi ripensare le politiche. Ma non è necessario cambiare la legge 328 che non è stata applicata come avrebbe dovuto. Servono caso mai più fondi a partire dal problema sempre più evidente della cura alle persone non autosufficienti. Una cosa è una famiglia con una badante, ha detto, altra cosa, è una famiglia che non ha nessuno. L’altro punto decisivo, su cui sembra che il ministro Bindi concordi con il ministro Ferrero (vedi lancio precedente) riguarda la centralità e l’urgenza della definizione dei livelli essenziali. Ma tutto ciò non basta, se si vuole davvero re-inventare un welfare all’altezza delle trasformazioni avvenute. Per un’operazione così ambiziosa bisogna quindi tentare di coinvolgere tante forze anche a livello traversale, ovvero che attraversino i classici schieramenti politici.

In risposta al ministro Bindi è intervenuto il parlamentare di An, Gianni Alemanno, che ha apprezzato le proposte del ministro a proposito di una rivisitazione comune del welfare. Un dialogo comune, su queste cose, ha detto Alemanno, è possibile, come dimostra l’iniziativa della Notte della solidarietà che vedrà insieme a Roma (il 29 giugno prossimo) lo stesso Alemanno e il sindaco Walter Veltroni. Alemanno ha detto che si sta lavorando in un “intergruppo” parlamentare alla stesura di un testo unico sul non profit. Si deve ripartire da lì per ridefinire ruoli che oggi sono confusi e che vedono riprodursi situazioni ambigue dove il volontariato spesso si trasformare in lavoro mal pagato (concetto che è stato espresso nel convegno anche dal ministro Ferrero). Il non profit, per Alemanno, rischia di cadere invischiato nella burocrazia e di essere “strumentalizzato” dalla politica. Per questo molte associazioni scelgono sempre più spesso di stare a debita distanza dalla politica e dalle stanze del potere. Come rispondono dunque i rappresentanti del Terzo Settore alle provocazioni dei politici e degli studiosi?

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Il terzo settore fa autocritica. Marcon: ”Schiacciati tra burocratizzazione e commercializzazione”

Servono nuove forme di rappresentanza. Marelli: ”Continuiamo ad essere troppo autoreferenziali’”. Guidotti: ”E’ il momento di riflettere sul ruolo del Forum”

ROMA – Il Terzo Settore sotto esame. Al convegno sugli "utili idioti” (vedi lanci precedenti) molti sono stati gli spunti critici e perfino autocritici, a partire dall’intervento di Giulio Marcon, secondo il quale il Terzo Settore ha perso la sua spinta propulsiva e dovrebbe tentare di rinnovarsi ripartendo da una rivisitazione dei ruoli. Il Terzo settore si è fatto schiacciare tra la burocratizzazione e la commercializzazione, mentre dovrebbe invece dare il suo contributo per un nuovo welfare della cittadinanza, senza “farsi usare come stampella” da uno Stato che si ritira. Il Terzo Settore deve dire la sua anche sulle politiche economiche e deve tentare di essere un soggetto politico senza essere un partito.

Polemico soprattutto nei confronti della politica l’intervento di Teresa Petrangolini di Cittadinanza attiva, secondo la quale ci si deve tenere il più distanti possibile dalla politica per far contare i cittadini. Per questo, secondo lei, è importante il referendum sulla legge elettorale che non è stato appoggiato da nessun partito (salvo An). Non è tanto il Terzo Settore che deve ripensarsi, per la rappresentante di Cittadinanza attiva, ma la politica. Anche Maria Guidotti, nella sua veste di portavoce del Forum del Terzo Settore, non accetta tutte le critiche che vengono fatte al mondo del non profit. “Mi piacerebbe – ha detto oggi al convegno – che accanto all’analisi, si avanzassero anche delle proposte per vedere come uscire da una situazione di crisi. E’ vero che le cooperative o le associazioni del non profit rischiano molto quando si mettono a gestire i servizi (come aveva fatto notare nell’introduzione lo stesso presidente di Capodarco, Vinicio Albanesi). Ma è pur vero – ha detto Guidotti – che tutto quel sapere accumulato non deve essere disperso. Quello che è certo, a quanto pare (e lo ammettono ormai un po’ tutti) è che il Terzo Settore non può recitare la parte del sostituto o della stampella. Non deve essere insomma un tappabuchi. Dopo 10 anni dalla sua costituzione, ha concluso Maria Guidotti, è arrivato il momento di riflettere sul ruolo del Forum.

Quello che manca, ha detto invece Sergio Marelli (associazione Ong) è sempre la dimensione internazionale. Continuiamo ad essere troppo autoreferenziali. Nessuno problema sul tappeto, ha spiegato Marelli, può essere risolto in una dimensione nazionale ed è chiaro comunque che si pone (come hanno detto praticamente oggi tutti gli intervenuti al dibattito) un grosso problema di rappresentanza della società civile. Lo ha detto anche Pietro Barbieri (Fict), secondo il quale il ruolo di Capodarco, in questo senso, è stato esemplare. L’esperienza della comunità nata negli anni settanta ha mandato infatti il segnale più importante: è possibile fare uscire le persone disabili dagli istituti è possibile un loro effettivo inserimento. Questo è stata Capodarco, secondo Barbieri, è proprio questo che oggi viene rimesso in discussione, come viene evidenziato dai dati Istat secondo cui negli ultimi cinque anni si è ridotta la quota delle persone disabili che vivono nelle loro famiglie. C’è un ritorno agli istituti e alla chiusura. Per questo è necessario rilanciare una politica che abbia un grande respiro culturale.

Ripartendo dunque dalle esperienze concrete, dai singoli territori, anche quelli governati dalle mafie, come ha spiegato Giacomo Panizza (Progetto Sud e Comunità di Capodarco), che ha tirato le fila della mattinata di discussione. Ecco i temi che Panizza ha estrapolato dal convegno: 1) la necessità di tenere alta la soggettualità sociale, sperimentando nuove forme di rappresentanza; 2) chi lavora nel settore sociale non deve essere un semplice mestierante, ma deve avere anche un ruolo culturale; 3) mettere sotto osservazione (stanare) i servizi, le amministrazioni, i professionisti che operano nel sociale; 4) per non essere utili idioti, si tratta di smetterla di chiedere sempre alla politica se dobbiamo esistere. Il senso del nostro lavoro dobbiamo chiederlo solo a noi stessi chiedere conto alla politica del rispetto di tutte le sue promesse. In questo caso il carnet è pesante: dai livelli essenziali delle prestazioni, al reddito minimo di inserimento. (pan)

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EmiNews 2007

 

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