3444 Live, Earth! – Vivi, Terra!

20070708 22:54:00 redazione-IT

di Silvana Mangione

Dov’era l’Italia, quando il mondo ha celebrato con un concerto globale, in sette continenti, la Giornata della Terra, il Pianeta Terra, che deve vivere. Live Earth – Terra Viva, ma basta aggiungere un po’ di punteggiatura e diventa un’esortazione: Live, Earth! – Vivi, Terra! Vivi per noi, per le prossime generazioni, per il genere umano. Resisti, tenteremo di impedire che il piano inclinato verso il disastro ecologico si abbassi sempre più velocemente. Ci vogliono – e c’erano – le nuove generazioni.

Uno dei cantanti, poco più che ventenne ha gridato: «questo è il compito più importante che deve assolvere la nostra generazione». È vero. Lo ha ripetuto Leonardo Di Caprio, di fronte a una folla adorante: «The global warming, il riscaldamento della terra, non è più soltanto una teoria. È una realtà con la quale dobbiamo confrontarci» e ha passato la parola ad Al Gore, l’ex Vice Presidente, il Presidente eletto nel 2000 dal voto popolare, ma bocciato dal complicato calcolo dei voti presidenziali Stato per Stato, che – per merito della Florida di Jeb Bush – ha dato la vittoria a George W. Bush. Nel 2000 gli USA hanno perso un ambientalista. Ha vinto invece chi di fronte ai sintomi inequivocabili del riscaldamento globale risponde non aderendo al trattato di Kyoto, perché, dice: «fino a quando non si impegnano Cina, Brasile e India è inutile che gli USA limitino il proprio consumo», per non dire spreco, di benzina, elettricità, carburanti. Inutile ripetergli che gli USA producono il 40% delle emissioni di gas che stanno travolgendo la terra. Dice: «Non ci sono ancora prove scientifiche del riscaldamento globale». Dice, al termine del summit del G8, in Germania, a giugno scorso, che: «gli Stati Uniti sono d’accordo nel prendere in seria considerazione la proposta di combattere il global warming, riducendo del 50% le emissioni di gas che producono l’effetto serra, entro il 2050», senza impegno e comunque fra quarantatre anni. Al Gore sta portando avanti la battaglia a livello mondiale, perché soltanto un sollevamento trasversale e bipartisan può portare ai risultati ormai imprescindibili.
Live Earth è anche il nome di un ente morale fondato da Kevin Wall, che si è unito all’Alliance for Climate Change di Al Gore e ad altri gruppi di ambientalisti per lanciare questa campagna, che si pone come obiettivo di creare, appunto, un movimento mondiale. Alla conferenza stampa congiunta con Al Gore Kevin Wall ha detto: «Se si mobilita un numero sufficiente di persone, corporazioni e governi saranno costretti ad agire». Oltre diecimila gli eventi, organizzati spontaneamente dai cosiddetti «Friends of Live Earth» in 130 paesi e in tutti e 50 gli Stati dell’Unione, in contemporanea con i concerti ufficiali, in sette continenti. Il calcio d’avvio lo ha dato Sydney, e la manifestazione è iniziata con la performance di un gruppo di aborigeni, che hanno ballato e cantato, agitando rami di eucalipto, il cibo dei koala non solo perché questi orsetti essi sono il simbolo dell’Australia, ma anche perché si tratta di una specie protetta e costantemente monitorata per evitare il pericolo di estinzione, per mano dei cacciatori di frodo, attratti dalla loro bella pelliccia. Il rapporto dei primi abitanti di alcuni territori del mondo ed il loro rispetto della «madre terra» è riapparso come motivazione del concerto di dodici ore organizzato a Washington dallo Smithsonian, davanti al Museo nazionale degli indiani americani. Dopo Sydney si è cantato e ballato a Tokyo, quindi a Shangai – è la prima volta che la Cina ospita un evento di questo genere –, poi a Johannesburg, ad Amburgo, a Londra. Dov’era l’Italia? Dov’erano gli ecologisti italiani? Non sto parlando soltanto di partiti politici, sto parlando anche di coloro che si ammantano di protezione dell’ambiente tutte le volte che qualche iniziativa pubblica tocca la loro sfera privata di diritti individuali. Dov’erano? I loro interessi individuali, piccoli o grandi che siano, non avranno grande significato quando la Terra sarà distrutta. Poi i concerti sono proseguiti a Rio de Janeiro, dove fino all’ultimo momento le autorità avevano cercato di vietarlo, ufficialmente per ragioni di ordine pubblico. Infine, New York. Per raggiungere l’obiettivo dei sette (in realtà nove) concerti in sette continenti, in questa giornata datata 7 – 07 – 07, Live Earth ci ha regalato una chicca: in una base britannica in Antartide, una band composta di due ingegneri, un biologo marino, un meteorologo e una guida polare, si è esibita con il nome di Nunatak, che nella lingua della Groenlandia è il picco di montagna che emerge da un ghiacciaio. Oltre centocinquanta gli artisti famosi, arcinoti e noti, che hanno offerto la propria presenza e la propria musica gratuitamente, da Madonna ai Genesis, dai Duran Duran ai Red Hot Chili Peppers, a Cat Stevens (ora Jusuf) a molti altri nomi delle hit parade. Dov’erano i cantanti italiani? Perché non si sono uniti ai loro colleghi, ai quali non hanno nulla da invidiare? Dov’era l’Italia? Che, per esempio, sta distruggendo con urbanizzazioni incontrollate la più grande e una delle più belle isole del Mediterraneo? Due miliardi di persone hanno assistito, si sono sintonizzate, hanno usato il web per partecipare a questa grande kermesse della vita. Sette gli impegni che devono assumersi coloro che si sono registrati nel movimento, dall’esercitare pressioni sul proprio governo affinché aderisca ad un trattato internazionale per ridurre l’inquinamento del 90% nei paesi industrializzati ed oltre 50% in tutto il mondo entro questa generazione ad adoperarsi in molte maniere diverse per aumentare l’efficienza energetica nei propri ambiti di vita, promuovere ditte e persone che condividono lo stesso impegno, infine, piantare nuovi alberi.
Io mi sono registrata. E voi?

Silvana Mangione

 

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EmiNews 2007

 

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