3474 BRASILETANOLO: Lula ecologista?

20070715 13:02:00 redazione-IT

di Bruna Peyrot (Belo Horizonte)

Nelle repubbliche latinoamericane è il presidente della repubblica a essere costante protagonista della politica interna ed estera. E certo Lula ha segnato presenza, in questi anni, sia nell’una che nell’altra. E così mentre il Senato brasiliano precipita nell’ennesimo scandalo di tangenti e favori che implicano questa volta il suo presidente Renan Calheiros, Lula ha bloccato il brevetto di un medicinale, l’Efavirenz, dell’americana Merck, utilizzato nella cura dell’aids. Il pretesto per arrivare a questa misura è stato il cosiddetto compulsory license (licenza obbligatoria) prevista dagli accordi internazionali e invocata dal Brasile per la prima volta.

Quando, cioè, scatta un’emergenza sanitaria è consentito a un paese comprare medicine a basso costo anche con la violazione dei diritti delle case farmaceutiche titolari del brevetto. Il Brasile è il paese con più sieropositivi al mondo e l’Efavirenz costava più di cento volte che in altri paesi, compresa la Thainlandia. Per cui è stato sostituito con un farmaco generico prodotto in India. Il Ministero della Salute Pubblica adesso pagherà 0,44 dollari per ogni dose contro 1,59 dollari che pagava al laboratorio nord americano e saranno 75 mila i pazienti che utilizzeranno il prodotto già nel 2007. Il Ministro della salute José Gomes Temporão ha annunciato anche che il governo continuerà a parage 1,5% di royalties alla Merck Sharp & Dohme e dedicherà il risparmio sulla spesa ai programmi di cura all’aids.
In politica estera – ma anche questa “interna” dell’Efavirenz lo è – Lula sta perorando la causa del biodiesel. La sua presenza a Bruxelles alla Conferenza Internazionale sui biocombustibili (5 luglio) ha segnato un momento di grande attenzione europea al “modello” energetico brasiliano. Lula sostiene che la produzione la produzione di alcool dalla canna da zucchero ha due qualità per la salute del pianeta: crea energia pulita e ricchezze per i paesi poveri. Difesa dell’ambiente, dunque, e riequilibrio delle risorse. Le domande sulla sua “visione” tuttavia permangono. E sarà interessante accompagnare questo processo di sviluppo in un paese come il Brasile che può essere di “modello” non solo nella scoperta di nuovi biocombustibili, ma anche per la gestione che saprà produrre (trasparenza, enti controllatori, funzionariato e tecnici specializzati ecc.). Sostituire il petrolio con le piante per qualcuno può suscitare altri rischi, come il disboscamento dell’Amazzonia e causare la crisi in altre forme di agricoltura (rischio della monocoltura già sperimentato in America latina con il cacao e il caffè). Senza contare la possibile conversione in commodity. Anche la stampa brasiliana ha dato rilievo all’accordo fra la Petrobras, potente industria petrolifera brasiliana con capitale a magioranza pubblico e l’Eni italiano, grazie anche al ministro degli esteri D’Alema. Ma – Lula insiste – non si tratta solo di affari economici: il Brasile si sta impegnando anche per elebaorare un codice etico e una certificazione di qualità per i produttori di biocombustibili. In altre parole, si devono tenere sotto stretto controllo le condizioni di lavoro (che non sia per esempio impiegata forza lavoro di minor età) e tutta la catena di produzione, affinché sia rispettosa di ambiente e diritto del lavoro.
Intanto in Brasile si è aperto un dibattito profondo sulla produzione di alcool e biodiesel. E non tutto sembra di facile risoluzione. Qualcuno ha anche rispolverato il vecchio laboratorio del primo motore ad alcool, oggi abbandonato. Si trova nell’edificio della Divisione di Propulsão Aeronautica in S. José dos Campos (S.Paulo). E’ un telefono analogico impiantato negli anni settanta in cui si gira un disco per fare una telefonata. I funzionari dell’azienda sono stati ridotti da duecento a una trentina ed era una bella équipe pioniera nel fare i test per il combustile a base di oli vegetali (palma babaçu, la mamona da cui si fa olio di ricino, soia, arachide…) e con biodiesel. Questo per dire che in Brasile sono da riattivare centri di sperimentazione in un momento in cui la domanda di energia alternativa è forte nel mondo e qui non esiste ancora una regolamentazione sufficiente a controllare le piante coinvolte nella nuova produzione.
Come è, infine, lo stato della canna da zucchero una delle principali nuove fonti in Brasile? E’ come sempre la capitale economica S. Paulo ha detenere il 65% della produzione di canna da zucchero. Il problema è, come sempre, il nordest del Brasile che sta assistendo a distanza all’incremento del sud. Al contrario della “questione meridionale” italiana, qui si potrebbe parlare di “questione settentrionale” brasiliana. Il nordest è la parte più povera. Le sue industrie sono dimunite, come in Pernambuco dove hanno chiuso in diciotto negli ultimi quindi anni. E in Alagoas dieci. La safra, il taglio della canna è calato dal 1989 (con quasi 61 milioni di tonnellate) al 2007 (con 55 milioni) più del 10%, mentre nel centro sud è aumentata del 127%. Il nordest è la grande regione del Brasile in cui si giocano molte scommesse: la lotta alla povertà, parte dell’Amazzonia, la bonifica di zone rurali dove il Pac (Plano de Aceleração do Crescimento – vedi Cartas n.20 e n.23) del Governo Lula ha previsto canali di irrigazione utili anche all’impiantamento di nuove industrie. E’ vero che il nordest non è “economico” perché le zone del sertão e delle montagnole aspre non aiutano la produzione di canna da zucchero. Ed è vero anche che la sua manodopera è molta per la produzione resa e povera, perché da marzo a settembre quando non si miete, resta senza lavoro. Qui si dice che bisogna lottare con le “macchine” dello stato di S. Paulo dove le pianure favoriscono l’impiego di macchinari al posto delle braccia. Ma se, come dice Lula, la scommessa dei biocarburanti non è solo un mondo più pulito bensì più giusto… la sua scommessa si gioca per prima in casa, proprio con quel nordest da dove lui è partito su un carro…

 

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EmiNews 2007

 

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