3457 'Basta con il furto agli immigrati': sit-in della rete di comunità straniere di Roma Focsi

20070709 00:06:00 redazione-IT

Protesta contro il costoso e lentissimo rinnovo dei permessi di soggiorno, dopo la convenzione tra ministero dell’Interno e Poste italiane. ”Non esistono sportelli per assistere gli immigrati a compilare il kit di rinnovo”

ROMA – "Basta con il furto agli immigrati”. Torna a manifestare la Federazione delle organizzazioni e comunità straniere in Italia (Focsi) e punta il dito contro la gestione del rinnovo dei permessi di soggiorno, affidata alle Poste dal dicembre 2006.

Per i permessi di durata superiore ai 90 giorni, occorrono circa 70 euro: 14,62 euro per la marca da bollo, 30 euro al momento della spedizione e 27,50 euro per il rilascio del permesso di soggiorno in formato elettronico. I tempi d’attesa durano mesi.

Lo stesso ministro dell"Interno, Giuliano Amato, rispondendo ieri in Parlamento ad una interrogazione ha definito il sistema “zoppicante e costoso”. Ben 272.000 delle 749.000 istanze presentate sono ferme per errori di compilazione della domanda, secondo gli ultimi dati del Viminale. “Il fatto è che non esistono degli sportelli per assistere gli immigrati a compilare il kit di rinnovo”, spiega Ma’ati es-Sandoubi, responsabile stampa della Focsi, erede della storica omonima federazione che fu attiva tra il 1986 e il 1996 e che oggi raccoglie una decina di comunità straniere a Roma e in Italia. Una volta compilato, il kit viene semplicemente consegnato allo sportello postale, in cambio di una ricevuta con un codice e una password con i quali si può accedere all’area riservata del portale http://www.portaleimmigrazione.it/ per verificare lo stato della propria domanda. E qui arriva la beffa. Le Poste consegnano il kit alle Questure e, in caso di errori, il cittadino straniero deve presentare una nuova richiesta e pagare una seconda volta i 70 euro, e poi una terza e una quarta, anche in caso di errori di trascrizione del nome o dell’indirizzo. E paga la stessa cifra anche chi necessita soltanto un cambio di residenza, magari perché ha traslocato.

“Molti di quelli che hanno presentato la domanda a dicembre – continua es-Sandoubi – ancora stanno aspettando una risposta”. Otto mesi è un periodo lungo, e lo è tanto più per permessi di soggiorno che scadono ogni uno o due anni. Si tratta di una sorta di limbo, prigionieri di una ricevuta postale, che permette l’espatrio soltanto a agosto e durante le festività natalizie, ma soltanto verso e dai Paesi di origine. Che uno voglia andare in vacanza, che uno debba viaggiare per lavoro, che si sposi un amico o che muoia un parente, in ogni altro periodo dell’anno, poco importa. Dall’Italia, con il cedolino delle Poste, non si esce. “E’ una precarietà di vita – dice es-Sandoubi -. Come puoi rientrare nel tuo Paese per un viaggio, se poi non sei sicuro che quel cedolino sarà accettato alla frontiera al viaggio di ritorno? E se uno perde il lavoro non ne parliamo. Quale datore di lavoro è disposto ad assumerti sulla base di una ricevuta postale?”

La Convenzione con le Poste per il rinnovo dei permessi di soggiorno, entrata in vigore l’11 dicembre 2006, era già stata criticata anche da Caritas nel marzo 2007. “L’affidamento alle Poste della gestione delle suddette procedure – spiegava alllora l’organizzazione -, per come attualmente strutturato, produce effetti negativi da correggere al più presto". Caritas lo definiva sistema a “collo di bottiglia”. “Il nostro obiettivo – aveva dichiarato ieri Amato alla Camera – , esplicitato anche nel ddl di riforma, è arrivare ad un sistema Interno-Enti locali che via via trasferisca le competenze su di loro. Le Poste ci hanno messo tecnologia e buona volontà, ma il dato di fatto è che il sistema, così com’è, è parecchio zoppicante e molto costoso: 70 euro – ha concluso il ministro – sono tanti per un rinnovo, specie per sistema come quello attuale che ha rinnovi frequenti”. E in attesa delle modifiche, Fcoi sta studiando la possibilità di ricorrere alle vie legali. (gdg)

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EmiNews 2007

 

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