3530 PAN: Olimpiadi panamericane, un caso di Unione latinoamericana.

20070731 13:00:00 redazione-IT

di Bruna Peyrot (da Belo Horizonte)

Il mese di luglio è stato proficuo per l’ “orgoglio brasiliano”, nel caso sportivo. Il 15 luglio in Venezuela il Brasile ha vinto la Coppa America contro l’Argentina (tradizionale rivale in pressoché tutto e non solo nel campo sportivo!) per 3 a 0. A seguire la partita in tv alcuni eccessi di questo famoso orgoglio brasiliano potevano anche lasciare perplessi: si commentava addirittura con il verbo “umiliare” il clamoroso risultato finale!
Ma il vero evento sportivo di luglio sono stati i Giochi Panamericani, apertisi il 13 luglio a Rio de Janeiro nello stadio Maracanã dove quasi centomila persone hanno assistito alla grandiosa e carnevalesca cerimonia di apertura, per la quale sono stati coinvolti artista plastici, designers, musicisti e coreografi di fama.

C’era anche Lula che doveva aprire ufficialmente questa quindicesima edizione, ma che invece non ha parlato. Fschi di gruppi sparsi per lo studio lo hanno immalinconito e così non ha voluto neanche ricordare che il suo governo ha impegnato ben un miliardo di reais per le manifestazioni. La stampa brasiliana, sempre molto veloce ha far risaltare le debolezze del Presidente “operaio” (che a molti ancora non va giù), spiega il silenzio di Lula con la sua paura di confronto con la classe media presente, l’unica, si commenta in grado di pagare un biglietto da1 20 ai 250 R$.
Come tutti i grandi eventi, anche questo porta con sé polemiche e scandali. Si è parlato di biglietti venduti che non esistono, troppi omaggi a funzionari e amici degli amici, disguidi che fanno arrabbiare atleti e spettatori non troppo abituati alla calma brasiliana.
Già prima di cominciare si era scoperto che la figlia del presidente della COB (Comité Olimpico Brasileiro) e del CO-RIO Carlos Arthur Nuzman, lavorava da poco meno di un anno nel ramo free shop della Dufry, l’impresa scelta dall’organizzazione dei giochi senza appalti, per essere l’operadora esclusiva della gadgettistica dell’evento. In realtà un grosso bissnes: 52 punti di vendita di cui 49 dentro lo spazio dei giochi. Ovviamente dice Nuzman: “non c’è alcun conflitto etico” !!!
Le Cerimonie grandiose, quella della chiusura al 29 luglio è stata un flusso di luci, colori, fuochi di artificio indimenticabili, hanno consumato da sole R$50 milioni e tutta l’organizzazione ha coinvolto mille e più agenti della forza nazionale, 460 guardie municipali, 112 metal detector, 4500 artisti, 300 operai, 25 coreografi, 1000 e più volontari, 5365 “fantasie” cioè costumi con 6000 tipi di scarpe e 1000 luci mosse dai computer. Non male per una città come Rio in piena crisi di sicurezza. Ma nel caso, la parte violenta, o considerata tale, della città è stata nascosta, barricata dietro gli scenari inneggianti al Pan. L’area principale dei giochi era Jacarepaguà luogo di urbanizzazione e favelas in continuo aumento, a 25 km dal centro di Rio, imbrigliata in una ragnatela di percorsi e indicazioni per guidare atleti e turisti. I problemi non sono mancati neppure dentro la Villa (cioè il villaggio) che ospitava gli atleti, che spesso si sono lamentati di letti cadenti, scarso cibo e ritardi nelle premiazioni. In compenso sono stati consumati fiumi di birra che hanno accompagnato la socializzazione del dopo gara. Accanto agli atleti, sono state la Skol, la sua quasi omonima Sol prodotta dalla Femsa Cerveja Brasil, Heineken e anche la recente Xingu , i protagonisti dei Giochi. Senza contare gli sponsor: la Olympikus del gruppo calzaturiero Azaléia S.A., una delle cinque maggiori imprese del settore nel mondo, con 40 unità produttive, 15mila punti vendita e quasi 30mila collaboratori in tutto il Brasile. La Olympikus é leader del mercato delle scarpe da tennis in questo paese, con una produzione annuale di 15 milioni di paia che esporta in 25 paesi gra America latina ed Europa. países das Américas e da Europa. Poi c’è la Oi, la maggior compagnia telefonica brasiliana, quella dalla famosa frase “Oi, simples assim” (Oi, è semplice così”, con la quale si ironizzano le tradizionali complicanze della vita quotidiana brasiliana!
E ancora la Caixa, la Petrobras, la maggior petrolifera brasiliana, oggi multinazionale mondiale, la Sadia, una delle più grandi industrie alimentari dell’America latina, ecc.
I Giochi Panamericani sono un’antica idea di unità sportiva latinoamericana nata nel 1932 nei Giochi olimpici di Los Angeles, a loro volta ispirati da una prima versione solo caraibica, organizzata dal COI (Comitato olimpico Internazionale), che aveva come obiettivo la formazione sportiva nei paesi delle Americhe. Il suo primo Congresso Sportivo , tenuto a Buenos Aires nel 1940, dovette a causa della Seconda Guerra Mondiale, rimandare al dopoguerra l’avvio dei Giochi che un secondo Congresso Sportivo (1948) decise di tenere a Buenos Aires, dove si tenne così la prima edizione nel 1951. Da questa data, ogni quattro anno, il Pan si rinnova ogni volta con un simbolo che, proprio come il carnevale brasiliano, racchiude il tema dell’anno che si carica anche di significati politici.
Per esempio nel 1951 a Buenos Aires il logo era rappresnetato dal continente americano sullo sfondo di due mani che si stringono a significare le auspicate buone relazioni fra paesi. Nel 1955 a Città del Messico la figura simbolo era il discobolo dello scultore greco Miron. Nel 1959 a Chicago (Usa) era la silouette di un atleta che volava sopra i grattacieli della città.. come a dire, “oltre se stessa”. Nel 1963 fu S. Paulo in Brasile ha ospitare la quarta edizione del Pan. Alla vigilia del golpe militare trionfò lo stile romano nel logo con un atleta che abbracciava il numero IV! Nel 1967 a Winnipeg (Canada) il logotipo è stato semplice e immediato: un benvenuto di due braccia aperte inscritte in un tondo. Nel 1971 a Cali (Colombia), figurò un atleta stilizzato che ricordava antiche culture precolombiane, nel caso quella calima della Valle del Cauca. Nel 1975 si torna di nuovo a Città del Messico in cui il logo, forse, esprime tutta la complessità della situazione politica del continente, specie il cono sud, schiacciato da infinite dittature: tre cerchi formano la lettera M come Messico e nello stesso tempo riporducono il nord, il centro e il sud della geografia delle Americhe. Nel 1979 i Giochi si svolsero a San Juan (Porto Rico). Il simbol odi questa ottava edizione fu un collare di pietra, oggetto tipicodella storia archeologica del paese ospitante, utilizzato dagli indios Taínos per cerimonie religiose e sportive, che spesso coincidevano nel senso che una competizione rivelava il valore delle persone. Fu anche la prima volta, visti i tempi di rivalorizzazione delle culture indigene, dellaproposta di una mascotte che nel caso fu un rospo di una specie molto comune a Porto Rico, dal canto acuto e dolce. Nel 1983 abbiamo l’edizione di Caracas (Venezuela) con un simbolo più tradizionale: un’atleta che porta una fiaccola e la mascotte un leoncino, segno di forza e unione come aspirazione dei paesi partecipanti e scelto in onore al fondatore della capitale venezuelana, Santiago de Leon.
La decima edizione, rappresentata dal numero romano X si tiene a Indianapolis (Usa) nel 1987, la mascotte un pappagallo animale di buona amicizia. Nel 1991 a La Havana (Cuba) ciò che dovrebbe unire il mondo sportivo è una bandiera di Cuba molto speciale, stilizzata con i suoi colori (Blu, rosso e bianco) in apparente movimento (!) e la mascotte è il tocororo, l’uccello nazionale dell’isola. Nel 1995 è di nuovo l’Argentina, a Mar del Plata a ospitare i Giochi, con stile romano nel simbolo e il leone marino come portafortuna. Nel 1999 Winnipeg (Canada) celebra lo sport con l’invito all’amicizia, alla cultura e alla valorizzazione dello “spirito” umano, al solito pappagallo, che pare sempre di moda si agiunge anche un papero dal portamento fiero: siamo nel decennio delle liberalizzaizoni selvagge in America latina. Nel 2003 le Olimpiadi si tengono a Santo Domingo. Un atleta che corre e corre e corre le rappresenta. La mascotte è il pesce-bue detto Tito, un animale in estinzione, che, si dice, interpreta la volontà del popolo dominicano di difendere l’ecologia del proprio territorio.
E finalmente eccoci a Rio nel 2007 che per la prima volta non offre all’identificazione un animale ma un meraviglioso sole a raggi che “presenta” vari scorci panoramici sulle bellezze paesaggistiche di Rio. Più interessante è però la mascotte battezzata con la parola di saluto della città agli atleti: Cauê. Derivata dalla lingua indigena dei Tupi, significa “salve” e come sempre però in Brasile, le cose vogliono dire anche altro, magari che non centra nulla. Così Cauê per alcuni è anche una bevanda che ha il potere di trasmettere bontà e sapienza e per altri un nome proprio, “colui che agisce con intelligenza”.
Ma come sono finiti questi quindicesimi Giochi che hanno coinvolto 5662 atleti e 42 paesi fra nord e sud America? Con molta gioia, anzi “orgoglio” per il Brasile che ogni volta che si cimenta in una competizione sportiva pare non seguire lo sport, ma la propria identità collettiva lì rappresentata, tanto da fare pensare che non sostiene gli atleti perché sono bravi, ma semplicemente perché sono brasiliani. Il Brasile è infatti arrivato terzo nella agognata classifica totale delle medaglie con 54 oro, 40 argento e 67 bronzo, in tutto 161, contro le 237 totali dell’invincibile Usa e le 135 nell’irraggiungibile Cuba. Importante però è aver sconfitto l’Argentina! Cuba… resta un mito, anche s in questi Giochi si è trasformata in un caso politico, poco divulgato, ma di non poco imbarazzo.
Intanto si è notato come, rispetto al passato, la sua delegazione dava segni di decadenza (ma non sarà per caso un desiderio politico più che una valutazione sul rendimento sportivo?) Si dice per l’età molto giovane, in media sui 23 anni, degli atleti. Altri per l’enfasi troppo politica con la quale sempre è accompagnato qualcosa che riguarda Cuba. Con i suoi 483 atleti, 90 in più delle ultime Olimpiadi del 2003 a Santo Domingo, è stata comunque in scena da protagonista indiscussa, pur partendo due giorni prima della fine dei Giochi per ordine del governo cubano. Motivo? Quattro (ma forse di più) diserzioni. Le più dolorose quella dei pugili Guillermo Rigondeaux (due volte campione olimpico) e Erislandy Lara che erano gli assoluti favoriti della loro categoria. Poi Rafael Capote giocatore di handerbol e il ginnasta Lazaro Ramirez. La loro fuga ha significato un inasprimento dello stile di vita della squadra cubana da parte degli accompagnatori – controllori, con il divieto, per esempio, di lasciare la propria camera e l’invito perentorio a concentrarsi sul loro sport. Una specie di domicilio coatto che non ha impedito le fughe e alla fine ha costretto però al ritorno in patria anche degli atleti fedeli. Un boeing del governo cubano li stava aspettano, impaziente, all’aeroporto. I disertori dalle squadre sportive cubane sono state dal 1991 un centinaio e neanche le nuove generazioni sono esenti da questa tentazione, nonostante il forte contributo di Chávez alla formazione sportiva cubana (potenza dei petrodollari!) in cambio di medici e assistenza politica.
In ogni caso, Giochi e lo sport sono sempre una grande occasione di socializzazione e di conoscenza dei paesi americani fra loro, e forse, lentamente, anche la speranza in un senso di cittadinanza sempre meno nazionale (a volte nazionalista) e sempre più di “unione” continentale, anche se restano le randi differenze fra il nord dei gringos e il sud latinoamericano e americanodipendente (dagli Usa) anche più di quanto si vorrebbe ammettere.

 

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EmiNews 2007

 

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