3529 LA RICOSTRUZIONE DELLA LUNGA VICENDA DI AMELIA ROSSI, LICENZIATA DAL CONSOLE DI BUENOS AIRES, CURCIO

20070731 12:56:00 redazione-IT

Spiace dover constatare che dopo 13 anni dall’inizio delle presente vicenda, la sig.ra Rossi deve ancora lottare per veder riconosciuta la sua onestà e la sua buona fede a prescindere da astratti ed insensati formalismi.
A tal proposito si ritiene necessario procedere ad una ordinata ricostruzione dei fatti.
La sig.ra Amelia Rossi è cittadina italiana che vive e lavora da moltissimi anni in Argentina. Più precisamente, dopo essere stata assunta nel 1982 con contratto di lavoro a tempo indeterminato presso il Consolato Gnerale d’Italia a La Plata, dal 1987 transitava con lo stesso tipo di contratto, sottoscrito il 1°.5.1987, presso il consolato Generale d’Italia a Buenos Aires, ove tutt’ora presta servizio.

La ricorrente ha sempre svolto servizio con il massimo impegno e serietà professionale e per oltre 12 anni il suo rapporto di lavoro non è stato mai turbato da episodi negativi o disdicevoli.
Nel maggio 1994, però, la sig.ra Rossi si trovava coinvolta, suo malgrado, in una situazione che in concreto non aveva alcuna rilevanza particolare, ma che scatenava un insensato astio da parte del Console Generale nei suoi confronti che da quel momento in poi ha cercato in tutti i modi di arrivare al suo licenziamento.
A) con nota del 10/5/94 iniziava a carico della sig.ra Rossi un
procedimento disciplinare per pretesi “comportamenti maleducati, indisciplinati ed ispirati ad un totale rifiuto di collaborazione” che, però, in seguito alle precise ed analitiche giustificazioni presentate dalla stessa non veniva “avallato” dall’Amm.ne Centrale e, quindi, abbandonato;
B) con nota del 30/5/94, ribadita dalla successiva nota del 13/7/94,
avviava la procedura per l’accertamento della sua idoneità fisica al servizio e, costituito un collegio medico “ad hoc” in data 4/8/94 faceva attribuire alla ricorrente una incapacità lavorativa del 72,50% per una “ulcera duodenale in attività” e per una “ernia discale C 4, C 5”.
Conseguentemente, con telespr. n. 77 del 12/10/94, l’Amm.ne disponeva la risoluzione del contratto di impiego della ricorrente per una sua pretesa incapacità lavorativa.
Avverso il predetto provvedimento, la sig.ra Rossi proponeva il ricorso n. 16363/94 e la Sez. 1^/ter del T.A.R. del Lazio, con ordinanza n.3017/94 del 15/12/1994, accoglieva la richiesta cautelare per la sua immediata ripresa di servizio presso il Consolato Generale d’Italia a Buenos Aires.
Pur dopo il passaggio in giudicato di tale pronuncia, l’Amministrazione si sottraeva immotivatamente alla sua esecuzione, il che dava vita ad una nuova richiesta di sospensiva che il T.A.R. Lazio accoglieva con l’ord. n.600/95 del 16/3/1995 che nominava il Commissariato ad acta nella persona del Direttore Generale delle Relazioni Culturali del M.A.E..
Dopo circa due mesi da quest’ultima sospensiva, finalmente, in data 28/4/1995, la ricorrente veniva riammessa in servizio ed in quello stesso giorno il Console proseguiva la sua azione persecutoria.
Infatti, con nota n.5953 del 28/4/95, il Console intimava alla Sig.ra Rossi di restituire il suo carnet d’identità rilasciato dal Ministero degli Esteri argentino e le targhe della sua autovettura che la qualificavano come facente parte del personale diplomatico accreditato. La restituzione di tali documenti era stata già richiesta in precedenza con le note n. 3601 del 9/11/94 e n. 3878 del 28/11/94 sul presupposto che la Sig.ra Rossi, all’epoca licenziata per incapacità fisica, non facesse più parte del personale del M.A.E. e nelle stesse si precisava che “ovviamente, nel caso in cui il T.A.R. Lazio accogliesse positivamente il suo ricorso, tale documentazione le verrebbe restituita”.
Pertanto, alla nuova richiesta la ricorrente, con nota dell’8/5/95, rispondeva che la sua posizione era cambiata in forza delle ord. n. 3017/94 e n.600/95 del T.A.R. Lazio che l’avevano riammessa in servizio e che, quindi, era venuto meno il presupposto per la restituzione della documentazione de qua.
L’Amm.ne, con nota del 10/5/95, imponeva definitivamente alla Sig.ra Rossi la restituzione delle targhe dell’auto e del carnet di riconoscimento, il che avveniva materialmente il giorno successivo (11/5/95), anche se mediante il proprio legale in Italia, con atto del 16/5/95 diffidava il Commissario ad acta affinché desse piena e completa esecuzione alle ord. n.3017/94 e n.600/95 anche sotto questo aspetto.
Nelle more di tale procedura, aveva, comunque, inizio il lungo iter burocratico per la “nazionalizzazione” argentina dell’auto della ricorrente che è il seguente.
Una volta restituite da parte dell’Ambasciata d’Italia a Buenos Aires al Ministero degli Esteri argentino le targhe dell’auto e del carnet d’identificazione, quest’ultimo rilascia un documento di autorizzazione provvisoria alla circolazione della vettura, in attesa della “nazionalizzazione”, che deve avvenire nel termine di sei mesi. Siccome tale restituzione avveniva il 24/5/95, il termine ultimo sarebbe scaduto il 24/11/1995.
Pagate le relative tasse e datane la prova, il Ministero degli Affari Esteri argentino rilascia un altro certificato che permette di chiedere la nazionalizzazione dell’auto alla “Motorizzazione” argentina nell’ulteriore termine di 20 giorni.
Fatte queste precisazioni di massima, si deve rilevare che la legislazione argentina permette la “nazionalizzazione” dell’auto soltanto in due casi: a) quando la stessa è stata immatricolata da più di tre anni; b) quando il proprietario cittadino straniero sia cessato dal servizio alle dipendenze dello Stato estero o sia stato trasferito.
Entrambe le previsioni erano escluse nella fattispecie perché l’auto della ricorrente era stata immatricolata da meno di due anni e la stessa faceva nuovamente parte del personale del Consolato d’Italia a Buenos Aires, in forza delle pronuncie cautelari del T.A.R. Lazio.
Comunque, in attesa che il Ministero degli Affari Esteri argentino desse una risposta definitiva sul caso e nell’ambito del termine del 24/11/95 fissato per la nazionalizzazione, la ricorrente continuava a circolare con la sua auto esponendo una fotocopia della targa già restituita, così come è prassi seguita da tutti gli interessati coinvolti in procedure del genere.
In data 3/10/1995, però, avveniva un episodio di estrema gravità e, sicuramente, di rilevanza anche penale, che però veniva elusa dal Console opponendo l’immunità diplomatica, come si preciserà in appresso.
Alle ore 10,30, del citato giorno il “Console d’Italia a Buenos Aires Giancarlo Maria Curcio, si recava presso il Commissariato di zona della Polizia Federale Argentina e, nell’esercizio delle sue funzioni, denunciava la Sig.ra Amelia Rossi perché impiegata amministrativa del Consolato sino al precedente mese di aprile, da tale epoca le sarebbe stato ritirato l’accreditamento e, quindi, l’uso delle targhe PA (personale amministrativo) che sarebbero state restituite al Ministero degli Affari Esteri argentino, il quale le avrebbe consegnato un permesso di circolazione senza targhe speciali fino alla nazionalizzazione dell’autovettura, fissata per il mese di giugno (?). Malgrado ciò, la Sig.ra Rossi avrebbe continuato a circolare esponendo un fotocopia della targa P.A. 5783, il che avrebbe concretato il reato di falsificazione di targa ed usurpazione di titoli e privilegi.”
Dopo questa denuncia, la Polizia federale argentina, verso le ore 12, si recava presso il Consolato d’Italia a Buenos Airers e, fatta uscire dalla sede la Sig.ra Rossi con il pretesto di spostare l’auto, che era nel parcheggio riservato, la arrestava per i suesposti pretesi reati.
La ricorrente, esterrefatta per quanto accaduto, faceva presente che trattavasi di uno spiacevole ed evidente equivoco che avrebbe potuto essere chiarito contattando il Console d’Italia. Alle sue insistenze in tal senso, il Commissario di Polizia argentina Le faceva presente che proprio il Console aveva suscitato e sollecitato il suo intervento. Vieppiù sorpresa ed incredula, la ricorrente chiariva la propria posizione dimostrando che era in atto la procedura di nazionalizzazione dell’auto per la quale c’era tempo sino al 24/11/95 e nel tardi pomeriggio veniva rilasciata dal fermo di polizia.
Ancor prima che potesse chiedere ragione al Console di tale aberrante comportameno, la Sig.ra Rossi, in data 5/10/95, riceveva la nota n. 12940 con la quale le si contestava: “lo scorso 3 ottobre la Polizia “Federale Argentina ha rilevato (sic!) l’apparente falsificazione di targhe “P.A. esibite sull’autovettura di sua proprietà e conseguentemente “proceduto al suo fermo ed al sequestro della sua autovettura” e, quindi, le si richiedeva di fornire le proprie giustificazioni in merito.
La ricorrente, con nota del 13/10/95, spiegava dettagliatamente come si erano svolti i fatti esprimendo anche il suo sdegno per il trattamento subito da parte del Console e questi, con lettera n 13594 del 20/10/95, Le comunicava che: “gli atti relativi alla sua falsificazione di targhe” erano stati trasmessi al Ministero degli Affari Esteri per le dovute valutazioni.
Con telespr. n. 14981 del 14/11/1995 veniva, infine, comunicato alla ricorrente che la D.G.P.A. del Ministero degli Affari Esteri aveva valutato il suo comportamento nella vicenda quale gravissima infrazione ai doveri di ufficio, ai sensi dell’art. 156 del D.P.R. n 18/67 e, pertanto, aveva disposto, ai sensi dei successivi articoli 164 e 166, la risoluzione immediata del suo rapporto di impiego con il Consolato Generale d’italia a Buenos Aires.
Avverso tale provvedimento la sig.ra Rossi proponeva ricorso ed il T.A.R. del Lazio con ord. 467/96 concedeva la sospensiva anche del secondo licenziamento; il che le permetteva di rimanere in servizio.
Nelle more del citato giudizio si svolgeva il connesso procedimento penale dinanzi al Giudice argentino che si concludeva con la sentenza pienamente assolutoria per la ricorrente nella quale si metteva in chiaro che il suo comportamento non aveva concretizzato alcuna situazione disdicevole con le Autorità locali.
Anche alla luce delle suesposte conclusioni il T.A.R. del Lazio, con sent. n. 10135 del 19/12/2002, accoglieva il ricorso della sig.ra Rossi, annullando il provvedimento di licenziamento di cui al telesp. n. 14981 del 14.11.1995, formulando una motivazione corretta ed equilibrata.
Con atto del 12.5.2003 il Ministero degli Affari Esteri, continuando nella sua gratuita azione persecutoria, proponeva appello avverso la citata sentenza, ma stante la evidente debolezza delle tesi addotte, non ne chiedeva la sospensione della esecuzione e, quindi, la sig.ra Rossi continuava a prestare servizio presso il Consolato Generale d’Italia a Buenos Aires in modo impeccabile e con piena soddisfazione dei Capi missione che avevano nel frattempo sostituito il dr. Curcio.
Ritenendo tale situazione, ormai, consolidata ed irreversibile lo stesso Ministero degli Affari Esteri in modo del tutto autonomo e dopo oltre due anni dalla proposizione dell’appello, con D.M. 032/671 del 31.3.2005, disponeva la revoca del provvedimento di licenziamento della ricorrente, senza alcuna riserva e/o condizione.!
Pertanto, nella fattispecie era da considerarsi realizzata la cessata materia del contendere.
Invece, fissato l’appello per la discussione ed eccepita da parte della sig.ra Rossi la citata improcedibilità, il M.A.E., ostinatamente, dichiarava di aver ancora interesse all’esito della vertenza; il che trovava come unica giustificazione quella che il Console Curcio aveva ottenuto una nuova assegnazione a Buenos Aires e, quindi, con il suo ritorno si aveva la riviviscenza di un astio, mai sopito, visto che era stato costretto a difendersi dinanzi al Giudice argentino, per una azione di risarcimento del danno promossa dalla sig.ra Rossi ed alla quale aveva potuto sottrarsi con l’esimente dell’immunità diplomatica.
Con sent. n. 1387/07 del 22.3.2007, la IV Sez. del Consiglio di Stato ha, inopinatamente, accolto il ricorso dell’Amm.ne decretando dopo 12 anni dall’accadimento dei fatti il licenziamento in tronco della ricorrente, malgrado che in tale lungo lasso di tempo Ella abbia dato ampia dimostrazione di professionalità, correttezza e dedizione al lavoro.
Tale pronuncia è, però, frutto di vari errori di fatto e, pertanto, la sig.ra Rossi ha proposto ricorso per revocazione ai sensi dell’art.395, n.4, c.p.c.

 

3529-la-ricostruzione-della-lunga-vicenda-di-amelia-rossi-licenziata-dal-console-di-buenos-aires-curcio

4288

EmiNews 2007

 

Views: 15

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.