3526 R.RICCI (FIEI): Gianluigi Ferretti ha ragione: Ma Itnets e Pptie nascono sotto Tremaglia.

20070730 20:21:00 redazione-IT

Ho letto gli articoli de l’Italiano a firma Todini e Ferretti relativamente alla lamentata incogruenza di un così consistente dirottamento di fondi MAE destinati agli italiani all’estero al Cif-Oil di Torino e la prima considerazione che mi è venuto di fare è stato che finalmente qualcuno se ne fosse accorto. Ferretti ha in buona parte ragione; si tratta di fondi molto consistenti (Euro 7 milioni e 850 mila) che avrebbero potuto essere gestiti diversamente o quantomeno con una logica partecipata (antica metodologia ormai dissolta nella montante necessità di decisionismo), visto che si tratta di soldi che erano e sono destinati agli italiani all’estero.

Solo che Ferretti, ignora, credo, che l’intera operazione fu gestita nei modi in cui è stata gestita, vale a dire senza il minimo coinvolgimento del CGIE, dei Comites, delle associazioni e dei centri di formazione degli italiani all’estero, sotto il Ministero di Tremaglia.

Perché questi fondi erano e sono da destinarsi agli italiani all’estero?
Vorrei fornire un modesto contributo conoscitivo al riguardo, peraltro già in ripetute occasioni sollevato dalla FIEI e dalla FILEF, come altre vicende analoghe e poco condivisibili, mai ripreso con convinzione da alcuno, durante la precedente legislatura.

I fondi relativi ai programmi PPTIE e ITNETS, derivano da un accordo tra MAE ed UE sottoscritto se non erro nel 2000, che aveva l’obiettivo di recuperare, se così si può dire, risorse FSE (Fondo Sociale Europeo) – abbinato alla corrispondente quota di F.R, (Fondo di Rotazione a titolarità Ministero del Lavoro), che annualmente andava a finanziare progetti di formazione professionale nei paesi UE per un ammontare medio annuo di circa 15 miliardi delle vecchie lire (cioè proprio quei 7 milioni ed 850 mila euro di cui parlasi) e che l’UE non intese più attribuire ad interventi per i migranti italiani residenti nei paesi comunitari, dal momento che le successive direttive ed indicazioni approvate alla fine degli anni ’90, obbligavano i singoli paesi ospitanti a farsi carico direttamente e in via esclusiva dei fabbisogni formativi dei nostri connazionali in Germania, come in Francia, Belgio, ecc.
Cosa giusta e condivisibile, ma che a parere dell’associazionismo d’emigrazione, non considerava il particolare gap che riguardava i nostri connazionali sul piano della formazione e della qualificazione professionale in Europa (come anche su quello del successo scolastico dei nostri ragazzi), che era, e continua ad essere, tra i peggiori se comparato con le altre etnie presenti.
Ancora nel 1999, gli italiani in Germania risultavano dietro a greci, spagnoli, portoghesi, ex-jugoslavi, turchi e solo prima dei marocchini nella specialissima classifica dei possessori di una qualifica professionale. Mi consta che il quadro non sia cambiato di molto.
E inoltre, sempre a nostro parere, veniva sprecata un’opportunità fondamentale e “ratificata” dalla Prima conferenza degli italiani nel mondo, relativa alla concreta sperimentazione di cosa potesse significare “la risorsa emigrazione”, cioè interventi innovativi e anche ambiziosi che contrastassero l’usuale atteggiamento dei paesi ospitanti di orientare i nostri giovani emigrati solo verso i livelli bassi della formazione e della qualificazione professionale.

La FILEF assieme al centro di formazione CGIL-Bildungswerk che operava da decenni con riconosciuto apprezzamento istituzionale in Germania e con la condivisione dell’Enaip-Acli, proposero all’allora Direttore Generale Marsili, una soluzione alternativa che ben si conciliava con il livello di riflessione e di progettualità acquisito nel corso della seconda metà degli anni ’90 (sotto la gestione dei diversi Governi di centro sinistra (Prodi, D’Alema, Amato), in particolare della possibilità di valorizzare gli elementi di biculturalità e bilinguismo dei giovani italiani in Europa attraverso iter formativi finalizzati alle nuove professioni richieste dai processi di internazionalizzazione soprattutto delle PMI operanti nelle regioni del meridione italiano (da dove proviene in grande maggioranza l’emigrazione europea) e dove continuava ad essere applicabile il cofinanziamento comunitario del FSE (Regioni dell’Obiettivo 1).

Inoltre, un’altra tipologia di azione che poteva essere oggetto di attenzione era quella relativa ad iter di aggiornamento che potevano riguardare i piccoli imprenditori italiani in paesi europei e della costruzione di possibili partenariati tra piccoli imprenditori nel meridione e quelli emigrati all’estero, per la costruzione di imprese miste o di partenariati commerciali in settori come il turismo, la commercializzazione di produzioni tipiche agroalimentari e dell’artigianato locale, ecc.

Le nostre organizzazioni, con a capo l’Ecap Svizzera, già nel 1995-’96 avevano sperimentato con successo un’azione con queste caratteristiche in un progetto europeo realizzato sulla falsariga di quelli della Legge 40 per l’imprenditorialità giovanile, dal titolo “Missioni di Sviluppo” e collegato all’azione della IG-Spa, che aveva fatto incontrare qualche centinaio di giovani in formazione e di imprenditori emigrati in Francia, Germania e Svizzera, con quelli di Sardegna, Sicilia e Calabria.
E fin dal 1987 realizzavano formazione nei settori del commercio estero, del turismo, della creazione di impresa, dell’orientamento al lavoro autonomo, anche -non secondariamente-, per l’assottigliarsi delle opportunità occupazionali nei settori produttivi manifatturieri tradizionali e per il parallelo aumento in quello dei servizi.

Ricordo che all’incontro con il Min. Marsili, consegnammo a titolo esemplificativo e dimostrativo due pesanti pacchi di progetti che facevano parte del nostro patrimonio e delle esperienze realizzate negli ultimi 15 anni. E suggerimmo che la possibilità di attivare fondi comunitari FSE risiedeva nel coinvolgimento delle regioni meridionali (regioni Obiettivo 1) quali erogatori della quota nazionale (che doveva essere pari al 55%; mentro l’FSE avrebbe potuto cofinanziare il restante 45%). A livello regionale si potevano attivare fondi relativi ai futuri POR a titolarità regionale (sia per le misure della formazione che per quelli a favore dell’internazionalizzazione) che, tra l’altro, da anni risultavano fortemente sottoutilizzati e in buona misura ritornavano alla UE a dimostrazione della nostra pessima capacità di programmazione e di spesa. L’intero programma concordato con UE, Ministero del Lavoro, Regioni meridionali dell’Obiettivo 1 del QCS (Quadro comunitario di sostegno) avrebbe potuto acquisire la configurazione di un Piano Operativo ad hoc coordinato e a titolarità MAE.

Il Min. Marsili restò molto interessato alla proposta e promise di attivarsi per verificarne la fattibilità che andava discussa innanzitutto con il Ministero del Lavoro, essendo questo il dicastero titolare delle iniziative assimilabili alla formazione e all’orientamento al lavoro sia in Italia che per i nostri connazionali all’estero.

Nello stesso periodo ricevemmo le attenzioni dell’OIL di Torino che ci veniva a chiedere, tramite il Dott. Claudio Sicolo, se non erro dell’ ITC (International Training Centre), la possibilità di attivare un partenariato (OIL-Rete Filef) per la realizzazione di progetti di formazione all’estero che potevano essere finanziati dal Ministero del Lavoro; cosa che cordialmente lasciammo cadere, in quanto operavamo da oltre 20 anni nel settore della formazione per la nostra emigrazione senza particolare bisogno di partenariati seppure con strutture autorevolissime come quella presentata, la quale, per una decisione interna, aveva recentemente ristrutturato l’organizzazione, posizionato “sul mercato”, alcuni settori di attività, che ora necessitavano quindi di risorse esterne. Così, l’offerta ci parve in effetti, un po’ strumentale poiché la proposta era di risultare partner di progetti la cui titolarità non sarebbe stata nostra. Fummo tuttavia abbondantemente disponibili a fornire ogni dettaglio richiesto sulle azioni svolte e sulle prospettive possibili, compresa quella di cui sopra.

Passarono diversi mesi e, nel frattempo, il Min. Marsili lasciò l’incarico e fu nominato Ambasciatore, se non erro, in Turchia. E poi, con una certa sorpresa, l’anno successivo ci trovammo di fronte al varo dei Programmi Itnet e Pptie, con la configurazione conosciuta e i cui esiti in termini di efficacia mi pare siano per lo più ignoti, certamente a noi e credo anche al CGIE, che, salvo smentite, su questo programma relativo al quinquennio non ha mai espresso un suo parere o è stato debitamente informato, come non lo è stato per il programma che dovrebbe seguire per gli anni a cui si riferisce Ferretti. Il cui ammontare complessivo dovrebbe essere di circa 40 milioni di Euro di cui 7.850 mila andrebbero a Cif-Oil.

Nessun minimo coinvolgimento fu fatto allora verso il nostro associazionismo e i centri di formazione all’estero nella fase di programmazione degli interventi, salvo recuperare tutte le ricerche sui fabbisogni formativi e sul lavoro autonomo in emigrazione che Filef e le altre organizzazioni della rete avevano realizzato negli anni in Svizzera, Francia, Belgio, Germania, Gran Bretagna, Canada, Uruguay e Brasile e salvo alcune improbabili presentazioni agli addetti ai lavori in alcune capitali estere, dove l’associazionismo operativo del settore veniva invitato in funzione di supporter e moltiplicatore dell’informazione, come sta avvenendo attualmente (almeno fino ad ora) per altro programma a titolarità di Italia Lavoro che si svolge a San Paolo del Brasile, Buenos Aires e Montevideo. Ma vogliamo restare fiduciosi.

Con una relativa sorpresa, ritrovammo anche una serie di progetti finanziati nelle diverse regioni e dai due programmi di cui si discute, a soggetti che mai si erano occupati di emigrazione, analoghi se non in tutto, quasi, a quelli del famoso pacco che consegnammo al MAE. E questo può rientrare nel regno del casuale.

Non siamo in grado di dare un giudizio preciso sull’efficacia di ciò che è stato fatto con gli oltre 35 milioni di Euro attivati da questi programmi. E’ certo però, e questa è un’altra cosa che probabilmente Ferretti ignora, che i molteplici incontri partenariali organizzati in amenissime località italiane, come Capri, e altre all’estero, siano state certamente utili alla convegnistica del Ministro Tremaglia e, almeno supponiamo, per l’approntamento di quella strana creatura che era (ed è ?) la Confederazione degli Imprenditori Italiani nel Mondo (CIM), presieduta dallo stesso Tremaglia, che sembrava dovesse rivoluzionare il rapporto tra l’impresa (questa volta la grande impresa) emigrata e quella patria, in cui è stato coinvolto solo il mondo delle Camere di Commercio.

Lascio le valutazioni e le conclusioni al volenteroso lettore che ci ha seguito sin qui, avvertendo che questa particolare prassi per cui l’emigrazione è sempre più una risorsa per altri e non per se stessa, ha purtroppo preso piede in diversi ambiti nazionali, regionali, provinciali e si potrebbe continuare fin dentro grandi e meno grandi organizzazioni, poiché la concorrenza sfrenata e il riposizionamento sul mercato di settori di parastato invita -o obbliga- molti a ingegnarsi e a tuffarsi su ogni residua disponibilità di spesa e anche perché, in carenza di posizioni dirigenziali, ogni spazio può risultare interessante soprattutto quando il lavoro è già stato fatto da altri in anni ed anni di volontaria fatica e non resta che scopiazzare e mirare bene.

Agli amici e colleghi del CGIE e al Viceministro e, perché no, anche ai 18 eletti all’estero, invece, un brevissimo e modesto suggerimento: vigilare di più e avere maggiore attenzione alla memoria storica dell’emigrazione, la quale, per forza di cose, risiede in luoghi raramente in prima pagina, ma che continuano ad operare, contro ogni “logica e razionalità di mercato”, con un contributo variabile da parte del MAE, che va da zero a 5.000 Euro l’anno.

Rodolfo Ricci
(Segr. Gen.FIEI)

 

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EmiNews 2007

 

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