3567 Strage di ferragosto, San Luca-Bogotà: l´autostrada della coca

20070819 12:23:00 redazione-IT

di Enrico Fierro (da l’Unità)

Da San Luca a Bogotà. Da Pietra Cappa – la montagna che sovrasta il paese della più feroce guerra di ‘ndrangheta – alle foreste colombiane, nelle fincas dove si produce l’80% della cocaina che il mondo pippa ogni sera. La ricchezza delle famiglie di Platì, Natile di Careri, Africo e San Luca è tutta qui. Nel monopolio mondiale del traffico della coca, una volta droga delle elite, oggi droga di massa. I consumatori di polvere bianca erano 700mila nel 2005, in due anni si è toccata quota 850mila. Un mercato in netta crescita. Il vero business della ‘ndrangheta, se si pensa che i dieci anni di sequestri di persona le cosche dell’Aspromonte guadagnarono «appena» 220 miliardi di lire. Briciole rispetto ai profitti di oggi. Nel mondo si producono 900 tonnellate di cocaina l’anno, più della metà, dalle 500 alle 800 tonnellate, viene prodotta in Colombia.

È coca purissima che costa 3 dollari al grammo all’origine, sulle piazze italiane è venduta a 50-100 euro. E non c’è grammo di cocaina che camorra, Cosa Nostra e altre organizzazioni criminali possano acquistare in Colombia senza l’ok della ‘ndrangheta. Pochi anni fa dei capi famiglia di Africo hanno dovuto mediare con i colombiani il rilascio di un esponente di una importante famiglia mafiosa di Palermo sequestrato per un dissidio su una partita di droga. Per dare un’idea della potenza della ‘ndrangheta e del livello organizzativo raggiunto, basta un episodio raccontato da Piero Grasso, il capo della Dna: «Qualche anno fa in Colombia è stato sequestrato un sommergibile che le cosche calabresi intendevano usare per trasportare la cocaina dalla Colombia in Italia».

L´impero del «Mono»
I capi della ‘ndrangheta hanno rapporti diretti ed esclusivi con le organizzazioni che in Colombia controllano la produzione di coca: le Farc – la guerriglia di stampo comunista -, e soprattutto le Auc di Salvador Miguel Mancuso, «El Mono» (la scimmia). Mancuso è di origine italiana ed ha un regolare passaporto rilasciatogli dalle nostre autorità. Ma la cosa che più conta è che «El Mono» ha solidissimi legami con il regime del presidente Alvaro Uribe. I due erano vicini di fattoria e si intendono bene. Mancuso ha una grande capacità di ricatto nei confronti del mondo politico colombiano, si vanta di aver fatto eleggere 37 deputati del Parlamento. Gli Usa ne chiedono l’estradizione per narcotraffico e per i massacri compiuti in Colombia. Un elenco di bestialità infinito. Campesinos massacrati, interi villaggi distrutti con donne violentate e vittime torturate prima di essere uccise. Guardia Di Finanza, Servizi antidroga, le procure di Milano, Catanzaro e Reggio Calabria, lo ritengono il maggior fornitore di cocaina della ‘ndrangheta. Nel 2002 il pm Salvatore Curcio della procura distrettuale antimafia di Catanzaro scoprì un importante traffico di cocaina che partiva dalla Colombia e si diramava in Venezuela, Spagna, Olanda, Messico e Cile. 150 arresti, tra questi gli esponenti delle cosche di San Luca e della famiglia Scipione e Natale Scali di Marina di Gioiosa Ionica. L’inchiesta «Galloway-Tiburon», del dottor Nicola Gratteri – Dda di Reggio -, ha gettato un altro fascio di luce sui rapporti tra Colombia e cosche calabresi. Al centro dell’indagine, un imprenditore romano, Giorgio Sale. Sessant’anni, Sale fa la spola tra la Colombia e l’Italia, ben agganciato negli ambienti finanziari della Capitale, è ritenuto dagli investigatori «una figura criminale di primissimo piano a livello internazionale», e «uomo di fiducia di Salvatore Mancuso». Se tali «credenziali» non dovessero bastare, per Sale c’è la definizione di «ligio scudiero dei clan calabresi».

L´amico italiano
La certezza degli inquirenti è che «il romano» sia l’uomo scelto da Mancuso per realizzare il suo sogno: non essere estradato negli Usa e stabilirsi in Italia. Sul suo capo pendono 23 ordini di cattura internazionali, e Mancuso sa che se il presidente Uribe dovesse allentare la presa e dare l’ok per la sua estradizione per lui sarebbe la fine. Giorgio Sale, insieme ad un personaggio di spicco della vita sociale colombiana, Alfredo Celso Salazar Castanedo, si è adoperato per reinvestire i capitali di Mancuso nel nostro paese. Alfredo Celso è un veterinario, docente universitario all’Università de la Salle, a Bogotà, ha rivestito anche incarichi per l’Onu. Inizialmente per Mancuso curava l’organizzazione delle «finche», le fattorie dove si coltiva la pianta di coca e gestiva i rapporti con i 2mila cocaleros che lavoravano per «El Mono». Ne parla lui stesso in una conversazione con il suo referente italiano Giorgio Sale intercettata dalla polizia italiana. I soldi per «El Mono» non sono un problema. Mancuso possiede aziende agricole, imprese, ristoranti di lusso nelle zone più esclusive della Colombia, 50 tra negozi e boutique (marchi soprattutto italiani) a Bogotà, Barranquille e Catagena. I dollari e gli euro che gli arrivano ogni giorno dalla cocaina, poi, sono addirittura incalcolabili.

«I camorristi? Meglio i calabresi»
«Tale denaro, come si evince da numerose conversazioni captate nel tempo, sarebbe addirittura contenuto in casse di legno sotterrate e, alla bisogna, trasferito in contanti su grossi autotreni», si legge nell’inchiesta del dottor Gratteri. In quelle carte compare il nome di Mimmo-Domenico Trimboli, nato a Buenos Aires nel 1954, affiliato al «locale» di ‘ndrangheta di Platì e da anni residente in Colombia, come uno dei personaggi legati al gruppo. Altri grossi nomi della mafia calabrese che si ritrovano nell’inchiesta Gratteri sono quelli di Roberto Pannunzi e di suo figlio Alessandro, padroni della «rotta» tra Colombia e Spagna, dove avevano la loro residenza, ritenuti «superiori referenti del gruppo Sale» per la Penisola Iberica. Nelle loro conversazioni, Giorgio Sale e il figlio David parlano dei «calabresi» e non riescono a nascondere entusiasmo e ammirazione.

David: «Dice che hanno trovato… aspetta, questo magistrato, senti… da intercettazioni telefoniche di alcuni boss della ‘ndrangheta dicevano: "Cazzo mi hanno scoperto…" dice: "Ho trovato…" no ho trovato… aveva nascosto sotto terra tipo 400 miliardi di lire, c’aveva nascosti… dice: "Cazzo, un miliardo l’ho trovato tutto mangiato dai topi." Hai capito? Hanno intercettato telefonate di questo tenore… cioè, in Calabria… poi dice perché diventano forti? Perché la ‘ndrangheta c’ha un’omertà che è superiore alla mafia, e superiore a tutte le associazioni mafiose, cioè la ‘ndrangheta… proprio sono compatti, sono famiglie, infatti vedi che tra loro non si ammazzano mai. Guarda invece la camorra, che sta succedendo… che tra napoletani di merda, che si fregano l’uno con l’altro, no? Oh, in Sicilia uguale, ogni tanto qualcuno parla… la ‘ndrangheta è diventata la più potente e si… nutre di questo… ».

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EmiNews 2007

 

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