3616 Silvana Mangione: Indagine sull’immigrazione in USA (II° parte)

20070915 10:16:00 redazione-IT

Prosegue la nostra mini indagine sull’immigrazione in USA. Abbiamo visto finora i visti per soggiorni di studio o di lavoro temporanei e le categorie dei visti permanenti, che attribuiscono lo status di immigranti, ai primi due livelli di priorità, vale a dire i visti EB-1 ed EB-2. La terza preferenza, che corrisponde al visto EB-3, riguarda il lavoratori specializzati, i professionisti ed altri tipi di lavoratori. I requisiti sono molto precisi. Per potersi qualificare come lavoratore specializzato bisogna aver avuto almeno due anni di apprendistato o di esperienza; per essere accettato come professionista bisogna aver conseguito almeno un baccalaureato americano o equivalente titolo straniero e dimostrare che esso è il minimo necessario per poter espletare la propria professione.

Infine gli «altri lavoratori» sono coloro le cui occupazioni richiedono meno di due anni di College, addestramento o esperienza. Anche i religiosi possono far domanda di immigrazione permanente, purché possano documentare la propria appartenenza, almeno per due anni, ad una denominazione religiosa che fa riferimento ad un’organizzazione religiosa riconosciuta negli USA. Ben diversa è la situazione se si parla di «Employment Creation Alien – Stranieri in grado di creare posti di lavoro». All’interno di questa categoria, può fare domanda di residenza permanente l’imprenditore straniero che ha già investito o sta realmente investendo del capitale, guadagnato legalmente, in una nuova impresa, che creerà posti di lavoro per non meno di dieci dipendenti. L’ammontare dell’investimento necessario per qualificarsi in questa categoria è di un milione di dollari USA, a meno che non si investa in una zona mirata, nel qual caso basta mezzo milione di dollari. Le aree territoriali che consentono il trattamento preferenziale, in termini di impegno finanziario, sono le aree rurali oppure quelle in cui il livello di disoccupazione si attesta almeno al 150% della media nazionale. Tutte queste notizie sono tratte dall’utilissimo prontuario predisposto dall’avvocatessa Annalisa Liuzzo per un seminario che si è tenuto alla Italy-America Chamber of Commerce. Ormai, ci diceva la Liuzzo, l’assunzione e la conseguente immigrazione, temporanea o definitiva, di stranieri stanno diventando un’arte e l’assistenza degli specialisti è un’esigenza imprescindibile. Noi aggiungiamo che l’aiuto di un legale serve non solo per orientarsi nel labirinto delle norme, ma anche per la sua capacità di tener conto dei diversi trend, ispirati a ragioni politiche o di sicurezza nazionale, che possono cambiare dalla sera alla mattina. Non basta essersi studiati o credere di aver capito la normativa. Un errore nell’impostazione può significare il rigetto della domanda. Un prolungamento illecito del soggiorno può tradursi, a seconda dei casi, in deportazione e/o nell’impossibilità a rientrare in USA per tre o cinque o dieci anni o mai più. Anche i costi sono molto alti. Mediamente il datore di lavoro sborsa $2.500 per la presentazione della domanda e un minimo di $2.750 ad un avvocato (se la sua parcella è davvero bassa). Per una «carta verde», come è soprannominata la «Alien Registration Card», tessera di registrazione degli stranieri, vale a dire documento di riconoscimento dell’avvenuta concessione della tanto sospirata residenza permanente, è di almeno $10.000. Parliamo un attimo della «Green Card». Non è più verde, come è stata fino alla fine degli anni ’80. È ora di plastica rigida, con rilevazioni biometriche del volto e delle impronte digitali e chip che contiene tutte le informazioni relative al detentore di questo importantissimo permesso di vivere ed operare in USA. Sinceramente, l’aver depositato le proprie impronte, che vengono prese da professionisti con macchine perfettamente calibrate, è una garanzia di protezione della vita stessa del portatore, che non può essere confuso, per omonimia o circostanze fortuite ed imprevedibili, con nessun’altra persona al mondo. Per gli illegali, la carta verde è un sogno e la sua mancanza un incubo. Non sapremo mai quanti sono gli italiani illegalmente presenti negli USA. Fra loro ci sono ancora quelli spinti dalla necessità, che non hanno potuto avvalersi di alcun tipo di visto e nemmeno del richiamo familiare o della lotteria annuale. Ci sono i giovani che vengono per studiare o per uno stage o per farsi strada nel mondo delle belle arti o delle arti dello spettacolo o per una visita di lavoro a tempo determinato e non vogliono più andarsene. Gli stessi Consolati non sono in grado di calcolarne il numero. «Sappiamo che è un fenomeno emergente, che deriva sempre da situazioni critiche», ci dice il Console Generale a New York, Ministro Francesco Maria Talò. «Li conosciamo soltanto quando c’è un caso scabroso, per lo più il pericolo di deportazione. In quanto sono cittadini italiani abbiamo ovviamente il dovere di assisterli con la massima correttezza, ma la loro posizione è irregolare». Chiediamo se c’è qualche possibile soluzione. «Per limitare il fenomeno bisogna prevenirlo attraverso l’informazione e l’organizzazione di seminari. Bisogna trovare il modo di raggiungere questo tipo di persone che spesso sono in buona fede e non sanno a quali rischi si espongono. È bene ricordare che l’Italia gode di una posizione privilegiata nei confronti degli USA, perché è uno dei pochi paesi i cui cittadini non hanno bisogno di visto quando vengono per turismo. La nostra esenzione è un’eccezione alla regola che si applica invece alla maggior parte delle nazioni del mondo». Poi, il Ministro Talò lancia un’idea: «Dopo tanti autorevoli studi sull’emigrazione tradizionale, credo che valga la pena di fare una riflessione approfondita su quanto sta succedendo ora, sul nuovo flusso di italiani verso gli Stati Uniti, la sua entità e le sue caratteristiche. Questo fenomeno ha dato il via anche ad un nuovo tipo di associazionismo: c’è il gruppo degli «alumni» della Bocconi, dei masterizzati con l’MBA nelle più prestigiose università americane, degli avvocati italiani e così via. Bisogna davvero studiare questo fenomeno e capire come si raccorda o come potrebbe raccordarsi con l’emigrazione tradizionale». Il suggerimento è molto interessante. Del passato si sono scritti fiumi di parole, del presente viviamo sulla nostra pelle le luci e le ombre, ma soltanto un’analisi seria di quanto sta avvenendo può prepararci a farne tesoro e ad avvalercene per il futuro.

Silvana Mangione

 

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EmiNews 2007

 

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