3692 Ottimo il lavoro della Migrantes, che però ignora il lavoro e l’impegno del CGIE e dei Comites

20071011 09:46:00 redazione-IT

di Franco Santellocco / L’Italiano

Accogliendo l’invito di Don Domenico Locatelli il quale, nell’introduzione del “Rapporto Italiani nel Mondo” 2007 della Fondazione Migrantes presentato il 4 ottobre a Roma, raccomanda alle strutture pubbliche ed alle forze sociali di dare maggiore diffusione al Rapporto, mi corre l’obbligo di segnalare alcuni commenti sul Rapporto senza la pretesa di farne un giudizio.

L’iniziativa della Fondazione Migrantes è lodevole in quanto offre una sintesi generale sulla situazione degli italiani all’estero e sulle politiche di intervento ad essi dedicate che non ha molti riscontri nella nostra pubblicistica. Quindi tale iniziativa va incoraggiata e sostenuta, ma anche integrata laddove risulta carente nel metodo e nei contenuti.
Va integrata nel metodo perché utilizza fonti composite, non esaustive e non sempre attendibili sotto il profilo scientifico. In questo “mix” di fonti manca l’informazione sulle iniziative riformatrici che il CGIE va svolgendo in collaborazione con i Comites. Il Rapporto della Fondazione Migrantes utilizza, infatti, da una parte i dati statistici e gli atti ufficiali, dall’altra informazioni apprese in sede di dibattiti e di discussioni che sono spesso animate da spirito di parte e riportate da note giornalistiche. Con queste premesse, il Rapporto Migrantes giunge a conclusioni e bilanci sui quali si dovrebbe discutere.
Ma veniamo al punto dei contenuti sui quali ho qualcosa da esprimere e che riguarda i due capitoli dedicati alla “formazione professionale degli italiani all’estero” e all’”emigrazione italiana nell’ottica imprenditoriale”.
Il Capitolo del Rapporto dedicato alla Formazione Professionale degli italiani all’estero traccia molto bene la fase di passaggio dalla formazione professionale degli “emigrati” a quella odierna rivolta agli “italiani all’estero”. Il passaggio che è avvenuto negli anni ’90 e che si è concretizzato negli ultimi Avvisi pubblici promossi dal Ministero del Lavoro a partire dal 1998, ha sempre più rappresentato la necessità che gli interventi formativi debbano essere più vicini ai cambiamenti della domanda di formazione proveniente dagli italiani all’estero, alla loro maggiore diversificazione, al mutamento delle politiche europee per l’emigrazione, alla necessità di razionalizzazione della spesa pubblica.
Per rispondere a tali mutamenti di portata storica, occorrono trasformazioni strutturali dell’intero sistema formativo italiano alle quali devono concorrere non solo le Associazioni e gli Enti che tradizionalmente erogano i corsi formativi, ma anche, e direi soprattutto, le Istituzioni che programmano le risorse pubbliche: il Ministero del Lavoro ed il MAE in collaborazione con il CGIE ed i Comites. E’ giunto il momento in cui le Istituzioni si facciano promotrici di queste riforme “di sistema” senza delle quali si continuerà a produrre un’offerta formativa ormai inadeguata. Questi aspetti sono solo superficialmente trattati dal Rapporto al quale sfugge l’importanza delle “azioni di sistema” che, in questa direzione, sono state già avviate nell’ambito del MAE e del Ministero del Lavoro grazie anche allo stimolo ed all’impegno del CGIE. E’ il CGIE, infatti, che per la prima volta ha promosso ed ottenuto, con grande spirito di collaborazione, dal Ministero del Lavoro un cambio di metodologia nella programmazione dell’Avviso pubblico per la formazione degli italiani all’estero attraverso l’introduzione di una fase di “analisi dei fabbisogni formativi” che possa individuare la reale domanda di formazione degli italiani all’estero in relazione al contesto in cui essi vivono e non solo sulla base della presenza numerica. A tale analisi hanno concorso le Istituzioni responsabili in collaborazione con il CGIE e i Comites, restituendo un ruolo attivo ai soggetti che devono programmare le risorse e non solo erogare i finanziamenti come accadeva nel passato. Grazie a queste innovazioni del sistema formativo ci si attende che l’offerta formativa sia più “mirata” ai bisogni attuali, e che conseguentemente la spesa pubblica venga razionalizzata anche a costo di tagliare i rami secchi di strutture formative legate a formule progettuali non più adeguate e diventate ormai autoreferenziali. In definitiva, il sistema formativo per gli italiani all’estero va riformato a partire da una ripresa del ruolo delle Istituzioni, tra le quali il CGIE ed i Comites hanno una posizione di assoluto rilievo insieme al Ministero del Lavoro, al MAE ed alle Regioni. Queste Istituzioni hanno il compito di normare, programmare ed indirizzare l’utilizzo dei fondi pubblici realizzando anche in questo settore della formazione degli italiani all’estero quelle riforme strutturali che vengono gradualmente attuate in Italia sulle spinta degli orientamenti comunitari. Senza questi adeguamenti sarà difficile fare l’opera di integrazione tra politiche ed ambiti di intervento richiesti anche al fine di ridurre la dispersione delle risorse pubbliche.
Il Rapporto, invece, nelle conclusioni del capitolo dedicato alla formazione sembra riproporre per il futuro un modello nel quale si consoliderebbe il vecchio sistema in cui predomina l’azione degli enti formativi di fronte ad una funzione di “coordinamento” debole da parte del Ministero del Lavoro.
Da queste considerazioni nasce anche una diversa valutazione delle cosidette “azioni di sistema” in fase di sperimentazione le quali non costituiscono una indebita (quasi parassitaria) “lievitazione di costi” come conclude il Rapporto, ma rappresentano per il CGIE una strada necessaria per le riforme e perciò vanno ulteriormente sostenute. Molto bene dice Franco Narducci dalle pagine dello stesso Rapporto : “la sfida è oggi quella di progettare istituzioni che favoriscano ed accrescano il livello di cooperazione necessaria” (pag.302). La cooperazione riguarda, nel nostro caso, l’apertura della formazione degli italiani all’estero ad una visione complessiva ed unitaria delle dinamiche dello sviluppo regionale, nazionale e internazionale in cui nuovi soggetti entrano in azione con potere determinante: le Regioni e l’Unione Europea. E’ proprio la mancanza di questa visione più ampia ed unitaria che spinge l’analisi del Rapporto Migrantes sulla formazione professionale verso conclusioni che tendono più ad una restaurazione di vecchi modelli che ad indispensabili riforme strutturali.
Il CGIE è in prima linea su questo fronte, e qui passiamo anche all’esame del secondo capitolo in questione dedicato all’ “emigrazione italiana nell’ottica imprenditoriale”, proponendosi come luogo di riflessione e di conoscenza per la tanto auspicata “integrazione” delle politiche di intervento per gli italiani all’estero.
Il 17 e 18 luglio 2007 la Va Commis-sione Tematica del CGIE ha approvato il “Dossier per l’internazionalizzazione” che esprime l’impegno del CGIE per svolgere una funzione di soggetto attivo a supporto delle politiche per gli italiani all’estero in un settore che influisce moltissimo sulla formazione professionale. Dalle analisi del CGIE si possono ricavare scenari di cambiamento e linee programmatiche che riguardano il sistema delle imprese italiane nel mondo nel contesto dello sviluppo del territorio e non più come universo separato. In questa visione allargata, il CGIE inquadra il ruolo degli italiani all’estero tra gli attori fondamentali del cambiamento quali le Regioni e l’Unione Europea che nel Rapporto Migrantes non sembrano compiutamente rappresentati per il peso che stanno assumendo nelle azioni di “governance” del sistema pubblico.
Del “Dossier sull’internazionalizzazione” del CGIE non c’è traccia nei capitoli del Rapporto qui esaminati con la conseguenza che non viene espresso adeguatamente il contributo del CGIE alle politiche per gli italiani all’estero. Una assenza grave perché l’analisi proposta dal Rapporto risulta, a questo punto, parziale. Infatti, tutto il capitolo dedicato dal Rapporto alla dimensione imprenditoriale dell’emigrazione italiana risente di una visione dell’imprenditoria italiana all’estero ormai superata dalle analisi del CGIE che hanno recuperato le strette connessioni tra imprese e territorio collegando finalmente le tematiche economiche a quelle culturali, sociali e dell’occupazione (e quindi della formazione professionale) nel più generale contesto dell’internazionalizzazione. Il risultato di questo approccio limitativo del Rapporto si vede nel difficile collegamento tra questo capitolo del Rapporto dedicato all’economia e quello dedicato alla formazione professionale che costituiscono, invece, ambiti strettamente connessi.
Ho voluto qui esprimere alcune considerazioni “a caldo” su un lavoro importante e prezioso come quello del Rapporto della Fondazione Migrantes che richiederebbe comunque ulteriori approfondimenti nello spirito di un esame costruttivo dei risultati conoscitivi da esso prodotti. Ma già ora occorre segnalare la necessità che un maggiore sforzo va compiuto in sede istituzionale, a partire dal CGIE stesso, per produrre sintesi conoscitive che concorrano a dare una informazione pubblica più completa e soddisfacente sugli scenari che interessano gli italiani nel mondo.

 

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EmiNews 2007

 

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