3686 DI SALVO (SD): I modelli del PD? Quelli della vecchia politica

20071010 22:59:00 redazione-IT

Ci vuole una sinistra forte in grado di pesare sulle scelte. Conversazione con Titti Di Salvo (da La Rinascita)

I modelli del PD? Quelli della vecchia politica

Litigiosità, candidature decise a tavolino, un numero di correnti che nemmeno la Democrazia Cristiana. E nei giorni delle primarie di un Partito democratico che va più al centro del centro, suona davvero autoironico lo slogan che campeggia sui manifesti della nuova formazione politica: “Sono democratico, perciò decido io”. Mentre il popolo che ha votato per il centrosinistra si trova sempre più spiazzato: non è un caso, forse, che il grillismo abbia attecchito proprio adesso.

E malgrado Fassino, dichiari esattamente il contrario, “come pensavamo – dice Titti Di Salvo, capogruppo di Sinistra Democratica alla Camera – la nascita del Pd è una scelta che ha determinato una fortissima instabilità del quadro politico e di governo.”
L’esponente del movimento di Mussi ricorda che già quando erano nei Ds ai promotori del nuovo partito, che dicevano di avere come obiettivo quello di dare una risposta alla crisi della politica , loro obiettavano che la strada non era quella giusta nell’interesse del Paese e che invece “sarebbe diventata un elemento di instabilità e avrebbe aumentato la disillusione e la distanza dei cittadini dalla politica”. Facile profezia, confermata da quelli che Di Salvo chiama “modelli di costruzione del nuovo partito uguali quelli della vecchia politica” e da una serie di fatti messi in fila che attiene ai contenuti. Innanzitutto “l’obiettivo dichiarato di collocarsi al centro”. Di Salvo ricorda l’affermazione che si legge sul manifesto dei saggi: l’equidistanza tra impresa e lavoro nella rappresentanza politica. “Vuol dire – spiega – dichiarare lo spostamento in senso moderato del partito che si vuole costruire: programmaticamente, il Partito democratico decide di interpretare nel centrosinistra la parte del centro”. E ripete : “nel centrosinistra”, quasi a esorcizzare un’intenzione, ormai neanche troppo larvata, di sbarazzarsi della sinistra. Ci gira intorno con le parole, con le negazioni afferma, perché è dura da digerire: “il manifesto dei coraggiosi di Rutelli e le affermazioni che evocano alleanze di nuovo conio e omogenee non chiudono la porta ad alleanze non più di centrosinistra”. In più, ai fatti da mettere in fila, aggiunge l’affermazione arrogante dell’autosufficienza, il “da noi non si può prescindere”. E ci mette un’altra cosa fra i motivi che non permettono un giudizio positivo sui passaggi con cui DS e Margherita stanno arrivando al nuovo partito: “una scelta evidente di modifica degli equilibri culturali costruiti nel tempo fra laici e cattolici e che hanno prodotto importanti leggi, frutto di mediazioni alte.”
Il riferimento è alla leggi su aborto e divorzio, la conseguenza è “il grande vuoto di rappresentanza politica a sinistra” e “una domanda politica di una sinistra laica e anche di una politica fatta bene”.
Da quando è capogruppo di SD alla Camera, dopo l’uscita dal partito di Fassino, Titti Di Salvo gira l’Italia in lungo e in largo, parla con la gente , sa che il nostro popolo ci chiede unità. “Visto che loro sono il centro – chiarisce – l’Italia sarebbe l’unico Paese a non avere un partito di sinistra con una massa notevole”. Quindi precisa che in realtà non c’è il vuoto, ci sono tre partiti – Comunisti italiani, Rifondazione e Verdi – e c’è il loro movimento, ma il punto per lei è che non si tratta soltanto di interpretare una “domanda di identità all’interno dei piccoli partiti” ma ci vuole “una sinistra forte che sia in grado di pesare sulle scelte del Paese, e non soltanto di esistere”.
Non ha dubbi Titti Di Salvo: quella che viene dall’Italia di sinistra che ha incontrato negli ultimi mesi è “una domanda che aspira a mettere insieme tante persone, tanti soggetti, che non si accontenta della somma, chiede altro.”
Ma c’è di più: “le condizioni dell’Italia lo chiedono, non soltanto i militanti della sinistra”.
Per via delle “dinamiche economiche e sociali” di un Paese “diseguale, dove i profitti stanno bene” e invece i più deboli e persino i ceti medi stanno sempre peggio, ma soprattutto a causa di un “indebolimento fortissimo di una cultura perfino progressista”.
Di Salvo ricorda la trattativa sulle pensioni e parla dei precari, quindi spiega di essere stata “colpita” dalla solitudine “delle ragioni delle persone più deboli quando chiedono rispetto, considerazione, centralità” e va alla conclusione, che può essere una sola: “l’esigenza chiara di un processo a sinistra, necessario per migliorare il Paese”. Un processo “necessario – ripete – possibile e difficile”, costellato anche da differenze di vedute, che però “fanno parte di questo processo, non lo impediscono e vanno guardate in faccia per trovare il modo di superarle”.

REFERENDUM SUL WELFARE: Impegni del premier parlerebbero a tutta maggioranza, rifletterei

Roma, 10 ott. (Apcom) – Il sì maggioritario nel referendum sul protocollo Welfare non chiude la porta ad eventuali miglioramenti, sui quali però Titti Di Salvo, presidente dei deputati di Sinistra democratica, pensa che si debba "costruire una intesa nella maggioranza".Il rischio, spiega, è che si scateni una corsa all’emendamento che potrebbe anche introdurre dei peggioramenti. Quanto all’ipotesi che Fabio mussi, ministro dell’Università e coordinatore nazionale di sd, si astenga nel Consiglio dei ministri proprio sul welfare, Di Salvo frena: "Se il governo, e quindi Prodi e il ministro del Lavoro, prendessero l’impegno a introdurre dei miglioramenti nel percorso parlamentare, io credo che una simile presa di posizione parlerebbe a tutta la maggioranza, non solo a noi. E credo che tutte le forze della sinistra dovrebbero riflettere".

 

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EmiNews 2007

 

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