3735 «Siamo tutti un programma»: Un milione in piazza a Roma

20071021 10:57:00 redazione-IT

di Rachele Gonnelli

Compatto e rosso, più che un fiume un torrente caotico di bandiere rosse. Così il corteo della sinistra dell’Unione ha iniziato a marciare una mezz’ora prima della data stabilita perché la folla straripava ormai da piazza Esedra e piazza Cinquecento davanti alla stazione Termini. Praticamente ha iniziato a sfilare senza testa, cioè con in testa solo i blindati della polizia e i cordoni di agenti. Nessuno striscione di Liberazione- pare che i redattori se lo siano scordato- e una sola bandiera del manifesto con il bambino della rivoluzione che non russa. E tanti ingorghi, ripartenze, fermate a tratti per salutare i leader, stringerseli, da Claudio Rinaldini segretario Fiom, a Franco Giordano segretario di Rifondazione passando per Franca Rame dell’Italia dei Valori e Paolo Brutti della Sinistra democratica.

All’altezza della basilica di Santa Maria Maggiore, quando lo striscione di testa è già cambiato quattro o cinque volte senza nessuna tensione, c’è uno stop più lungo. «Tutti fermi, manca Pietro Ingrao, aspettiamo che arrivi», si sentiva dire tra gli uomini con la pettorina gialla dell’«area programmatica Lavoro e Società» della Cgil, gli unici che almeno come immagine sembrano un servizio d’ordine. Dopo poche decine di minuti arriva l’anziano comunista. Praticamente travolto da fotocamere e gente che lo vuole salutare. Gli fanno domande, lo acclamano – «Pietro, Pietro..» – e qualcuno tira fuori la luna. «La luna?Vogliamo la luna? Sì vogliamo la luna, nel senso che vogliamo un mondo diverso, di diritti dei lavoratori e di masse», risponde lui da dirigente politico a questa sollecitazione di poeta. Poi gli uomini con la pettorina gialla gli fanno cordone intorno – «fate largo, compagni» – prima che venga travolto del tutto.

La Cgil. C’è chi l’ha portata la bandiera. Almeno uno. «L’ho detto e l’ho fatto», rivendica fiero Domenico D’Anna brandendo il drappo rosso con su scritto "Cgil Modena". Lui lo strappo l’ha fatto. È il lavoratore intervistato dal Tg1 che si era ribellato alla richiesta del segretario generale di non portare in piazza i vessilli dell’organizzazione che non ha aderito alla piattaforma della manifestazione. Ma pare abbia gradito, Epifani, la ricontrattazione del protocollo sul welfare fatto dai ministri della sinistra del governo Prodi, poi rimodificata in una trattativa successiva a Palazzo Chigi tra governo, Confindustria e sindacati.

Molti leader sottolineano che la manifestazione non è contro il governo Prodi. Lo dice anche Alfondo Pecoraro Scanio, assente dal corteo per disciplina di governo come del resto tutti gli altri ministri della sinistra. Verdi e Sinistra democratica non sono presenti se non a titolo personale. Bandiere infatti non se ne vedono. Nel lungo torrente di bandiere rosse in effetti c’è qualcuno che accenna una breve contestazione "grilliana" contro Prodi, che però non "attacca" e muore lì.

«Prodi? Berlusconi, Prodi son tutti uguali». Eccone un altro. È Nando, di Prima Porta, dall’alto di un "trabiccolo", una bicicletta alta a tre ruote, con in testa uno strano copricapo tricolore con due braccini. Antipolitica anche qui? «Macché antipolitica, è democrazia», risponde il ciclista. «Ma ti pare che dobbiamo sorbirci tutte le sere l’Isola dei famosi e a Santoro lo vogliono zittire un’altra volta?».

I giovani, vediamo i giovani, che sono tantissimi. Moltissimi con bandiere di Che Guevara, sbandierate con energia. Ci sono dei ragazzi che vengono da Firenze e innalzano cartelli di cartoncino bristol, collage fatti in casa. In uno c’è scritto "vendesi Cgil", sugli altri frasi da cui si evince che il neonato Pd già non li convince. Non hanno apprezzato quella che ritengono scarsa attenzione per il precariato. E neanche l’ordinanza Cioni contro i lavavetri. Ci sono bandiere per la pace e quelle No-Tav. Slogan pochi, fischietti e camion con la musica delle posse. E bande musicali che suonano marcette e canzoni di lotta.

Mariano e Ugo hanno tolto dalla naftalina una vecchia bandiera del Pci sez.Pignone ricamata a mano. «Ha settant’anni questa bandiera, di quando il Pignone era il Pignone e scioperò nel ’44, non come ora che al Nuovo Pignone l’accordo sul welfare è passato al 75 percento». Ormai è storia. O vorreste rifarlo, il Pci? «Certo che lo rifarei – risponde Ugo – anche domani, purtroppo con questi della Sinistra Democratica ci credo poco, oggi era un’occasione per stare insieme e invece si sono defilati. Sono mesi che abbiamo messo su un gruppo dell’Unione all’Isolotto, ci annusiamo. Però alla fine non son venuti, dice che non se la sono sentita».

Non è vero qualcuno c’è. «Ci sono molte organizzazioni territoriali della Sinistra democratica», dice il senatore Piero Di Siena: il Piemonte, l’Umbria, la Basilicata…«E dopo questa manifestazione partiremo subito con l’unità della sinistra». Anche se la settimana prossima dovesse cadere il governo? «Questo dipende dalla destra della coalizione – risponde il senatore Di Siena – se deciderà di fare questo atto di irresponsabilità per il Paese, i vari Dini, Bordon eccetera. Non da noi né da questa piazza».

Si sfocia in piazza San Giovanni che è già mezza piena. Il palco, giallo, ricorda il concertone del primo maggio. E da lì Franco Giordano annuncia: «Siamo 700mila». Forse è una esagerazione. Ma piazza San Giovanni è piena fino all’orlo, comprese le vie laterali, quando sta facendo il suo ingresso la coda del corteo. «E se quelli di An la settimana scorsa hanno detto 500 mila, noi siamo molti di più e questo è certo», dice uno con la pettorina gialla. È pur vero poi che le navi speciali dalla Sardegna erano stracolme, tanto che non volevano farle partire, raccontano gli organizatori.

C’è una sensazione di sollievo che serpeggia tra la gente. Perché dopo tante divisioni, tanti strappi, persino all’interno di Rifondazione, e poi nel governo, nel sindacato e trai sindacati, strappi e distanze prese da parte della sinistra più vicina al Pd, non era affatto detto che la risposta di partecipazione ci sarebbe stata e così forte. E c’è stata. Conservatrice o radicale che si voglia descrivere.

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Il popolo in piazza, Prodi: «L’ho sempre ascoltato»

«L’ho sempre ascoltato, ho sempre ascoltato». Le ripete due volte, il presidente del Consiglio Romano Prodi, le parole che servono a convincere il milione di persone scese in piazza che lui e il governo non sono lontani. La sollecitazione era arrivata dal segretario di Rifondazione Franco Giordano: «Prodi ascolti questo popolo». «Non ce n’era bisogno», ribatte il premier, «non c’è pericolo», aggiunge. Il governo, insomma, dice «ci sono». E forse, dice qualcuno, la manifestazione del 20 ottobre può anche rafforzarlo.

È quello che pensa il ministro per la Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, che crede che il governo «può uscire rafforzato nella misura in cui è capace di dare risposte e quindi applicare il programma». Insomma, il pungolo arrivato dalle centinaia di migliaia di manifestanti può servire a ricordare al governo quali sono i passi da fare per andare avanti.

Una bella risposta ai «menagrami della destra», dice il ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Sabato lui e i Verdi in piazza non c’erano, ma il successo del corteo lo invita a dire la sua: «Un grande incoraggiamento al governo e alla maggioranza per applicare il programma sui temi dell’ambiente, del precariato, dei diritti e dell’innovazione». E ammette: «Complimenti agli organizzatori».

Commenta la manifestazione anche il ministro dell’Università Fabio Mussi. Al corteo qualche bandiera di Sinistra democratica c’era, ma si trattava di semplici adesioni personali, perché il partito non ha aderito alla protesta: «È grande, bella, forte politicamente – ha dichiarato – Chiede che si alzi la battaglia contro il lavoro precario, che il Governo si muova con più rispetto per il suo programma, che la sinistra si unisca».

Giù, la Cosa rossa. Il 20 ottobre segna anche la data della prima vera manifestazione unitaria dell’ala sinistra dell’Unione: «La manifestazione – commenta il ministro Ferrero – chiede alla Sinistra di unirsi e credo che questo vada fatto subito. E unire la Sinistra – precisa Ferrero – non è uno scimmiottamento del Partito democratico, ma mettere insieme posizioni condivise su lavoro, precarietà, casa, stipendi». Gli fa eco Mussi: «Sentiamo la responsabilità di contribuire a raccogliere questa voce». «Vedendo le bandiere dei Comunisti italiani, insieme a quelle di Rifondazione, della Cgil, della Fiom e di tante altre organizzazioni della sinistra – ha confessato il leader del Pdci, Oliviero Di liberto – non nascondo che mi sono molto emozionato. Questa manifestazione può essere la premessa per costruire una cosa più grande».

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In piazza le vite da precari

In piazza, in piazza, in piazza. Per manifestare. «La manifestazione è importante per il sostegno della lotta alla precarietà nei dovuti modi», osserva Giovanni, 56 anni, programmatore. «A solo una settimana dal successo del Partito Democratico, lo scopo è di tenere viva l’attenzione su un problema che c’è», conclude. Gli organizzatori chiedono equilibrio. Il popolo dei manifestanti, espressione delle grandi fabbriche metalmeccaniche che avevano bocciato l’accordo sul welfare (ma anche studenti e tanti lavoratori precari) con cautela arrivano in Piazza San Giovanni, a Roma. «I partiti democratici e il governo hanno meno paura», dice Maurizio, 43 anni, rappresentante sindacale della Fiom. «La manifestazione riflette invece la spaccatura che c’è nel sindacato, tra la Fiom e la Cgil. Bandiere Cgil in piazza ce ne sono».

Vite da precario. Laura, 32 anni, organizzatrice di eventi culturali, ci spiega le sue motivazioni: «Sono scesa in piazza perché sono tanti anni che sono in questo lavoro, mi hanno fatto sempre contratti a termine. Non posso comprarmi casa perché nessuno mi fa un mutuo e non posso permettermi il lusso di fare un figlio perché non ho diritto alla maternità e alla pensione». È questa la percezione diffusa tra precari, “dipendenti mascherati” e – più in generale – lavoratori atipici: il contratto, ormai, non lo fa più nessuno o quasi.

Osserva Cristina, addetta precaria in un call center dell’Italia del nord: «Il precariato minaccia la società: è quello che ha detto anche ultimamente Benedetto XVI». A margine della folla, Raffaele, 36 anni, impiegato con un contratto a tempo indeterminato, spiega le sue ragioni: «Sono sceso in piazza insieme a tanti ragazzi e ragazze per rivendicare un giusto diritto al lavoro, quello vero, che dà cioè la possibilità di costruirsi un futuro. L’allargamento della precarietà produce ingiustizia sociale e impoverimento economico per il Paese» oltre a «essere legata al discorso della sicurezza sul lavoro».

Ma non solo. La manifestazione è importante anche «per esprimere il contrasto con tutte le precarietà – dice Giancarlo, del Coordinamento dei comitati di Vicenza “No Dal Molin” – ma anche a favore dei diritti di tutti, compreso quello della difesa del territorio». Cinzia, 58 anni, pensionata, osserva che «sono qui non solo per lottare contro la precarietà dei giovani che è anche precarietà della vita ma anche perché il progetto di prolungare ulteriormente la vita lavorativa è un progetto insano. Per chi lavora in fabbrica, è una vita più faticosa, più esposta a veleni e malattie».

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EmiNews 2007

 

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