3781 Rimesse: quando spedirle è un fatto di fantasia e casualità

20071026 23:36:00 redazione-IT

Mentre per gli immigrati regolari è normale utilizzare gli strumenti finanziari tradizionali, ovvero il bancomat e le società finanziarie, per gli irregolari è difficile aprire un conto in banca e si affidano ai mezzi più diversi

ROMA – Ci sono due grandi tipologie di immigrati: i regolari e gli irregolari. Mentre per la prima tipologia per mandare i soldi a casa è normale utilizzare gli strumenti finanziari tradizionali, ovvero il bancomat, le società finanziarie specializzate, per gli irregolari la rimessa dei soldi è un fatto di fantasia e casualità.

"Molti emigranti, soprattutto i più poveri – ha dichiarato oggi a Roma nella sala della Stampa Estera il vicepresidente dell’Ifad, Kevin Cleaver – non hanno la possibilità di aprirsi un conto in banca e quindi non hanno a disposizione il normale bancomat che utilizziamo per le nostre transazioni finanziarie. Questi emigrati, dunque, si devono affidare spesso ai mezzi più diversi per poter sperare di mandare qualche soldo alle loro famiglie rimaste nei paesi d"origine dell’immigrazione”. Questi emigranti sono quindi doppiamente sfortunati, sono i più mal messi, perché oltre a doversi nascondere nei paesi di arrivo del loro viaggio, devono affidare i loro risparmi a terze persone sperando che dopo viaggi rocamboleschi i soldi giungano comunque a destinazione.

Ma non dormono sonni tranquilli neppure gli emigrati regolari, forniti di regolari permessi e contratti. Per loro infatti il giro delle rimesse è più facile e accessibile, ma in ogni caso a costi molto alti. Si è arrivati anche a picchi del 25% dei costi sulle transazioni monetarie (vedi lancio precedente). Per l’Ifad, ma anche per altri istituti si tratta di affrontare il problema dei costi con urgenza, visto che è centrale nella decisione degli emigranti di spedire i soldi a casa per le esigenze delle famiglie, ma soprattutto per reinvestirli in loco. E’ l’unica strada che garantisce un vero sviluppo – si legge nel primo rapporto mondiale sul fenomeno – dei paesi di origine dell’immigrazione. Gli obiettivi, secondo l’Ifad, devono essere dunque due: da una parte bisogna puntare sullo sviluppo rurale dei paesi poveri, aumentando la quota degli investimenti. Il secondo obiettivo – direttamente legato al primo – riguarda la possibilità di agire sull’immigrazione dal punto qualificante dello sviluppo economico. Si tratta cioè, suggeriscono gli esperti, di mettere in moto un circolo virtuoso: più soldi ai paesi più poveri per lo sviluppo e dunque meno spinta all’emigrazione da quei paesi con il conseguente nuovo investimento (e qui scatterebbe il circolo virtuoso) nei paesi di provenienza degli emigrati.

Ma perché, viste le consistenti cifre delle rimesse emigrate di oggi, gli stessi emigrati non riescono a farcela da soli e non riescono a dare un impulso positivo ai loro paesi d’origine che hanno sempre bisogno di interventi esterni? La domanda è stata fatta questa mattina durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto Ifad-Idb (Banca Interamericana di sviluppo) sulle rimesse, “Mandare i soldi a casa”. Ha risposto il vicepresidente Kevin Cleaver, secondo il quale gli immigrati e i paesi di emigrazione non riescono ancora a marciare con le proprie gambe perché in molti casi si tratta di paesi in guerra o che sono stati martoriati dalla guerra, oppure di paesi dove la corruzione dilagante non permette – almeno per ora – investimenti finanziari e scommesse positive sul futuro. (pan)

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EmiNews 2007

 

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