3778 BOLIVIA E LE TASSE PETROLIFERE

20071026 22:43:00 redazione-IT

da SELVAS.org Il Punto sulla Bolivia
di Giovanna Vitrano – Selvas.org

Pubblichiamo qui di seguito un articolo che ci ha inviato Andres Soliz Rada, ex Ministro per gli Idrocarburi in Bolivia, “padre” della nazionalizzazione degli idrocarburi annunciata in pompa magna dal governo Morales nel 2006 e, in teoria, messa in atto con decreto a partire proprio dalla festività dedicata ai lavoratori dello scorso anno.
E’ una dura critica, questa di Soliz Rada, nei confronti di un governo che sembra, anche a chi scrive, immobilizzato, paralizzato da forti legami politici con i governi più estremisti del continente, ipnotizzato dal sogno (nonostante tutte le parole, è ancora un sogno e per di più nemmeno definito) del Socialismo del XXI secolo, annuncio a tinte forti del presidente venezuelano Hugo Chavez e benedetto dal cubano Fidel Castro.
Noi, come ci conviene, siamo abituati a guardare, e a far guardare i nostri lettori, alla realtà dei fatti.

Questi raccontano una storia molto diversa rispetto ai proclami governativi e alle delazioni di tutta la stampa boliviana.

I fatti ci dicono che:
– Dopo la nazionalizzazione degli idrocarburi, dopo le firme di buona parte delle multinazionali che così dichiaravano di accettare gli aumenti delle royalties da corrispondere allo stato, solo un paio di queste hanno versato parte delle imposte; tutte le altre, no;
– L’industria statale per la ricerca, l’estrazione e la lavorazione del greggio (gas e petrolio), la YPFB, è di fatto un ente fantoccio al soldo delle stesse multinazionali che ne detengono la maggioranza del pacchetto azionario. Questo spiega, ad esempio, il perché in poco più di un anno sulla poltrona presidenziale dell’ente si sono succeduti ben quattro uomini;
– Nonostante le nuove entrate fiscali, ovvero con la piccola parte di royalties già incassate e grazie soprattutto ai debiti cancellati da alcuni stati esteri creditori, il governo non ha ancora messo in atto un piano di risanamento economico, sanitario, scolastico e pensionistico;
– Mentre si rafforzano, grazie proprio all’assenza (ingiustificata) di un solido progetto nazionale, gli intenti per una balcanizzazione della Bolivia (vedi movimenti quali Nacion Camba, progetti autonomistici, ecc.), l’Assemblea Costituente viene prima sospesa, poi rimandata senza che abbia raggiunto un solo risultato.

Nel frattempo, mentre il Paese continua ad elemosinare cure mediche e alfabetizzazione (“debiti” che prima o poi verranno riscossi), il governo si batte per un improbabile sbocco al mare che il Cile, come è chiaro da circa un secolo, non ha alcuna intenzione di regalare.
E in agguato restano le mire colonialiste dei produttori di benzina ecologica, le case farmaceutiche sempre in cerca di risorse da bollare con le proprie patenti, gli sfruttatori di energia idroelettrica e chi più ne ha più ne metta. E non basta certo una versione di Wikipedia in lingua Aymara per risolvere tutto questo.

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INTERVENTO di Andres Soliz Rada, ex Ministro per gli Idrocarburi in Bolivia

Il ritardo del Paese si deve alla spoliazione delle multinazionali e alla incapacità dei governi, come quello di oggi, che pensa esclusivamente all’esportazione del nostro eccedente, o a dilapidarlo in beneficenza. Alcuni paesi europei hanno usato i fondi del Piano Marshall (che ha prodotto grandi guadagni alle banche) per ricostruire, dopo la Seconda Guerra Mondiale, fabbriche, linee ferroviarie, ponti, oleodotti e strade. Sarebbe successo lo stesso se quei fondi fossero stati distribuiti tra anziani, inabili o studenti? Anche gli europei occidentali diminuiscono le somme destinate al sociale per evitare che le loro industrie vengano trasferite nell’Europa orientale.

Qui in Bolivia, invece, prefetti, sindaci e rettori delle università appoggiano la proposta del Presidente Evo Morales, chiamata “reddito dignità”, ma a condizione che sia coperta finanziariamente non con la diminuzione delle somme destinate alle prefetture, municipi e università, bensì con l’erogazione addizionale del Tesoro Generale della Nazione (TGN), al fine di liquidare ogni possibile investimento produttivo.

Queste autorità dicono di “amare” la Bolivia, ma stanno convertendo il paese in un colabrodo di risorse. L’ex presidente Gonzalo Sánchez de Lozada (GSL), presentando nel 1996 il Bono Solidario (BONOSOL, una sorta di assegno di indennità sociale) a favore delle persone della terza età, strumento con il quale pretendeva coprire i disastri della “capitalizzazione” (o “privatizzazione) delle industrie strategiche e della liquidazione della YPFB (Yacimetos Petroliferos Fiscales de Bolivia, l’industria petrolifera statale), dava dell’insensibile a chiunque lo criticasse. Cosa lo distingue oggi dal vicepresidente Alvaro García Linera che dice esattamente lo stesso? Che differenza c’è con i neoliberali degli ultimi 20 anni? Come la povera Bolivia può prestare soldi a Transredes (Enron-Shell), Santander Private Banking e al Lloyds TSB Internacional Private Banking al 3 % annuo e contrarre crediti della Corporación Andina de Fomento (CAF) all’8%? Non ci vergogniamo di chiedere alla Spagna di regalarci due ambulanze per municipio mentre la Andina-Repsol dichiara 166 milioni di guadagno nel 2006 e si rifiuta di distribuire gli utili? Intanto, il Banco Central aumenta il costo del denaro e disincentiva l’investimento produttivo incrementando l’inflazione.

Nessuno al governo chiede di usare le nostre risorse per le raffinerie di petrolio e minerali termoelettrici, in fabbriche di fertilizzanti e per la separazione dei liquidi, per essere autosufficienti con il diesel (la cui sovvenzione raggiungerà i 1000 milioni di dollari nei prossimi 5 anni), per espropriare legalmente la percentuale che occorre alla YPFB per avere la maggioranza delle azioni da Chaco, Andina e Transredes, in modo che la nazionalizzazione degli idrocarburi del primo maggio 2006 non resti solo un annuncio?

Prima dicevamo di essere poveri perché non avevamo soldi. Ora abbiamo soldi (per l’aumento dei prezzi del petrolio, per le rimesse dei boliviani che vivono all’estero e per l’aumento delle coltivazioni di coca), ma li distruggiamo e li inviamo all’estero. Con questo modo di governare, quando usciremo dalla povertà? Oppure siamo condannati a essere il paese degli accattoni, senza impiego produttivo, molta delinquenza e prostituzione?

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EmiNews 2007

 

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