3835 Sudamerica, IIRSA: MEGAPROGETTO di 335 GRANDI OPERE FARAONICHE

20071105 18:47:00 redazione-IT

Tito Pulsinelli

L’asse Interoceanico, infatti, pretende dragare e rendere navigabili i fiumi amazzonici per permettere di far risalire sino alle Ande le grandi chiatte per il trasporto delle merci. Attraverso un valico nella dorsale sudamericana, sfociare nel Pacifico, creando così un passaggio alternativo a Panama tra i due oceani. Fantascienza? Sicuramente una mazzata alla biodiversità

IIRSA (Iniziativa per l’Integrazione dell’Infrastructura Regionale Sudamericana) viene proposta nel 2000 a Brasilia dalla riunione dei presidenti latinoamericani dell’epoca (Bolivia, Hugo Bánzer Suárez; Brasile, Fernando Henrique Cardoso; Colombia, Andrés Pastrana Arango; Ecuador, Gustavo Noboa; Perú, Alberto Fujimori; Repubblica del Suriname, Runaldo Ronald Venetiaan; e Enrique Iglesias, Presidente del Banco Interamericano de Desarrollo BID – con il Presidente de la Corporación Andina de Fomento – CAF – Enrique García).
E’ un megaprogetto che prevede la costruzione di strutture di comunicazione terrestri, fluviali, e marittime, inter-amazzoniche e trans-andine. Prevede di sviluppare i seguenti assi di comunicazione: MERCOSUR-Chile; Brasil-Bolivia-Paraguay-Perú -Chile; Venezuela-Brasile-Guayana-Surinam; Orinoco-Amazonas-Plata; asse Amazónico; Neuquén-Concepción; asse Andino; PortoAlegre-Jujuy-Antofagasta; Bolivia-Paraguay; Perú-Brasile, nonchè tutta la logistica marittima dell’Atlantico e del Pacifico. Non si può far a meno di dire che il qualificativo più apropriato è "faraonico". Infatti, è il progetto preferito dalla Banca Mondiale, quello che era desposta a finanziare. Una ghiotta occasione di business per il neoliberismo internazionale, all’epoca delle sue vacche grasse.
Basti vedere che tra i presidenti-padrini dell’impresa spiccano Banzer, Fujimori, Noboa, della cui "statura democratica" si è potuto accertare in questi anni. E’ importante ricordare come IIRSA ( http://www.selvas.org/DossIIRSA.html) sia stata identificata in quell’epoca come il "cantiere dell’ALCA", l’Area di Libero Mercato delle Americhe, che vedeva in quella rosa di Presidenti dei sicuri difensori delle sue mete.

Ora l’ALCA è stata archiviata e relegata nel museo delle chimere. IIRSA è stato definito il progetto di infrastrutture più grande del mondo, per l’ampiezza dei suoi interventi, ma anche per l’audacia estrema degli stessi. L’asse Interoceanico, infatti, pretende dragare e rendere navigabili i fiumi amazzonici per permettere di far risalire sino alle Ande le grandi chiatte per il trasporto delle merci. Attraverso un valico nella dorsale sudamericana, sfociare nel Pacifico, creando così un passaggio alternativo a Panama tra i due oceani. Fantascienza? Sicuramente una mazzata alla biodiversità e agli attuali equilibri territoriali, che si rifletterebbero immediatamente sul modo di vita delle popolazioni ivi ospitate.
Selvas, l’Osservatorio sulla Regione Andina, rende noto che "nessun parlamento nazionale ha legiferato sugli impatti economici, sociali e ambientali di tale progetto, benchè lo stesso coinvolga tuto il continente". I presidenti del 2000, si sono limitati ad auspicare questo megaprogetto affidandosi ad un un unico "consorzio transnazionale", incaricato della gestione ed applicazione, e del controllo degli amministratori nazionali e locali a cui sub-appalterebbero ben 335 progetti diversi. Questa centralizzazione determina una pericolosa "asimmetria ed atomizzazione", cioè la "mancanza di un vertice di responsabilità e di un committente unico al quale riferirsi per la risoluzione dei problemi dell’impatto ambientale, governance, trasparenza e controllo degli appalti" (Selvas).
Il megaprogetto IIRSA è rimasto sino ad oggi una materia di deliberazione confinata alle elites tecnocratiche e finanziarie sudamericane, sconosciuto all’opinione pubblica ed ai movimenti sociali dell’area. Nessun governo, sino ad oggi, si è pronunciato pubblicamente, nè ha aperto una discussione sul faraonico progetto. Nonostante sia indispensabile il consenso sociale attorno a queste 335 opere, data la mole delle risorse economiche richieste e la salvaguardia di territori abitati da popolazioni indigene, che li hanno sempre preservati.
Il quadro sudamericano si è profondamene modificato rispetto 2000: Lula ha annullato diversi contratti firmati dal suo predecessore Cardoso che prevedevano la presenza degli Stati Uniti nell’area. Le elites politiche ed economiche difficilmente rinunceranno o sapranno fissare condizioni alla cascata di capitali preventivati dall’IIRSA. L’inviluppo delle reti di trasporto tra le nazioni del continente hanno storicamente favorito l’importazione delle merci, la dipendenza estera ai manufatti, l’isolamento politico e sociale che ha favorito le dittature e le soppressioni democratiche.
"La convergenza dei governi latinoamericani verso la creazione di un mercato unico regionale ha bisogno di strutture viarie che difficilmente riceverebbero fondi e investimenti sicuri quanto ne riceve la struttura fondata nel 2000. Il silenzio assenso dei locali presidenti sudamericani dimostra la necessità primaria di non interrompere queste linee di finanziamento che nascono per l’ALCA, e concludono con uno dei maggiori e competitivi mercati mondiali nascenti. Questa emancipazione continentale sarà sicuramente a discapito di masse di popolazione, quali gli abitanti di zone rurali, indigeni, indigeni non contattati, e andrà a discapito dell’equilibrio ecologico di numerossissime aree sensibili. Questo porterà nel prossimo futuro gravi confronti tra Stati e popolazioni locali, tra Stati e enti e associazioni per la difesa dei diritti sociali, ambientali e dei diritti umani" (Selvas).

Il Ministero degli Esteri del governo italiano in carica sta promuovendo energicamente l’IIRSA, quasi si trattase una iniziativa di nuovo conio e non di un progetto risalente al 2000, cioè in pieno furore neoliberista. Si tratta di un campo d’intervento limitato all’Impregilo, Astaldi e poche altre imprese. E’ necessario non occultare o minimizzare i rischi e la complessità di un’operazione a rischio che –in un imminente futuro- ha molte probabilità di ritrovarsi nell’occhio di un ciclone. Questo cantiere continentale può ledere diritti fondamentali dell’ambiente e dell’uomo. Lo Stato non può posticipare le analisi delle conseguenze negative ad opere terminate, tantomeno prestarsi a garantire linee di credito o coperture finanziarie a progetti che non sono passati al vaglio dell’approvazione politica. E che non contano sul consenso sociale sudamericano, specificamente delle popolazioni originarie, principali vittime.

http://www.selvas.org/DossIIRSA.html

 

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EmiNews 2007

 

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