3896 Al Sud studiare non paga. Triplicati in nove anni i neolaureati emigranti

20071112 15:08:00 redazione-IT

Il 46% dei giovani a tre anni dalla laurea è disoccupato. Tra chi rimane, più favoriti i figli di dirigenti, ma il lavoro trovato (con conoscenze) è spesso atipico. Solo 779 studenti dal Nord al Sud per studiare. I dati di una ricerca Svimez

ROMA – Nel 2004, a tre anni dalla laurea, il 46,4% dei laureati meridionali che hanno studiato al Sud e si sono laureati in corso è disoccupato. Disoccupato anche il 43,3% dei laureati con il massimo dei voti a fronte del 30,8% del Centro-Nord, dove oltre l’80% dei laureati fuori corso da più di tre anni ha comunque trovato un’occupazione.

È questa la fotografia che emerge da una ricerca della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) appena pubblicata sul quaderno “I laureati del Mezzogiorno: una risorsa sottoutilizzata o dispersa”. Condotta su dati Istat dai professori Mariano D’Antonio e Margherita Scarlato dell’Università di Roma Tre, in collaborazione con la Svimez, l’indagine prende in esame la mobilità territoriale, la condizione professionale e occupazionale dei laureati meridionali a tre anni dalla laurea.

Dallo studio emerge un quadro di luci e ombre, dove la mancanza di lavoro nel Mezzogiorno è frutto “più degli ostacoli che incontrano i giovani nel mercato locale che di una libera scelta” e dove “la condizione di nascita determina in modo decisivo lo status economico e sociale degli individui”.

Mettendo in relazione il rendimento scolastico e l’origine sociale, infatti, si evidenzia che fra i laureati meridionali sono soprattutto i figli di dirigenti (22,7%) e di liberi professionisti (23,6%) a laurearsi in corso; i figli di quadri ottengono i voti più alti (29,1%), mentre i figli di coadiuvanti si laureano fuori corso nel 100% dei casi e ottengono i voti più bassi (solo il 14,7% si laurea con il massimo dei voti). Sono inoltre soprattutto i “figli di” a laurearsi nel Centro-Nord (20,9%) o a trasferirsi dopo aver studiato al Sud (24,2%), favorendo così le migliori possibilità di crescita professionale.

Sotto accusa per la scarsa mobilità sociale e intergenerazionale, il sistema scolastico. La forbice sociale tra giovani dei ceti alti e bassi nel Mezzogiorno infatti è frutto, si legge nello studio, di un “sistema di istruzione che contribuisce soprattutto ad amplificare la distanza tra aree ricche ed aree povere” mentre invece “dovrebbe compensare gli svantaggi di partenza portando allo stesso livello figli di famiglie di diverso reddito/grado di istruzione”.

Emigrazioni in ripresa. Nel 1992 i giovani meridionali che emigravano al Nord dopo la laurea erano il 6%; nel 2001 sono diventati il 22%. In valori assoluti, si è passati da 1.732 a 9.899 laureati. Riguardo alle discipline di studio, si sono trasferiti di più ingegneri ed economisti, mentre la propensione a emigrare è stata più bassa tra i laureati in legge. Crescita rilevante anche per i giovani che si sono trasferiti al Centro-Nord per frequentare l’Università: in percentuale, erano un terzo (pari a 6.618 studenti) nel 1992, sono saliti al 60% (10.539 unità) nove anni dopo.

Continua invece a essere bassissima la quota di studenti che dal Centro-Nord si sposta al Sud per studiare: nel 2001 sono stati soltanto 779, a testimonianza della bassa attrattività dell’area in termini di ricerca e occupazione.

Tra le regioni, è stata la Campania a subire l’emorragia più forte di neolaureati, con un valore nel 2001 pari al 21,3% del totale dei laureati (erano il 15,2 nel 1998), seguita da Calabria (18,3%), Puglia e Sicilia (pari entrambe a 17,4%). Meno propensi al trasferimento post lauream invece i molisani (12,9%, in crescita comunque rispetto all’8,5 del 1998) e gli abruzzesi (13,2%, contro il 10,2 del 1998).

Chi rimane. Nella ricerca del primo lavoro, i giovani laureati che si affidano alla rete di conoscenze sono soprattutto figli di dirigenti, quadri e imprenditori, con percentuali comprese tra il 37 e il 41%, mentre lavoratori autonomi con basse qualifiche e soci di cooperative si rivolgono agli “amici” solo nel 22-25% dei casi. Una situazione “familista” che avvicina Nord e Sud; nel Mezzogiorno si rivolgono al canale “informale” soprattutto i figli di dirigenti, al Centro-Nord di imprenditori. Ma il lavoro che si ottiene, a Nord e a Sud, è atipico nel 36% dei casi. (37,7% Mezzogiorno, 35,7% Centro-Nord).

Un lavoro atipico percepito molto diversamente: nel Centro-Nord i giovani “considerano in molti casi la loro collocazione professionale insoddisfacente ma transitoria”, mentre nel Sud viene vissuta “con scarse prospettive di miglioramento professionale. Si tratta quindi di persone frustrate nelle loro aspirazioni di progredire nella scala delle posizioni sociali”.

 

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EmiNews 2007

 

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