3920 Rom, no al triangolo illegale: appello di 300 intellettuali

20071115 13:04:00 redazione-IT

Valeria Trigo

«Il triangolo nero. Violenza, propaganda e deportazione. Un manifesto di scrittori, artisti e intellettuali contro la violenza su rom, rumeni e donne»: oltre trecento tra scrittori, artisti e intellettuali italiani hanno deciso di far sentire la loro voce, stanchi di assistere alla deriva razzista che attraversa il nostro paese, purtroppo aggravata dalla morte violenta di Giovanna Reggiani. Non potendo rimanere indifferenti alla guerra contro i poveri che si sta combattendo in Italia e rivendicando il diritto di critica di fronte alla dismissione dell’intelligenza e della ragione.

Una specie di comunità, non solo virtuale, che smentisce le accuse ripetute dai cosiddetti opiniosti nei confronti della non partecipazione degli scrittori italiani alle questioni sociali.

Da giorni la rete era in fibrillazione, grazie alla mobilitazione di Alessandro Bertante, Gianni Biondillo, Girolamo De Michele, Valerio Evangelisti, Giuseppe Genna, Helena Janeczek, Loredana Lipperini, Monica Mazzitelli, Marco Philopat, Marco Rovelli, Stefania Scateni, Antonio Scurati, Beppe Sebaste, Lello Voce e il collettivo Wu Ming. Nasce così – da una partecipazione sempre più crescente, da arricchimenti reciproci e da un principio di base sacrosanto e imprenscindibile, riassumibile nella frase «Nessun popolo è illegale» – l’appello-manifesto al quale hanno aderito finora in più di trecento e che da oggi sarà in rete, su Carmillaonline, Wumingfoundation, Lipperatura, Nazione Indiana, beppesebaste.blogspot.com, Articolo 21 e francarame.it. Tra i nomi, quelli di Roberto Saviano, Sandro Veronesi, Franca Rame, Bernardo Bertolucci, Moni Ovadia, Simona Vinci, Botto&Bruno, Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli, Nanni Balestrini, Mauro Covacich, Erri De Luca, Giuseppe Montesano, Valeria Parrella, Enrico Palandri e Ugo Riccarelli (del quale in questa pagina pubblichiamo un testo che lo scrittore romano ha affidato a un quotidiano svizzero).

«Odio e sospetto alimentano generalizzazioni – si legge nel manifesto -: tutti i rumeni sono rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini devono essere espulsi dall’Italia. Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra, gareggiano a chi urla più forte, denunciando l’emergenza. Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più bassi dell’ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa 2005, L’omicidio volontario in Italia e l’indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima è una donna; più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di aggressione fisica o stupro è sette volte su dieci il marito o il compagno: la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto».

Ma, nonostante i fatti, nel nostro paese rimane il vizio dell’«emergenza continua». Dopo la morte di Gabriele Sandri, il ragazzo laziale ucciso da un poliziotto, tutti i quotidiani esteri hanno commentato: «l’Italia è il paese dei problemi che non si risolvono mai». Più «facile» agitare uno spauracchio collettivo piuttosto che affrontare seriamente e risolvere le vere cause dell’insicurezza sociale. O continuare a sfruttare le ragazze immigrate e la manodopera piuttosto che attuare le direttive europee (come la 43/2000) sul diritto all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’alloggio dei migranti: nei cantieri ogni giorno un operaio rumeno è vittima di un omicidio bianco.

Il rischio è enorme: «Si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto, come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, in nome di una politica che promette sicurezza in cambio della rinuncia ai principi di libertà, dignità e civiltà; che rende indistinguibili responsabilità individuali e collettive, effetti e cause, mali e rimedi. Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell’intolleranza il triangolo nero degli asociali, il marchio d’infamia che i nazisti applicavano agli abiti dei rom».

 

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EmiNews 2007

 

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