3953 IMMIGRAZIONE:Lavoro di cura, la prima discriminazione è quella contrattuale

20071123 11:20:00 redazione-IT

Il 28% non ha mai avuto un contratto. Più a rischio le più giovani e da meno tempo in Italia. Indagine delle Acli in 5 città campione – Treviso, Torino, Cagliari, Roma e Napoli – sulle sulle discriminazioni nel lavoro di cura

ROMA- Sono in maggioranza donne, sono quasi sempre impiegate nei lavori di cura, nella maggior parte dei casi non hanno contratti regolari. Sono quasi sempre trattate peggio delle loro colleghe italiane e in qualche caso sono oggetto di attenzioni o peggio violenze sessuali da parte dei loro datori di lavoro. Sono le donne immigrate che prestano lavori di cura nelle famiglie del nostro paese secondo una ricerca presentata oggi dalle Acli. La ricerca è stata sviluppata su cinque città campione – Treviso, Torino, Cagliari, Roma e Napoli – e riguarda tutte le forme di discriminazione nei confronti degli immigrati, ma appunto in particolare delle donne visto che sono loro ormai la maggioranza delle persone impiegate nei lavori di cura.

Il campione si basa su 702 interviste, di cui il 5,9% composto di uomini La ricerca è stata curata da David Recchia e Gianfranco Zucca. Titolo emblematico che hanno scelto per il report presentato oggi a Roma: “Usciamo dal silenzio”.

Le immigrate più a rischio di discriminazione sono quelle più giovani e da meno tempo in Italia. La prima discriminazione è quella contrattuale: il 28% delle collaboratrici domestiche immigrate (Colf) dichiara di non aver mai avuto un contratto. Discriminazioni anche sui livelli retributivi e in generale sui trattamenti. Le colf che stanno peggio di tutte sembrano comunque essere quelle con un unico committente. Quelle più esperte del lavoro in Italia e da più tempo nel nostro paese riescono infatti a cavarsela con la pluricommitenza, ovvero diversificando le loro collaborazioni o – quando va bene – i veri e propri contratti di lavoro.

Sono quattro i tipi princincipali di discriminazione a cui vanno incontro le immigrate. La discriminazione all’ingresso basate sugli stereotipi culturali, la discriminazione contrattuale (l’informalità che regola il mercato del lavoro domestico si risolve a tutto svantaggio dei lavoratori che in virtù di una posizione debole si trovano costretti ad accettare condizioni contrattuali penalizzanti; discriminazione nelle condizioni di lavoro: anche queste sono infatti legate allo scarso potere contrattuale: discriminazione nelle opportunità di miglioramento: il lavoro domestico-assistenziale in alcuni casi rappresenta una “gabbia occupazionale”. (pan)

 

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EmiNews 2007

 

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