3940 Può l’Europa trarre beneficio dalle migrazioni? Seminario della Ditchely Foundation a Oxford

20071121 17:26:00 redazione-IT

Può l’Europa trarre beneficio dalle migrazioni?
A Ditchley-Oxford, U.K. il 2-4 Novembre 2007, un seminario della Ditchely Foundation ha posto a 40 esperti provenienti da tutto il mondo domande comode e meno sul fenomeno migratorio e sul futuro della società europea

Ditchely Park, Oxford U.K., 2-4 novembre 2007
Molti europei continuano a resistere all’idea che l’immigrazione sia necessaria e che contribuisca pregevolmente alla crescita economica, malgrado l’evidenza (circa l’8% del PIL comunitario viene dai migranti, dati Eurostat). Questa differenza di percezione è destinata a durare?

Stanno gli europei cominciando a rendersi conto che i flussi migratori, per Paesi con una tendenza demografica statica, quando non in declino, e con una popolazione in fase di invecchiamento, sono insieme inevitabili e utili?
C’è anche una considerevole pressione sui sistemi di welfare prodotta dall’immigrazione. Quale volume di flussi migratori dunque sembrano produrre più benefici che svantaggi? Sarà necessaria una politica di maggiori controlli e limitazioni per evitare contraccolpi politici e sociali?
Queste e moltre altre domande sono state al centro di un Seminario tenuto a Ditchley (Oxford, U.K.) tra il 2 ed il 4 novembre 2007, promosso dalla Ditchley Foundation. Il panel di seminaristi, comprendeva un gruppo di 40 persone provenienti da tutta Europa, dagli Stati Uniti e dal Canada, tra cui: membri di organizzazioni internazionali, funzionari di governo e comunitari, accademici statistici e demografi, esperti, giornalisti, imprenditori e due funzionari del sindacato, esperti in materia di immigrazione: Ms Kay Carberry della Trades Union Congress, inglese e Giuseppe Casucci, della UIL italiana. Quella che segue è una nota del Direttore della Ditchley Foundation Lord Jay of Ewelme, sui risultati della tre giorni di dibattito. Vista l’importanza del tema ed i notevoli risultati raggiunti dal dibattito, abbiamo pendato di darne la massima diffusione. 20/11/07 – A CURA DI GIUSEPPE cASUCCI

Nota del Direttore della Ditchley Foundation Lord Jay of Ewelme

"Circondato da gloriosi colori autunnali, ed addolcito da un weekend particolarmente mite, Ditchley Foundation ha affrontato in uno specifico seminario ad inizio novembre il tema del fenomeno migratorio, all’interno ed in arrivo in Unione Europea, e come l’esperienza del Nord America ed altri luoghi possa influire positivamente sul dibattito in corso oggi in Europa. E’ apparso subito chiaro ai partecipanti come l’Europa non possa essere analizzata e discussa come un’entità omogenea – ci sono molte politiche differenti, attitudini e pressioni in gioco all’interno degli Stati Membri. In effetti, la necessità disaggregare dati e situazioni è stato un tema chiave nel corso del weekend in cui si è tenuto il seminario.

Fattori push and pull.

La migrazione stessa decrive molti e differenti processi e persone, i fattori push and pull sono differenziati e le politiche di accoglienza dei migranti, di qualsiasi “tipo” si differenziano all’interno degli Stati Membri. Anche la situazione nei paesi di origine di destino dei flussi migratori necessita disaggregazione. Nondimeno, il termine “migrazione” continua ad essere usato per incapsulare condizioni di stanzialità, spostamenti a lungo e a breve termine, causati da vari ed identificabili fattori. Ai fini della comprensione, la chiave deve essere quella di rispettare la complessità dell’argomento, riconoscere il suo ruolo centrale nell’agenda politica di molti Paesi ed ammettere la natura politica del dibattito. Le politiche infatti non sono basate solo su ragionamenti e fatti, ma vengono altresì influenzate da attitudini, valori e credenze.

La migrazione è fatta di persone.

I partecipanti al seminario si sono adoperati per sgonfiare alcuni dei miti associati al tema delle migrazioni, per rendere l’apparenza del soggetto meno tossica. Nel pensiero popolare la migrazione sembra principalmente essere associata con le pressioni economiche, le aspirazioni professionali ed i meccanismi di mercato. Quando invece, circa il 70% dell’immigrazione verso gli Stati Uniti e circa il 60% di quella verso l’Europa risulta attualmente essere dovuta a motivi di ricongiungimento familiare. Questo forse dipende da quello che le leggi nazionali ed i legislatori hanno inteso per “famiglia”. Ma le cifre ci dicono che le motivazioni quali il desiderio di sicurezza, il lavoro, opportunità educative o il miglioramento della qualità della vita, hanno prodotto un minor numero di spostamenti, ed una minore intensità emozionale, rispetto ai fattori familiari di attrazione.

Migrazione e demografia.

Un’altro luogo comune abbastanza diffuso è che l’immigrazione sarebbe in grado di compensare le crescenti pressioni demografiche all’interno dei Paesi Occidentali ed aiuterebbe a sostenere il welfare ed i sistemi pensionistici di popolazioni invecchiate negli anni a venire. Al contrario, le statistiche e le proiezioni mostrano chiaramente che il livello di migrazione che sarebbe necessario per alleviare queste tensioni demografiche in Paesi come Germania ed Italia, ad esempio, sono completamente irrealistici. In ogni caso l’invecchiamento della popolazione è un fenomeno mondiale, che riguarda ad esempio la Cina allo stesso modo che l’Europa. Queste pressioni potrebbero nel futuro portare ad un incremento nella competizione tra migranti stessi. Le molte europe. Ci sono già stati sforzi volti ad attrarre il “giusto migrante” per riempire il “giusto posto di lavoro” qualificato. In più, paesi come gli U.K. smebrano in grado anche nel futuro di mantenere gli attuali livelli di popolazione anche senza i migranti. Anche il tema demografico non sembra così semplice come viene spesso ritratto. Il seminario ha ricordato come il popolo dei migranti rappresenti oggi solo il 3% della popolazione mondiale, mentre il restante 97% delle persone rimane a vivere nei propri paesi d’origine. I discorsi che aleggiano sul tema migrazione, dunque, sono spesso un riflesso non accurato delle complessità della vita reale.

Le molte facce della migrazione.

I concetti compresi dal tema “migrazione” debbono essere sdrammatizzati e concretizzati. Ci sono migranti legali ed illegali, qualificati e non, migranti di breve periodo e richiedenti asilo. Politiche e risposte hanno bisogno di riconoscere la complessità e dare risposte alle differenti forme di migrazione, individualmente ed in modo appropriato. Abbiamo notato come i “migranti indesiderabili” sono spesso descritti come dequalificati. Va notato però come in molti paesi europei il lavoro “non qualificato” sia offerto quasi esclusivamente da persone provenienti dai nuovi Stati Membri UE, oltre che dai Paesi del Terzo Mondo: i migranti non qualficati, dunque, sono altamente importanti per queste economie. Molti di questi lavori ‘comuni’ vengono fatti da migranti qualificati che farebbero professioni ben diverse se i loro titoli scolastici e professionali fossero adeguatamente riconosciuti. Tenendo in mente queste differenze, i seminaristi hanno concluso che la UE può e deve fare di più per arrivare ad un comune quadro di riferimento migratorio.

L’urgenza di una politica europea.

Accordi comuni possono essere raggiunti più facilmente all’interno della UE su temi come la politica dell’asilo o i migranti irregolari – e la libertà di movimento delle persone associata eventualmente con il ricevimento di diritti di cittadinanza rende tutto questo ancora più importante. Al contrario, dato che diversi Stati Membri definiscono sia i richiedenti asilo che i migranti irregolari in modo diverso, applicando norme e leggi differenti, il poter lavorare su di un quadro comune di riferimento, implica la necessità di una politica migratoria comune. Con queste complesse considerazioni in mente, i partecipanti sono arrivati alla conclusione che è più utile parlare di mobilità.

Mobilità e libera circolazione.

E’ stato importante riconoscere che la mobilità interna ad uno stato è di per se stessa un problema enorme. La gente ha bisogno di abituarsi all’idea della libera circolazione delle persone all’interno della UE ed alla distinzione tra questo ed il movimento dei paesi terzi. La rimozione nel 2008 dei confini interni tra i Paesi A8 (Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Slovenia) ed il resto della UE avrà un impatto sul mercato, materiale e psicologico, sull’approccio alla mobilità ed al libero movimento all’interno della UE. La Migrazione è stata descritta anche come un “business”, con una serie di protagonisti che rivestono interessi nella migrazione stessa. Questo modo di mercificare la migrazione non è stato comunque raccolto come aspetto principale, probabilmente in riconoscimento delle variabili umane connessioni alla cultura, la storia e le tradizioni. E’ stato generalmente riconosciuto come la libertà di movimento e la mobilità delle persone, siano di fatto collegate alla libera circolazione delle merci e dei servizi, anche se ovviamente le due cose non possono essere messe sullo stesso piano.

Capire di più il fenomeno, per dare risposte.

La discussione è ritornata costantemente sulla bassa qualità dei dati disponibili. Politici e ricercatori hanno la necessità di cooperare per identificare i temi dominanti ed analizzare i dati disponibili, se vogliono cominciare a dare risposte adeguate. Le analisi statistiche debbono essere disaggregate in modo di riconoscere le molte differenti classi di immigrati e le differenti ragioni della migrazione stessa – per ricongiungimento familiare, domanda di lavoro, povertà o conflitti. I seminaristi sentono che politici e legislatori danno principalmente risposte a breve termine, nel mentre accademici e ricercatori hanno una più utile prospettiva a lungo termine. Le politiche migratorie tendono a prendere tempi lunghi per poter essere sviluppate ed implementate; c’è quindi una sfasatura politica tra l’identificazione di un problema – ad esempio scarsità di disponibilità al lavoro qualificato – ed una adeguata risposta allo stesso.

Nuove politiche sono necessarie.

Più generalmente, i politici sono considerati incapaci di andare al cuore dei problemi veri alla base del fenomeno migratorio, soprattutto a causa delle “sensibilità” politiche e sociali che esso produce. Perdippiù, gli effetti della politica pubblica sono stati finora piuttosto risibili – le capacità dei governi di dar forma o influire sulla mobilità delle persone è stata sovvrastimata. Essi tendono a preoccuparsi soprattutto del grado di accettazione della mobilità da parte delle popolazioni dei paesi riceventi i migranti. Nuove politiche sono dunque necessarie per arrivare alla radice dei problemi: e cioè che l’essenza di questi varia in differenti contesti, ma bisogna comunque che le politiche siano basate su di un messaggio pubblico più onesto e rigoroso.

Governare l’immigrazione attraverso controllo, ma anche cooperazione ed accoglienza.

I tre gruppi di lavoro in cui il seminario si è diviso, hanno passato un po’ di tempo a discutere i fattori push (diperazione) and pull (aspirazione) e le politiche necessarie a governare o integrare i migranti in arrivo. Era largamente condiviso il fatto che i livelli di migrazione debbano essere governati non solo attraverso meccanismi di controllo, ma anche attraverso politiche di sviluppo più efficaci, prevenzione dei conflitti, e capacity building per i governi dei Paesi origine dei migranti. Investimenti esteri diretti ed un commercio più equo sono anche necessari in un quadro più generale.

Rimesse e sviluppo.

E’ anche riconosciuta l’importanza delle rimesse, ma si è convinti anche del fatto che i Paesi sviluppati dovrebbero mettere in grado quelli in via di sviluppo di spendere le rimesse dei migranti più efficacemente, combattendo la corruzione e promuovendo il buon governo. E’ stato anche sottolineato come questo politiche siano necessariamente di lungo termine, dato che la liberalizzazione del commercio e la crescita economica produrranno inizialmente un incremento della mobilità dei migranti. Si pensa comunque che, nell’arco di 10 o 15 anni molti migranti vorranno ritornare nei propri paesi d’origine, soprattutto se in questi ultimi si saranno davvero consolidate condizioni di maggior sviluppo e miglior governo. La cosiddetta “migrazione circolare”, per la quale le capacità professionali vengono riportate nel paese d’origine dopo alcuni anni, è comunque improbabile che abbia effetti sostanziali sui trend di migrazione globale. In sostanza, solo l’applicazione globale di equità e giustizia potrebbe in teoria eliminare i fattori “push and pull”, ma non c’è alcuna prospettiva che questa condizione si realizzi nel breve termine.

Più integrazione è necessaria.

In effetti, il dibattito è ritornato varie volte sul tema dell’integrazione dei migranti. All’interno dei Paesi di destino, la resistenza delle comunità può facilmente essere generata da fattori culturali e di competizione, nel mentre i governi spesso non riescono a convincere la pubblica opinione sui grandi benefici della migrazione. E’ generalmente accettato il fatto che l’integrazione è un processo spesso lungo e doloroso. I Paesi europei sono alle prese in particolare con la necessità di una efficace integrazione dei migranti mussulmani. Una volontà di adattamento da entrambe i lati è assolutamente vitale e molti partecipanti hanno sostenuto che alcune comunità islamiche non hanno alcun desiderio di integrarsi o adattarsi alle società che le ospitano. E’ necessaria comunque una grande attenzione per non confondere i temi della migrazione e quelli della lotta al terrorismo, anche se la preoccupazione è legittima. I partecipanti al seminario non sono stati in grado di avanzare proposte concrete sui passi in avanti necessari, anche se era universalmente condivisa la necessità di un maggiore ed efficace processo di integrazione e che nuove idee su questo soggetto sono vitali.

Benefici macro e costi micro.

Per quanto riguarda la capacità di ricezione da parte dei paesi di destino, è importante pubblicizzare maggiormente la natura dei benefici dell’immigrazione, che sono spesso considerati a livello macro, mentre i costi corrispondenti sono considerati a livello micro. Per esempio, la crescita economica imputabile alla migrazione, valutata negli U.K pari al 20% del PIL da alcuni partecipanti il seminario, ha bisogno di essere adeguatamente redistribuita e filtrata verso il basso, in modo tale che le comunità locali che accolgono i migranti e conseguentemente condividono con loro i propri spazi e servizi pubblici, possano a loro volta godere anche dei benefici della ricchezza prodotta dai nuovi cittadini. E’ anche cruciale riconoscere i diritti dei migranti e la responsabilità di proteggere sia loro che le comunità che li ospitano. L’altra faccia della medaglia di questi aspetti positivi è il bisogno di esercitare un efficace controllo sui flussi d’ingresso. Quanta migrazione è necessaria e desiderabile? E’ facile vedere come sia desiderabile trovare una via di mezzo tra controllo assoluto ed una ipotetica politica di porte aperte. In ogni caso, il controllo assoluto – e cioè chiudere i confini all’immigrazione legale – porterebbe inevitabilmente ad una immigrazione sotterranea, e dunque illegale. Una tale politica è logisticamente impossibile, persino su di un’isola qual’è la Gran Bretagna. Ma trovare il giusto grado di controllo è necessario per creare un clima di fiducia da parte della gente sulla politica migratoria del governo. Molti partecipanti hanno rilevato come, senza una percezione di controllo effettivo, diventa difficile per qualsiasi governo implementare una credibile politica di integrazione. Le future pressioni migratorie e flussi sono difficili da predire e, dunque, difficili da governare e pianificare. Questi in cambio hanno un effetto sui pubblici servizi. C’è stato disaccordo su di un punto: se i migranti, cioè, abbiano o meno un indebito effetto di stress, o addirittura un effetto insopportabile, sui pubblici servizi, o se invece la loro presenza non metta maggiormente in luce problemi pre esistenti. E ancora, al contrario: se loro di fatto non contribuiscano a migliorare i servizi pubblici fornendo la manodopera che manca, ad esempio nel campo dei servizi alla persona nelle case, o infermieristici negli ospedali. Quello che è apparso chiaro, comunque, è che la mancanza di un’analisi seria del problema rende la pianificazione politica estremamente difficile.

Le esperienze americana e canadese.

Una parte del seminario è stata dedicata a confrontare le esperienze in Europa e nel Nord America. E’ condiviso che l’immigrazione sia stata il DNA della creazione della “nazionalità” in America e Canada. Il dibattito negli USA e Canada, in generale è stato incentrato sulla migrazione irregolare, mentre il dibattito nei Paesi europei si è focalizzato sulla migrazione nel suo insieme, specialmente sui numeri e sulle culture, anche se non sono mancate testimonianze dell’estrema diffusione della migrazione irregolare, ad esempio in Paesi come l’Italia. Europa e Nord America, comunque affrontano problemi simili di armonizzazione a livello locale. La UE tenta di incrementare la cooperazione attraverso meccanismi, quali la Blue Card, ma si è trovata di fronte attitudini differenti da parte dei diversi Stati Membri, ed anche realtà diverse per quanto riguarda i mercati del lavoro.
Un approccio europeo più armonizzato, capace di andare oltre alla programmazione di numeri, in favore dell’adozione di norme e principi nella governance dell’immigrazione è desiderabile e necessario. I comuni interessi degli Stati Membri riesiedono in aree come un efficace controllo delle frontiere, un prospero mercato del lavoro e un’efficace integrazione dei migranti. Il successo relativo di FRONTEX ha dimostrato come la cooperazione su alcuni di questi temi può produrre risultati positivi. Alcuni studi hanno anche dimostrato che l’integrazione a livello locale, per esempio in Germania, ha funzionato meglio in pratica di quanto non si prevedesse. Nondimeno, i partecipanti hanno sostenuto che il processo migratorio a livello comunitario potrebbe essere meglio governato, valorizzando la diffusuone di buone pratiche e l’uso e le istituzioni locali all’interno di ciascun Stato Membro. Una effettiva partnership con le istituzioni del territorio, leaders di comunità locali, nonchè servizi pubblici locali è anche indispensabile.

Più suggerimenti che proposte.

Data la complessità dei temi in discussione – che va dalla difficoltà di condividere la stessa definizione di migrazione, all’adattamento di soluzioni e politiche alle varie sfaccettature del tema – raccomandazioni politiche chiare erano difficili da raggiungere. C’è stato accordo generale sul fatto che certa migrazione è non solo inevitabile ma anche desiderabile; che i fattori di attrazione della migrazione potrebbero superare quelli di spinta nel futuro e che l’integrazione, a livello di società e locale è oggi la sfida centrale proveniente dalla mobilità oltre confine delle persone. In ogni modo, nell’ambito del seminario, sono stati suggeriti alcuni indicatori:

· I governi dei Paesi ospitanti dovrebbero lavorare più sistematicamente con ricercatori ed accademici (a con la IOM) al fine di provvedere dati ed analisi accurati sul fenomeno e, dunque, migliorare i livelli di comprensione dell’opinione pubblica soprattutto sui trends a medio e lungo termine;
· I governi dei Paesi ospitanti dovrebbero assicurare coerenza e complementarietà tra le proprie politiche migratorie e le altre importanti politiche sociali ed economiche;
· I Governi centrali dovrebbero lavorare più strettamente con le istituzioni locali nel rispondere agli effetti dell’immigrazione a livello di comunità locale;
· Paesi di origine ed ospitanti dovrebbero valutare la possibilità di un approccio rivolto ad una più forte partnership (co-sviluppo), incluse specifiche soluzioni per specifici problemi di mobilità;
· Il mondo degli affair dovrebbe essere maggiormente coinvolto nella creazione di impiego pertinente alla migrazione;

La conferenza si è conclusa con la consapevolezza che, viste le correnti predizioni relative alla crescita demografica ed al cambio climatico, le sfide che Paesi d’origine e di destino dei migranti dovranno affrontare, richiederanno soluzioni a lungo termine. Molti partecipanti il seminario, comunque, sembrano pensare che le opportunità per migliorare le politiche e le risposte ci sono, e sono tutti nelle mani dell’umana intellingenza, dialogo e ragionevolezza nelle soluzioni da cercare insieme.

 

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EmiNews 2007

 

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