3959 ROMA, 24 Novembre: Migliaia di donne in corteo per «far uscire di casa l'assassino»

20071124 18:31:00 redazione-IT

di Alessia Grossi (da l’Unità)

«Non vogliamo essere strumentalizzate. Quello che non ha confini è la capacità delle donne di unirsi, di creare solidarietà e sorellanza». È la partenza del corteo delle donne contro la violenza maschile in piazza della Repubblica a Roma. Migliaia di donne ancora insieme per far sentire la propria voce, o meglio il coro delle voci femminili, tutte diverse ad un solo grido: «L’assassino non bussa, ha le chiavi di casa». Ma la violenza nascosta, subita, taciuta, esce dalle pareti domestiche oggi alla vigilia della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne per auto denunicarsi su striscioni, cartelli, magliette e travestimenti.

Il primo che incontriamo è quello delle ragazze dell’associazione teatrale Scimmia Inappuntabile. Una delle due giovani teatranti è vestita da angelo del focolare, il viso pieno di lividi e cerotti, un braccio finto ingessato e varie contusioni su tutto il corpo. «Siamo un associazione di teatro sociale e agiamo nell’ambito del disagio di genere, siamo qui a manifestare ma anche a farci conoscere, sono ancora molte le donne che non ammettono di aver bisogno d’aiuto».

Verso la stazione Termini il corteo comincia a farsi più folto, si aggiungono in molte, singole con magliette e cartelli fai-da-te. C’è una musica sotto il carro principale e sovrasta il discorso delle organizzatrici. Accanto al megafono un gruppo di donne e bambine rom balla. «Io sono Uniza Halilavich, ho quarant’anni e sono in Italia da quando avevo sei mesi. Mi sento italiana. Mi sono candidata alle primarie del Pd nel mio campo». Lo striscione che altre bambine, vicino alle ballerine, tengono più alto che possono dice che sono alla manifestazione anche per sostenere Emilia, la donna rom che ha sporto denuncia per l’assassinio di Giovanna Reggiani a Tor di Quinto. «Emilia, siamo tutte con te». E queste donne hanno già fatto molto con l’aiuto dell’Arci Solidarietà Lazio. Ognuna di loro, nel proprio campo ha una casa, a suo nome. «Gli uomini alla fine l’hanno accettato» dice Uniza.

«Sono una fata. Noi donne siamo tutte un po’ fate. Ecco la ragione del cappello che porto. Non è un cappello da strega, come vorrebbero gli uomini. Casomai noi donne siamo maghe». È Annamaria che parla. «Sono un’ostetrica e di violenze sulle donne ne vedo tutti i giorni, non solo botte, non solo violenza fisica, ma anche e soprattutto violenze psicologiche e sessuali. E sono proprio i mariti, i padri, i fratelli a causare alle donne traumi da cui non si riprendono mai. Non c’è niente di peggio del negare la fiducia di una figlia verso suo padre. Così vengono annientate le donne. Ho fatto tutte le manifestazioni femministe, ho 58 anni e ancora non smetto finché non smettono loro, gli uomini intendo».

La testa del corteo nel frattempo snocciola slogan dai più conosciuti a quelli di nuovo conio. Il più sentito è quello contro il pacchetto sicurezza e contro le «finte tutele». «Non ci tutelare, da sole ce la possiamo fare». Ed è la musica ad unire questa prima parte del corteo. Ci sono anche le donne del Gruppo di Canto popolare che con la direttrice Sara Modigliani cantano una vecchia canzone delle operaie di Terni. Ancora striscioni percorrono via Cavour -«Agire e Reagire»- e un’altra canzone riproposta ultimamente da Carmen Consoli: «Ti lamenti, macché ti lamenti…». E poi ci sono le metalmecchaniche venute da tutta Italia con lo striscione della Fiom Cgil. C’è Mariella che sulla pancia si è scritta: «Quando una donna dice no è no». E lei urla agli uomini che nessun no vuol dire sì, nemmeno se sono le donne a dirlo. Poi c’è lo striscione «Visibilità e lotta lesbica» contro la violenza lesbofobica.

Primo stop del corteo a piazza Esquilino. In attesa della coda del corteo ci si riunisce in gruppi a discutere. Ad un tratto, si sente un grido: «Fuori la Prestigiacomo dal corteo». Un gruppo urla contro l’ex ministro delle Pari opportunità del governo Berlusconi, la deputata azzurra Stefania Prestigiacomo che si è unita da poco alle manifestanti. Dal megafono del camion qualcuna grida che al corteo non sono ammessi «quelli che hanno partecipato al Family Day». La Prestigiacomo non accenna ad andar via e le si fa un capannello intorno. Qualcuno le dice di andar via perché è «un uomo». Altre le portano i volantini, le chiedono che ci fa a questa manifestazione lei che difende il patriarcato e la famiglia. Alla fine nel capannello minaccioso s’inseriscono anche i fotografi, uomini, che vengono allontanati perché «non c’entrano». Uno di loro prova a dire che è lì per sostenere le ragioni delle manifestanti, «nessuno te l’ha chiesto», gli urlano contro. E alla fine sia il fotografo che la Prestigiacomo si allontanano al lato della strada.

Al margine opposto incontriamo la vice presidente del Parlamento Europeo Luisa Morgantini. «Non credo sia giusto allontanare la Prestigiacomo – sbotta, preoccupata -. È vero che ha partecipato al Family Day, è vero che su molti punti non la penso come lei. Ma io ora se posso vado a raggiungerla e dialogherò anche con lei per trovare le soluzioni giuste e condivise alla violenza contro le donne. Perché se lei è qui come me su qualcosa siamo d’accordo e poi siamo tutte donne, in queste lotte bisogna unire le forze non dividere».

Alla fine c’è Bruno. Settantacinque anni. Ha un cartello anche lui e nessuna lo ha allontanato. Sul cartello c’è scritto «unitevi e sarete forti» ma anche l’indirizzo del suo sito internet. «Uomonuovo.it».

www.unita.it

 

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EmiNews 2007

 

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