4072 Nasce la nuova sinistra, il battesimo con Ingrao e Vendola

20071209 19:39:00 redazione-IT

di Paola Zanca

Il primo a salire sul palco è Nichi Vendola, quello che molti immaginano come il nuovo leader della sinistra unita e che oggi non ha deluso le attese. Il suo è un discorso da leader, e quello che riceve è un applauso che il pubblico riserva per le grandi occasioni. «Serve il coraggio di una nuova nascita», esordisce, coraggio che dia risposte a quel «sentimento di smarrimento» che attraversa il popolo della sinistra. Per questo, «parte una nuova nascita, un parto non so se un partito – dice – un soggetto che sappia leggere nel cuore della società e che non sia un riassunto di ciò che fummo». Vendola dà così voce al nuovo e prende il testimone di un padre della sinistra che sale sul palco a benedirlo.

È Pietro Ingrao, il grande vecchio che scalda gli animi della platea. Per lui è standing ovation: il suo discorso è «una predica, una raccomandazione che posso fare perché sono vecchio». Ma non è di quelle prediche che non si digeriscono, quelle lunghe e sterminate, sono solo due parole: «Fate presto». Ingrao lancia un grido «in nome dei caduti di Torino»: «Unitevi» dice alle forze politiche della sinistra. E detto da uno che ha attraversato l’ultimo secolo della storia politica italiana è molto di più di un semplice appello.

Sul palco allestito alla Fiera di Roma, oltre ai leader politici, ci sono anche una serie di testimonial della società civile, chiamati a dare il loro contributo a La Sinistra, l’Arcobaleno. Paul Ginzborg, l’ex-girotondino che ora anima il laboratorio politico di Firenze, Marina Fiore del Comitato contro gli F-35, il magistrato Gianfranco Amendola, da sempre impegnato nelle battaglie ambientaliste, il segretario della Fiom Gianni Rinaldini, Aurelio Mancuso, presidente dell’Arcigay. E proprio a Mancuso è capitata la “sventura” di vedersi interrotto dagli altri ospiti d’eccezione della giornata. I No Dal Molin. Più che una visita, la loro è stata un’irruzione. Lo avevano detto da giorni, ma forse l’assemblea della sinistra non se li aspettava così agguerriti. Mancuso sta parlando del «vergognoso dibattito andato in scena al Senato», quello in merito alla norma che sanzione le discriminazioni di genere e che ha scatenato le ire dei teodem. Dall’altro capo della sala esplode fragoroso il suono delle pentole, dei tamburi artigianali, delle sirene e dei fischietti dei vicentini arrivati in massa a Roma per ribadire il loro no all’ampliamento della base americana.

stati generali sinistra, no dal molin
Sono qualche centinaio – da Vicenza sabato notte all’una e mezza sono partiti 4 pullman, poi qualcuno si è aggregato da altre città – e l’invito a far proseguire l’intervento del presidente dell’Arcigay non lo ascoltano proprio. Serpeggia nervosismo tra la platea e gli organizzatori degli Stati generali. «Dico ai comitati di scendere dal palco…non sappiamo se regge», prova a fermarli un’organizzatrice dal palco, «fatela finita», sbotta qualcun’altro dalla platea. Ma loro niente: armati di un cartello al collo che recita «Moratoria subito», irrompono sul palco e si prendono una mezz’ora di microfono. Quello che – denunciano – gli è stato levato dalla bocca: «Ci stanno prendendo in giro da un anno e mezzo – spiegano – a Vicenza sono venuti molti parlamentari ma non si è visto mai un ministro o un sottosegretario». Spiegano le ragioni della loro lotta, chiedono che la moratoria sull’inizio dei lavori venga presentata in Parlamento, pretendono che i deputati e i senatori presenti si assumano «la responsabilità politica e morale delle azioni di questo governo».

Torna la calma e Mancuso riesce finalmente a concludere il suo intervento. Poi è la volta dei quattro segretari. Pecoraro Scanio, Diliberto, Mussi e Giordano si alternano sul palco per dire la loro sul futuro della sinistra unita. Il ministro dell’Ambiente risponde subito ai No Dal Molin, ribadendo il suo no all’ampliamento della base e impegnandosi a «bloccare ogni azione che non rispetti le leggi dello Stato italiano» e manda a dire al governo che «noi siamo stati leali, lealissimi, a volte anche troppo». Un po’ sottotono l’intervento di Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, che scalda la platea soprattutto quando propone di «inserire il limite di due mandati» per le cariche istituzionali. Applauditissimo invece il ministro Fabio Mussi. Sale sul palco e affronta subito le malelingue che lo vorrebbero “pentito” di aver lasciato i Ds. «Vedo il partito democratico – esordisce – e sono contento di essere con voi». Boato della sala. Poi parla di lavoro, di ambiente, di università e ricerca, di corsa al riarmo. E chiude con un messaggio a Prodi: «Noi non lavoriamo per la caduta del governo, ma Romano così non si va avanti: 150 parlamentari – gli urla – non possono contare meno di Dini, di Manzione….». Non riesce a finire l’elenco, la platea lo sovrasta di conferme. Chiude gli Stati generali Rifondazione Comunista. Il segretario Franco Giordano rilancia l’appello di Mussi a «presentarsi sotto lo stesso segno grafico» alle prossime elezioni amministrative. E tutto rosso in viso si rivolge ai suoi compagni di cammino con un urlo quasi disperato: «Non sprechiamo questa occasione, c’è una grande attesa: promettiamo tutti, oggi, qui, che non la deluderemo».

www.lassemblea.org

 

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EmiNews 2007

 

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