4071 Evo Morales alla prova referendaria…"con tutti i Filistei"

20071209 17:14:00 redazione-IT

[b]Bolivia, il presidente Morales indice un referendum per la revoca del suo mandato alla presidenza e a tutti i prefetti.
– Un riassunto delle casue che hanno portato il governo a prendere questa decisione.
– Il discorso del presidente della Repubblica Evo Morales al Paese dal Palazzo di Governo – 6 dicembre 2007
[/b]

Ogni processo di cambiamento sociale è una sfida dura. Se poi questo cambiamento viene chiesto ad un paese che negli ultimi 500 anni ha vissuto come colonia, il processo diventa guerriglia. Combattuta in modo serpentino, strisciando sulla schiena dei più deboli, dei più poveri, dei più giovani.
Questo è quello che sta accadendo in Bolivia, soprattutto da quando alla presidenza siede Evo Morales Ayma, un indio, ex leader di una delle più grandi confederazioni sindacali boliviane, quella dei cocaleros, un uomo che la sua terra la conosce “dal lato sbagliato” e che per questo è stato oggetto, in passato, di accuse infamanti (anche l’omicidio), tutte concluse con un nulla di fatto semplicemente perchè – e nessuno ha potuto dimostrare il contrario – si trattava di pure montature.
In carica da due anni, ha governato il paese durante i suoi primi due anni di vera indipendenza, allontanando le poltrone del potere politico dal monopolio dell’oligarchia bianca del paese.
Un gruppo di potere, economico prima che politico, che guarda con terrore ai cambiamenti che Morales vuole fare e che solo in parte ha già realizzato. Primo fra tutti, la nazionalizzazione delle risorse naturali. Risorse come gas e petrolio, che uscivano dal sottosuolo boliviano già di proprietà di qualche multinazionale straniera che ben si guardava dal riconoscere al paese sovrano le giuste tasse e royalties per l’estrazione di risorse non rinnovabili.
E poi il ferro, minerale di cui la Bolivia è ricca, anche questo nelle mani di multinazionali che, controllando i cartelli locali, hanno fatto per secoli il bello e il brutto tempo.
Ma queste multinazionali hanno sempre garantito, con partecipazioni, consulenze, poltrone ai consigli di amministrazione, vite da nababbi a chi guardava alla Bolivia come ad una specie di personale macchina da soldi. Così, per garantirsi jet privati, ville in riva ai mari caraibici, terre a perdita d’occhio e inviti ai party esclusivi, questa oligarchia in doppio petto e pelle bianca ha sempre cercato di portare al Palacio Quemado figure comode o di comodo, come – ad esempio – gli ultimi due Presidenti prima dell’attuale, Gonzalo Sanchez de Lozada e, alla fuga di questi nel 2003, il suo vice, l’anonimo Carlos Mesa, che ha fatto in tempo a rinnovare i contratti con le multinazionali di cui sopra per l’estrazione del gas e del petrolio prima di dare le dimissioni.

Tra tutto questo, il popolo. Diviso in gruppi etnici e diviso tra “alto” (povero) e basso (ricco), tra Ovest (ricco) e Est (povero), non ha potuto resistere granché alle manovre strumentali del potere, lanciato come fionda per colpire questo o quel nemico. E se poi ci scappava il morto, tanto meglio: eccovi servito l’eroe della lotta all’ingiustizia.
Le cose non vanno bene in Bolivia. I cambiamenti voluti da Morales procedono con estrema lentezza, e alcune delle sue rivendicazioni hanno persino un suono falso. Va bene chiedere la nazionalizzazione delle risorse naturali (già in porto quelle per gas, petrolio e ferro), ma perchè intestardirsi con la richiesta del riconoscimento dello sbocco a mare, perso senza fallo con la Guerra del Pacifico (siamo a cavallo tra il XIX e il XX secolo)? Perchè pretendere di far passare “assolutamente” il commercio della foglia di coca quando ancora la comunità internazionale non risce a distinguere una foglia di coca da quell’impasto chimico “Made in Occidente” che è la cocaina?

Eppure, nonostante tutte queste perplessità, non c’è dubbio che tra la via Morales e quella proposta dall’oligarchia conservatrice non c’è partita.
Ad esempio, la richiesta di autonomia avanzata da Santa Cruz, capitale della Nacion Camba, è la richiesta per la creazione di un paradiso neoliberista, con i bianchi a sfruttare le terre degli indios (e quello che c’è sotto: tra Santa Cruz e Tarija si conservano le più grandi riserve di gas, petrolio e acqua del Paese) e i boliviani a lavorare per pochi centavos all’ora, schiavi – nel vero senso del termine – nei latifondi e senza possibilità alcuna di futuro dignitoso.
In più, le promesse di investimenti esteri attraverso l’IIRSA (il caterpilar che sta cercando di depredare le terre più gustose del Latinoamerica) non hanno fatto altro che riaccendere passioni e voglie perverse, desideri inconsulti che si trasformano, nelle strade boliviane, in manifestazioni, scontri, scioperi della fame telecomandati con pochi dollari.

Questa è la Bolivia oggi. Ed è da queste brevi note che bisogna partire per comprendere un po’ meglio l’azzardo di Morales, la convocazione di un referendum che dia la popolo la possibilità di scegliere da chi vuole essere governato.
Perchè stando le cose come stanno, il governo non può lavorare, non con la spada di Damocle dei morti nelle piazze sempre pendente sul capo.
Ci sono altre vie? Forse. Ma forse noi, che non siamo boliviani, non siamo nemmeno in grado di giudicare, ne in verso ne nell’altro.

_________________

Il discorso del presidente della Repubblica Evo Morales al Paese dal Palazzo di Governo – 6 dicembre 2007

”Nel corso del mio governo, gruppi di conservatori si sono sempre opposti a questo processo di cambiamento. Eppure, dopo aver visitato molte regioni, sostenuto molte riunioni dalla mattina fino alla mattina successiva, ho sentito che il popolo boliviano chiede unità, più democrazia; il popolo boliviano vuole la pace e soprattutto un cambiamento profondo.
Ci sarà pace sociale quando ci sarà giustizia sociale e qui cominciamo una rivoluzione sociale cercando l’uguaglianza tra i boliviani.
Ci sarà democrazia quando i popoli decideranno sul destino del paese. Ci sarà un cambiamento profondo quando recupereremo i diritti sulle nostre risorse naturali.
Il governo appoggia i cambiamenti profondi, conosce i sentimenti dei boliviani nel paese.

Ma vogliamo chiarire che con questa storica lotta del popolo, in particolare contro il modello economico neoliberale, è il popolo che lotta per il cambiamento, che ha vinto con la nazionalizzazione degli idrocarburi, con la redistribuzione delle risorse naturali ed economiche.
Però ci sono settori che non vogliono il cambiamento, e queste forze conservatrici si contraddicono per evitare questo processo di cambiamento. Per esempio, ci parlano di unità mentre fanno urlare parti sociali la voglia di indipendenza, e non c’è unità con l’indipendenza; parlano di democrazia mentre organizzano colpi di stato e la disobbedienza civile.
Cercano pretesti per gettare in confusione il paese, pagano giovani per le mobilitazioni e i giovani sanno che le mobilitazioni non sono gratis.
Cercano pretesti, come le autonomie che sono garantite nella nuova Costituzione.
Quando non avranno più argomenti sui due terzi o sulla democrazia o sul referendum, ecco che portano avanti un altro argomento come quello della capitale.

Per fortuna i membri della Costituente hanno chiuso l’Assemblea perché la Costituente era stata sequestrata.
Queste forze conservatrici cercano di frenare il processo di cambiamento per cautelare i propri privilegi. Ora chiedono un referendum che revochi il mandato a Evo Morales.

Propongo ai prefetti conservatori e a quelli non conservatori, ai 9 prefetti del paese di affrontare insieme questo referendum per la revoca dei mandati.
Che sia il popolo a dire se si schiera con il cambiamento oppure no. Che sia il popolo a dire se sta con il modello neoliberale, delle privatizzazioni, di sottomissione delle nostre industrie o no.

Non ho motivo di avere paura del popolo.
Non si tratta di andare a lamentarci con il mondo, ma di sottomerci alla volontà del popolo, sottometterci democraticamente alla coscienza del popolo.
Che la comunità internazionale veda chi sono i non democratici, i violenti, chi sono quelli che cercano i morti per farne una bandiera politica.
Domani manderò il progetto di legge al Congresso affinché convochi rapidamente questo referendum.
Il popolo dirà chi deve andarsene e chi deve restare per garantire questo processo di cambiamento.
Evo Morales mai ha pensato di restare sempre al governo.

_________________

Giovanna Vitrano, giornalista e ricercatrice indipendente ha curato diverse inchieste e dossier su politica, società e ambiente del continente latinoamericano; analista specializzata per l’applicazione dei diritti umani in Bolivia. Autrice del libro "Il gioco dell’assenza – Vivere dentro la cultura mafiosa" edito da Editrice Zona, è tra i fondatori dell’Osservatorio Selvas.org.

www.selvas.org

 

4071-evo-morales-alla-prova-referendaria-con-tutti-i-filistei

4827

EmiNews 2007

 

Visits: 1

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.