524 Dal Venezuela, una filosofia solidale con i processi di liberazione

20051123 16:49:00 rod

di Domenico Jervolino

Dal 6 al 12 luglio si è svolto a Caracas e poi in altre città del Venezuela – da Maracaibo sulla costa all’andina Mérida – il primo Forum internazionale di filosofia, promosso dal governo di quel paese.
Ho partecipato a questa iniziativa, insieme a studiosi di 16 paesi (soprattutto americani ed europei, ma c’era anche una presenza africana con la giovane ma già affermata filosofa congolese dell’interculturalità Albertine Tshibilondi) che si sono confrontati con un’ampia delegazione di colleghi venezuelani sui temi dell’analisi dei processi di globalizzazione e delle loro conseguenze sul piano della cultura e della comunicazione, sul
ruolo e sulla responsabilità degli intellettuali in tale contesto e sulla prospettiva di una filosofia solidale coi processi di liberazione.

Un confronto molto interessante, che è avvenuto non in un’atmosfera asettica e accademica ma sullo sfondo dei movimenti in atto nella società civile venezuelana, che mirano a realizzare una profonda trasformazione democratica con un ricco e vivace protagonismo di base.
Il movimento popolare che sostiene la coalizione di sinistra guidata dal presidente Chavez nella sua lotta per riappropriarsi della ricchezza nazionale destinandola al conseguimento di grandi finalità sociali – diritto
alla salute e all’istruzione, redistribuzione della proprietà della terra, riassetto urbano, uso pubblico dei beni comuni, ecc. – sta rinnovando e attualizzando lo spirito originario della repubblica fondata da Simon
Bolívar.
La grande stampa e i mezzi di comunicazione internazionali hanno offerto un’immagine distorta del processo politico in atto in questo grande paese di 26 milioni di abitanti, che sta diventando uno straordinario laboratorio
politico dove antiche tradizioni di lotta popolare si saldano col tentativo di realizzare una democrazia sociale avanzata e un esperimento di socialismo umanistico proiettato verso il futuro. In questo quadro è importante il fronte della lotta per l’alfabetizzazione di massa, la diffusione dell’istruzione media e superiore, l’apertura delle università agli strati popolari e la mobilitazione degli intellettuali.
E anche il sogno di una filosofia che si confronti con la realtà dei grandi barrios e che sappia parlare ai tanti giovani che popolano le università del paese, compresa quella delle forze armate ora aperta a migliaia di ragazzi e ragazze, e che rappresentano certamente la risorsa più grande di un paese peraltro ricco di risorse naturali – dal petrolio all’acqua, alla terra coltivabile, alla natura ancora non contaminata – che vanno preservate e
usate a beneficio dei più e non di una ristretta oligarchia. Questa realtà dinamica e sotto molti aspetti in fieri del paese è stata presente fisicamente al congresso che ha compreso nel suo programma anche visite e
incontri con realtà di base, centri sociali, ambulatori popolari e cooperative.
Al dialogo promosso dai colleghi venezuelani hanno partecipato senza particolari formalità esponenti del governo come il ministro della cultura Sesto e la sua consigliera culturale, la filosofa Carmen Bohórquez,
principale organizzatrice dell’incontro.
Uno dei momenti culminanti è stato la partecipazione di una delegazione dei congressisti alla trasmissione televisiva gestita ogni domenica dallo stesso Chavez, che ha dedicato una mezz’ora al convegno e ha affrontato i temi del momento come l’uragano che ha colpito Cuba, e gli attentati terroristici di Londra condannati senza se e senza in nome di una solidarietà nei confronti di tutte le vittime e soprattutto di un socialismo concepito come progetto di vita e non di morte.
Aggiungo che nelle parole di Chavez – soldato e forse proprio per questo impegnato nella lotta per la pace – ho sentito una profonda consonanza con la ricerca di una politica non violenta e radicalmente alternativa alla
logica della guerra nella quale è impegnata Rifondazione.
Chavez ha, tra l’altro, una grande ammirazione per Gramsci, come mi è stato confermato dai compagni del circolo bolivariano Antonio Gramsci, fondato da
italiani residenti a Caracas, molti dei quali vicini a Rifondazione, coi quali mi sono incontrato nel corso del Forum.
I lavori hanno visto impegnati alcuni dei grandi protagonisti del pensiero latino-americano e della filosofia della liberazione, da Enrique Dussel ad
Arturo Roig, da Horazio Cerutti-Gulberg a Joseph Comblin e Franz Hinkelammert (questi ultimi due rispettivamente belga e tedesco trasferitisi da decenni in Brasile e in Costarica), insieme ad altri, tra cui diversi colleghi cubani con la combattiva Isabel Monal e Pablo Guadarrama, il brasiliano Sirio Lopez Velasco, il cileno Ricardo Salas e la direttrice della rivista Chiapas Ana Esther Ceceña.
La presenza europea e africana, oltre a esponenti noti al grande pubblico come Gianni Vattimo, al drammaturgo spagnolo Alfonso Sastre e ai francesi Marc Blanchard e Georges Labica, era dovuta soprattutto alla rivista
"Concordia" di Aquisgrana, fondata e diretta del cubano Raul Fornet-Betancourt, diventata negli ultimi anni il centro di una rete di filosofia interculturale, presente al convegno, tra l’altro, con Lidia Procesi, di Roma 3, studiosa di filosofia africana.
Significativa nel suo complesso la partecipazione italiana, e in particolare quella delle università napoletane e campane, con Giuseppe Cacciatore, direttore del Dipartimento di filosofia della Federico II e di Antonio Scocozza, dell’Università di Salerno, presidente dell’Istituto di Studi Latino Americani, entrambi anche soci promotori della Associazione "Alternative Europa" e collaboratori della rivista "Alternative".
A Napoli e a Pagani, nei pressi di Salerno, si erano del resto svolti incontri coi filosofi venezuelani, e in particolare con Victor Martin dell’Università di Maracaibo che da anni è tramite fra Italia e Venezuela.
Saranno probabilmente "Concordia" e "Alternative", insieme all’Istituto di Studi Latino Americani e all’Associazione "Alternative Europa", che si
faranno carico in Italia e in Europa di organizzare la risposta al Forum di Caracas. Questo è l’impegno che abbiamo assunto lasciando il Venezuela, insieme a quello di tornare a Caracas per il secondo Forum.
Nel documento finale viene ribadito l’impegno per "una pratica della filosofia intesa come strumento razionale di analisi integrale della realtà con l’obiettivo di contribuire alla sua migliore comprensione e
trasformazione. Questo esige da parte nostra una integrazione organica coi settori sociali che organizzano la loro resistenza contro la dominazione, ed esige lo sviluppo di un pensiero creativo autenticamente rivoluzionario, che deve nutrirsi di due fonti: il sapere accumulato dall’umanità nel corso della storia e le esperienzepopolari che lo legittimano, lo interpellano e
lo rinnovano".
Viene altresì espressa la solidarietà ai processi di liberazione dei popoli, a partire da quello venezuelano e dai primi passi che in America Latina fanno acquistare concretezza all’utopia bolivariana dell’integrazione
continentale, nella prospettiva di un altro mondo possibile.

 

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