11434 49. Notizie dall’Italia e dal Mondo 13 nov 2014

20141114 14:42:00 guglielmoz

ITALIA – ROMA . La Camera ha approvato un testo di legge che riduce le sanzioni pecuniarie e le pene per coloro che hanno esportato capitali all’estero illegalmente e poi non contenta ha esteso questa benevolenza anche a quanti, commettendo gli stessi reati, hanno tenuto i quattrini in Italia, cioè gli evasori fiscali / ROMA. La lotta di classe dei ricchi. "La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi. Vero!". Smontare l’hardware neoliberista è oggi più che mai necessario. / BELGIO-ITALIA . il programma del Governo è lo stesso: distruzione del sindacato. Le ultime elezioni politiche generali in Belgio hanno segnato da un lato un forte aumento della sinistra di alternativa, che dopo 30 anni riesce a portare dei deputati al parlamento nazionale e federale, e dall’altro la sostanziale avanzata delle forze di centro destra e di destra, soprattutto nelle Fiandre
EUROPA – LUSSEMBURGO. Juncker nella bufera Le rivelazioni sugli accordi fiscali segreti grazie ài quali il Lussemburgo avrebbe permesso ad alcune multinazionali di non pagare le tasse sui profitti ottenuti in altri paesi europei stanno mettendo in difficoltà Jean-Claude Juncker / FRANCIA/EU / Juncker, uno scandalo utile La vicenda Luxleaks ha fatto scalpore. Come si può ammettere che le grandi aziende concludano accordi segreti con uno stato (il Lussemburgo) per non pagare le tasse, mentre la pressione fiscale sulle classi medie d’esce ovunque?/ UCRAINA. Aumentano le violenze. Due settimane dopo il voto, l’Ucraina orientale sta vivendo un nuovo inasprimento degli scontri armati. / GRECIA, l’ultimatum della Troika mentre l’economia torna in picchiata Ultimatum della troika alla Grecia: ha 4 settimane per attuare ben 16 interventi ‘lacrime e sangue’ necessari per l’eventuale via libera alla linea di credito precuazionale, anticamera dell’uscita dal piano di salvataggio. Intanto, i dati macroeconomici riportano tutti il segno meno.
AFRICA & MEDIO ORIENTE – ISRAELE. GERUSALEMME. Le colpe dì Israele a Gerusalemme Est. I palestinesi di Gerusalemme che si scontrano con la polizia vogliono ricordare al resto del mondo che da mezzo secolo vivono sotto occupazione. L’opinione di Amira Hass / LIBANO. Cercasi presidente /In base agli accordi di Taif del 1989, che misero fine alla guerra civile, il presidente del Libano dev’essere eletto tra i cristiani maroniti. /
ASIA & PACIFICO – GIAPPONE, Elezioni in vista. Con un consenso al 44 per cento, 8 punti in meno rispetto a ottobre, il primo ministro Shinzò Abe . CINA/USA L’Asia di Xi Jinping non vuole gli Stati Uniti. Al vertice Apec di Pechino il presidente cinese ha illustrato il suo "sogno dell’Asia-Pacifico". Una regione con la Cina al centro e senza l’egemonia americana MESSICO . Strage in Messico, la protesta si allarga: bloccato l’aeroporto internazionale di Acapulco.
AMERICA CENTROMERIDIONALE – GUYANA. l parlamento sospeso.
AMERICA SETTENTRIONALE – USA/CINA / IL PATTO SUL CLIMA È UN BUON INIZIO. L’accordo tra Stati Uniti e Cina per ridurre le emissioni di anidride carbonica è un evento storico./ USA/CUBA – Aperture verso Cuba./ LA VITTORIA DÌ MCCONNELL Dopo le elezioni del 2012, in cui Barack Obama è stato confermato alla presidenza, il Partito repubblicano era in grande difficoltà, lacerato da una guerra intestina tra la classe dirigente e l’estrema destra del Tea party.

ITALIA
ROMA . La Camera ha approvato un testo di legge che riduce le sanzioni pecuniarie e le pene per coloro che hanno esportato capitali all’estero illegalmente e poi non contenta ha esteso questa benevolenza anche a quanti, commettendo gli stessi reati, hanno tenuto i quattrini in Italia, cioè gli evasori fiscali. E’ curioso che ora solo il Senato, che il Governo vorrebbe sostanzialmente eliminare, possa bloccare o almeno modificare radicalmente questo provvedimento per evitare un nuovo condono. E’ ancora più incredibile che il termine per i vantaggi previsti dalla nuova legge sia stato portato al 30 settembre 2014, praticamente ad evasione ancora calda. Non si è ancora spenta l’eco di una ripresa della fuga dei capitali dall’Italia che subito è stato offerto un trattamento di favore ai responsabili fino a qualche settimana fa. Il tempo di accertamento dell’evasione fiscale è un altro regalo importante. Vige il raddoppio dei tempi di prescrizione per reati fiscali come l’esportazione illegale di capitali, ma con questa legge il termine viene dimezzato e quindi si pagheranno le tasse su 5 anni anziché su 10 perché gli altri non saranno più perseguibili. Un vantaggio non da poco.
Governo e maggioranza dei deputati continuano a dire che non è un condono perché non è anonimo e non fa sconti sulle tasse evase, cosa in realtà non sempre vera.
L’impegno maggiore del Governo e della maggioranza che ha approvato questo provvedimento è infatti dimostrare che questa legge non è un condono, temendo una reazione dell’opinione pubblica. Se con questo si vuole dire che Tremonti aveva prodotto porcherie peggiori, con condoni superscontati e per di più anonimi, si dice il vero. Ciò non toglie che andrebbero evitate non solo le porcherie ma anche le porcherie parziali, perché i condoni possono essere, come in questo caso, nominativi e con sconti minori ma restano sempre tali nella sostanza, tanto è vero che vengono ridotte in modo significativo le pene per gli evasori, naturalmente non mancano le grida manzoniane sul futuro, minacciando sfracelli per il futuro.
Tutta la proposta di legge è costruita in modo da confermare una verità già nota ma finora negata e cioè che per portare capitali all’estero, o per nasconderli al fisco in Italia, occorre commettere reati fiscali, anche rilevanti. Se lo sconto avviene sulle pene siamo nel classico condono penale, del resto basta ridurre la pena massima e anche la prescrizione viene accelerata.
Esempi: dichiarazione fraudolenta, uso di fatture false o loro mancata emissione, mancato versamento di trattenute certificate, che potrebbe essere avvenuto a danno di dipendenti, omesso versamento di Iva, tutti questi reati sono depenalizzati.
Le sanzioni pecuniarie sono previste in una percentuale del minimo, con forti sconti dal 25 % al 50 %, in alcuni casi anche di più.
Per questo si tratta di un condono. Se poi la somma evasa è inferiore a 2 milioni di euro gli interessi di rendimento sul capitale vengono calcolati al 5 % annuo con una benevola aliquota fiscale del 27 %, molto meno del 45 % che il soggetto avrebbe probabilmente dovuto pagare sul reddito reale.
Anche questo non è condono fiscale ?
La cortina fumogena che vuole tentare di dimostrare che non è un condono serve solo a nascondere la verità, come ha correttamente titolato il Giornale di Berlusconi: cade un altro tabù della sinistra, questo perché la destra non ha timore di chiamarlo con il suo nome: condono.
Questa legge introduce il reato di autoriciclaggio in Italia. Potrebbe essere una buona notizia se non fosse che questo reato vale anch’esso solo per il futuro, dopo che il condono avrà ripulito condotte decise con tutta calma fino al 30 settembre 2015 e che non saranno punibili condotte che usano il denaro per godimento personale, ad esempio acquistando barche, auto, o giocando al casinò, o altro. La definizione del godimento personale inserita nel testo approvato dalla Camera è semplicemente una follia, che per di più potrebbe avere conseguenze imprevedibili.
Non mancano nel testo previsioni di pene durissime per coloro che non aderiranno spontaneamente alla "voluntary disclosure". L’inglese non deve impressionare perchè il condono qualcuno deve pur chiederlo e quindi deve essere una richiesta volontaria. Gl i sfracelli promessi dalla proposta di legge naturalmente valgono solo fuori e dopo il condono.
E’ sperabile che ci sia un ripensamento del Governo e del parlamento. Se non ci sarà si scriverà un brutto capitolo fiscale in Italia e per di più l’amministrazione dello Stato sarà tutta impegnata a gestire questo condono e quindi distratta forzatamente dai suoi compiti di perseguire gli evasori e gli esportatori illegali di capitali, come è sempre accaduto in passato, non a caso è prevista l’assunzione di nuovo personale per le Agenzie fiscali. Nota conclusiva: è un disastro che in questa fase nel nostro paese non ci sia un’opposizione degna di questo nome, dotata della forza necessaria per esercitare un controllo sugli atti del governo e un confronto serrato in parlamento. L’unica opposizione, si fa per dire, è la destra che però è da sempre protagonista di provvedimenti come questo, in passato era la sinistra a cercare di impedirli. Per questo possono passare provvedimenti pessimi come questo, che sarebbero già legge dello Stato se la riforma costituzionale proposta dal Governo fosse già in vigore, perché il voto della Camera sarebbe l’unico a decidere. (di Alfiero Grandi)
ROMA
LA LOTTA DI CLASSE DEI RICCHI
"LA LOTTA DI CLASSE ESISTE E L’HANNO VINTA I RICCHI. VERO!". SMONTARE L’HARDWARE NEOLIBERISTA È OGGI PIÙ CHE MAI NECESSARIO. Una recensione dell’ultimo libro di Marco Revelli| Fonte: sbilanciamoci | Autore: Lelio Demichelis
La curva di Laffer e la curva di Kuznets. Sono questi gli obiettivi centrali dell’analisi di Marco Revelli nel suo ultimo saggio breve sul tema della disuguaglianza, uscito tra gli Idòla di Laterza e che riprende e sviluppa un tema al centro dell’attenzione (Luciano Gallino, Mario Pianta, Joseph Stiglitz e ora anche Thomas Piketty) con un titolo ad effetto ma sempre replicato dalla realtà: La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi. Vero! La curva di Laffer e quella di Kuznets: due favole economiche nate in epoche diverse (la prima, nel 1974 e – secondo una leggenda metropolitana probabilmente falsa ma capace di colpire l’immaginario collettivo – disegnata da Laffer su un tovagliolo di un noto ristorante di Washington; la seconda, risalente invece al 1955), ma usate come armi pesanti nella costruzione e nella propagazione dell’ideologia neoliberista. Ideologia.
Oppure e forse meglio (e oltre Revelli, ma con Foucault) come biopolitica/bioeconomia neoliberale (concetto che preferiamo), posto che l’obiettivo esplicito e perseguito (e purtroppo raggiunto) dal neoliberismo era (è) quello di voler essere non solo una teoria economica ma una autentica antropologia, per la edificazione di un uomo nuovo neoliberista la cui vita fosse solo economica e a mobilitazione incessante e a flessibilità crescente (lavoratore, consumatore, poi imprenditore di se stesso, precario, nodo della rete), uccidendo il vecchio soggetto illuministico titolare di diritti e trasformandolo in oggetto economico , in merce di se stesso, in capitale umano, in nodo di un apparato. Una biopolitica neoliberista che ovviamente si è subito trasformata in tanatopolitica, perché doveva produrre, per raggiungere il proprio scopo la distruzione (appunto la morte) della società e della socialità, della democrazia politica ed economica, facendo della disuguaglianza il suo target da perseguire e dell’impoverimento la sua disciplina (ancora Foucault) capillare. Qualcosa di paradossale e di assolutamente irrazionale (oltre che di anti-moderno) – appunto: la produzione deliberata di disuguaglianza – ma che tuttavia ha conquistato il cuore di troppi economisti e l’opportunismo di troppi politici diventando spirito del tempo ottuso e ostinato ma capace di volare sull’intero globo.
Questa opzione disegualitaria, se non (scrive Revelli) “apertamente anti-egualitaria”, questa ideologia della disuguaglianza necessaria continua infatti ad essere parte integrante o base strutturante di quella “dogmatica neoclassica che ha offerto il proprio hardware all’ideologia neoliberista fin dall’origine della sua lotta per l’egemonia, alla fine degli anni Settanta e per tutto il corso degli anni Ottanta del secolo scorso”. Disuguaglianze crescenti e quindi e conseguentemente lotta di classe vinta dai ricchi contro il resto del mondo . Attraverso i piani di aggiustamento strutturale del Fondo monetario e della Banca mondiale, le politiche di deregolamentazione dei mercati finanziari e del lavoro, la riduzione dei diritti sociali, oggi l’austerità europea e le riforme strutturali di Draghi, di Angela Merkel e di Matteo Renzi ( strutturale : una parola magica per una pedagogia finalizzata alla strutturazione e alla costruzione – è una biopolitica e insieme una forma di costruttivismo – della società come mercato).
Quella uguaglianza che era “l’idea regolativa” o la meta da raggiungere nei trenta gloriosi o nell’ età dell’oro del secolo breve secondo Hobsbawm, è stata così rovesciata nel perseguimento dell’obiettivo opposto e contrario, quello appunto della disuguaglianza. Una svolta copernicana, scrive Revelli, che ha avuto “come naturale complemento della supply-side economy – e sua copertura morale – la cosiddetta teoria del trickle-down (letteralmente, ‘gocciolamento)”, per cui se si favoriscono i soggetti che trainano lo sviluppo economico – i capitalisti, i grandi investitori, il potere finanziario – si genera spontaneamente un meccanismo virtuoso “il quale crea ricchezza aggiuntiva e in parte la ridistribuisce per una sorta di ‘forza di gravità’ naturale, senza che l’intervento dello Stato giunga a turbare o inceppare il meccanismo”.
Dunque, la curva di Laffer, favola di uno sconosciuto professore di una periferica business school e diventata poi icona della Reaganomics, sulla base di un ipotetico trade-off tra aliquote ed entrate fiscali. E la curva di Kuznets, secondo la quale un accelerato sviluppo economico produce sì, in una prima fase, disuguaglianze crescenti ma solo fino a un punto di svolta, superato il quale il sistema comincia invece a generare uguaglianza. Nata senza pretendere di avere un valore predittivo né prescrittivo, negli anni Settanta ne venne fatto invece un uso ideologico “al fine di neutralizzare le critiche nei confronti degli effetti disegualitari del modello di sviluppo patrocinato dai fautori della supply-side economy e di propagandare le spregiudicate politiche di imposizione del modello neoliberista ai paesi in via di sviluppo, nonostante gli effetti negativi sui loro equilibri sociali”. Una sua variante venne applicata anche ai temi ambientali, dove era l’inquinamento a scendere, dopo una iniziale fase di sua necessaria crescita. Due curve-icona, due feticci neoliberisti che Revelli smonta – con una lunga sequenza di statistiche e di analisi empiriche e legando il tema dei redditi calanti ai debiti crescenti (soprattutto privati, come modo per disinnescare politicamente e socialmente l’impoverimento prodotto) – dimostrandone l’assoluta falsità. Le disuguaglianze sono cresciute. La crisi prodotta dal neoliberismo resta crisi e anche l’ambiente è messo sempre peggio, come dimostrato dall’ultimo Rapporto dell’Ipcc dell’Onu. Come falsa era la congettura del gocciolamento .
Citando Keynes e la sua metafora delle giraffe dal collo lungo, Revelli conclude che tale teoria ha semmai “giustificato e incentivato la tendenza bulimica dei colli lunghi”. Favorendo appunto l’avidità delle giraffe dai colli lungi, anzi lunghissimi: gli gnomi di Wall Street e i “velieri corsari dei mercati finanziari”, gli uomini di banca, gli hedge-fund , i conti off-shore (e ora potremmo aggiungere Juncker e il suo Lussemburgo-paradiso fiscale). Mentre le giraffe dal collo corto – che deve restare corto o farsi sempre più corto – continuano a generare una ricchezza “che viene sistematicamente risucchiata in alto, nel circuito da loro inattingibile di una finanza onnipervasiva, diventata principio di organizzazione principale dello stesso assetto produttivo globale e, insieme, proprietaria degli ambiti decisionali strategici, a cominciare da quello politico”.
Revelli, da par suo e con il suo stile, smonta dunque il paradigma (l’ideologia o la biopolitica /tanatopolitica) neoliberista. Ma questo paradigma resta saldamente al potere. Smontare il suo hardware è dunque necessario come necessario è non smettere mai di farlo, altrimenti la sua egemonia e il suo dominio resteranno tali per sempre. Senza dimenticare tuttavia di smontare anche il software (il pensiero unico, il senso comune dominante, l’accettazione del principio per cui non ci sarebbero alternative al capitalismo, la falsa individualizzazione offerta dal consumo, la condivisione in rete, i social network) che incessantemente e contro ogni evidenza, lo giustifica e lo legittima

BELGIO/ITALIA
il programma del Governo è lo stesso: distruzione del sindacato. Le ultime elezioni politiche generali in Belgio hanno segnato da un lato un forte aumento della sinistra di alternativa, che dopo 30 anni riesce a portare dei deputati al parlamento nazionale e federale, e dall’altro la sostanziale avanzata delle forze di centro destra e di destra, soprattutto nelle Fiandre. Questo risultato ha portato, dopo lunghe trattative, alla formazione di un governo che riunisce i liberali francofoni dell’ MR , i liberali fiamminghi dell’Open VLD, i democristiani fiamminghi della CD&V e la destra fiamminga rappresentata dal partito dell’ NVA . Esecutivo territorialmente molto sbilanciato verso la parte fiamminga del paese e che ha lasciato fuori dai giochi i socialisti del PS. ( INTERNAZIONALE | Autore: pietro lunetto)
Questo governo preoccupa infatti particolarmente le regioni francofone, che vedono profilarsi l’adozione di politiche totalmente a favore delle regioni fiamminghe, per nulla rivolte a sostenere la situazione di difficoltà’ della Vallonia.
Ma la preoccupazione maggiore viene dai sindacati e dalle forze sociali, tradizionalmente molto forti in Belgio. Il nuovo governo ha annunciato un programma di macelleria sociale senza precedenti: una nuova serie di tagli lineari alle spese, l’aumento fino a 67 anni dell’età pensionabile, una riduzione in quantità e platea dei beneficiari degli ammortizzatori sociali e una revisione della legge sullo sciopero, per introdurre delle fasce di orari garantiti per i servizi pubblici. Tutto questo senza aprire una trattativa reale con i sindacati. Da parte loro i sindacati stanno reagendo in maniera molto energica. Hanno programmato una serie di scioperi e manifestazioni a scacchiera fino alla fine dell’anno, in date diverse tra le varie regioni e tra le diverse categorie.
La manifestazione nazionale del 6 novembre scorso ha visto la partecipazione di circa 120.000 lavoratori, cosa che non avveniva da almeno 20 anni, ed è culminata in scontri molto violenti tra le forze dell’ordine e i lavoratori portuali di Anversa.
In tutto questo i socialisti e la FGTB (il sindacato storicamente a loro vicino) si trovano in una situazione molto particolare. I socialisti fino a qualche mese fa erano parte integrante del governo di larghe intese detto “papillon” (farfalla) guidato da Elio Di Rupo e avevano avallato delle misure di austerity che hanno aperto la strada alle politiche ulteriormente restrittive proposte dal nuovo governo. La FGTB nella sua maggioranza aveva reagito a queste proposte in maniera molto tiepida, a tal punto che alcune categorie di lavoratori ed alcuni apparati regionali si erano “sganciati” politicamente dalla confederazione prima delle scorse elezioni, lavorando attivamente perché si formasse una coalizione politico-sociale a sinistra dei socialisti. Cosa che e’ parzialmente riuscita in molte parti del paese e che ha favorito la nascita di una coalizione elettorale (il PTB+) formata principalmente dal PTB (il Partito dei Lavoratori del Belgio) diverse forze sociali , il Partito Comunista Belga e la Ligue Communiste Revolutionnaire (LCR). Il PTB+ ha superato la media nazionale del 5% arrivando a superare il 10% in molte zone a maggioranza operaia.
Sia la FGTB che i socialisti si trovano adesso nella sgradevole situazione di dovere riguadagnare credibilità nei confronti di iscritti ed elettorato. Cosa che sta aprendo pesanti contraddizioni interne, visto che soprattutto i socialisti stanno frettolosamente cambiando opinione anche su provvedimenti da loro stessi approvati nel precedente governo. In un paese tradizionalmente socialdemocratico come il Belgio, l’atteggiamento di chiusura nei confronti del sindacato e le recenti misure antisociali sono stati uno shock per larga parte della popolazione. Il nuovo governo sta seguendo i diktat dell’Unione Europea e sembra non avere intenzione di cedere di un passo. La dichiarazione rilasciata dal governo dopo la manifestazione sindacale e’ stato un laconico “non ci sono alternative alle nostre proposte”. Questa situazione sta surriscaldando gli animi dei lavoratori, già pesantemente colpiti da una vasta desertificazione industriale e da una profonda crisi del terziario e dei servizi.
Resta da vedere se la risposta al governo da parte della sinistra politica e dei sindacati riuscirà ad estendere la mobilitazione – ormai molto forte a Bruxelles e nella Vallonia francofona anche ai territori fiamminghi. Lì si giocherà la vera partita per cambiare gli attuali rapporti di forza e cercare di fermare il pesante attacco alle condizioni di vita di migliaia di cittadini.

EUROPA
UNIONE EUROPEA
L’11 novembre la Corte di giustizia, che ha sede in Lussemburgo, ha stabilito, su ricorso di un tribunale tedesco, che i paesi dell’Ue non sono tenuti a fornire prestazioni sociali ai cittadini di altri stati membri che si trasferiscono sul loro territorio solo per beneficiare del sistema di welfare.

LUSSEMBURGO
Juncker nella bufera
Le rivelazioni sugli accordi fiscali segreti grazie ài quali il Lussemburgo avrebbe permesso ad alcune multinazionali di non pagare le tasse sui profitti ottenuti in altri paesi europei stanno mettendo in difficoltà Jean-Claude Juncker, l’attuale presidente della Commissione europea e per 18 anni premier lussemburghese. "Centinaia di aziende hanno potuto evadere miliardi di tasse cori l’aiuto del Granducato", scrive il quotidiano polacco Rzeczpospolita. "E queste mancate entrate hanno costretto Bruxelles a pretendere da paesi come Spagna, Francia e i tagli al welfare, alla sanità e alla scuola. Questa vicenda è ingiustificabile. La cosa migliore da fare per Juncker sarebbe di-mettersi subito". Secondo Liberation, invece, la situazione è più complessa e sui temi della fiscalità nell’Unione regna la più totale ipocrisia: "Juncker conosce bene i meccanismi fiscali lussemburghesi, ma sa anche che pratiche simili sono comuni in altri paesi, come l’Irlanda e i Paesi Bassi. E sa, soprattutto, che su questo tema nessuno può gridare allo scandalo. Perfino il Belgio, un inferno fiscale per i lavoratori, è un paradiso per grandi imprese e capitali". Cambiare le cose a livello europeo, scrive Liberation, "sarebbe facile se solo esistesse la volontà politica di farlo".

BELGIO
Proteste e tagli Circa i2omila persone, pratica-mente un belga su cento, hanno manifestato a Bruxelles, su convocazione dei principali sindacati, per protestare contro i tagli al Welfare annunciati dal governo conservatore di Charles Michel. Oltre cento poliziotti sono rimasti feriti ne-gli scontri scoppiati alla fine del corteo, scrive Le Soir. Secondo il quotidiano, "se Michel deciderà di applicare rigidamente, l’accordo di coalizione con ai nazionalisti, i liberali e i cristiano-sociali fiamminghi, nuove dimostrazioni saranno inevitabili.

FRANCIA/EU
JUNCKER, UNO SCANDALO UTILE LA VICENDA LUXLEAKS HA FATTO SCALPORE. COME SI PUÒ AMMETTERE CHE LE GRANDI AZIENDE CONCLUDANO ACCORDI SEGRETI CON UNO STATO (IL LUSSEMBURGO) PER NON PAGARE LE TASSE, MENTRE LA PRESSIONE FISCALE SULLE CLASSI MEDIE D’ESCE OVUNQUE?
E come tollerare che in piena crisi economica un paese della zona euro privi i suoi partner di miliardi di euro di entrate fiscali?
Lo scandalo rischia di alimentare la sfiducia dell’opinione pubblica nei confronti della politica e dell’Europa. In Francia la presidente del Front national, Marine Le Pen, ha chiesto le dimissioni di Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione europea ed ex primo ministro del Lussemburgo. Ma non è riducendo il ruolo dell’Unione europea che si può fermare la guerra fiscale tra gli stati che ne fanno parte. Al contrario serve più cooperazione. Il compito è difficile, perché nell’Unione le questioni fiscali sono votate all’unanimità e ognuno cerca di fare i propri interessi. Le dimissioni di Juncker non risolverebbero nulla. Il presidente della Commissione ha designato dei commissari provenienti da paesi che non sono un buon esempio, come il francese Pierre Moscovici all’economia e il britannico Jonathan Hill ai servizi finanziari. Adesso dovrà essere lui a contribuire a una maggiore cooperazione fiscale tra gli stati europei.
Se i leader dell’Unione sapranno approfittarne, il caso Luxleaks potrebbe rivelarsi utile. Dal vertice del G20 che si terrà il 15 e il 16 novembre a Brisbane dovrà emergere un piano contro l’elusione fiscale delle multinazionali. Tutte le grandi leggi sulla regolamentazione finanziaria sono state concepite in momenti di crisi e in seguito a scandali. Nel 2013 il caso Offshoreleaks aveva rivelato la portata dell’evasione nei paradisi fiscali e accelerato i negoziati sullo scambio automatico dei dati fiscali dei privati. Lo scandalo del Lussemburgo arriva in un cattivo momento per la nuova Commissione europea, ma capita a proposito per la politica mondiale. Le Monde, Francia
FRANCIA
ILCOMPLOTTO DI FILLON
Le Journal du Dimanche, Francia / Le Monde ha rivelato che l’ex primo ministro Francois Fillon "ha chiesto alla presidenza della repubblica di intervenire per accelerare i procedimenti giudiziari nei quali è coinvolto il suo rivale all’interno dell’Ump, l’ex presidente Nicolas Sarkozy. La richiesta è stata avanzata il 24 giugno, durante un pranzo tra Fillon e il segreta-rio generale dell’Eliseo Jean-Pierre Jouyet". Sarkozy è indagato dal 2 luglio per alcune false fatture emesse per appianare i debiti accumulati nella campagna elettorale del 2012. Fillon ha smentito le rivelazioni, annunciando una denuncia per diffamazione contro Le Monde. L’ex primo ministro ha poi denunciato, in un’intervista al Journal du Dimanche, "un complotto" dell’Eliseo, e ha accusato Jouyet di aver mentito. Anche il "terzo uomo presente al pranzo, l’ex capogabinetto di Fillon ed ex braccio destro di Jouyet, Antoine Gosset-Grainville, ha smentito sul Figaro le, affermazioni di Le Monde. Intanto, la vicenda si sta ritorcendo contro Jouyet, di cui la destra ha chiesto le dimissioni, e sta mettendo in difficoltà Francois Hollande, mentre consente a Sarkozy di presentarsi come vittima di oscure macchinazioni, "ruolo che l’ex presidente -interpreta a meraviglia", scrive Le Monde

ROMANIA
IL VOTO NEGATO
ALLA VIGILIA DEL BALLOTTAGGIO DEL 16 NOVEMBRE TRA VICTOR PONTA E KLAUS IOHANNIS, LA GESTIONE DEL VOTO DEI RESIDENTI ALL’ESTERO NEL PRIMO TURNO DELLE PRESIDENZIALI ROMENE CONTINUA A SUSCITARE POLEMICHE. Dopo le proteste organizzate in diverse città del paese in solidarietà ai romeni della diaspora che non erano riusciti a votare per il taglio al numero dei seggi all’estero, il 10 novembre si è dimesso il ministro degli esteri Titus Corlàtean. "I cittadini che hanno manifestato", scrive il sito Hotnews, "si sentono oppressi da un sistema autoritario, presi in giro dalla propaganda de! governo e vedono minacciati i loro diritti".

UCRAINA
AUMENTANO LE VIOLENZE. DUE SETTIMANE DOPO IL VOTO, L’UCRAINA ORIENTALE STA VIVENDO UN NUOVO INASPRIMENTO DEGLI SCONTRI ARMATI. Come riferisce la Novaya Gazeta, gli osservatori internazionali dell’Osce hanno rilevato "l’arrivo a Donetsk di lunghe colonne di mezzi militari privi di targhe e di insegne che trasportavano armi. Con ogni probabilità sono russi". A Kiev, intanto, sono ancora in corso le trattative per la formazione del governo. Nella capitale, scrive il sito russo RBC Daily, infuria anche un’altra battaglia, quella "per il controllo dei battaglioni di volontari: il presidente Petro Porosenko vuole integrarli nell’esercito, mentre il premier Arsenij Jatsenjuk vuole sottoporli al controllo del ministero dell’interno".

GRECIA
l’ultimatum della Troika mentre l’economia torna in picchiata Ultimatum della troika alla Grecia: ha 4 settimane per attuare ben 16 interventi ‘lacrime e sangue’ necessari per l’eventuale via libera alla linea di credito precuazionale, anticamera dell’uscita dal piano di salvataggio. Intanto, i dati macroeconomici riportano tutti il segno meno. INTERNAZIONALE | Autore: fabrizio salvatori
La produzione industriale è scesa del 5,1 per cento anno su anno a settembre,
dopo il calo del 5,9 per cento registrato ad agosto, mentre la produzione manifatturiera è scesa del 2,1 per cento e quelle di miniere e cave del 5,7 per cento. La produzione di energia elettrica è crollata del 15,2 per cento. Mese su mese, invece, la produzione è cresciuta del 7,5 per cento, rimbalzando dopo il crollo del 14 per cento nel mese precedente. "In base agli indici economici attuali, il governo non prevede alcun deficit nel bilancio del 2015" ha detto in un’intervista a ‘Elefteros Tipos tis Kyriakis’, il vice ministro delle Finanze Christos Staikouras. Secondo quanto riporta il quotidiano online Ekathimerini, tra ‘triade’ Commissione europea, Bce e Fmi ha recapitato al ministro delle Finanze Gikas Hardouvelis una lista di ben 16 riforme a cui è condizionata l’approvazione all’Ecofin dell’8 dicembre dell’ultima verifica sull’attuazione degli impegni programma e di conseguenza la concessione della linea di credito, il ‘salvagente’ finanziario, per traghettare il paese fuori dal piano.
Le richieste includono: copertura del gap di bilancio per il 2015 da 2,6 mld di euro, avvio della fase 2 della riforma previdenziale, completamento della riforma fiscale, della riforma della pa, che comporta migliaia di licenziamenti, liberalizzazione del mercato del gas naturale e ristrutturazione delle public utilities. Indebolito dalle continue richieste di elezioni anticipate da parte dell’opposizione di sinistra, il governo, secondo molti analisti, troverà forti resistenze a far passare in Parlamento il nuovo round di misure chieste dalla troika.

MEDIO ORIENTE & AFRICA
ISRAELE
GERUSALEMME
LE COLPE DÌ ISRAELE A GERUSALEMME EST. I PALESTINESI DI GERUSALEMME CHE SI SCONTRANO CON LA POLIZIA VOGLIONO RICORDARE AL RESTO DEL MONDO CHE DA MEZZO SECOLO VIVONO SOTTO OCCUPAZIONE. L’OPINIONE DI AMIRA HASS
Gerusalemme Est è una città martoriata, e il dominatore che ,assesta i colpi e infligge le torture si frega le mani per la gioia perché, ancora una volta, è riuscito a convincere i colleghi all’estero e i mezzi d’informazione a scandalizzarsi per la violenza compiuta dalle vittime e a ignorare gli attacchi che lui ha commesso. Gerusalemme Est vive sotto il dominio israeliano da quasi cinquant’anni. È una città intrisa di violenza. Per calcolare la dose necessaria di nuove leggi draconiane, blocchi di cemento e acqua sporca (usata per "placare le rivolte" palestinesi), gli esperti israeliani hanno studiato i motivi del caos a Gerusalemme Est. Sono arrivati alla conclusione che è dovuto : per il 13 per cento al fatto che la popolazione paga le tasse municipali senza ricevere servizi; per il 12 per cento alla carenza di scuole e alloggi, mentre la terra è espropriata per costruire strade e alloggi per gli ebrei; per il 17 per cento agli ebrei che invadono le case altrui; e per il 58 per cento alla questione della moschea Al Aqsa (che fa parte del complesso di edifici religiosi chiamato No-bile santuario dai musulmani e Monte del tempio dagli ebrei). Se non fosse per questi motivi, sostengono gli esperti, Gerusalemme Est sarebbe tranquilla.
ABUSI INTENZIONALI . Non dobbiamo chiederci perché Gerusalemme Est è in fermento, ma cosa vuole ottenere Israele, che da mezzo secolo commette abusi e furti ai danni dei palestinesi. Negli ultimi vent’anni, sfruttando il processo di pace come copertura, ha intensificato gli attacchi contro la popolazione originaria della città. I vari governi e amministrazioni municipali hanno fatto di tutto per cancellare la vista dei palestinesi dalla città. Il problema è che i palestinesi non collaborano. Non solo rifiutano di andarsene, .ma turbano la quiete. In questi giorni centinaia di ragazzi coraggiosi si scontrano con le forze di sicurezza ricordando al resto del mondo che da cinquant’anni i palestinesi stanno subendo una dominazione violenta. Decine di loro lanciano pietre contro gli ebrei, considerati i rappresentanti di quella parte di abitanti della città che non fa nulla per far finire agli abusi. Alcuni, assetati di vendetta, investono gli ebrei con le auto. Negli ultimi vent’anni Israele ha cercato di isolare sempre di più Gerusalemme Est dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza e, ordinando la chiusura delle istituzioni dell’Olp, ha bandito la leadership palestinese dalla città. Frammentando la popolazione e neutralizzandone i leader, gli israeliani pensano di poter indebolire la resistenza. Finora il sistema ha funzionato e ha permesso di proteggere lo status quo. Ma c’è un motivo se Gerusalemme Est non si sottomette. Diversamente da Gaza e dalla Cisgiordania, dove c’è un’illusione di sovranità e c’è un governo che tiene separate le forze occupanti dalla popolazione, a Gerusalemme i palestinesi vivono direttamente sotto il giogo israeliano. Questa situazione ha portato all’impoverimento di gran parte della popolazione araba della città e spinto molti palestinesi della classe media ad andarsene. Infine Gerusalemme è la sede del Nobile santuario e della Cupola della roccia, un polo d’attrazione religioso ed emotivo che, in assenza di leader carismatici, è diventato un simbolo nazionale per coloro che non vedono una soluzione politica all’orizzonte. Il sito sacro è un punto di riferimento religioso per un miliardo e mezzo di fedeli nel mondo. Ma è anche una fonte di potere e forza per la piccola popolazione originaria a cui Israele cerca di sottrarre ogni risorsa concreta e simbolica.
(Amira Hass è una giornalista israeliana che vive a Ramallah, in Cisgiordania.).
DA SAPERE
UNA LUNGA SERIE DI VIOLENZE
L’8 novembre a Kafr Kana, un villaggio arabo in Israele, la polizia ha ucciso un giovane di 22 anni, accusato di minacciare gli agenti con un coltello. Nei giorni successivi quattro israeliani sono stati accoltellati in due attacchi palestinesi, a Tel Aviv e vicino a una colonia in Cisgiordania, e un poliziotto e una donna sono morti. L’11 novembre un palestinese di 21 anni è stato ucciso da un soldato vicino a Hebron.
L’11 novembre, durante le celebrazioni per i dieci anni dalla morte di Yasser Arafat, è scoppiata una crisi tra i dirigenti di Al Fatah e di Hamas. Il 7 novembre a Gaza c’erano stati degli attentati contro Al Fatah. Ha’aretz

LIBANO
CERCASI PRESIDENTE /IN BASE AGLI ACCORDI DI TAIF DEL 1989, CHE MISERO FINE ALLA GUERRA CIVILE, IL PRESIDENTE DEL LIBANO DEV’ESSERE ELETTO TRA I CRISTIANI MARONITI. Dal 23 aprile il Esalamento cerca di eleggere il nuovo presidente, ma le lotte tra i gruppi cristiani ostacolano l’accordo su un candidato. "Per la prima volta nella storia il Vaticano ha fatto forti pressioni sui cristiani affinché escano dall’impasse", scrive An Nahar. Tra i favoriti ‘ per la carica c’è Michel Aoun (nella foto), il candidato sostenuto anche da Hezbollah (l’opposizione sciita). Il 5 novembre il parlamento ha approvato una legge che estende l’attuale legislatura di due anni e sette mesi

LIBIA
L’INSTABILITÀ SI AGGRAVA
IL 6 NOVEMBRE LA CORTE SUPREMA DELLA LIBIA HA GIUDICATO INCOSTITUZIONALE IL NUOVO PARLAMENTO ELETTO NEL GIUGNO DEL 2014, CHE SI RIUNISCE A TOBRUK DA AGOSTO E CHE È STATO RICONOSCIUTO DALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE. "Questa decisione aggrava la già pro-fonda crisi politica della Libia", scrive Mustafa Fetouri su Al Monitor. "La città di Derna è sotto il controllo degli estremisti islamici di Ansar al sharia, che hanno proclamato il califfato e decapitato tre attivisti, aggiungendo ulteriori complicazioni a una situazione già esplosiva".

AFRICA
CONSULETI D’IMMAGINI
"La sua missione è assicurarsi che il candidato del suo partito vinca le presidenziali nigeriane del febbraio del 2015. David Axelrod, l’ex consulente politico del presidente statunitense Barack Obama, ha firmato un contratto con il partito d’opposizione nigeriano Ali progressives congress (intenzionato a strappare la presidenza a Goodluck Jonathan, che ha ufficializzato la sua candidatura l’u novembre). Accanto ad Axelrod ci saranno probabilmente gli esperti di Btp Advisers, che hanno fatto vincere il presidente Uhuru Kenyatta in Kenya". Nella politica e nell’economia del continente consulenti politici, lobbisti ed esperti di pubbliche relazioni svolgono un ruolo sempre più determinante, scrive The Africa Report. "La Nigeria, con l’Egitto e il Marocco, è uno dei ‘paesi africani che spende di più per curare la sua immagine. Oltre agli stati, le aziende e i partiti alimentano questo nuovo grande affare. In ogni elezione, dall’Angola allo Zimbabwe, sono presenti consulenti stranieri. È sicuramente il settore che si sta espandendo di più (The Africa Report, Francia)

IRAQ.
LA NUOVA FASE DELLA GUERRA
Gli Stati Uniti hanno ampliato il loro intervento militare in Iraq inviando cinquanta soldati sul campo nella provincia di Al An-bar, scrive il Daily Star. In quella che è stata annunciata come una "nuova fase" del conflitto contro il gruppo Stato islamico, il presidente statunitense Barack Obama ha annunciato che raddoppierà il numero di soldati nel paese, che diventeranno tremila. Secondo le Nazioni Unite, le guerre in Iraq e in Siria hanno causato 13,6 milioni di profughi. Dall’inizio del 2014 in Iraq 1,9 milioni di persone hanno dovuto abbandonare le loro case.

KUWAIT
UNA SOLUZIONE DALLE COMORE
SECONDO AL JARIDA IL GOVERNO HA PRESO ACCORDI CON LE AUTORITÀ DELLE COMORE PER RISOLVERE IL PROBLEMA DEI PIÙ DI CENTOMILA APOLIDI, DETTI BIDUN ("SENZA" IN ARABO), CHE VIVONO IN KUWAIT. La questione dei bidun , una protesta a Jahra nel novembre del 2013) risale ai tempi dell’indipendenza, nel 1961, quando molti lavoratori, spesso nomadi, non furono registrati come cittadini. In cambio della costruzione di scuole e case nell’arcipelago africano, le Comore concederanno la cittadinanza "economica" a migliaia di loro. Così, sostiene l’emirato, gli apolidi potranno regolarizzare la loro posizione e accedere ai servizi sanitari e scolastici. La mossa è stata criticata dalle organizza-zioni in difesa dei diritti umani. Mona Kareem, attivista per i di-ritti dei bidun, spiega che l’accordo è frutto di una lunga trattativa. Tra i punti discussi, c’è anche la possibilità di deportare nell’arcipelago i bidun naturalizzati comoriani condannati per crimini gravi.

IRAN
L’11 novembre il governo ha raggiunto un accordo con la Russia per la costruzione di due nuovi reattori nucleari nella centrale di Bushehr.

BURKINA FASO
II 6 novembre l’esercito e la società civile hanno deciso di indire nuove elezioni entro un anno.

MAROCCO
La nazionale di calcio è stata esclusa l’n novembre dalla Coppa d’Africa del 2015 dopo aver rifiutato di ospitare il torneo per paura dell’ebola.

SUDAFRICA
II 10 novembre la polizia ha aperto un’inchiesta sul presidente Jacob Zuma, accusato di aver speso denaro pubblico per la sua residenza privata.

YEMEN
Decine di persone sono morte il 12 novembre in un at-tentato contro gli sciiti a Radaa

ASIA & PACIFICO
GIAPPONE
ELEZIONI IN VISTA
CON UN CONSENSO AL 44 PER CENTO, 8 PUNTI IN MENO RISPETTO A OTTOBRE, IL PRIMO MINISTRO SHINZÒ ABE SEMBRA INTENZIONATO A POSTICIPARE L’AUMENTO DELLA TASSA SUI CONSUMI PREVISTO PER IL 2015 E DI INDIRE ELEZIONI ANTICIPATE A DICEMBRE. È quanto ha rivelato il Sankei Shimbun l’n novembre citando fonti anonime vicine all’ufficio del premier. La modifica della tassa sui consumi dall’8 al 10 per cento rischia di far peggiorare un’economia già in grande difficoltà e Abe vuole prima assicurarsi il consenso dei cittadini, scrive il Mainichi Shimbun. E vuole farlo al più presto, finché il suo indice di popolarità, anche se in discesa, è ancora alto. Abe potrebbe sciogliere la camera bassa già la prossima settimana.

COREA DEL SUD
L’11 novembre Lee Joon Jeok, capitano del traghetto Sewol affondato ad apri-le, è stato condannato a 36 anni di prigione per "negligenza aggravata". Nel naufragio sono morte 304 persone.

HONGKONG
MANIFESTANTI PRONTI ALLA RESA
Secondo il South China Morning Post alcuni leader del movimento Occupy centrai si arrenderanno la prossima settimana. La decisione dipende dal fatto che la polizia è pronta a intervenire per sgomberare le zone ancora occupate di Mong Kok e Admiralty. Uno degli organizzatori della protesta ha ri-ferito al quotidiano che la resa avverrà dopo lunedì 17 novembre, quando sarà inaugurata la piattaforma comune tra le borse di Hong Kong e Shanghai. "Non daremo al governatore Leung Chun-ying l’occasione di dimostrare a Pechino la sua efficienza nel ristabilire l’ordine in occasione del grande evento", ha spiegato la fonte anonima. I leader degli studenti, invece, si dicono pronti a farsi arrestare piuttosto che arrendersi.

MONGOLIA
II 5 novembre il pri-mo ministro Norov Altankhuyag si è dimesso dopo essere stato sfiduciato dal parlamento. È accusato di appropriazione indebita, corruzione e nepotismo.

BIRMANIA
TROPPO OTTIMISMO
IN OCCASIONE DEL VERTICE DELLE NAZIONI DEL SUDEST ASIATICO, IL PRESIDENTE STATUNITENSE OBAMA CON IL PRESIDENTE BIRMANO THEIN SEIN) È ARRIVATO IN BIRMANIA IL 12 NOVEMBRE. È la seconda visita nel paese per Obama, che un anno fa, in segno di apprezzamento per le promesse di democratizzazione fatte dal governo birmano, ha allentato le sanzioni. Ma sul terreno delle riforme l’ex giunta militare al governo ha fatto pochi passi avanti e l’ottimismo è diminuito, scrive Irrawaddy. La leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi non potrà candidarsi alle presidenziali del 2015 perché la costituzione non è stata modificata e i musulmani rohinghya continuano a essere perseguitati dagli estremisti buddisti e non sono riconosciuti come minoranza dal governo.

CINA/USA
L’ASIA DI XI JINPING NON VUOLE GLI STATI UNITI. AL VERTICE APEC DI PECHINO IL PRESIDENTE CINESE HA ILLUSTRATO IL SUO "SOGNO DELL’ASIA-PACIFICO". UNA REGIONE CON LA CINA AL CENTRO E SENZA L’EGEMONIA AMERICANA
Xi Jinping è un vero sognatore. Dopo aver coniato lo slogan "sogno cinese", il 10 novembre a Pechino al vertice Apec (Cooperazione economica dell’Asia e del Pacifico) il presidente della Repubblica popolare ha parlato del "sogno dell’Asia-Pacifico". È l’ultima versione dell’idea di una comunità asiatica unita che ha al centro la Cina ed esclude gli Stati Uniti. Il nuovo sogno di Xi include un riferimento indiretto al concetto di "Asia agli asiatici". Detto altrimenti, i problemi asiatici devono "essere risolti dagli asiatici stessi" e non da soggetti esterni (in particolare Washington). Il sogno si traduce in una "maggiore vivacità economica" che comprenda accordi di libero scambio e opportunità di investimenti. La nuova spinta di Pechino a favore dell’Area di libero scambio dell’Asia e del Pacifico (Ftaap) è dunque da intendersi alla luce di questa idea, così come il significato sempre più ampio che la Cina attribuisce alla nuova via della seta e alla via della seta marittima, le due reti commerciali e infrastnitturali che collegheranno l’Asia orientale e l’Europa. Al vertice Apec Xi Jinping ha annunciato la creazione di un fondo di 40 miliardi di dollari destinato ai due progetti. Insieme alla Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture (Aiib), nata da poco sempre su iniziativa di Pechino, il fondo mette la Cina al centro di due grandi progetti ideati per aiutare le" nazioni asiatiche in via di sviluppo a migliorare le infrastrutture e a inserirsi nelle reti commerciali regionali e mondiali. E, tenuto conto dell’importanza che la Cina ha per l’economia regionale e per quella globale, questo si tradurrà nel rafforzamento dei legami economici con Pechino.
Descrivendo il futuro dello sviluppo asiatico, Xi ha sottolineato come la Cina sia la forza trainante delle economie della regione. In effetti il paese è già il. principale partner commerciale della Corèa del Sud, ‘ del Giappone, dell’Australia e dell’Associazione delle nazioni del sudest asiatico (Ase-an). La Cina vuole trasformare la sua leadership economica in una leadership strategica più esplicita e Xi ha invitato gli altri paesi a "salire sul treno dello sviluppo cinese". Il tacito corollario è che i paesi che non
faranno resteranno indietro.
IL POSTO DÌ WASHINGTON Questo ha dei risvolti interessanti per gli Stati Uniti che, nel migliore dei casi, si sono mostrati scettici di fronte alle ambizioni cinesi nella regione e nel peggiore hanno cercato apertamente di bloccare progetti come l’Aiib e la Ftaap. Washington teme le idee della Cina sulla regione, in parte per il sem-plice fatto che un rafforzamento della leadership cinese implica un indebolimento dell’influenza statunitense. Gli Stati Uniti non hanno un ruolo naturale nella Via della seta, anche se Pechino ha accennato alla possibilità di renderlo un progetto globale. Tuttavia, anche l’insistenza cinese sul principio dell’"Asia agli asiatici" va contro gli interessi di Washington e dei suoi alleati. Gli analisti cinesi insistono nel dire che Pechino non vuole essere la forza egemone nella regione ma, come minimo, vuole che l’egemonia statunitense finisca.
La Cina ha chiarito che i suoi nuovi pro-getti, in particolare quelli economici, sono aperti a chiunque voglia parteciparvi. Ma per farlo bisogna accettare le sue condizioni, in particolare quando si parla di interessi nazionali dichiarati (comprese le dispute territoriali nel mar Cinese meridionale). E le grandi potenze regionali (come l’India) sono riluttanti. Per Washington in particolare, cedere la leadership alla Cina resta un fallimento politico. C’è spazio per gli Stati Uniti nel "sogno dell’Asia-Pacifico" cinese, ma solo se accettano di cambiare in modo drastico il loro modo di pensare e di agire nella regione,
NOTA
INCONTRI A MARGINE
Il 10 novembre il presidente cinese Xi Jinping e il primo ministro giapponese Shinzó Abe si sono incontrati a margine del vertice Apec. Nonostante l’atmosfera fredda del colloquio, avvenuto in uno dei momenti di maggiore tensione tra i due paesi, i leader si sono impegnati a migliorare i rapporti diplomatici, su cui pesano la disputa sulle isole Senkaku (Diaoyu) e le posizioni revisioniste del governo di Tokyo sulla seconda guerra mondiale.
Il 12 novembre Xi Jinping e il presidente statunitense Barack Obama hanno annunciato a sorpresa che la Cina e gli Stati Uniti ridurranno le emissioni di anidride carbonica

INDIA
II primo ministro Narendra Modi ha effettuato il 10 novembre un rimpasto del suo governo, nominando 21 nuovi ministri, tra cui uno per lo yoga.
INDIA
STERILIZZAZIONE DI MASSA
Quattordici donne sono morte e 34 sono in gravi condizioni dopo essere state sottoposte a interventi di sterilizzazione nel distretto di Bilaspur, nello stato del Chhattisgarh: Le operazioni di chiusura delle tube – più di ào interventi eseguiti in cinque ore da un solo chirurgo e dal suo assistente l’8 novembre – erano parte di una campagna di sterilizzazione di massa promossa dal governo. Negli anni cinquanta l’India è stato il primo paese a introdurre un programma di controllo delle nascite, incentrato però solo sulla sterilizzazione delle donne. Il governo offre denaro a chi si sottopone all’intervento e in Chhattisgarh, uno degli stati più poveri, tra ottobre e febbraio si allestiscono i cosiddetti "campi di sterilizzazione". Tra il 2013 e il 2014 nel paese sono stati praticati 4 milioni di interventi. Spesso le condizioni igienico sanitarie degli ospedali sono carenti, ogni stato ha delle quote di sterilizzazioni da rispettare e i chirurghi ricevono degli incentivi per fare più interventi.

PAKISTAN
IO NON SONO MALALA
La federazione delle scuole private pachistane, che dice di rappresentare 150mila studenti, ha istituito la giornata "Io non sono Maiala" contro il Nobel per la pace Maiala Yousafzai, ritenuta irrispettosa verso l’islam e il Pakistan, scrive Dawn. L’associazione ha chiesto che il libro dell’attivista, Io sono Maiala, sia bandito. Yousafzai è stata anche paragonata allo scrittore india-no Salman Rushdie.

AZERBAIGIAN
II 12 novembre il ministero della difesa ha annunciato che le forze azere hanno abbattuto un elicottero militare armeno vicino ad Agdam, nella regione contesa del Nagorno Karabakh. È l’incidente più grave dalla fine del conflitto tra i due paesi, nel 1994.

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
MESSICO
STRAGE IN MESSICO, LA PROTESTA SI ALLARGA: BLOCCATO L’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI ACAPULCO – LA PROTESTA PER IL CASO DEI 43 STUDENTI FATTI LETTERALMENTE SPARIRE IN MESSICO ARRIVA ALL’AEROPORTO DEI VIP DI ACAPULCO. I CITTADINI MESSICANI VOGLIONO LE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE ENRIQUE PENA NIETO, ACCUSATO DI ESSERE POLITICAMENTE RESPONSABILE DI QUELLO CHE PER I PARENTI DELLE VITTIME RESTA "UN CRIMINE DI STATO".
Dopo qualche scontro con la polizia nella parte più turistica della città portuale, a sud della baia di Acapulco – dove si erano concentrati i manifestanti, armati di tubi di metallo, bastoni e molotov, il corteo è riuscito a paralizzare lo scalo costringendo le compagnie a cancellazioni e deviazioni dei voli. I manifestanti hanno distribuito volantini nei quali definiscono "una farsa" e "un montaggio" la ricostruzione della strage di Iguala offerta venerdì scorso dal procuratore generale, Jesus Murillo Karam, dipingendo sui muri slogan contro il presidente Pena Nieto. Secondo la ricostruzione, i giovani, sono stati rapiti dalla polizia, per ordine del sindaco locale, e sono stati consegnati ad una gang di narcos che li ha uccisi, bruciando poi i corpi e gettando i resti in un fiume. I ragazzi sarebbero stati trasferiti in una discarica a bordo di un camion della spazzatura.
All’arrivo alla discarica di Cocula, 15 studenti erano già morti soffocati nel camion e gli altri sono stati uccisi a colpi di pistola. Poi i corpi sarebbero stati ricoperti di carburante e dati alle fiamme insieme a copertoni ed altri rifiuti. Un inferno di fuoco che è stato fatto bruciare per 14 ore. Poi i resti sono stati rinchiusi in dei sacchi di plastica e gettati in un fiume. A confermare o meno questa versione potrebbe essere l’esamente di due ossa trovate ancora intere.
Le proteste sulla strage di Iguala che si susseguono da varie settimane hanno portato a una caduta del 60% delle prenotazioni di studenti stranieri ad Acapulco, secondo cifre diffuse dai responsabili del settore turistico locale. Dopo le dichiarazioni del procuratore Murillo – secondo cui anche se non esiste ancora una conferma scientifica è più che probabile che i 43 studenti siano stati uccisi da sicari del gruppo narco Guerreros Unidos, ai quali erano stati consegnati dalla polizia comunale di Iguala – i parenti dei "desaparecidos" hanno intensificato la protesta, mantenendo lo slogan "vivi se li sono portati via, e vivi li vogliamo" e investendo il governo centrale della responsabilità per il modo in cui è stata gestita la strage. Per il governo di Pena Nieto, il caso dei "desaparecidos" è stato disastroso: ha polverizzato la reputazione di riformatore e abile negoziatore del presidente, che è parso sempre in ritardo e senza incisività: ha ricevuto i parenti degli studenti solo un mese dopo la strage, mentre il suo governo ha dato l’impressione di voler archiviare al più presto il caso, attribuendone la totale responsabilità ai narcotrafficanti, per evitare ulteriori scossoni politici.

GUYANA
l parlamento sospeso
Il 10 novembre il presidente della Guyana, Donald Ramotar , ha sospeso il parlà4 «. mento per evitare che i deputati votassero una mozione di sfiducia al governo. "Il presidente", spiega il New York Times, "si è avvalso di un meccanismo costituzionale che gli dà la possibilità di sospendere le camere per sei mesi al massimo". In un discorso alla nazione trasmesso in tv, "Ramotar ha detto che non aveva scelta", scrive il Guyana Chronicle. Il presidente ha criticato l’opposizione perché alimenta un clima di scontro e si è impegnato a cercare un accordo per permettere al parlamento di riprenderei lavori.

COLOMBIA
Processo alle Fare
Il 5 novembre un gruppo di guerriglieri delle Fare ha ucciso due guardie indigene nel municipio di Toribio, nel nord del dipartimento del Cauca. Gli uomini stavano rimuovendo dal loro territorio un cartellone che ricordava l’anniversario della morte dell’ex leader delle Fare Alfonso Cano. "Il 9 novembre una comunità di tremila persone ha processato i guerriglieri accusati dell’omicidio ", scrive Arturo Wallace su Bbc mundo. Cinque guerriglieri sono stati condannati a scontare tra i 40 e i 60 anni di carcere, mentre gli altri due, minorenni, riceveranno venti frustate e saranno mandati in un centro di recupero per minori. "Per una volta", sottolinea Wallace "il paese non ha criticato gli indigeni, che dal 1991 possono amministrare la giustizia nei loro territori". La condanna è arrivata invece dalle Nazioni Unite, secondo cui i guerriglieri avrebbero dovuto essere processati da un tribunale indipendente e avere diritto a una difesa.

BRASILE
L’11 novembre un’ong locale, Fòrum brasileiro de seguranza pública, ha presentato un rapporto che accusa la polizia di aver ucciso undicimila persone negli ultimi cinque anni (una media di sei al giorno).

EQUADOR
ECUADOR, I PARADOSSI DEL NEO-ESTRATTIVISMO. LA REVOLUCION CIUDADANA (RIVOLUZIONE DI CITTADINANZA), IL PROGETTO POLITICO NATO DALLA COALIZIONE DEI MOVIMENTI POLITICI E SOCIALI GUIDATA DA RAFAEL CORREA, PRESIDENTE DELL’ECUADOR DAL 2007, HA CREATO PIÙ DI QUALCHE ASPETTATIVA TRA I TANTI STUDIOSI E MOVIMENTI SOCIALI, NON SOLO ECUADORIANI, CHE HANNO INTRAVISTO IN ESSA UN INCORAGGIANTE TENTATIVO DI INTRODURRE UN PARADIGMA DI SVILUPPO ALTERNATIVO A QUELLO MAINSTREAM . (Fonte: sbilanciamoci | Autore: Andrea Cori, Salvatore Monni)
Del resto, l’obiettivo del progetto politico ecuadoriano si presenta piuttosto ambizioso: costruire una società del Buen Vivir prendendo ispirazione dalla cosmovisione indigena del Sumak Kawsay , una società che sia pienamente sostenibile e inclusiva.
Ma quanto vi è di retorica politica in quest’ambizioso progetto e quanto vi è invece di realmente rivoluzionario? Gli ottimi risultati raggiunti in termini sociali dal Governo Correa mostrano sicuramente una rinnovata attenzione a tematiche quali povertà e disuguaglianza, ma rappresentano allo stesso tempo il risultato di un incremento delle rendite del settore estrattivo che dopo gli anni del periodo neo-liberista sono tornate principalmente sotto il controllo statale. Insomma sembra trattarsi di un cammino indirizzato su una strada alternativa ma con un motore per nulla nuovo, preso in prestito dal vecchio modello di sviluppo.

Le ragioni su cui poggia questo continuo e quantomeno ambiguo ricorso alle risorse naturali, in aperta contraddizione con il nuovo quadro costituzionale volto a implementare una relazione armonica tra uomini e tra uomo e natura, ruotano innanzitutto attorno al tema della “necessità”. Una motivazione che con tutta evidenza ha i suoi perché ma che forse ridimensiona le aspettative rivoluzionarie affidate originariamente al progetto ecuadoriano. Renè Ramirez (1) uno dei curatori del primo Piano Nazionale per il Buen Vivir ( 2009), difende in “Socialismo del Sumak Kawsay o biosocialismo repubblicano (2010) “l’inevitabilità dell’estrattivismo e la necessità di attraversare una prima tappa di “transizione” nella quale la dipendenza dai beni primari permetterà, insieme a una politica statale redistributiva, di porre le basi per un futuro cambio della matrice energetica del paese. Lo sviluppo del settore industriale e un incremento degli investimenti in ricerca e tecnologia consentirà all’economia del Paese di liberarsi dal peso dell’industria estrattiva e raggiungere nel lungo termine una piena sostenibilità del processo produttivo. Sempre a difesa di questa politica il presidente Correa ha affermato: “Non possiamo essere dei mendicanti seduti su un sacco d’oro ed essere in condizioni di povertà, arretratezza e immobilismo. Dobbiamo sviluppare il potenziale estrattivo ” (2). Insomma, il neo-estrattivismo appare come una sorta di necessità congiunturale il cui superamento – la possibilità di raggiungere il Buen Vivir – dipenderà paradossalmente da una sua intensificazione. Uno dei problemi che questa politica può generare è però legato alla possibilità di sottovalutare i rischi derivanti dalla dipendenza del sistema produttivo dal settore primario. La probabilità che in Ecuador si assista, come già in altri paesi (Nigeria e Venezuela solo per citarne due tra i tanti), al verificarsi della cosiddetta ipotesi della maledizione delle risorse è infatti piuttosto elevata. Del resto, analizzando i fattori (3) ritenuti determinanti dalla letteratura economica di riferimento appare evidente come l’Ecuador non possieda ad oggi i requisiti necessari per potersi ritenere al riparo dai possibili effetti negativi generati dallo sfruttamento delle risorse. In particolare, i valori in continuo deficit della bilancia commerciale non petrolifera nonché il livello stazionario del tasso di partecipazione alle esportazioni dei prodotti industrializzati, registrati dall’economia ecuadoriana, non fanno altro che confermare le difficoltà del settore manifatturiero che parte della letteratura attribuisce proprio all’influenza negativa generata dal settore primario (la cosiddetta sindrome olandese ). Ulteriore campanello d’allarme è il crollo registrato negli ultimi due anni dall’indicatore di sostenibilità ( Adjusted Net Saving ) fornito dalla Banca Mondiale che rappresenta il segnale più evidente di una cattiva allocazione dei ricavi derivanti dallo sfruttamento delle risorse. Ad avvalorare la tesi di una paradossale anti economicità dello sfruttamento delle risorse naturali in Ecuador contribuiscono inoltre, in maniera sostanziale, il basso livello di qualità istituzionale del Paese (77/99 a livello mondiale e 11/16 a livello regionale nel 2014 per il The World Justice Project ) e la recente acquisizione del controllo della quasi totalità delle esportazioni petrolifere ecuadoriane da parte delle imprese cinesi (90%). In contrapposizione ai fattori di rischio vanno comunque registrati gli sforzi del governo ecuadoriano in termini di investimenti in capitale umano. Uno sforzo che rappresenta un tassello fondamentale per un corretto sfruttamento delle risorse naturali e una concreta speranza di sviluppo. Ciononostante i fattori di rischio precedentemente citati devono far riflettere sulla “necessità” dello sfruttamento delle risorse naturali, soprattutto in considerazione dell’impatto ambientale e del ridimensionamento dell’aspetto rivoluzionario del progetto politico ecuadoriano. Attraverso il tema della “necessità” si rischia, infatti, di escludere a priori possibili strade alternative per lo sviluppo del Paese contraddicendo peraltro i principi espressi nella Costituzione di Montecristi (2008).

AMERICA SETTENTRIONALE
USA
IL PATTO SUL CLIMA È UN BUON INIZIO. L’accordo tra Stati Uniti e Cina per ridurre le emissioni di anidride carbonica è un evento storico. In vent’anni di negoziati è il più grande passo verso un patto globale per combattere il riscalda-mento climatico. Ma anche se è assolutamente necessario, non è affatto sufficiente. Senza una rapida riduzione delle emissioni di gas serra, il pianeta rischia conseguenze irreversibili. E non è possibile fare progressi senza la collaborazione dei due paesi che inquinano di più al mondo.
Questo accordo potrebbe sbloccare lo stallo che nel 2009 ha impedito un accordo globale al vertice di Copenaghen, ma gli ostacoli non sono da sottovalutare. Bisogna ristrutturare l’intero sistema energetico del pianeta, che è anche il mo-tore dell’economia. I negoziati sul clima sono tra i più difficili che la comunità internazionale abbia mai dovuto affrontare. C’è un limite alla quantità di anidride carbonica che sipuò immettere nell’atmosfera prima che il cambiamento climatico diventi inarrestabile, e bisogna trattare su come dividere quello che resta tra i vari paesi. Cina e Stati Uniti hanno messo per la prima volta sul tavolo la loro offerta e lo hanno fatto in anticipo sulla scadenza stabilita dalle Nazioni Unite, marzo del 2015, in vista dell’accordo globale previsto per dicembre del prossimo anno a Parigi. Finora non era scontato che sarebbe stata rispettata. Ma il patto tra Cina e Stati Uniti ha dato ai negoziati lo slancio necessario. Le misure annunciate non sono sufficienti, ma il trucco è aumentare la posta un po’ alla volta. Gli Stati Uniti si sono impegnati a tagliare le emissioni entro il 2025 del 26-28 per cento rispetto al 2005. La Cina ha promesso di ricavare il 20 per cento della sua energia da fonti pulite entro il 2030. Il linguaggio usato però suggerisce che si tratti solo di offerte iniziali. L’accordo è significativo anche perché manda un segnale chiaro all’industria energetica, che nei prossimi decenni dovrà investire migliaia di miliardi di dollari. La Cina ridurrà là sua enorme domanda di carbone, e gli Stati Uniti intendono usare sempre meno petrolio e gas. È un avverti-mento per i paesi che rifiutano un accordo sul cli-ma. Il modo più intelligente d’investire sarà nelle energie pulite e rinnovabili. Il segretario di stato statunitense John Kerry ha offerto una buona sin-tesi dell’accordo: "Nella diplomazia, come nella vita, bisogna pur cominciare da qualcosa". Finalmente, 25 anni dopo che il mondo ha scoperto la minaccia del riscaldamento globale, si comincia a intravedere una soluzione.( Damian Carrington, The Guardian, Regno Unito )
USA/CUBA
APERTURE VERSO CUBA
Nelle ultime settimane il New York Times ha pubblicato cinque editoriali per chiedere al governo statunitense di riallacciare i rapporti con l’Avana e di mettere fine all’embargo. Intervistato dalla Bbc, Andrew Rosenthal, responsabile degli editoriali del New York Times, ha spiegato la posizione del quotidiano: "Per la prima volta in cinquant’anni entrambi i paesi sono pronti a cambiare". Le riforme di Raul Castro rappresentano un’apertura, e a Washington aumentano i politici favorevoli a una nuova linea politica.
USA
UNA SPERANZA PER DETROIT. Quindici mesi dopo aver dichiarato bancarotta, il comune di Detroit ha fatto un primo passo importante verso il risanamento dei conti. Il 7 novembre un tribunale fallimentare ha approvato un piano che permette alle autorità locali di cancellare sette dei diciotto miliardi di debito maturati nei confronti dei creditori. "Ma il piano di recupero", scrive New Republic, "funzionerà solo se Detroit risolverà i suoi problemi più grandi: la diminuzione e l’impoverimento della popolazione". Oggi gli abitanti sono meno di 70omila, e il 38 per cento vive sotto la soglia di povertà. Nel 2013 metà di loro non è riuscita a pagare le tasse sulla proprietà, che sono tra le più alte degli Stati Uniti.
L’8 novembre Barack Obama ha nominato Loretta Lynch ministra della giustizia. È la prima afroamericana a ricoprire l’incarico. Dopo l’annuncio, il 10 novembre, della guarigione di Craig Spencer, medico ricoverato a New York dopo aver contratto l’ebola in Guinea, nel paese non ci sono altri casi appurati d’infezione.
USA
LA VITTORIA DÌ MCCONNELL Dopo le elezioni del 2012, in cui Barack Obama è stato confermato alla presidenza, il Partito repubblicano era in grande difficoltà, lacerato da una guerra intestina tra la classe dirigente e l’estrema destra del Tea party. Ma poi qualcosa è cambiato e solo due anni dopo, nelle elezioni di metà mandato del 4 novembre, i repubblicani hanno ottenuto una delle vittorie più nette della storia politica recente. Secondo Time il merito è "-soprattutto di Mitch McConnell, senatore del Kentucky e futuro leader della maggioranza al senato. "McConnell ha capito che la mappa delle elezioni del 2014 era particolarmente favorevole al Partito repubblicano e ha messo a punto una strategia per approfittarne". I leader repubblicani si sono impegnati a scegliere i candidati senatori è* governatori meglio di quanto avessero fatto nelle elezioni precedenti. I candidati sono stati attentamente istruiti sulle posizioni politiche da adottare (prima di tutto attaccare Obama a oltranza, soprattutto sull’economia). Così McConnell è riuscito a mettere un freno all’avanzata del Tea party e a vincere la battaglia per l’anima del partito

(Le principali fonti di questo numero: NYC Time USA, Washington Post, Time GB, The Guardian, The Observer, GB, The Irish Times, Das Magazin A, Der Spiegel D, Rzeczpospolita (P) ,Guyana Chronicle, Folha de Sào Paulo B, Pais, Carta Capital, Clarin Ar, Le Monde, Figaro, Le Monde Diplomatique ,Gazeta, Pravda, Tokyo Shimbun, Global Time, Nuovo Paese , L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e INFORM, AISE, AGI, AgenParle , RAI News e 9COLONNE".)

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