11245 30. Notizie dall’Italia e dal mondo 26 luglio 2014

20140724 18:45:00 red-emi

ITALIA-ROMA/MILANO. Ricerca studio italiano individua l’origine dell’Alzheimer Scoperto come nascono le formazioni tossiche in cervello che provocano la malattia Ricerca, studio italiano individua l’origine dell’Alzheimer Individuate le origini dell’Alzheimer.
ROMA/Corruzione 2013: Italia pecora nera/Nel primo trimestre del 2014 in Italia il rapporto tra debito pubblico e Pil è salito al 135,6% dal 132,6% del trimestre precedente/LE AZIENDE ITALIANE PASSATE IN MANO STRANIERA NEL 2014 – Made in Italy, per Coldiretti non c’è solo il caso Indesit: shopping delle aziende straniere nel 2014 per 2 miliardi di euro. / L’Italia seconda al mondo per efficienza energetica
EUROPA – UNGHERIA / Borse europee affondate dalle banche e Bund ai massimi storici: i mercati sembrano prezzare una maggiore avversione al rischio con il Vix in rialzo dai minimi. Resta la consolazione di un BTP a 10 anni sotto il 3%, a quota 2.80%/ PALESTINA I PASSI DA FARE IN EUROPA / L’Europa sarà capace di imparare dai suoi errori? L’arrogante macchina di Bruxelles terrà conto della spinta euroscettica (per non dire eurofoba) emersa alle elezioni del 25 maggio?
AFRICA & MEDIO ORIENTE – LIBIA / IL GRANDE IMBROGLIO Tre anni dopo la caduta di Muammar Gheddafi, la Libia è abbandonata a se stessa / Sudafrica, bambino di 9 anni si sposa con una 62enne.
ASIA & PACIFICO – GIAPPONE. Un po’più poveri/"Il 16,3 per cento dei giapponesi sotto i diciott’anni vive in povertà relativa, un record dal 1985
AMERICA CENTROMERIDIONALE – BRASILE / Accordo dei Bric a Fortaleza: «Siamo la forza del cambiamento»
AMERICA SETTENTRIONALE – GAZA/ ‘Ecco una notte all’ospedale di Gaza’: parla il medico norvegese / NYC – Gli Stati Uniti sono un impero come nessun altro nella storia. Si tratta di un impero basato sul dare via i soldi. Vengono estorti dai contribuenti attraverso le tasse e dati a determinati soggetti per produrre i sistemi bellici che permettono al governo degli Stati Uniti di estendere il proprio potere in tutto il mondo.

ITALIA
ROMA/MILANO
RICERCA STUDIO ITALIANO INDIVIDUA L’ORIGINE DELL’ALZEHEIMER Scoperto come nascono le formazioni tossiche in cervello che provocano la malattia Ricerca, studio italiano individua l’origine dell’Alzheimer Individuate le origini dell’Alzheimer.
E’ stato un gruppo di ricerca italiano l’origine delle formazioni tossiche nel cervello che causano la malattia di Alzheimer. La ricerca ha consentito di individuare, su cellule di criceto, il sito intracellulare dove cominciano a formarsi gli oligomeri del peptide abeta che danno inizio alla patologia. Gli oligomeri di abeta sono specie molecolari tossiche coinvolte in maniera cruciale negli eventi precoci della malattia di Alzheimer. Prima di questo studio non si conosceva molto sulla loro formazione intracellulare a causa della mancanza di metodi selettivi, per il loro riconoscimento a livello molecolare. La ricerca è pubblicata su Nature communications è stato coordinato da Antonino Cattaneo della Scuola Normale superiore di Pisa, in collaborazione con Giovanni Meli (Ebri di Roma) e Roberta Ghidoni (Irccs Fatebenefratelli di Brescia), svolto presso l’istituto di ricerca sul cervello fondato dall’Accademica dei Lincei Rita Levi Montalcini.
"Lo studio – spiega il professor Cattaneo – ha la doppia valenza di aver stabilito gli oligomeri intracellulari di abeta come target nel trattamento dell’Alzheimer e consente di prospettare una strategia sperimentale dal forte potenziale terapeutico". Su questa base, sarà possibile in futuro colpire precocemente le strutture patologiche, nel luogo dove si formano, prima che vengano trasportate fuori dalla cellula, attraverso sonde molecolari mirate, una sorta di "magic bullet" (proiettile magico) che colpisce con alta selettività solo le formazioni tossiche.
In questo studio i ricercatori hanno utilizzato un’evoluzione dell’approccio degli anticorpi intracellulari, precedentemente sviluppato nei laboratori di Cattaneo, e basato sull’espressione di anticorpi ricombinanti in cellule vive per ottenere una un’interferenza selettiva dell’antigene riconosciuto dentro la cellula. Il ‘magic bullet’ è, per l’appunto, un nuovo anticorpo intracellulare conformazionale, ovvero selettivo per certi stati conformazionali di A; oligomeri, sviluppato dal gruppo di ricerca.
"Questo approccio – aggiungono gli autori dello studio – è risultato efficace e selettivo nel colpire specifiche conformazioni subcellulari di oligomeri A, stabilendo cosi il nuovo concetto di ‘Conformational-Selective Interference’ (Cci). Indirizzando al reticolo endoplasmatico l’anticorpo intracellulare conformazionale, il gruppo di ricerca ha così dimostrato per la prima volta che A, prodotta naturalmente dalle cellule vive, forma oligomeri patologici, assumendo conformazioni critiche proprio dentro il reticolo endoplasmatico".
Il lavoro è stato finanziato da: Alzheimer’s Association americana, ministero dell’Università e Ricerca, Fondazione Roma e da fondi della comunità europea per l’Human Brain Project.
ROMA / MILANO
CORRUZIONE 2013: ITALIA PECORA NERA. La corruzione resta la minaccia globale numero uno al mondo. A dimostrarlo, il Corruption Perceptions Index 2013, la lista dei 177 Paesi più corrotti al mondo, redatta dalla ong Trasparency International. Una classifica che dimostra come nessun paese sia avulso dal fenomeno, ma anzi che il problema sia diffuso – dove più dove meno – in ogni parte del globo. Il più "PULITO" degli Stati è la DANIMARCA, seguito da NUOVA ZELANDA, FINLANDIA e SVEZIA. All’ultimo posto, invece, troviamo la SOMALIA, con il punteggio più basso. E L’ITALIA?
L’ITALIA sta messa male, classificandosi al 69esimo posto, tra il MONTENEGRO e il KWAIT. Tra gli indici presi come riferimento, attraverso un punteggio che va da 0 (molto corrotto) a 100 (non corrotto), nella percezione della corruzione, c’è l’analisi del settore pubblico, seguita dall’abuso di potere, dagli scarsi livelli di integrità e gli accordi segreti. Fattori che non solo opacizzano la governance di un Paese, ma che lo indeboliscono anche dal punto di vista economico e sociale.
La Somalia si attesta anche quest’anno come Paese più corrotto al mondo, restando sul trend dello scorso anno. 8 è infatti il punteggio attribuito, tra i più bassi. Colpa di un’elevata corruzione nel settore pubblico e in ogni settore fondamentale della governance di questo Stato
ROMA
LA COMPAGNIA AEREA MIGLIORE DEL MONDO / La società britannica di ricerca Skytrax ha stilato la classifica per la World Airline Awards
CATHAY PACIFIC – La società di ricerca inglese Skytrax ha stilato come ogni anno il World Airline Awards, una classifica che elegge le 100 migliori compagnie aeree del mondo. La migliore per il 2014 è Cathay Pacific, brand asiatico con sede a Hong Kong: già nel 2009 aveva conquistato il premio d’eccellenza. Dopo l’annuncio della nuova vittoria, Ivan Chu, amministratore delegato della società, ha dichiarato: "Siamo molto orgogliosi di aver vinto ancora una volta sia per la nostra compagnia sia per la città di Hong Kong".
Per redigere la lista sono stati considerati diversi parametri, rafforzati poi da un voto globale a cui quest’anno hanno partecipato 18 milioni di viaggiatori da tutto il mondo. Le compagnie asiatiche e mediorientali sono da molti anni nella top ten di Skytrax. La società, da sempre operante nel campo dell’aviazione civile, effettua sondaggi internazionali per individuare i migliori aeroporti, le linee aeree più efficienti, il personale di bordo e di terra più qualificato, l’intrattenimento e il catering di bordo di migliore qualità e altri elementi determinanti in un viaggio aereo, mettendo in primo piano il comfort dei passeggeri.
Infatti al secondo posto troviamo QATAR AIRWAYS, compagnia di bandiera del Paese mediorientale che mantiene lo stesso piazzamento conseguito nel 2013, dopo che per i due anni precedenti aveva dominato la classifica. Seguono due ex prime compagnie: una è la SINGAPORE AIRLINES, l’altra è EMIRATES che, dopo aver vinto il prestigioso premio solo lo scorso anno, nel 2014 scivola di ben tre posizioni. Sono solo due i concorrenti europei: TURKISH AIRLINES e LUFTHANSA. ALITALIA si piazza solo al 70esimo posto. La premiazione è avvenuta il 15 luglio al Farnborough International Airshow.
MILANO/BRUXELLES
ITALIA, IN PRIMO TRIMESTRE DEBITO SALITO A 135,6% PIL / Nel primo trimestre del 2014 in Italia il rapporto tra debito pubblico e Pil è salito al 135,6% dal 132,6% del trimestre precedente.
E’ quanto emerge dai numeri diffusi stamane da Eurostat, dai quali si evince, inoltre, che rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando si attestava al 130,2%, il rapporto debito/Pil è cresciuto di 5,4 punti percentuali.
Nell’Unione europea e nella zona euro in rapporto al Pil il debito pubblico italiano è secondo solo a quello greco, che alla fine del primo trimestre era al 174,1%.
PER L’ANNO IN CORSO IL GOVERNO STIMA UN RAPPORTO DEBITO/PIL AL 134,9% BASATO SULLA PROIEZIONE DI CRESCITA PER IL PIL DELLO 0,8%.
Ma nelle ultime settimane il consensus si è bruscamente indirizzato verso un outlook molto più debole. La stessa Bankitalia nell’ultimo bollettino economico ha tagliato la stima del Pil per l’anno in corso, prevedendo una crescita dello 0,2% dallo 0,7% precedente.
Tornando al primo trimestre, anche il dato odierno del debito/pil risente della cattiva performance dell’economia che nei primi tre mesi di quest’anno è tornata ad essere negativa (-0,1%) su base trimestrale.
In termini assoluti, secondo i dati di via Nazionale, a fine marzo, il debito pubblico si attestava 2.120 miliardi di euro. Secondo l’ultima statistica mensile disponibile, relativa alla fine di maggio, il debito pubblico ha toccato il nuovo massimo storico di 2.166 miliardi.
Nei primi tre mesi di quest’anno il fabbisogno del settore statale è stato pari a 31,7 miliardi.
La prima frazione d’anno è tradizionalmente pesante dal punto di vista del fabbisogno, vista la concentrazione della gran parte dei riversamenti fiscali nel secondo semestre.
Nel primo semestre del 2014 il fabbisogno del settore statale si è attestato a circa 41,1 miliardi, con un miglioramento di circa 1,8 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2013. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano.
ROMA/MILANO
LE AZIENDE ITALIANE PASSATE IN MANO STRANIERA NEL 2014
Made in Italy, per Coldiretti non c’è solo il caso Indesit: shopping delle aziende straniere nel 2014 per 2 miliardi di euro. Con la cessione del 60,4 per cento di Indesit a Whirlpool si registra una escalation nel 2014 nel passaggio di marchi storici italiani in mani straniere per effetto della crisi che ha favorito le operazioni di acquisizione, dall’industria alla moda fino all’agroalimentare per investimenti stimati in circa 2 miliardi di euro
ANNO 2014:
E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che l’operazione segue di qualche giorno l’acquisizione della storica gelateria FASSI da parte della società coreana HAITAI CONFECTIONERY and Foods Co mentre appena il mese scorso l’antico Pastificio Lucio Garofalo ha siglato un accordo preliminare per l’ingresso nella propria compagine azionaria, con il 52 per cento del capitale sociale, di Ebro Foods, gruppo multinazionale spagnolo che opera nei settori del riso, della pasta e dei condimenti. Nel mese di febbraio c’è stato – sottolinea la Coldiretti – l’acquisto da parte di Blackstone, private equity americano, del 20 per cento delle quote di Versace, la terza operazione nella moda dall’inizio dell’anno a finire nel mirino di investitori stranieri, dopo Krizia e Poltrona Frau.
ANNO 2013:
Nel 2013 – era stata la volta di LORO PIANA finire al gruppo francese LVMH per 2 miliardi di euro. Alla fine del mese di giugno 2013 la stessa multinazionale del lusso LVMH aveva acquisito – una partecipazione di maggioranza nel capitale sociale della pasticceria CONFETTERIA COVA proprietaria della società COVA MONTENAPOLEONE Srl, che gestisce la nota pasticceria milanese.
La LVMH di Bernard Arnault aveva già in portafoglio BULGARI ed è proprietario di FENDI, Emilio Pucci e Acqua di Parma mentre – continua la Coldiretti – la sua rivale francese Ppr di Francois-Henry Pinault controlla GUCCI, BOTTEGA VENETA e Sergio Rossi. Il colpo più grosso nell’alimentare i francesi lo hanno messo a segno nel 2011 con la LACTALIS che è stata, invece protagonista – dell’operazione che ha portato la PARMALAT a finire sotto controllo transalpino, dopo aver già acquisito in passato la GALBANI, la LOCATELLI e l’INVERNIZZI.
Se nella moda gli emiri del Qatar si sono assicurati lo scorso anno lo storico marchio VALENTINO, assieme alla licenza MISSONI nel settore vitivinicolo quest’anno – un imprenditore cinese della farmaceutica di Hong Kong, che ha acquistato per la prima volta un’azienda vitivinicola agricola nel Chianti, terra simbolo della Toscana per la produzione di vino: l’azienda agricola CASANOVA – La RIPINTURA, a Greve in Chianti, nel cuore della Docg del GALLO NERO.
Nel 2013 – continua la Coldiretti – si sono verificate la cessione da parte della società Averna dell’intero capitale dell’azienda piemontese PERNIGOTTI al gruppo turco TOKSOZ, e il passaggio di mano del 25 per cento della proprietà del RISO SCOTTI ceduto dalla famiglia pavese al colosso industriale spagnolo EBRO FOODS.
ANNO 2012:
Nel 2012 la PRINCES Limited (Princes), una controllata dalla Giapponese MITSUBISHI, aveva siglato un contratto con AR Industrie Alimentari SpA (ARIA), leader italiana nella produzione di pelati, per creare una nuova società denominata "Princes Industrie Alimentari SrL" (PIA), controllata al 51 per cento dalla Princes, mentre il marchio Star passa definitivamente in mano spagnola con il gruppo Agrolimen che ha aumentato la propria partecipazione in GALLINA BLANCA Star al 75 per cento.
Nel 2011 la società GANCIA, casa storica per la produzione di spumante, è divenuta di proprietà per il 70 per cento dell’oligarca RUSTAM TARIKO, proprietario della banca e della vodka RUSSKI STANDARD mentre il 49 per cento di ERIDANIA ITALIA Spa operante nello zucchero è stato acquisito dalla francese CRISTALALCO Sas e la FIORUCCI salumi è passata alla spagnola CAMPOFRIO Food Group, la quale ha ora in corso una ristrutturazione degli impianti di lavorazione a Pomezia che sta mettendo a rischio numerosi posti di lavoro.
AZIENDE GIÀ PASSATE IN MANI STRANIERE:
Nel 2010 il 27 per cento del gruppo lattiero caseario FERRARI GIOVANNI Industria CASEARIA S.p.A fondata nel 1823 che vende tra l’altro Parmigiano Reggiano e Grana Padano è stato acquisito dalla francese BONGRAIN Europe Sas e la BOSCHETTI ALIMENTARE Spa, che produce confetture dal 1981, è diventata di proprietà della francese FINANCIÈRE LUBERSAC che ne detiene il 95 per cento.
L’anno precedente, nel 2009 , è iniziata la cessione di quote della DEL VERDE industrie alimentari spa che è divenuta di proprietà della spagnola MOLINOS DELPLATA Sl, la quale fa parte del gruppo argentino MOLINOS RIO de la Plata.
Nel 2008 la BERTOLLI era stata venduta all’UNILEVER per poi essere acquisita dal gruppo spagnolo SOS, è iniziata la cessione di RIGAMONTI salumificio spa, divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese HITAHOLB International, mentre la ORZO BIMBO è stata acquisita dalla francese NUTRITION&SANTÈ S.A. del gruppo Novartis.
Nel 2003 hanno cambiato bandiera anche la Birra Peroni, passata all’azienda sudafricana SABMILLER mentre negli anni Novanta era stata la SAN PELLEGRINO ad entrare nel gruppo NESTLÈ e la STOCK ad essere venduta alla tedesca ECKES A.G per poi essere acquisita nel 2007 dagli americani della Oaktree Capital Management. La stessa NESTLÈ – possedeva già dal 1993 il marchio Antica gelateria del Corso e addirittura dal 1988 la Buitoni e la Perugina
ROMA
ITALIA SECONDA AL MONDO PER EFFICIENZA ENERGETICA / Buone notizie per l’Italia che si posiziona al secondo posto (prima la Germania) nel ranking delle economie mondiali più avanzate in tema di efficienza energetica, guadagnando una posizione rispetto a due anni fa quando il nostro Paese si collocava a terzo posto dopo Germania e Regno Unito. È quanto emerge dallo studio realizzato dall’Aceee (American Council for an Energy Efficient Economy) giunto alla sua seconda edizione.
Il rapporto ha analizzato 16 delle più grandi economie del mondo che rappresentano oltre l’81% del prodotto interno lordo mondiale e il 71% per cento del consumo globale di energia.
Il sistema di classificazione Aceee si basa sia sulla misura delle politiche messe in atto dai singoli Paesi come, ad esempio, la presenza di obiettivi di risparmio energetico nazionale o di standard di efficienza energetica per gli elettrodomestici sia delle performance nazionali come il consumo di energia ed i risultati quantificabili.
Per l’analisi sono stati utilizzati 31 parametri che fanno riferimento ai tre settori principali responsabili del consumo di energia in un Paese economicamente sviluppato – edifici, industria e trasporti – e agli aspetti trasversali di utilizzo di energia a livello nazionale. Per quel che riguarda gli sforzi nazionali, i Paesi al top del punteggio sono: l’Ue, la Francia e l’Italia. Rispetto agli altri aspetti la classifica è guidata dalla Cina per il settore degli edifici, dalla Germania per l’industria e dall’Italia per i trasporti.
I risultati dello studio di Aceee confermano le analisi che l’Enea, nella veste Agenzia nazionale per l’efficienza energetica, ha condotto durante la sua attività di monitoraggio e sono un ulteriore impulso ad accentuare ancora di più le attività di sostegno all’efficienza energetica messe in atto dall’Italia, come il decreto di recepimento della Direttiva 2012/27/Ue appena pubblicato dimostra.

ONU
VIENNA
STATI UNITI, REGNO UNITO, FRANCIA, RUSSIA, CINA E GERMANIA
VERSO UN RINVIO
Dopo due giorni di incontri a Vienna tra il ministro degli esteri iraniano Javad Zarif e i rappresentanti del gruppo 5+1 (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia, Cina e Germania), sembra probabile che i colloqui sul nucleare iraniano proseguiranno anche dopo il 20 luglio, la data limite per un accordo. Il 15 luglio Zarif e il segretario di stato americano John Kerry hanno detto che ci sono stati progressi, ma anche che serve più tempo. In Iran la guida su-prema Ali Khamenei era intervenuta nel dibattito dichiarando che l’Iran ha bisogno di I90mila centrifughe contro le attuali 15mila (già troppe, secondo Kerry). Mentre si avvicina la prospettiva di un accordo storico "i falchi iraniani, messi alle strette, cercano di sabotare i colloqui", scrive IranWire

EUROPA
Nell’area euro le prime indagini di fiducia Europa: di luglio dovrebbero mostrare nuove, anche se solo modeste flessioni per gli indici di luglio. A livello aggregato per la zona euro la fiducia dei consumatori è vista stabile, mentre i PMI dovrebbero rallentare in luglio, così come l’IFO tedesco

UNIONE EUROPEA
II 15 luglio il parlamento europeo ha approvato la nomina di Jean-Claude ! Junker alla presidenza della Commissione europea. L’ex premier lussemburghese ha ottenuto 422 voti sui 729 espressi. Russia II r5 luglio 22 persone sono morte a Mosca nel deragliamento di un convoglio della metropolitana.

UNGHERIA
MUTUI UNGHERESI, QUASI DEI SUBPRIME / Borse europee affondate dalle banche e Bund ai massimi storici: i mercati sembrano prezzare una maggiore avversione al rischio con il Vix in rialzo dai minimi. Resta la consolazione di un BTP a 10 anni sotto il 3%, a quota 2.80% .
Se le Toshin, le assicurazioni e i pension funds giapponesi comprano assets esteri in un crescendo impressionante, gli investitori europei e Usa appaiono spaventati dalle questioni geopolitiche mediorientali e dall’inattesa "questione ungherese". L’annuncio della Banca austriaca Erste di perdite superiori a 1.5 mld eur dovute alla necessità di aumentare le coperture su “non performing loans” per allinearsi alle prescrizioni inserite negli stress test BCE (Toronto: BCE-PA.TO – notizie) , fa riemergere lo spettro dei mutui ungheresi con l’intervento del Governo che ne ha favorito il concambio dall’esposizione in valuta estera direttamente nel fiorino ungherese.
Il listino austriaco è sceso del 3% e, a seguire, Raiffeisen Bank e Unicredit (Milano: UCG.MI – notizie) hanno iniziato ad accusare il colpo. Immediatamente è stato lanciato un alert sugli stress test bancari dalla BERENBERG BANK, mentre le banche anglosassoni hanno peggiorato i target price sulla Erste Bank (Other OTC: EBKDY – notizie) e non solo.
La votazione che lo scorso venerdì ha permesso il varo del provvedimento di rimborso ai mutuatari che abbiano subito tassi sfavorevoli ha scatenato una ridda di ipotesi sulle necessarie iniezioni di liquidità da parte delle banche estere che dominano il sistema bancario ungherese e sull’aderenza di tali misure ai trattati europei.
Buona parte di questi prestiti (sui quali si era già scritto tre anni fa) sono perlopiù denominati in franchi svizzeri ed euro. La conversione one off nella divisa domestica produrrà una domanda netta di divise estere per effetto dello smontaggio sulle coperture valutarie da parte delle banche coinvolte. Attualmente si parla di 12 mld di euro, dei quali l’80% emessi nella divisa elvetica. Il totale nel 2011 era di 18 mld eur e l’accelerazione imposta dal Governo ungherese per chiudere la questione entro fine anno appare evidentemente legata alle prossime elezioni municipali di ottobre. Dopo la vittoria alle politiche e alle europee il Partito di destra Fidesz del primo Ministro Orban vuole chiudere la partita con una piena vittoria consacrando così la politica ad una svolta nazionalista molto criticata in ambito UE. Il modello ungherese di Orban lo ha visto cavalcare la crisi in aperta violazione dei diritti civili ma anche ottenere accordi economici importanti con Cina e Russia, per stabilizzare un Paese preda di una grave crisi economica, voltando però le spalle al FMI.
Resta paradossale lo schema di "salvataggio" messo a punto a favore di quegli investitori ungheresi che avevano scelto un mutuo in divisa estera perché non credevano nel fiorino ma ora sono “invitati” alla conversione. Questo tipo di intervento governativo diventa così un monito alle banche estere operanti in Paesi ove già la negazione dell’indipendenza della banca centrale doveva essere un chiaro monito!
Autore: ItForum Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online

SVIZZERA / PALESTINA
PARADOSSI DI UNA GUERRA E I DADI SONO TRUCCATI. Di Luis Lema, Le Temps, Svizzera / Da una parte un movimento, Hamas, che ogni volta che lancia uno dei suoi razzi (in modo indiscriminato, senza fare distinzione tra obiettivi civili e militari) aggrava la sua situa-zione e rafforza la sua immagine di gruppo terroristico. Dall’altra un esercito efficiente che ormai, se così si può dire, bussa prima di entrare, avvertendo (con pochi secondi di preavviso) quale sarà il bersaglio delle sue bombe. Il bilancio, paradossale, è che finora Hamas ha provocato solo una vittima, mentre l’esercito israeliano ha ucciso de -cine di persone innocenti, donne e bambini compresi, ha sventrato centinaia di case e spezzato migliaia di destini. Siamo d’accordo: la giustezza di una causa, la moralità di un’azione non si riducono al numero di vittime che provocano nel campo avverso. Ma questo, tutto sommato, resta un criterio abbastanza decisivo.
Hamas la smetta una buona volta con questo stupido gioco! Rinunci alla violenza, riconosca Israele, prenda il suo posto al tavolo delle trattati-ve! L’obiezione, paradossale, è che stava per farlo, anche se, è vero, più per necessità che per convinzione. Indebolito, recalcitrante, stava per unirsi all’Autorità palestinese di Abu Mazen per formare un governo. La strada sarebbe stata ancora lunga, difficile e disseminata di trabocchetti. Ma oggi questo percorso è un’ulteriore vittima collaterale degli attacchi israeliani. L’assassinio dei tre adolescenti israeliani e l’ondata di violenze che ha scatenato spiegano solo in minima parte la situazione attuale. Se dicessimo che è stata un’occasione per le autorità israeliane, sottoposte a forti pressioni popolari, di prendersela con Hamas, di distruggere qualsiasi prospettiva di un cambiamento della situazione che vedesse gli europei, e forse anche gli statunitensi, costretti a dialogare con questo movimento iscritto nell’elenco dei gruppi terroristi, saremmo già più vicini alla verità. Ormai gli israeliani vivono nella paura e gli abitanti di Gaza vivono sprofondati nell’inferno. Gli uni e gli altri si riprenderanno: non hanno scelta. Ma intanto, ancora una volta, l’obiettivo di creare lo stato di Palestina si è allontanato, e probabilmente di molti anni

FRANCIA / PALESTINA
I PASSI DA FARE IN EUROPA / L’Europa sarà capace di imparare dai suoi errori? L’arrogante macchina di Bruxelles terrà conto della spinta euroscettica (per non dire eurofoba) emersa alle elezioni del 25 maggio? L’occasione c’è. Confermato il 15 luglio alla guida della Commissione europea dal parlamento di Strasburgo, Jean-Claude Juncker si prepara a formare la sua squadra. E dovrà negoziare con gli stati dell’Unione per scegliere i nomi dei 27 commissari che do-vranno poi essere confermati dal parlamento (Le Monde, Francia)
Il dramma è nei numeri. Gigantesco mollusco informe, la Commissione funziona sempre peg-gio. Nello spirito dei trattati doveva essere l’esecutivo europeo, incaricato di proporre e poi appli-care le decisioni prese dal Consiglio, dove la voce di ogni stato pesa in base alla sua popolazione. La Commissione doveva incarnare il collettivo europeo e difendere gli interessi dell’ Europa in quanto tale, e non essere un secondo organo di rappre-sentanza degli interessi nazionali (funzione esercitata dal Consiglio).
Purtroppo però, con l’allargamento, l’Unione ha accettato che ogni stato avesse diritto a un commissario, e quest’infelice riforma ha finito per sminuire il progetto europeo, stravolgendo il ruolo della Commissione. Con ben 28 commissari, l’esecutivo europeo è un mastodonte malato. Il moltiplicarsi dei commissari ha costretto l’Europa a inventare incarichi sempre più bizzarri e lontani dalle aree di competenza dell’Unione, alimentando la sensazione di una burocrazia folle che partorisce troppi regolamenti, talvolta stupidi.
Cosa può fare Juncker per rimediare? Due co-se, innanzitutto. Da un lato, chiarire che la sua Commissione avrà un’unica priorità: il ritorno della crescita in Europa. Dall’altro, riorganizzare la Commissione intorno a cinque "super commissari" – economia, esteri, interno, affari sociali e ambiente – per formare un esecutivo ristretto. L’organigramma potrà anche essere un po’ diverso, ma l’idea di fondo dev’essere chiara: compattare la Commissione intorno a un numero limitato di incarichi fondamentali, corrispondenti alle aree di competenza dell’Unione (più ristrette di quanto si possa pensare). La buona notizia è che presto capiremo se la nuova Commissione Juncker sta partendo con il piede giusto.

LA SPERANZA DEGLI SLOVENI
Quarantuno giorni: tanto è bastato all’avvocato Miro Cerar (nella foto) per fondare un partito (lo Stranka Miro Cerar, Smc) e vincere le elezioni anticipate del 13 luglio. Come racconta Delo, l’Smc ha ottenuto il 34,6 per cento dei voti, seguito dal Partito democratico dell’ex premier Janez Jansa, oggi in prigione per corruzione, che ha avuto il 20,6 per cento. "Per la seconda volta di seguito, e in modo ancora più evidente, gli elettori hanno votato per il cambiamento: la metà dei partiti del nuovo parlamento è nata recentemente", commenta il quotidiano. "Il voto ha punito una politica litigiosa, basata sullo scontro continuo e sulle divisioni della società". Secondo Delo, "gli sloveni si aspettano molto da Cerar, che per certi versi somiglia al vecchio premier Janez Dmovsek, scomparso nel 2008: ha la sua stessa capacità di superare le divisioni tra destra e sinistra. Gli elettori, però, hanno scelto Cerar mossi soprattutto dal desiderio di costruire un paese normale e più prospero

REGNO UNITO
IL RIMPASTO DI CAMERON
Un esecutivo più giovane,, con più donne e più antieuropeista. È il risultato del rimpasto di governo voluto il 15 luglio dal primo ministro britannico David Cameron. Nel più grande rimaneggiamento da quando è arrivato al potere, nel 20ro, Cameron ha sostituito il ministro degli esteri William Hague (che si era dimesso il giorno prima) con quello della difesa, l’euroscettico Philip Hammond, a sua volta sostituito dal sottosegretario all’energia, Michael Fallon. Hammond, scrive il Guardian, "si è detto pronto a votare per l’uscita di Londra dall’Unione europea se le condizioni di adesione del paese non saranno rinegoziate". Sono stati sostituiti anche il ministro dell’istruzione Michael Gove e l’europeista Kenneth Clarke, che era ministro senza portafoglio. Il pre-mier ha inoltre nominato commissario europeo per il Regno Unito il leader della camera dei lord, Jonathan Hill, "un tecnocrate, ex consigliere di John Major, ma non un euroscettico", scrive il quotidiano. "Il rimpasto", commenta ancora il Guardian, "manda all’Europa il seguente messaggio: il Regno Unito è pronto a lasciare l’Unione fin da ora e non considera il posto di commissario europeo abbastanza importante da mandare un ‘pezzo grosso’ del governo a Bruxelles

SPAGNA
UN LEADER PER I SOCIALISTI / L’economista e deputato Pedro Sànchez, 42 anni, è stato eletto il 13 luglio segretario del Partito socialista (Psoe, all’opposizione dal 20ir). Subentra ad Alfredo Perez Rubalcaba, che si era dimesso dopo la sconfitta alle europee del 25 maggio. Soprannominato "el guapo" (il bello), Sànchez ha ottenuto il 49 per cento dei voti dei cornila militanti che hanno partecipato alle primarie. Appena eletto ha promesso di rinnovare il partito e di ricostruire il legame con la base, aggiungendo, in un’intervista a El Pais, di "avere due punti di riferimento: l’ex primo ministro socialista Felipe Gonzàlez e il premier italiano Matteo Renzi".

BOSNIA ERZEGOVINA
II 16 luglio un tribunale olandese ha stabilito che i Paesi Bassi sono "civilmente responsabili" per la morte di trecento musulmani bosniaci nella strage di Srebrenica del luglio 1995, in cui morirono più di ottomila persone. I caschi blu olandesi sono stati giudicati colpevoli di non aver protetto i bosniaci che si erano rifugiati nella loro base a Potocari.

MEDIO ORIENTE & AFRICA
SIRIA
Via libera agli aiuti A quattordici anni dalla sua ascesa al potere, il 16 luglio Bashar al Assad ha prestato nuovamente giuramento come presidente della Siria dopo aver vinto le elezioni del 3 giugno. Il voto è stato considerato una farsa dall’opposizione, visto il conflitto che devasta il paese da tre anni. Il 14 luglio il Consiglio di sicurezza dell’Orni ha autorizzato i convogli umanitari a superare le frontiere esterne della Siria (in Turchia, in Iraq e in Giordania) anche senza il consenso di Damasco. L’Onu spera in questo modo di far arrivare cibo e medicinali ad almeno 1,3 milioni di siriani nelle aree controllate dai ribelli, spiega la Bbc

IRAQ_
PROGRESSI POLITICI Dopo essersi riuniti per due volte senza successo, il 15 luglio i deputati iracheni hanno eletto il presidente del parlamento, il sunnita Salim al Juburi. Si spera, scrive Middle East Eye, che sia il primo passo verso la fine della crisi politica. Lo stesso giorno le forze irachene hanno lanciato un’offensiva su Tikrit ma sono state respinte dai ribelli dello Stato islamico, che controllano la città dall’11 giugno. Il 12 giugno a Baghdad un gruppo armato ha attaccato un locale di prostitute uccidendo 31 persone, in gran parte donne

LIBIA
IL GRANDE IMBROGLIO
Tre anni dopo la caduta di Muammar Gheddafi, la Libia è abbandonata a se stessa. Il mensile Afrique Asie definisce la "liberazione" dalla dittatura un "grande imbroglio". ( Afrique Asie, Francia )
Il 13 luglio alcune milizie islamiste hanno lanciato razzi contro l’aeroporto di Tripoli, distruggendo decine di aerei. Gravi scontri sono avvenuti anche a Bengasi, tra gruppi armati islamici e gli uomini del generale Khalifa Haftar. Il bilancio è di almeno 7 morti. Dominata da milizie fuori controllo e da forze tribali in lotta tra loro, la Libia è diventata "un non stato" e "un’incubatrice di dittatori". La debolezza del governo, la proliferazione delle armi e le minacce separatiste hanno portato alla ribalta figure come Haftar, che si presenta come uomo forte e salvatore della patria. Un tempo vicino a Gheddafi, Haftar si unì in seguito a un movimento di opposizione. Dopo aver vissuto vent’anni negli Stati Uniti, è tornato in Libia nel 2011 per guidare le forze ribelli. A maggio ha lanciato l’operazione Dignità per sradicare il terrorismo islamico. Molti, però, accusano il generale di essere una pedina di Washington e un agente della Cia.

MALI
MISSIONE COMPIUTA?
Il 13 luglio il presidente francese Francois Hollande ha annunciato che la missione Servai, lanciata nel gennaio del 2013 contro i gruppi jihadisti che avevano occupato il nord del Mali, è stata "perfettamente compiuta". A sostituirla, scrive Jeune Afrique, sarà l’operazione Barkhane, una forza anti-terrorismo composta da tremila uomini inviati dalla Francia e da altri cinque paesi del Sahel. In Mali, però, le violenze non si fermano. Il 15 luglio un soldato francese è rimasto ucciso e altri sei sono stati feriti in un attentato suicida nel nord del paese, facendo salire a nove il numero delle vittime francesi dal lancio dell’operazione Servai. Il 16 luglio ad Algeri sono ricominciati i negoziati per raggiungere un accordo di pace tra il governo di Bamako e vari gruppi ribelli, tra cui i tuareg dell’Mnla, che si presentano con un’unica delegazione guidata da Alghabass ag Intalla. Alla vigilia dei colloqui, per ristabilire la fiducia tra le parti è avvenuto uno scambio di prigionieri: il governo di Bamako ha rilasciato 42 appartenenti e sostenitori di movimenti politico-militari dell’opposizione che erano stati arrestati nel corso di operazioni di polizia. In cambio, i gruppi ribelli hanno liberato una quarantina di persone, in gran parte poliziotti, che erano stati catturati a Kidal, scrive il Journal du Mali.
MALAWI
Un incendio a Lilongìwe ha distrutto 1.500 urne elettorali. L’opposizione aveva chiesto un riconteggio dei voti del 20 maggio per attribuire un seggio nella capitale.

NIGERIA In un attacco attribuito a Boko haram contro Dille, un villaggio del nordest del paese, sono morte 38 persone.

REP. CENTI-AFRICANA
II 10 luglio Amnesty international ha pubblicato un rapporto con i nomi dei leader che potrebbero essere accusati di crimini di guerra. Tra questi, l’ex presidente Francois Bozizé e il capo dei ribelli di Séléka, Michel Djotodia.

SUDAFRICA
BAMBINO DI 9 ANNI SI SPOSA CON UNA 62ENNE. PER LA SECONDA VOLTA / Sanele Masilela ha solo 9 anni, ma è già lo sposo più giovane del mondo. La notizia suonerebbe già di per sé surreale, se non fosse che l’ormai consorte di Sanele, ancora uno scolaretto, è la 62enne Helen Shabangu. Che il bambino, peraltro, sposa oggi ufficialmente una seconda volta, essendo convolato a nozze con lei già nel 2013. Accade in Sudafrica, dinnanzi ai concittadini – che appaiono a dire il vero divertiti e sgomenti – del villaggio di Ximhungwe; dove Sanele, vestito di tutto punto con un abito argentato, ha infilato per la seconda volta l’anello al dito di Helen, già madre di 5 figli compresi tra i 28 e i 38 anni. Ecco le incredibili immagini dei due matrimoni a confronto.
La cerimonia, con tanto di torta, si è svolta alla presenza del vero marito della donna, Alfred Shabangu, 66 anni, che era presente anche nella scorsa occasione e che si è dichiarato contento – come i suoi figli – di questa scelta.
Va detto, infatti, che le nozze hanno più il carattere di un rito che di una vera e propria unione. Entrambe le famiglie sostengono che il matrimonio si sia svolto per venire incontro alle indicazioni degli avi di Sanele, che lo scorso anno hanno richiesto che il bambino si sposasse. Al di là del rito, tuttavia, i genitori dello di Sanele hanno speso ben 500 sterline, andate in dote alla donna, e 1000 sterline per la cerimonia. A cui vanno aggiunte le spese sostenute per questo secondo matrimonio, richiesto esplicitamente dal bambino stesso per rendere ufficiale la cosa.
Sanele, dal canto suo, sembra ingenuamente entusiasta della cosa. Sostiene di essersi sposato poiché lo desiderava veramente, nonostante lui e sua “moglie” non vivranno insieme per tutto il tempo, e si incontreranno presso la discarica dove Helen e sua madre lavorano. Sanele afferma però di volersi concentrare sulla scuola, lavorando sodo sui libri, e quando sarà più grande sposarsi con una donna della sua età. Anche Helen appare felice della scelta, che è stata fatta essenzialmente per rendere omaggio agli antenati di Sanele. Una volta che il bambino sarà grande, afferma la donna, emergerà il carattere meramente simbolico della cerimonia, e in ogni caso non vi saranno né convivenza, né figli, e tutto dopo le nozze tornerà più o meno come prima. Affermazioni simili anche dalla madre, che conferma la corrispondenza con le intenzioni di Sanele, e la sua totale adeguatezza alla situazione.

MOZANBICO
MAPUTO
Il premier Matteo Renzi è stato accolto a Maputo dal Presidente della Repubblica del Mozambico, Armando Guebuza. Si tratta del primo appuntamento della visita di tre giorni in Africa.
Per le 18 circa è fissato invece l’incontro con la comunità italiana. Domani il presidente del Consiglio sarà a Brazzaville in Congo dove alle 13.30 incontrerà il presidente della Repubblica, Denis Sassou-Nguesso. Lunedì 21 luglio Renzi raggiungerà Luanda in Angola, dove alle 12 ha un appuntamento con il presidente della Repubblica, Eduardo dos Santos.

ASIA & PACIFICO
GIAPPONE
Un po’più poveri / "Il 16,3 per cento dei giapponesi sotto i diciott’anni vive in povertà relativa, un record dal 1985 ", scrive il Mainichi Shimbun. I dati, che si riferiscono al 2012, provengono dal rapporto sulle condizioni di vita dei giapponesi pubblicato ogni tre anni dal ministero della salute e del welfare. Nel 2012 il 16,1 per cento della popolazione viveva con meno di 1,22 milioni di yen (8.860 eu¬ro) all’anno e il 59,9 per cento definiva le sue condizioni "difficili" o "molto difficili". Secondo il rapporto, l’aumento di 4,1 punti percentuali del tasso di povertà relativa dal 1985 al 2012 è legato all’aumento degli impieghi precari, che sono il 36,7 per cento del totale, e all’aumento degli adulti con un basso reddito che vivono da soli.

COREA DEL SUD
Per sostenere l’economia Seoul congelerà i fondi per la promozione della sovranità delle isole Dokdo, reclamate dal Giappone, che le chiama Takeshima.

CINA
II 16 luglio la società petrolifera statale, che a maggio aveva installato una piattaforma vicino alle isole Paracelso provocando l’ira dei vietnamiti, ha annunciato che l’esplorazione in cerca di gas e petrolio è finita e la struttura sarà spostata.
CINA
INVESTIGATORI ALLA SBARRA / Il 14 luglio Peter Humphrey, cittadino britannico, e la moglie Yu Yingzeng, statunitense, sono stati incriminati per aver raccolto illegalmente grandi quantità di informazioni private su cittadini cinesi. La coppia, titolare dell’azienda ChinaWhys, era stata arrestata nel 2013 nell’ambito delle indagini sul caso di corruzione che ha coinvolto il gigante farmaceutico britannico GlaxoSmithKline (Gsk). La ChinaWhys era stata ingaggiata nell’aprile del 2013 per indagare su un’ex dipendente della Gsk sospettata di aver inviato email anonime in cui accusava l’azienda di pagare tangenti a medici e funzionari pubblici. Secondo l’accusa ChinaWays, che negli anni ha svolto indagini per almeno settecento aziende, ha fatturato milioni di yuan all’anno raccogliendo e vendendo informazioni. La vicenda, scrive Caijing, mette in evidenza i rischi che corrono in Cina gli investigatori privati, a cui spesso le aziende straniere si rivolgono in alternativa alla polizia. CAIJING

INDIA
II 16 luglio in Kashmir un camion dell’esercito ha urtato un taxi uccidendo sei persone e provocando proteste violente.

AFGHANISTAN
KABUL
Il successo a metà di Kerry 7 "A prima vista la missione del segretario di stato statunitense John Kerry a Kabul è stata un successo", scrive l’analista M.K. Badhrakumar su Asia Times. L’11 luglio Kerry è arrivato in Afghanistan per risolvere l’impasse politica seguita al ballottaggio del 14 giugno tra i due can-dati alla presidenza del paese. Secondo i risultati parziali, il favorito, Abdullah Abdullah, ha preso il 43 per cento dei voti, contro il 56 per cento ottenuto dallo sfidante, Ashraf Ghani. Ma entrambi i candidati si sono proclamati vincitori, denunciando brogli. Una situazione potenzialmente esplosiva in un paese già attraversato da tensioni etniche. Kerry ha ottenuto il consenso dei due candidati al riconteggio dei voti sotto la sorveglianza delle Nazioni Unite, e l’impegno ad accettare il risultato e a formare un governo di unità nazionale. "Dopo aver incontrato anche il presidente uscente Hamid Karzai, Kerry ha precisato che ‘sarà un percorso difficile’. E in effetti, appena ha lasciato Kabul, si sono levate voci dissonanti in entrambi gli schieramenti", continua Badhrakumar. "E poi cosa significa governo di unità nazionale nel contesto afgano? Nessuno l’ha precisato. Una volta ricontati i voti e stabilito un vincitore, perché il nuovo presidente dovrebbe acconsentire a condividere il potere? Per Washington festeggiare è prematuro"..
STRAGE AL MERCATO IN AFGHANISTAN
Il 15 luglio un’autobomba è esplosa in un mercato nel distretto di Urgon, nella provincia di Paktika, al confine con la regione pachistana del Waziristan del Nord, uccidendo 89 persone e ferendone decine. Nella provincia agisce la rete terroristica degli Haqqani, sospettata dell’attacco, che insieme ad altri gruppi armati è al centro di un’offensiva dell’esercito di Islamabad in corso nel Waziristan del Nord. I taliban afgani hanno negato il loro coinvolgimento rivendicando invece l’omicidio, avvenuto qualche ora prima a Kabul, di due addetti stampa del presidente uscente Hamid Karzai, uccisi a bordo dell’auto sulla quale viaggiavano.

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
MESSICO
BAMBINI SCHIAVI
La polizia messicana ha fatto irruzione in una casa famiglia di Zamora, nello stato del Michoacàn, dove quasi seicento persone, di cui 462 minorenni, erano tenute in condizioni di semi schiavitù. Secondo El Universal, che aveva già denunciato i maltrattamenti da parte dei ge-stori della struttura nel 2010, gli ospiti erano costretti a chiedere l’elemosina, dormivano per terra in pessime condizioni igieni-che ed erano nutriti con cibi scaduti. A molti di loro era stato impedito di lasciare la casa famiglia anche dopo che erano diventati maggiorenni.
MESSICO
II 15 luglio il presidente Enrique Pena Nieto ha promulgato nuove leggi nell’ambito della riforma del sistema delle telecomunicazioni. Con le nuove misure il governo dovrà garantire l’accesso a internet ad almeno il 70 per cento dei nuclei familiari. Inoltre, si aprirà la strada per la creazione di tre nuove emittenti in chiaro, di cui una controllata dallo stato.

BRASILE
Accordo dei Bric a Fortaleza: «Siamo la forza del cambiamento» / Brasile, il VI vertice dei Brics
Un grosso passo avanti nelle rela­zioni economiche e politiche tra i paesi del Sud. Il gruppo dei Brics — formato da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica -, ha formalizzato a Fortaleza (nella parte nordorientale del Brasile), i due principali obiettivi previsti dal VI vertice: la creazione di una Banca per lo sviluppo e quella di un fondo di riserva per i paesi membri in crisi valutaria. La prima sarà operativa nel 2016 e avrà la sua sede a Shangai. Il secondo partirà con un fondo di 100.000 milioni di dollari (72 milioni di euro), a cui i paesi membri hanno contribuito in proporzione: 41 miliardi di dollari la Cina, 18 tutti gli altri, tranne il Sudafrica che ne ha versati 5. Progetti tesi «all’inclusione e allo sviluppo sostenibile», in base al tema del vertice e rivolto sia ai paesi emergenti che a quelli in via di sviluppo. Un ulteriore obiettivo è quello di rafforzare il controllo sulle proprie fonti di energia e sulle materie prime. Durante il vertice, i Brics hanno firmato accordi anche sulla questione della sicurezza e della lotta al narcotraffico.
Secondo la dichiarazione di Fortaleza, sottoscritta dai cinque paesi emergenti, l’obiettivo è quello di convertire i Brics e i loro partner in una «importante forza di cambiamento» rispetto alle strutture di governo delle istituzioni multilaterali, il cui sistema decisionale ha consentito il predominio degli Stati uniti e di alcune nazioni europee. Una forza capace di «generare una crescita globale più inclusiva e di disegnare un mondo più stabile, pacifico e prospero».
Per le loro dimensioni, per il peso delle loro economie e per l’influenza che esercitano nelle loro regioni e sempre di più nel mondo, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica «non possono restare a fuori dalle grandi decisioni internazionali», ha detto la presidente brasiliana DILMA ROUSSEFF. Tuttavia, ha aggiunto, «il nostro attivismo non deve essere confuso con l’esercizio di un potere egemonico o con un desiderio di dominio. E neanche dev’essere inteso come un’opzione strategica contraria agli interessi di altri paesi. La forza del nostro progetto sta nel suo potenziale positivo di trasformazione del sistema internazionale, che vogliamo più giusto e ugualitario». E prima, ai giornalisti che le chiedevano se i Brics fossero contro il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, Rousseff ha risposto: «Non siamo contro nessuno, ma a favore di noi stessi».
Un «noi» non facile da configurare, nel quadro degli specifici interessi dei paesi emergenti: che hanno comunque iniziato trovando una mediazione tra le richieste dell’India (che avrebbe voluto ospitare la sede della Banca per lo sviluppo, ma ha perso con la Cina) e quelle del Brasile, a cui sarebbe dovuta toccare la prima presidenza e che invece ha dovuto cederla all’India. «La Russia è interessata a un’America latina unita, forte, economicamente sostenibile e politicamente indipendente, che si trasformi in una parte importante del mondo policentrico ed emergente», ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin. E anche il suo omologo cinese Xi Jinpeng, che negli ultimi anni ha consolidato «relazioni fruttuose» in Venezuela e in altri paesi del Latinoamerica, ha sottolineato l’intenzione di «far sentire più forte la voce dei paesi in via di sviluppo nelle istituzioni multilaterali».
Ieri si sono svolti incontri e prospettati accordi con i paesi della Unasur. Sono arrivati a Brasilia 12 leader sudamericani, tra i quali il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, quello della Bolivia, Evo Morales, e dell’Ecuador, Rafael Correa. Guidano governi che si richiamano al «socialismo del XXI secolo», hanno messo al centro una più equa ridistribuzione delle risorse e la sovranità delle scelte rispetto ai diktat delle istituzioni internazionali. E per questo sono spesso bersaglio dei tribunali di arbitraggio internazionali, che accolgono le denunce delle grandi corporations, come nel caso dell’Ecuador con la Chevron. La voce di questi paesi, che fanno blocco negli organismi regionali anche a livello politico e che intratten­gono forti relazioni con i Brics, potrebbe aprire maggiori opportunità di scelte in diversi ambiti e temi: da quello ambientale (il blocco Brics costituisce il maggior produttore mondiale di energia e il principale consumatore di idrocarburi), a quello del disarmo, nel destinare gli aiuti allo sviluppo e non all’interventismo. Per questo, i Brics hanno espresso un pronunciamento forte contro il massacro dei palestinesi messo in atto da Israele e contro l’occupazione.

ARGENTINA
Si avvicina il termine per Argentina: si avvicina il termine per un possibile nuovo default Con l’avvicinarsi del termine fissato (in deroga) a fine luglio per il pagamento del flusso cedolare del debito ristrutturato, si intensificano le negoziazioni tra il Governo argentino e gli holdout, ossia quei creditori che hanno deciso di non aderire alle precedenti ristrutturazioni del debito pubblico di Buenos Aires. Dopo mesi e settimane di confronto serrato ma non risolutivo, sembra possibile una soluzione di compromesso nella gestione dei pagamenti. Secondo fonti di stampa (ad esempio il Financial Times), infatti, il Governo argentino sarebbe pronto a offrire agli hedge funds coinvolti il rimborso dei 1,6 miliardi di titoli in loro possesso attraverso un’operazione di scambio che prevede l’emissione di due bond Bonar 24 del tipo di quelli già usati per ripagare Repsol della nazionalizzazione della controllata YPF. Lo swap in questione però dovrebbe forzatamente avvenire nel gennaio 2015 in modo da garantire il rispetto della clausola RUFO (Right upon future offer) che prevede che l’Argentina non possa volontariamente riservare una miglior proposta di ristrutturazione rispetto a quelle già compiute senza estendere questa offerta anche a coloro che hanno precedentemente aderito. Con gennaio però la validità di questa clausola giungerebbe a scadenza, lasciando così al Governo di Buenos Aires la facoltà di rimborsare gli holdout senza incorrere in un’altra serie di azioni legali. Questo consentirebbe all’Argentina di evitare un altro default in poco più di dieci anni, anche se non è ancora scontata l’approvazione di una soluzione di questo tipo da parte del giudice statunitense Griesa che ha convocato una nuova udienza per il prossimo 22 luglio.
COSA RISCHIANO I RISPARMIATORI ITALIANI
La scadenza è fissata al 30 Luglio e oltre quella data potrebbe esserci un nuovo baratro economico per l’Argentina: con le condizioni imposte dagli Stati Uniti per il pagamento degli hedge fund che non hanno usufruito dei concambi del 2005 e del 2010, per il paese sudamericano sono giorni di tensione alle stelle sul piano dell’economia internazionale.
PER GLI INVESTITORI ITALIANI IN ARGENTINA LA SITUAZIONE È COMUNQUE AGGROVIGLIATA: per chi ha accettato la ristrutturazione dei bond del 2001 con scadenza nel 2033 il rischio è di perdere quel poco che è riuscito a salvare. I 50mila investitori che invece sono andati in causa con le banche attendono la decisione finale per capire se i soldi già persi saranno rimborsati o meno tramite questa sentenza statunitense: non c’è da stare troppo tranquilli negli investimenti argentini, ma anche in quelli generali, perché la crisi economica argentina sta avendo ripercussioni sul piano dell’economia internazionale. In casi di forte instabilità gli operatori sconsigliano gli investimenti nei paesi più a rischio o con rating basso, e l’Italia purtroppo è tra questi.

AMERICA SETTENTRIONALE
WASHINGTON/GAZA
‘ECCO UNA NOTTE ALL’OSPEDALE DI GAZA’: PARLA IL MEDICO NORVEGESE
"La notte appena trascorsa è stata estrema". E’ la testimonianza di Mads Gilbert, professore della clinica universitaria di North Norway, Tromso, Norvegia. "L’invasione di terra – racconta sul sito gaza.scoop.ps – si è trasformata di nuovo stanotte in macchinate di corpi. Imprecisati, strappati, sanguinanti, tremanti, morenti. Palestinesi con ogni sorta di ferite e di tutte le età". Gilbert ha pubblicato a giugno un rapporto per l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni unite per i profughi (disponibile su www.newweapons.org/?q=node/151, ), tracciando un bilancio della grave situazione del sistema sanitario di Gaza, strozzato dal blocco sulla Striscia che aveva provocato, già prima dell’operazione militare ‘Margine protettivo’, pesanti carenze mediche. Ora è tornato a Gaza.
"GLI EROI DELLE AMBULANZE". "Gli eroi delle ambulanze – racconta – in tutti gli ospedali di Gaza lavorano con turni di 12 ore, sfiniti dalla fatica. Si prendono cura dei feriti, fanno il triage, tentano di orientarsi nell’incomprensibile caos di corpi e membra, che camminano, che non camminano, che respirano, che non respirano, che sanguinano, che non sanguinano. Trattati come animali dall’esercito ‘più morale del mondo’".
"PIU’ DI CENTO FERITI ARRIVATI STANOTTE". "Più di cento casi – prosegue – sono arrivati all’ospedale Al Shifa nelle ultime 24 ore. Abbastanza per un grande ospedale ben organizzato e con tutto il necessario, troppo per un ospedale come questo. Qui manca praticamente tutto: elettricità, acqua, pannolini, medicinali, lettini, strumenti, monitor. Sembra tutto arrugginito, come se fosse stato preso nei musei. Ma qui i medici non si arrendono. Come guerrieri vanno avanti con enorme risolutezza".
"LA MACCHINA DA GUERRA E’ GIA’ RIPARTITA". "Mentre scrivo – continua – la macchina da guerra israeliana già riparte: salve di artiglieria dalle navi militari colpiscono la riva, si sente di nuovo il rombo degli F16, il ronzio dei ripugnanti droni e il caotico suono degli Apache.
L’APPELLO A OBAMA: "PRESIDENTE PASSI UNA NOTTE QUI". "Presidente Obama – conclude – la invito a passare una notte qui all’ospedale Al Shifa, magari camuffato da addetto alle pulizie. Sono convinto che questo cambierebbe la storia. Nessuno con un cuore e con il potere potrebbe andare via da una notte in questo ospedale senza essere determinato a mettere fine a questo massacro"
NYC
LO SCOPPIO DELLA BOLLA DEL CREDITO DISTRUGGERÀ L’IMPERO USA. «Gli Stati Uniti sono un impero come nessun altro nella storia. Si tratta di un impero basato sul dare via i soldi. Vengono estorti dai contribuenti attraverso le tasse e dati a determinati soggetti per produrre i sistemi bellici che permettono al governo degli Stati Uniti di estendere il proprio potere in tutto il mondo.
Il sistema di aiuti esteri è un sistema di corruzione. Corrompe i leader dei paesi di tutto il mondo affinché tengano la bocca chiusa per quanto riguarda l’estensione del potere americano. Questa situazione non giova all’uomo della strada. Avvantaggia ??diversi interessi, in particolare quelli legati al complesso militare-industriale.
Oggi l’impero apre i mercati per le esportazioni americane, in particolare quelle di armi e parti di ricambio — effetto dipendenza. Fa in modo che il petrolio del Medio Oriente raggiunga le sue destinazioni, dove viene venduto solo in dollari USA. Questo aiuta a sostenere il valore internazionale del dollaro degli Stati Uniti.
[…] di recente Pat Buchanan ha individuato la vera natura dell’impero americano. Si tratta di un approfondimento delle intuizioni di Leonard Wibberley: “Storicamente gli imperi e le grandi potenze esigevano tributi, sfruttavano le colonie e coscrivevano i sudditi dei loro protettorati. L’America rappresenta qualcosa di nuovo nel modo delle potenze mondiali. Non solo forniamo truppe per proteggere gli "alleati", ma forniamo tributi sotto forma di aiuti esteri (prestiti del FMI e della Banca Mondiale) e di miliardi di salvataggi. Questo ruolo di superpotenza filantropica è semplicemente insostenibile.”»
DOPO I “SUCCESSI“ IN IRAQ E AFGHANISTAN, HA SENSO CHE GLI STATI UNITI MANDINO TRUPPE IN UCRAINA, NO?
Quando l’abbiamo letto sul Washington Post, abbiamo pensato che fosse un pesce d’aprile. Poi abbiamo scoperto che lo scrittore era serio; a quanto pare James Jeffrey è un tonto per tutto l’anno:
Il modo migliore per inviare a Putin un messaggio duro ed impedire un’eventuale campagna russa contro gli stati più vulnerabili della NATO, è quello di dimostrare il nostro impegno con l’invio di truppe di terra, l’unico dispiegamento militare che può rendere inequivocabile tale impegno.
A suo merito l’amministrazione ha inviato aerei da combattimento in Polonia e negli stati baltici per rafforzare le pattuglie della NATO. Ma questi dispiegamenti, come le navi nel Mar Nero, sono deboli se intesi come segnali politici. Non possono conquistare terreno – l’arbitro finale di ogni calcolo militare – e possono essere facilmente revocati se sorgono problemi.
Le truppe, anche in numero limitato, inviano un messaggio molto più potente. Sono più difficili da ritirare una volta dispiegate, veicolano il messaggio che gli Stati Uniti sono seriamente intenzionati a difendere i confini orientali della NATO._
E PERCHÉ NO?
Gli Stati Uniti hanno un impero globale sostenuto da una montagna di debiti senza precedenti. Tutte le bolle incontreranno i loro aghi e tutti gli imperi salteranno in aria. Quello che Jeffrey sta proponendo è un’accelerazione del processo.
SIAMO CON LUI FINO IN FONDO…
Spingete Unto Dunto giù dal muro e facciamola finita… così gli Stati Uniti potranno tornare ad essere un paese decente e normale senza falsi "allarmi rossi"… senza spie… e senza un budget da bilioni di dollari per la nostra sicurezza.
Ma dubitiamo che sarà così facile. Gli imperi non dicono educatamente buona notte. Invece inveiscono… imprecano… e delirano contro il morire della luce.
Fanno anche un pasticcio terribile con le cose di cui si occupano. Gli imperi dipendono dalla forza militare per la loro sopravvivenza e per soddisfare i loro obiettivi di bilancio.
Tipicamente, rubano le cose. Nelle guerre puniche, per esempio, i romani accumularono un gap di bilancio allarmante conquistando la città di Taranto. Poi rubarono tutto quello che era a portata di mano… e vendettero i suoi cittadini in schiavitù.
PROBLEMA RISOLTO… PER UN PO’.
Gli Stati Uniti sono unici negli annali della storia imperiale. Immaginano sempre di raccogliere una ricca ricompensa – almeno nello status, se non in denaro – dalle loro conquiste. Non è mai accaduto.
• Il presidente Wilson credeva che sarebbe stato salutato come un grande statista internazionale. Invece gli europei ridevano di lui e dei suoi 14 punti. ("Anche Dio stesso ne aveva bisogno solo di 10," commentò il primo ministro francese Georges Clemenceau.)
• Il presidente Johnson immaginò un grande "grazie" dai vietnamiti. Invece ottenne un "no grazie" dagli americani.
• E il presidente George W. Bush immaginava le ricchezze petrolifere dell’Iraq che sarebbero fluite in patria… solo per finire con la guerra più costosa e poco gratificante nella storia degli Stati Uniti .
E’ solo perché gli Stati Uniti sono così ricchi che si sono potuti permettere di dire questo tipo di balle, ma ciò sta giungendo al termine. Per gran parte degli ultimi 30 anni, la macchina della guerra imperiale è stata finanziata principalmente facendo debiti – aiutata e spalleggiata da una banca centrale impazzita.
Per quanto tempo ancora possa andare avanti, è una congettura che lasciamo ad ognuno di voi. Probabilmente non più di quanto la FED possa ancora inflazionare la bolla del credito.
Nel frattempo gli appaltatori della difesa, i lobbisti militari e gli altri zombie nel settore della difesa continueranno a spingere per una maggiore ingerenza – in Siria… Ucraina… diamine, ovunque…
LA BOLLA DEVE TROVARE IL SUO AGO DA QUALCHE PARTE!
L’impero degli Stati Uniti e la sua bolla del credito probabilmente giungeranno al termine, conteporaneamente.
L’uno dipende dall’altra. Se gli Stati Uniti non fossero così grandi e potenti, non avrebbero potuto imporre la loro moneta come valuta di riserva mondiale. Senza la loro posizione di possessori della valuta di riserva mondiale (dollari invece che l’oro), gli Stati Uniti non sarebbero stati in grado di inondare il mondo con la loro liquidità.
Se il mondo non avesse necessitato di dollari, la bolla del credito non sarebbe continuata a crescere. E senza la crescita del credito, non ci sarebbe stato alcun modo per pagare le spese di un impero mondiale
Questo non spiega il miracolo della "crescita senza risparmio," ma ci dà un suggerimento su cosa accadrà quando il trucco non funzionerà più.
Tutte le bolle… e tutti gli imperi… alla fine salteranno in aria. Un impero che dipende da una bolla del credito la rende doppiamente esplosiva. Tutto ciò che serve è una svolta nel ciclo del credito, e la miccia si accende.
Nel 2006 abbiamo scritto un libro sull’argomento, insieme ad Addison Wiggin. Dall’invasione delle Filippine alla guerra del Vietnam… l’impero USA è stato finanziato dalla forza produttiva dell’economia degli Stati Uniti.
Mentre la guerra in Vietnam stava per concludersi, la fonte di finanziamento dell’impero cambiò: dalla produzione presente alla produzione futura. Gli Stati Uniti passarono ad un sistema monetario puramente di carta… e si rivolsero ai prestiti per finanziare le loro avventure militari. Oggi le teste di legno si gonfiano il petto e si considerano dei pezzi grossi. Passano il conto al contribuente di domani.
La tesi per un’ingente spesa per la sicurezza è crollata tra il 1979 (quando la Cina prese la via del capitalismo) e il 1989 (quando la Russia abbandonò il comunismo).
Ma da allora il "complesso militare-industriale" (o il complesso militare-industriale-congressuale), di cui il Presidente Eisenhower ci ha avvertito in merito, era già saldamente al controllo di Washington. I presidenti – democratici e repubblicani – sono andati e venuti. Niente e nessuno è riuscito a togliere risorse al settore della sicurezza.
Un’avventura disastrosa è stata seguita da un’altra. Ognuna ha richiesto una fonte maggiore di finanziamenti… più stato… più potere… più generali… più nulla osta per la sicurezza… più operazioni clandestine e "fuori bilancio"… e più idioti parassiti che fingono di proteggere gli americani da nemici sconosciuti.
Il ritorno sull’investimento di questa spesa era probabilmente ben sotto lo zero. Questo per dire che l’ingerenza estera ha probabilmente creato più nemici di quanti non ne abbia neutralizzati. Ma a quanto pare non importa.
Inoltre, lo stesso fenomeno si stava ripetendo in altri settori importanti. Nel settore sanitario, nell’istruzione e nel settore finanziario le considerazioni politiche hanno manipolato un numero crescente di risorse – anche se questi settori erano ancora considerati parte del settore privato.
Nel campo dell’istruzione, ad esempio, il numero di insegnanti è ristagnato mentre il numero di amministratori ed "educatori" è salito. Ingolfati di zombie, i guadagni reali in questi settori sono stati davvero esigui. Nel frattempo il settore manifatturiero degli Stati Uniti è appassito. I salari reali hanno smesso di aumentare. La crescita economica è rallentata.
E la spesa sociale è aumentata. "Guns and Butter" è stata la promessa di LBJ. E senza la forte crescita degli anni ’50 e ’60, non è stato possibile pagare per un parco zombie così grande.
L’impero statunitense si è rivolto al credito. E sin da allora non ha avuto un bilancio veramente equilibrato. Invece, a partire dalla fine dell’amministrazione Carter, i deficit sono aumentati, anno dopo anno.
Quando la squadra Reagan entrò in carica nei primi anni ’80, ci fu una feroce battaglia interna su cosa fare con le finanze federali. I conservatori fiscali – guidati da David Stockman, giovane regista del bilancio di Reagan – sostenevano che il governo avesse l’obbligo di pareggiare il bilancio. I nuovi, o "neo", conservatori erano la moda tra la popolazione… ed il miracolo venne reso possibile dall’aumento del credito.
"I deficit non contano," disse Dick Cheney. I neocon hanno Autore: Francesco Simoncelli Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online
DETROIT senz’acqua.
Nelle ultime settimane il comune di Detroit ha tagliato le forniture d’acqua a migliaia di famiglie che non riescono a pagare le bollette. Secondo le autorità cittadine, è l’unico modo per recuperare entrate fondamentali per risollevare la città. Circa metà della popolazione è in ritardo con i pagamenti, e il Detroit water and sewerage department, la società che si occupa della gestione delle risorse idriche, deve ancora riscuotere novanta milioni di dollari dalle famiglie. "Il quaranta per cento degli utenti resterà senz’acqua entro la fine dell’estate", scrive The Nation. Il settimanale statunitense racconta che alla fine di giugno alcuni gruppi che protestano contro il taglio delle forniture idriche hanno inviato un documento all’alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. Gli esperti dell’Orni hanno concluso che "l’interruzione delle forniture costituisce una violazione dei diritti umani".

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, Das Magazin, Der Spiegel, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, ControLaCrisi e Le Monde)

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