11244 29. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 19luglio2014

20140720 08:21:00 red-emi

ITALIA – REFERENDUM E’ in corso la raccolta delle firme a sostegno di 4 referendum che tentano di mettere in discussione la politica di austerità che ha costretto l’Europa e l’Italia ad una lunga recessione con una grave caduta occupazionale. Fase non terminata perché l’economia è ferma e la trappola della deflazione non è scongiurata.
EUROPA – LONDRA . Inghilterra, sciopero di massa dei lavoratori pubblici contro
AFRICA & MEDIO ORIENTE – Israele ignora l’appello dell’Onu al cessate il fuoco. Le vittime salgono a 121
ASIA & PACIFICO – India, terribile ordine di capi villaggio: stuprare 14enne per vendetta. NEW DELHI
Roy, Gandhi accettava sistema caste / La scrittrice apre una polemica contro ‘apostolo’ non violenza.
AMERICA CENTROMERIDIONALE – BUENOS AIRES / Russia e Argentina hanno firmato un documento di partnership "strategica" durante un incontro a Buenos Aires tra Vladimir Putin e Cristina Kirchner.
AMERICA SETTENTRIONALE – USA. California: dai pozzi di greggio arriva un’altra preziosa risorsa / dai pozzi di greggio arriva un altra preziosa risorsa

ITALIA
MILANO/ROMA
ERA LA NIPOTE DI MUBARAK – IMPOSSIBILE PER QUESTO NOSTRO PAESE AVERE POLITICI ONESTI …
Non sarà lo statista che in Europa e nel mondo ci invidiavano, ed è pur sempre un imprenditore pregiudicato per reati di frode fiscale, oltre che un ex presidente del consiglio a processo per la compravendita di parlamentari. Ma con l’assoluzione pronunciata dai giudici della corte d’appello di Milano, oggi Silvio Berlusconi conquista l’invidiabile status di anziano miliardario a tal punto credulone da scambiare Ruby per la nipote di Mubarak.
ROMA
CAMBIO LIRA-EURO, PROBABILE LA MORATORIA. / La notizia piacerà sicuramente ai tanti italiani che ancora si ritrovano in casa – vuoi per nostalgia, vuoi per dimenticanza – le vecchie lire. Pare infatti che sarà nuovamente possibile convertirle in euro.
A deciderlo, un’ordinanza emessa dal giudice del tribunale di Milano che si oppone alla decisione presa dal Governo Monti nel 2011. All’epoca, infatti, venne varato il decreto legge (121/2011), con l’articolo 26 che in deroga alla vecchia legge del 2002, stabiliva che “le lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell’Erario con decorrenza immediata” e che “il relativo controvalore è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnato al fondo per l’ammortamento dei titoli di stato”. Il decreto annullava così la vecchia legge n.289 del 2002 che aveva invece stabilito il limite massimo di tempo per cambiare le monete entro il 28 febbraio 2012, escamotage che lasciava nelle casse dello Stato circa 1,5 miliardi di euro.
La notizia non piacque ai contribuenti, che andarono su tutte le furie: la Federcontribuenti denunciò la manovra di Monti, avviata "tra il silenzio e l’indifferenza generale" che andava così a sottrarre miliardi di euro ai cittadini non informati e chiese, insieme con Adusbef e Federconsumatori, al Governo e a Bankitalia di concedere una moratoria. Per garantire alle migliaia di italiani di rientrare in possesso dei propri risparmi e tutelare quei cittadini che per vari motivi non avevano potuto effettuare la conversione per tempo. Tra questi, molti che si erano ritrovati inaspettatamente con gruzzoletti lasciati in eredità dai genitori o dimenticati in soffitta o ancora anziani poco informati sulle tempistiche. Le vecchie lire valgono un piccolo tesoro

ROMA
REFERENDUM
E’ in corso la raccolta delle firme a sostegno di 4 referendum che tentano di mettere in discussione la politica di austerità che ha costretto l’Europa e l’Italia ad una lunga recessione con una grave caduta occupazionale. Fase non terminata perché l’economia è ferma e la trappola della deflazione non è scongiurata.
Sui 4 referendum ci sono osservazioni, dubbi. Discutiamone apertamente. E’ positivo che contro la politica di austerità – che sta tuttota provocando tanti danni sociali ed economici – sia stata presa un’iniziativa concreta. Da anni la critica alla politica di austerità, pur vasta e diffusa, non ha trovato modo di esprimersi e questo ha generato il dubbio che, malgrado la sua evidente incapacità di risolvere la crisi e le conseguenze di crescente ingiustizia sociale e di allargamento della povertà, non vi fossero in campo reali alternative. Quando non vi sono alternative credibili anche le politiche più avversate finiscono con l’essere subite creando passività e rassegnazione. E’ andata così.
La sinistra politica e sociale ha la grave responsabilità, finora, di non avere saputo dare credibilità e forza ad un’iniziativa contro l’austerità, delineando un’alternativa di poltica economica ai Moloch distruttivi delle percentuali previste dal patto di stabilità. Ora è in campo l’iniziativa dei 4 referendum ed è possibile provarci.
I 4 referendum passeranno il vaglio della Corte ? Sono ammissibili ? E’ bene non tirare per la giacca la Corte. C’è chi l’ha fatto, in genere per motivi non nobili. Non è questo il caso. La Corte giudicherà e tutti ci rimetteremo al suo giudizio. Tuttavia è lecito argomentare che nessuno dei 4 referendum apre problemi nella finanza pubblica perché cercano di colpire l’eccesso di zelo, il di più che è stato inserito nella legge 234 che attua il nuovo (infausto) articolo 81 della Costituzione. Non c’è maggiore spesa, semmai un eccesso di autolimitazione. In ogni caso è bene che almeno 500.000 cittadini chiedano alla Corte di giudicare l’ammissibilità dei 4 quesiti con argomentazioni forti, collegate al malessere e allo scoramento del paese, anche aggiornando la sua giurisdizione – se necessario – come più volte ha avuto il coraggio di fare.
I 4 referendum risolvono da soli i problemi ? No. I referendum sono stati formulati tenendo conto dei vincoli della nuova formulazione dell’articolo 81 della Costituzione e del Fiscal compact, che è un trattato tra stati e quindi crea degli obblighi.
I 4 referendum colpiscono il di più, l’eccesso di zelo, che sono forse conseguenti a impegni non scritti, tuttavia criticano apertamente la politica di austerità e consentono di dire con chiarezza che oltre gli obiettivi immediati ci sono quelli più ambiziosi come la revisione dell’attuale articolo 81 della Costituzione, ripristinando la sovranità del governo e del parlamento sulle scelte nazionali. La modifica della Costituzione incorporandovi la politica di austerità non è un obbligo derivante dai trattati.
E’giunto il momento di mettere in discussione il Fscal compact e quella ragnatela di impegni che obbligano a politiche di austerità anche quando sono palesemente sbagliate. Questo è possibile per iniziativa del governo italiano e per iniziativa europea. Il parlamento neoeletto e la nuova Commissione dovrebbero occuparsi del problema. E’ importante che il Pse abbia chiesto al candidato Presidente Junker di rivedere il Fiscal compact. E’ la prima volta che se ne parla.
C’è un altro aspetto che va posto apertamente: il ruolo della Bce. Da tempo si parla di allinearne le politiche a quelle della Federal reserve per aiutare la crescita e quindi vanno affrontati 2 aspetti. Interrompere la regalia che vede la Bce prestare denaro alle banche a costo quasi zero con il quale comprano titoli pubblici, realizzando un consistente guadagno. Perché la Bce non può comprare direttamente debito pubblico, almeno oltre il livello del 60 %, ma è obbligata a fare questo regalo alle banche ? E’ questione politica non economica, riguarda l’Europa e le sue regole. Ancora, la Bce deve realizzare interventi per la crescita altrimenti del patto di stabilità si continua ad ignorare il secondo aspetto: la crescita. La Bce studia ma è troppo poco perchè la stagnazione continua a produrre effetti nefasti. I 4 referendum vanno quindi accompagnati da iniziative a livello nazionale ed europeo per cambiare in radice i vincoli dell’austerità. Il governo Renzi non dovrebbe dispiacersi di questi referendum, anche se per ora sembra auto rinchiudersi nell’interpretazione della flessibilità dei trattati europei. Questo porterebbe a diluire i problemi senza risolverli, troppo poco. I 4 referendum possono aprire spazi per tutti in Europa, anche al governo, se l’iniziativa per superare l’austerità è reale e non solo propaganda come verificheremo entro qualche mese. Pur consapevoli dei limiti questi referendum vanno appoggiati. di Alfiero Grandi

ROMA
La ricerca condotta dall’Istat . SICUREZZA, ECCO LE CITTÀ IN CUI SI HA PIÙ PAURA -UNA NUOVA RICERCA ISTAT RIVELA CHE GLI ITALIANI SI SENTONO MENO SICURI IN CITTÀ
Fermati a Terni due albanesi accusati di tentato omicidio Nel 2011 uscire da soli di sera spaventava solo il 39% degli italiani; oggi questa percentuale è salita al 45%. Un’Italia meno sicura è quella che l’Istat dipinge nel suo ultimo rapporto sul benessere equo e sostenibile, basandosi sulle denunce per diversi reati raccolti nelle principali città italiane. Tuttavia, rispetto alla percezione preconcetta sui crimini più diffusi, questa ricerca mostra che alcuni miti sono decisamente da sfatare.
Ad esempio, il rapporto Istat svela che gli omicidi sono in calo. Nonostante il proliferare di tribune televisive dedicate ai principali e violenti crimini degli ultimi anni, questo tipo di reato è in calo ormai da anni: nel 2012 ce n’erano 0,9 ogni 100.000 abitanti, nel 1991 questo dato era di quattro volte più alto.
Quelli che non calano sono i reati di natura economica, come i furti. Secondo uno studio del consorzio interuniversitario Transcrime, condotto da Marco Dugato, i furti in appartamento sono raddoppiati negli ultimi anni. Inoltre anche i borseggi e le rapine sono raddoppiati, con l’aggravante di lesioni e minacce collegate a tali crimini.
La ricerca condotta dall’Istat rivela anche in quali città è più facile subire un crimine. Sulla totalità delle denunce registrate, la città meno sicura è Milano con 12.859 denunce ogni 100.000 abitanti, registrate in un solo anno. Seguono Bologna (11.478 denunce) e Torino (10.671 denunce).
Andando ad esaminare nello specifico i singoli reati più diffusi, si osserva che non possono certo dormire sonni tranquilli gli abitanti di Milano, che hanno denunciato 8.100 furti ogni 100.000 abitanti in un anno. Al secondo posto per numero di forti troviamo Bologna. Se invece si analizzano furti legati alle autovetture, Catania è la città dove avere una macchina è quasi impossibile: i furti d’auto denunciati sono 1.811 ogni 100.000 abitanti. Per quanto riguarda le rapine, Napoli guida la classifica con 351 denunce ogni 100.000 abitanti, seguita da Catania (289).
Ma a cosa è dovuta questa forte ondata di furti, rapine e crimini legati all’acquisizione illegale di denaro ai danni di altri? Non è solo la crisi a spingere onesti cittadini a trasformarsi in rapinatori perché chi perde il lavoro, va a rapinare un negozietto e non una casa, azione per cui ci vuole una preparazione, competenza e osservazione che solo bande e criminali specializzati posseggono.
Passando agli omicidi, a guidare la classifica è Vibo Valentia, con un dato però poco impressionante, a conferma del calo generale di questo crimine in tutto il Paese, indicato nella ricerca. Qui sono state registrate 7 denunce ogni 100.000 abitanti. Per quanto riguarda i reati a sfondo sessuale, Milano e Bologna sono le città in cui vengono registrate più violenze fisiche (26 ogni 100.000 abitanti), seguite da Firenze (23).
I dati acquisiti dall’Istat mostrano anche che la scelta di denunciare un crimine, benché sia in aumento, non viene sempre esercitata: a volte perché ci si vergogna (come nel caso degli stupri) o perché il danno è minimo (nel caso di alcuni furti). A volte si ha così poca fiducia nelle forze dell’ordine che si sceglie di non parlare del crimine subito (azione molto comune al Sud, dove i dati potrebbero essere quindi una sottostima rispetto alla realtà). Questa differenza fra i reati denunciati e quelli taciuti, vanno ad alimentare quello che viene definito "numero oscuro". I crimini su cui le denunce non vengono spesso fatte sono stupri, criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio, spaccio di droga.

ROMA
VERDI EUROPEI, SINISTRA E SOCIALISTI CRITICI POSSONO LAVORARE INSIEME IN EUROPA
“UN discorso deludente, improntato sulla retorica e non sui fatti concreti». E’ duro il commento di Ernest Urtasun, neoeletto europarlamentare di Iniciativa Verts Catalunya membro del gruppo Verdi-ALE all’Europarlamento al discorso fiume del premier Matteo Renzi in occasione dell’ apertura del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea. Incontriamo Ernest a Roma dove ha partecipato ad un’iniziativa sull’ambiente e l’Europa nell’ambito della festa di SEL che avrebbe poi ospitato il giorno dopo un’interessante dibattito con la partecipazione di rappresentanti di Syriza e Podemos. Il parlamentare di ICV, partito con il quale SEL ha da tempo una relazione stretta di interlocuzione e iniziativa comune ci spiega una delle modalità con le quali costruire in questo nuovo Europarlamento un fronte comune tra Verdi Europei e GUE, che dev’essere uno dei pilastri portanti per qualificare e rafforzare l’approccio all’AltraEuropa contrastando il governo di larghe intese in Europa, e presentando politiche alternative congiunte. Cosa possibile facendo leva sulla consistenza numerica dei due gruppi che assieme assommano ad un totale di 104 europarlamentari.
Questo il testo dell’intervista collettiva con la partecipazione di Francesco Martone, Paolo Cento, Loredana De Petris.
Francesco Martone: Ernest, dopo la fase di austerity ed il pareggio di bilancio ci troviamo di fronte al linguaggio della crescita, del rilancio del’economia sempre nel quadro della camicia di forza del fiscal compact. Ma oggi come riqualifichiamo la fuoriuscita dall’austerity? Con la crescita quantitativa illimitata? Le risorse naturali non sono infinite, il territorio in Europa è allo stremo. Come si può inserire in un’alternativa all’austerity, il tema del debito ecologico e della giustizia climatica? Oggi l’Europa non esita a sostenere l’ampliamento della frontiera estrattiva in Mediterraneo o Mar Adriatico, o a negoziare programmi per l’importazione di gas di scisto dagli USA o di fracking sul continente con alti costi sociali ed ambientali, E lo fa per non voler invertire la rotta verso un modello produttivio differente. Per questo oggi il tema del debito ecologico e della giustizia climatica deve essere al centro di una riconversione del modello produttivo, Come fare a mettere in relazione le comunità locali che resistono all’espansione della frontiera petrolifera e le politiche a livello UE e verso la Conferenza del Clima di Parigi 2015?
Ernest Urtasun: Non possiamo parlare più di tematiche ambientali come separate dal resto. Oggi per noi esiste un stretto nesso tra politche ambientali e welfare europeo del futuro, Un welfare che si costruisce sulla difesa dell’ambiente. In Spagna l’aumento della precarietà va di pari passo con la distruzione del territorio, per far spazio a progetti infrastutturali. Grazie all’indebolimento dei vincoli ambientali, le nostre coste saranno cementificate per costruire villaggi turistici, ad esempio, Oggi c’è bisogno di formulare offerte politiche che rispondano a ci chiede lavoro, protezione sociale. L’idea del Green New Deal dovrà essere la nostra bandiera per i prossimi anni, giacché definisce l’ambiente come opportunità di competitività del futuro, mentre oggi la competitività in Europa è intesa come riduzione di salari e fine del welfare europeo. Il che innesca rigurgiti fascisti e crisi sociale. E per quanto riguarda le politiche energetiche, ed il risparmo energetico, dobbiamo uscire dal rigore, abbiamo bisogno di mobilitare risorse attraverso una politica fiscale diversa. Per questo credo che la politica europea di Renzi oggi non sia corretta, lui resta nel quadro di riferimento fiscale europeo, nel quale non c’è Green New Deal possibile.
Francesco Martone: Tu sarai nella Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo. Ci sono due questioni a noi care, una che riguarda le politiche migratorie nel Mediterraneo, FRONTEX in primis e l’altra la necessità di un nuovo “deal” con i paesi del Maghreb, valorizzando ciò che di importante è venuto dalle primavere arabe, ovvero il concetto e la pratica della democrazia reale. C’è bisogno di ricostruire relazioni che finora l’Europa ha sempre letto sotto la chiave della sicurezza, quella degli investimenti delle proprie imprese, e dei propri confini sostenendo anche regimi liberticidi quali quelli di Mubarak e Ben Ali. Tu vivi in una regione che è una delle grandi sponde del dialogo mediderraneo, non a caso il processo di Barcellona è stato il primo tentativo di costruzione di uno spazio comune euromediterraneo. Quali sono secondo te gli elementi chiave per la costruzione di un Mediterraneo mare di solidarietà e pace? Penso ad esempio al rapporto tra partiti e movimenti verso l’appuntamento del forum Sociale Mondiale di Tunisi del 2015
Ernest Urtasun: Dal 1995 l’idea di spazio di solidarietà e pace del partenariato euromediterraneo non ha avuto seguito. La sicurezza è l’unico aspetto che è andato avanti nel rapporto di Barcellona e nelle relazioni Euromediterranee, attraverso accordi individuali con i paesi della sponda sud, con un focus puramente liberista dimostratosi disastroso, e di sicurezza nel sostegno di regimi autoritari di quei paesi. Credo ci sia bisogno di voltare pagina in questi ultimi anni di rapporti tra UE e paesi arabi, giacché esiste nei paesi arabi molto risentimento verso l’Europa, A riprova basti pensare che i movimenti delle primavere arabe hanno chiesto il supporto di Washingron piuttosto che di Bruxelles perché vedevano l’Europa troppo collusa con i regimi. Mi preoccupa che ora, a fronte del fallimento del processo di democratizzazione in Egitto, l’Europa si riabitui a relazioni priviliegiate con regimi liberticidi. Questo atteggiamento deve cambiare in sostegno ad un multilateralismo che sia fatto di dialogo su diritti umani e democrazia, temi mai affrontati dal processo Euromed. Sul tema dei flussi migratori, la proposta per un Tribunale internazionale di opinione sui crimini di lesa umanità nel Mediterraneo (NdT, che verrà presentata giovedi 10 luglio alla sala stampa della Camera) mi pare una grande idea che deve avere un respiro europeo, Basti pensare alla strage di migranti di Ceuta, quando sono annegati venti migranti senza che nessuna autorità competente ne abbia pagato le conseguenze. A me pare che oggi per superare l’approccio securitario sia necessario togliere la competenza della gestione dei flussi migratori dalle competenze dei ministri degli interni e delle polizie. Quando si parla di una politica europea di migrazioni, sono sempre i ministri degli interni a riunirsi e decidere di non decidere. Io sono a favore di una politica europea, ma non gestita dai ministri degli interni. A quanto capisco le intenzioni di Renzi sono quelle di rafforzare Frontex, forse aumentando la capacità di operare salvataggi in mare ma alla fine per chi viene salvato restano le espulsioni ed i CIE. Credo che una lotta comune tra Spagna, Grecia e Italia possa essere quella della chiusura dei CIE nei nostri rispettivi paesi.
Paolo Cento: Oggi abbiamo avuto una serie di importanti incontri, anche all’assemblea della lista Tsipras. Il punto politico che dobbiamo lanciare nelle nostre rispettive forze politiche è quello di capire assieme come costruire a livello europeo uno spazio comune che metta assieme i Verdi Europei, la GUE ed anche un profilo che riguarda l’organizzaizone sociale, evitando precipitazioni di tipo organizzativo, Esiste la possibilità, tenendo conto il dibattito nei Verdi Europei, gli sviluppi nella Lista Tsipras ed anche la fase delicata che sta attraversando SEL , di immaginare che dall’Europa e non dai livelli nazionali possa venire una proposta di coordinamento politico e non solo scambio di relazioni tra forze diverse? Forze che possono assieme guardare all’AltraEuropa come possibilità di lavoro comune per fermare le politiche di larghe intese?
Ernest Urtasun: Credo che dobbiamo farlo, e che il gruppo dei Verdi Europei ed il GUE possano stimolare questa dinamica. Ne ho già parlato personalmente con Tsipras e con Ska Keller, vicepresidente del gruppo Verdi-ALE al Parlamento Europe. So che avete intenzioni di invitarli ad un dibattito dopo l’estate alla festa internazionale di SEL a Bologna a settembre, e ne ho parlato anche con Barbara Spinelli. Io farà tutto il possibile assieme anche ai deputati di Altra Europa per far si che questo processo possa prendere piede anche in altri paesi. I due gruppi dovranno anche essere capaci a livello europeo di generare non solo una dinamica parlamentare ma anche sociale , Qua la lista Tsipras è un’esperienza importante, che racchiude partiti politici ma anche movimenti, E credo che questa prospettiva di “movimento” debba essere estesa anche a livello europeo.
Loredana De Petris: A prescindere dall’accordo tra PSE e Popolari la gravità della crisi può permettere la creazione di un fronte più ampio contro l’austerity, che faccia leva su un rapporto pià stretto tra Verdi e GUE. Questa legislatura sarà assai più dinamica in tal senso. Secondo te la possibilità di un coordinamento europeo si può aprire anche ad un fronte più ampio ad esempio guardando alle componenti più critiche dei socialisti europei?
Ernest Urtasun: Certo. Noi in Parlamento Europeo lavoreremo a due cose. Ad un coordinamento tra GUE e Verdi e ad un inter gruppo che si chiama “Left Caucus”, che ha già operato nella legislatura precedente ed è un integruppo tra Verdi, GUE e socialisti critici con le grandi intese. Left Caucus si riunirà la prossima settimana a Bruxelles. Sarà l’inizio di un percorso comune.
(a cura di Francesco Martone)

ROMA
ITALIANI, ATTENZIONE AL PRELIEVO FORZOSO SUI CONTI CORRENTI
Oramai è ufficiale, anche il Fondo Monetario Internazionale ha dato il benestare per un prelievo forzoso nei conti correnti dei cittadini per i Paesi dell’area Euro in difficoltà e con la necessità di ripianare parte del debito pubblico. In pratica i tagli sul debito verrebbero pagati dai cittadini, dai Fondi Pensione, dal risparmio gestito e dalle Assicurazioni.
ED I PAESI EUROPEI A RISCHIO SONO DIVERSI: ITALIA IN PRIMIS, PORTOGALLO, GRECIA, CIPRO, SLOVENIA, FRANCIA, SPAGNA….
E’ pronto quindi il progetto di un prelievo di almeno il 10% sui conti correnti con giacenze sopra i 100.000 eur. Per farvi capire meglio, quello che successe a Cipro l’anno scorso seppure con aliquote di prelievo ben superiori. Il Fondo Monetario insite in una “tassa sul debito” generalizzata, per un importo del 10% per ogni famiglia dell’Eurozona, anche su quelle famiglie che dispongono solo di modesti risparmi.
Si parla anche di un prelievo di minore entità ma applicato a tutte le tipologie di conti e per qualsiasi giacenza, soluzione di minore applicabilità dal momento che il Partito Democratico e l’alleanza di sinistra sarebbero più propensi a colpire i risparmi medio-alti; ma sappiamo pure che le decisioni e le misure di questo tipo non vengono decisi dai Governi locali ma vengono spesso imposte da altre entità (BCE (Toronto: BCE-PA.TO – notizie) , Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale, lobby finanziarie)…
Inoltre la data fissata per il fatidico salasso potrebbe più vicina di quel che si pensi, addirittura in autunno 2014 o primavera del prossimo anno.
Non dimentichiamo che in Italia ci fu un precedente simile, infatti nel 1992 l’allora Presidente del Consiglio Giuliano Amato approvò un decreto legge da 30mila miliardi di lire in cui si stabiliva tra le altre cose il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti bancari di tutti i cittadini italiani. La decisione era giustificata da un «interesse di straordinario rilievo» e dalla necessità di risanare «una situazione di drammatica emergenza della finanza pubblica».
E in un weekend, a banche chiuse, senza la possibilità di recarsi agli sportelli a prelevare i propri risparmi, fu applicata agli italiani, indiscriminatamente, una sovrattassa sui c/c.
Ma vediamo di capire meglio la dinamica degli eventi e soprattutto le motivazioni che porteranno a tale nefasta azione nei confronti dei correntisti italiani.
In Italia, l’attuale Presidente del Consiglio, Renzi, come hanno fatto i suoi predecessori nel recente passato, continua ad affermare che il nostro Paese è in fase di ripresa, che la congiuntura negativa cesserà presto e soprattutto che l’Europa e le altre Istituzioni internazionali non detteranno le regole di governance al nostro Governo. Chi ne sa un po’ di economia e che segue i mercati, e chi soprattutto non si beve così facilmente le fregnacce che ci propinano i principali media sa benissimo che tali affermazioni costituiscono solamente proclami di tipo propagandistico, spesso nemmeno supportati dai numeri, e che dietro queste parole c’è parecchio “fumo”.
Nonostante la “ripresina” in atto, stando alle parole dei nostri esponenti politici e di pseudo economisti al loro servizio, credo sia giusto soffermarsi sull’analisi di alcuni indicatori economici che ci dicono tutt’altro:
– il tasso di disoccupazione (ultimo dato Istat di maggio 2014) è salito al tasso record del 12,6% (+0,5% su base annua) mentre i disoccupati tra i giovani, fascia 15-24 anni, sono il 43%, in crescita di 4,2 punti percentuali su base annua;
– le stime sul Prodotto Interno Lordo sono state riviste bruscamente al ribasso, da un +0,7 a un + 0,3% per il 2014. E pensare che il dato ufficiale fornito dal Governo per il 2014 è di un incremento del +0,8%… (speriamo il Ministro Padoan si accinga presto a smentire tali notizie fantasiose e prive di fondamento per raccontare agli italiani come stanno veramente le cose);
altra notevole delusione giunge dagli ultimi dati Istat sulla Produzione industriale, infatti a maggio 2014 l’indice in termini tendenziali è sceso dell’1,8% rispetto al mese precedente e su base annua non ha rispettato le aspettative degli economisti (+0,1%);
i consumi delle famiglie continuano a registrare netti cali (-2,5% nel 2013 rispetto al 2012, dati Istat luglio 2014) a dimostrazione che il trend continua a rimanere negativo; e che dire del debito pubblico?; nonostante l’austerity e la spending review imposte ai cittadini (ma non certo ai politici, ai governanti e alle principali cariche pubbliche e statali), nonostante il continuo incremento del numero delle tasse, nonostante le riforme sempre annunciate ma mai attuate, il debito pubblico continua ad aumentare ed ha raggiunto il livello stratosferico di oltre 2.100 miliardi di euro (132,6% del Pil). Ma il nostro Ministro Padoan, in un discorso al termine della riunione dell’Eurogruppo a Bruxelles, ha affermato che il nostro debito pubblico è assolutamente sostenibile oltre ad essere uno dei più sostenibili tra i Paesi dell’UE. Il problema è capire cosa significa il termine “sostenibile”, forse voleva dire, tra le righe, che il nostro deficit pubblico sarà sostenuto (=ripagato) dai cittadini italiani…
Oltre a questo quadro economico-finanziario del nostro Paese non proprio allettante e non certo in sincronia con le affermazioni ottimistiche dei nostri governanti, il prossimo 20 settembre il Presidente del Consiglio dovrà presentare alle Camere la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF) e reperire 10 miliardi di eur necessari per rendere permanenti gli 80 eur aggiuntivi in busta paga, i 5 miliardi di eur per estendere il bonus degli 80 eur ai pensionati e ad altre categorie sociali meno abbienti, i 5 miliardi di eur per rifinanziare la cassa in deroga e le missioni all’estero, i 4 miliardi di eur richiesti dalla clausola di salvaguardia all’interno della Legge di Stabilità del 2013, per un totale di 24 miliardi di eur.
RENZI HA NATURALMENTE DICHIARATO CHE NON SARANNO NECESSARIE ALTRE FINANZIARIE NÉ TANTOMENO PRELIEVI FORZOSI NEI CONTI DEGLI ITALIANI. DOBBIAMO CREDERGLI..??.
Ma le preoccupazioni maggiori derivano proprio dal fatto che il Fondo Monetario Internazionale recentemente ha affermato che tutti i debiti nazionali dovranno trovare la copertura finanziaria, quasi lo Stato fosse un’azienda invece che rappresentare un’Istituzione finanziaria pubblica; ciò significa che sarà ammessa e legittimata ogni azione e misura, compresi prelievi ed espropri sui conti correnti, nei portafogli finanziari e negli immobili, al fine di ridurre l’enorme debito nazionale.
A dare ulteriore peso a queste dichiarazioni, è intervenuta anche la Bundesbank la quale, oltre ad aver aderito al progetto del Fmi, ha aggiunto che: «nella situazione eccezionale di un imminente fallimento di uno Stato, un prelievo di capitale una tantum potrebbe rivelarsi un taglio più conveniente rispetto a qualsiasi altra opzione», naturalmente nel caso in cui aumenti delle tasse o altre drastiche limitazioni della spesa pubblica non fossero sufficienti a ripianare i debiti.
Queste notizie sono trapelate solo su alcune testate giornalistiche proprio nel periodo dei Mondiali di calcio quando l’opinione pubblica era presa da ben altre faccende… Inoltre, tale tematiche non vengono mai seriamente poste in risalto né mai spiegate alla gente comune perché si ritengono argomentazioni troppo tecniche e di poco conto, a volte anche noiose; ma sono proprio queste notizie e questi avvenimenti che potrebbero cambiare la vita di ognuno di noi, purtroppo in peggio.
Oramai i tempi sono maturi per nuove strette e nuovi sacrifici da parte dei cittadini comuni per salvare gli Stati lasciati sul lastrico dal grande e avvenieristico progetto della moneta unica europea.
Fate attenzione, italiani. Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online

VATICANO
Città del Vaticano.
"Il Segretario di Stato istituzionalmente non governa in maniera autoritaria e autonoma". Lo afferma il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, in risposta alle critiche in merito al suo metodo di governo.
"Ho letto sui giornali le critiche che mi sono state rivolte ed ho avuto l’impressione che a volte certuni più che aspirare a conoscere la verità, preferiscono lo stile del dileggio o del ‘copia-incolla’ di pezzi riportati senza troppo discernimento", afferma Bertone in un’intervista a Zenit. "Un esempio è la costruzione delle notizia del mio appartamento con la falsa metratura di 700 mq, che continua ad essere ripetuta nonostante la smentita, per descrivere la mia persona in maniera distorta ben lontana dalla realtà. Mi rifaccio alle parole usate da Papa Francesco nella prefazione al mio libro: ‘Il metro della vita dei Servitori della Chiesa non è dettato da quel ‘stampare una notizia a grandi lettere, perché la gente pensi che sia indiscutibilmente vera’ (J.L. Borges), anzi è intessuto, pur nei limiti inerenti alla condizione e possibilità di ciascuno, dalla silenziosa e generosa dedizione al bene autentico del Corpo di Cristo e al servizio duraturo della causa dell’uomo’. A proposito del governo – prosegue il porporato salesiano – si noti, innanzitutto, che il Segretario di Stato istituzionalmente non governa in maniera autoritaria e autonoma, ma esegue gli indirizzi e le disposizioni concrete della Suprema Autorità della Chiesa e perciò coadiuva da vicino il Sommo Pontefice nella sua missione. In tutto questo è supportato da validi collaboratori e dagli uffici delle due Sezioni della Segreteria di Stato, competenti nelle varie materie, stabilite dai diversi documenti pontifici. Si deve ricordare che questi documenti pontifici, come per esempio la Costituzione Pastor Bonus precisano che la Segreteria di Stato deve rispettare le diverse competenze e responsabilità dei Dicasteri, come le Congregazioni, i Tribunali, i Consigli, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, la Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, ecc. Il compito della Segreteria di Stato è quello di favorire i rapporti con i diversi dicasteri senza pregiudizio della loro autonomia e di coordinare il loro lavoro".

EUROPA
REGNO UNITO
LONDRA
Inghilterra, sciopero di massa dei lavoratori pubblici contro Cameron di fabio sebastiani
Centinaia di scuole oggi sono rimaste chiuse in Inghilterra e Galles, insieme a diversi musei nelle citta’ di Edimburgo, Nottingham e Leicester. Alcuni aeroporti, come Heathrow, hanno avvertito i passeggeri della possibilita’ di ritardi dovuti allo sciopero del personale addetto al controllo delle dogane. I dipendenti pubblici del Regno Unito hanno incrociato le braccia. E anche se la manifestazione che si è tenuta a Londra e a Brighton ha coinvolto solo qualche decina di migliaia di persone, all’astensione dal lavoro hanno preso parte oltre un milione di persone in tutto il paese. Secondo la Bbc, pompieri, insegnanti, bibliotecari e addetti ai musei hanno organizzato una cinquantina di manifestazioni di protesta contro i tagli del governo di David Cameron, la riforma delle pensioni e i salari, che l’esecutivo ha congelato nel 2010 per poi introdurre nel 2012 un tetto dell’1% agli aumenti di stipendio. Il blocco è previsto almeno fino al 2018. E’ in atto un vero e proprio braccio di ferro tra il premier Cameron e le organizzazioni sindacali dei dipendenti pubblici, contro cui l’esecutivo vuole applicare alcune restrizioni nelle procedure di rappresentanza e , soprattutto, per quanto riguarda il diritto di sciopero. Da quando la destra è al potere in Gran Bretagna i dipendenti pubblici hanno perso più di duemila sterline. Oggi comunque i sindacati sono stati sicuramente all’altezza della situazione, anche senza l’appoggio esplicito del Labour, che ha preferito tenere un basso profilo. E se ne sono accorti anche i mass media che hanno paragonato la protesta attuale a quella, storica, del 1926.

UE
IL PROGRAMMA DI JUNCKER E QUEL VERSO CHE NON CAMBIA
Quattordici pagine per dieci punti programmatici, questo il documento con cui Jean-Claude Juncker ha ottenuto il via libera degli eurodeputati alla sua nomina a Presidente della Commissione europea. Di Agenor
Inutile dire che l’attesa era grande, dopo sei anni di crisi dell’eurozona e di politiche economiche fallimentari che hanno approfondito la recessione e portato la disoccupazione in molti Stati Membri a livelli mai conosciuti da dopo la seconda guerra mondiale. Purtroppo, chi nutriva la speranza che l’Europa potesse "cambiare verso" dovrà aspettare il prossimo giro. Il documento di Juncker è essenzialmente il risultato di un copia e incolla – in alcuni casi letterale – delle ultime Comunicazioni della Commissione europea e Conclusioni del Consiglio Europeo.
“Un nuovo impeto per l’occupazione, la crescita e gli investimenti" così inizia il documento e potrebbe sembrare incoraggiante se non fosse che il paragrafo sottostante smentisce qualunque ambizione. Juncker auspica di "mobilitare" fino a 300 miliardi di euro in 3 anni in investimenti – pubblici e privati – nell’economia reale senza però fornire alcun dettaglio su come questi investimenti dovrebbero essere finanziati, a parte uno sbrigativo riferimento ad un possibile incremento del capitale della Banca europea degli Investimenti (BEI). Il problema è che la BEI fornisce un sostegno finanziario (parziale) a progetti d’investimento attraverso la mediazione di banche nazionali, ciò presume che esistano dei capitali privati pronti ad essere investiti e delle banche nazionali disposte ad assumersi parte del rischio. Potenziare il capitale della BEI significa quindi migliorare le condizioni del credito, dal lato dell’offerta. Purtroppo ciò che manca oggi è la domanda, non l’offerta, perché le attese economiche negative mantengono depressa l’iniziativa privata. Che l’impronta ideologica "offertista" non sia cambiata lo conferma anche il rinnovato appello alla deregolamentazione per "creare un positivo clima imprenditoriale". Questo sarebbe "l’unico modo" secondo Juncker per tornare a crescere. La parola "domanda" non appare neppure una volta, nonostante persino il Fondo Monetario Internazionale abbia recentemente chiesto all’Eurogruppo di fare di più per stimolare la domanda aggregata.
Ma è forse il capitolo sull’Unione monetaria quello in Juncker dimostra quanto la sua agenda sia di retroguardia. Sarebbe bastato ricordare la debolezza intrinseca di un’Unione monetaria priva di un vero prestatore di ultima istanza e di un bilancio federale, citando ciò che la stessa Commissione europea diceva prima dell’introduzione dell’euro. Forse sarebbe stato troppo aspettarsi da Juncker un discorso simile a quello pronunciato dal Commissario all’Occupazione Laszlo Andor qualche settimana fa sull’inevitabile tendenza dell’Unione monetaria incompleta a scaricare sui lavoratori il peso degli aggiustamenti di competitività – in termini di maggiore disoccupazione e riduzione dei salari. Juncker invece, continuando nella migliore tradizione di Barroso e Rehn, pone l’accento sulle mitologiche "riforme strutturali", quel termine nebuloso dietro al quale si nasconde la solita ricetta di precarizzazione del lavoro in ossequio alla teoria per la quale la rigidità dei salari non permette l’agile ed ottimale allocazione delle risorse. Una teoria empiricamente indimostrabile e di conseguenza ottimo appiglio per gli uomini di fede, come Juncker. I lavoratori europei nel frattempo dovranno appigliarsi alla speranza che i prossimi cinque anni passino in fretta.

MEDIO ORIENTE & AFRICA
ISRAELE
ISRAELE IGNORA L’APPELLO DELL’ONU AL CESSATE IL FUOCO. LE VITTIME SALGONO A 121. Lo stillicidio dell’inarrestabile rappresaglia dei raid aerei israeliani al lancio di razzi da Gaza non si arresta. Gli appelli a Israele dell’Onu e di tutti i leader mondiali per il cessate il fuoco sono caduti nel vuoto. I vertici della Stella di David, anzi, hanno dichiarato di voler intensificare l’offensiva e di non voler subire pressioni di nessun tipo. Nel quinto giorno le operazioni israeliane su Gaza hanno causato 120 morti, di cui diverse decine di minori e molte donne. Quasi mille i feriti. di fabrizio salvatori
Nel corso della riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ha sottolineato che "una volta ancora, i civili palestinesi sono stretti tra l’irresponsabilita’ di Hamas e la risposta dura di Israele". Ban ha condannato il lancio di razzi da parte di Hamas e la Jihad Islamica contro Israele, definendo al contempo "intollerabile" "l’uso eccessivo della forza" che "mette in pericolo le vite dei civili". "La preoccupazione primaria" e’ la sicurezza e il benessere dei civili, ha ricordato il segretario generale.
Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, pero’, ha fatto sapere che un cessate il fuoco "non e’ in agenda" e il suo ministro della Difesa, Moshe Yaalon, ha avvertito che i raid proseguiranno: "Continueremo ad attaccare Hamas e le altre organizzazioni terroristiche sistematicamente e finche’ ne varra’ la pena”. Gli Usa, il grande alleato di Israele confermano il "il diritto di Israele a difendersi contro questi attacchi", perche’, "nessun Paese puo’ accettare che razzi siano sparati contro civili". Allo stesso tempo, ha chiarito il portavoce del dipartimento di Stato, Jen Psaki, "nessuno vuole vedere un invasione di terra israeliana di Gaza", e ha auspicato che che "proprio per questo e’ cosi’ importante raggiunge una de-escalation (allentamento della tensione)".
Il bilancio assolutamente provvisorio del conflitto fornito da Ban Ki-moon e’ di 550 razzi e missili dalla Striscia di Gaza contro Israele e 500 raid dello Stato ebraico sull’enclave.
Oltre alle vittime palestinesi, in maggioranza civili, ci sono circa 300 abitazioni distrutte o gravemente danneggiate e più di mille persone sfollate. Questa notte le vittime sono state cinque,a cui si aggiungono altri tre questa mattina. Un raid ha colpito una associazione per handicappati causando due morti a Beit Lahia, mentre un secondo attacco ha fatto tre morti.

ASIA & PACIFICO
AUSTRALIA
Dopo più di 30 ore di sforzi dei soccorritori e diversi tentativi falliti, è stato liberata e ha preso il largo una giovane balena spiaggiata sulla Gold Coast del Queensland, in Australia. I soccorritori sono riusciti stamattina al quinto tentativo a trainare al largo la giovane megattera, età stimata due anni, dopo che più volte si erano spezzati i cavi con cui tentavano di tirarla oltre i frangenti, e il cetaceo tornava sulla sabbia

INDIA
NUOVA DELHI
INDIA, TERRIBILE ORDINE DI CAPI-VILLAGGIO: STUPRARE 14ENNE PER VENDETTA / Una ragazza di 14 anni in India domenica notte è stata trascinata in un bosco e violentata per ordine del consiglio del villaggio nel distretto di Bokaro, nell’est del Paese, per vendicare un’aggressione sessuale di cui si era macchiato il fratello. Lo rendono noto la famiglia e la polizia locale. I due uomini colpevoli dello stupro sono stati arrestati: si tratta del capo villaggio e del marito della donna che sarebbe stata molestata dal fratello della 14enne, anche lui in manette con l’accusa di violenza.
I media locali riferiscono che la madre della ragazza ha tentato di opporsi alla decisione del consiglio. "Abbiamo supplicato con le mani giunte, ma loro non hanno ascoltato. L’hanno trascinata dentro il bosco", ha raccontato la donna alla rete televisiva Cnn-Ibn. In gran parte delle zone rurali dell’India i consigli di villaggio esercitano un grande potere perchè spesso rappresentano l’unico rappresentante di giustizia. Nel mese di gennaio, un consiglio di anziani nello stato del Bengala occidentale aveva ordinato lo stupro di gruppo di una donna di 20 anni, colpevole di essersi innamorata di un uomo di un’altra comunità.

NEW DELHI
Roy, Gandhi accettava sistema caste / La scrittrice apre una polemica contro ‘apostolo’ non violenza
La scrittrice e pacifista indiana Arundhati Roy ha accusato il Mahatma Gandhi, padre della nazione indiana, di accettare il sistema discriminatorio delle caste e ha chiesto di cambiare il nome alle istituzioni a lui dedicate. "Su Gandhi ci hanno raccontato un sacco di bugie – ha detto in una conferenza in Kerala – se si pensa che la sua dottrina della non violenza era basata sull’accettazione di una delle più brutali forme di gerarchia sociale, le caste

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
CUBA
Un gruppo di esiliati cubani anti-castristi a bordo di tre imbarcazioni sono partiti dalla Florida e hanno navigato fino a Cuba, fermandosi davanti all’ Avana, in acque internazionali, per ricordare il 20/mo anniversario del naufragio di una barca carica di persone in fuga dal regime comunista. Da lì hanno sparato fuochi d’artificio anche per protestare contro la visita di due giorni fa del presidente russo Vladimir Putin nell’isola e contro i suoi incontri con i fratelli Castro.

ARGENTINA
BUENOS AIRES
Russia e Argentina hanno firmato un documento di partnership "strategica" durante un incontro a Buenos Aires tra Vladimir Putin e Cristina Kirchner. A margine della firma, Putin ha notato che Mosca considera l’Argentina come uno dei "soci principali in America Latina". Il tour di Putin nel continente prosegue oggi in Brasile. Già visitate Cuba e Nicaragua, dove si discute dell’interesse russo-cinese a un canale che potrebbe far concorrenza a quello di Panama e al predominio Usa.

URUGUAY.
Pepe Mujica Il presidente impossibile di Nadia Angelucci e Gianni Tarquini con Vittorio Bonanni, giornalista. Intervista gli autori Giacomo Russo Spena, giornalista. Partecipano gli autori
“Il presidente impossibile” è forse il titolo più giusto che questa piccola e coraggiosa casa editrice, la Nova Delphi, poteva dare alla storia del presidente uruguaiano “Pepe Mujica, da guerrigliero a Capo dello Stato”. Il volume (pp. 199, euro 12,50), realizzato dalla giornalista Nadia Angelucci e dallo scrittore Gianni Tarquini con la prefazione di Erri De Luca, è dedicato ad uno dei politici appunto più “impossibili” e straordinari della storia attuale e forse della storia recente “tout court”. Un’affermazione ancor più plausibile se consideriamo le caratteristiche dell’epoca che stiamo vivendo, non esattamente connotata, almeno da parte di chi governa, per una grande attenzione nei confronti dei più poveri, delle classi subalterne o, per farla breve, di chi subisce i diktat del Fondo monetario internazionale, della Bce o della finanza, con poche possibilità di reagire adeguatamente.
In America latina, da decenni punto di riferimento per la sinistra occidentale, la reazione c’è stata a differenza di quanto successo nel Vecchio continente. E Pepe, come lo hanno sempre chiamato i suoi amici e compagni di lotta, è certamente il simbolo di come un uomo politico di sinistra può, e aggiungiamo, dovrebbe vivere se vuole essere credibile agli occhi di chi deve rappresentare. Nato il 20 maggio del 1935 in un Paese come l’Uruguay, allora in pieno sviluppo e molto vicino ai valori migliori che provenivano dalla lontana Europa, José Alberto Mujica Cordano, come dice De Luca nella presentazione, “è il compagno che ognuno avrebbe voluto a fianco e che molti hanno conosciuto sotto diversi nomi”.
Esponente di spicco del movimento guerrigliero Tupamaros, Mujica già tra il 1969 e il 1971 venne arrestato per le proprie azioni rivoluzionarie. Dopo un’evasione tornò nel 1973 definitivamente in carcere nello stesso anno del colpo di stato militare, che trasformò quello che era un Paese democratico ed avanzato in una prigione. Da lì uscì solo a democrazia ritornata nel 1985. Nel 2010 divenne presidente della repubblica in qualità di candidato del raggruppamento della sinistra uruguaiana Frente Amplio. Mandato che scade il 26 ottobre di quest’anno e il cui posto, ci auguriamo, verrà preso da un altro grande protagonista della sinistra locale, Tabaré Vàzquez, già Presidente della Repubblica dal 2005 al 2010.
Questi anni vissuti da Capo dello Stato li ha trascorsi dimostrando come un uomo che arriva ai vertici di un Paese possa continuare a vivere nella semplicità, rinunciando a gran parte del proprio stipendio devoluto in attività umanitarie, e sfidando non solo l’immagine di qualche leader della sinistra continentale o le scelte, per esempio, del governo brasiliano che ha sperperato tanto denaro per i Mondiali. Ma anche e soprattutto la sinistra europea, ed italiana in particolare, per come si è trasformata nel corso dei decenni in qualche cosa di assolutamente distante nello stile di vita dalle propria gente di riferimento, pensiamo al recente “pentimento” di Bertinotti per aver troppo frequentato feste decadenti che ricordano “La grande bellezza” di Sorrentino, e da quei valori che avrebbero dovuto permeare appunto le politiche di sinistra anche dei grandi partiti socialisti, divenuti invece succubi delle politiche neoliberiste e in casa nostra del deteriore modello berlusconiano sintetizzabile nel concetto dell’uomo solo al comando, ora ben rappresentato da Matteo Renzi.
Il lavoro di Angelucci e Tarquini è di straordinaria efficacia nella misura in cui ripercorre con grande dovizia di particolari la storia recente dell’Uruguay, dagli anni ’30, decade di nascita di Mujica, fino ai giorni nostri. E si conclude con una bella intervista a Lucia Topolansky, compagna di vita del Presidente ed attuale senatrice della Repubblica. Dove, a proposito di uomini, o donne, soli al comando e dunque sulla possibilità che delle individualità possano cambiare le cose si pronuncia in modo netto: “E’ impossibile che un pensiero di portata planetaria si crei a partire da una sola individualità. E’ necessario invece che la nostra parte del pianeta elabori collettivamente una riflessione e un pensiero e possa condividere la propria esperienza a livello globale”. Torna dunque l’insegnamento del Novecento, secolo pieno di tragedie ma anche di tanti avanzamenti civili, e non a caso evocato proprio da Erri De Luca nel libro. Forse riprendere le cose migliori di quei cento anni non sarebbe male. E questo deve averlo pensato Mujica nella scelta politica e di vita che ha fatto.
Pepe Mujica. Il presidente impossibile di Nadia Angelucci e Gianni Tarquini (Autore: Vittorio Bonanni)

AMERICA SETTENTRIONALE
USA
CALIFORNIA
DAI POZZI DI GREGGIO ARRIVA UN’ALTRA PREZIOSA RISORSA / dai pozzi di greggio arriva un altra preziosa risorsa. Criticata per il suo uso intensivo di sorgenti acquifere durante il processo estrattivo noto come fracking, il settore petrolifero americano sta concentrando i suoi sforzi sulla conservazione e il riciclo dell’acqua. O, nel caso della California, per incrementare le fonti disponibili per l’irrigazione. Lo riporta il New York Times.
Mentre la siccità incalza in Texas e California, rispettivamente il primo e il secondo Stato per produzione di greggio, il comparto ha cercato di fare passi avanti per minimizzare il consumo della preziosa risorsa. Alcune aziende stanno riciclando l’acqua prodotta durante il fracking (un processo di frantumazione idraulica del suolo), mentre altre procedono col cracking usando acque salmastre o persino senz’acqua.
Ma la vera novità è che molti pozzi sono diventati un’importante fonte di approvvigionamento di acqua per l’agricoltura. Come quelli della zona di Kern River, in California, che per ogni barile di petrolio ne producono dieci di acqua, che viene pompata fuori dalla stessa roccia sotterranea che contiene il greggio. Una volta che le due sostanze vengono separate, l’acqua viene purificata (è un processo molto costoso) e rivenduta esclusivamente ai proprietari terrieri che la usando per coltivare una varietà di prodotti: dagli agrumi ai pistacchi passando per mandorle e grano. Chevron, che controlla i campi petroliferi di Kern River, fornisce da sola il 50% dei rifornimenti d’acqua del Cawelo Water District, che serve un’area di circa 11.000 chilometri quadrati.
Eppure molti critici e ambientalisti sono diffidenti. "È quasi impossibile ottenere informazioni da loro" (gli operatori del settore petrolifero), ha detto al Times Adam Scow, del gruppo Food and Water Watch, secondo cui non è chiaro quanta acqua sia utilizzata dalle compagnie del greggio ogni anno per il proprio business

GUANTANAMO
GUANTANAMO, UN INFERMIERE SI RIFIUTA DI APPLICARE L’ALIMENTAZIONE FORZATA
Un infermiere della Marina Usa in servizio nella Base Usa di Guantanamo, a Cuba, si e’ rifiutato di continuare la pratica dell’alimentazione forzata dei detenuti che da 18 mesi sono in sciopero della fame nel supercarcere americano. E’ la prima ribellione – resa nota – contro la politica che prevede la nutrizione forzata dei prigionieri di Guantanamo che rifiutano di mangiare per protestare contro la detenzione senza processo.
"Non posso forzare cosi’ un individuo", spiega l’infermiere, la cui identità non e’ stata resa nota. A riportare la notizia, afferma la Cnn, e’ Cori Crider, avvocato di un prigioniero di nome Abu Wa’el Dhiab, che le ha raccontato l’accaduto durante una conversazione telefonica.
I detenuti in sciopero della fame vengono nutriti con un tubo infilato nel naso che porta liquido e medicine direttamente nello stomaco.
"Questo infermiere ha mostrato un incredibile coraggio – ha detto Crider – Riconoscere che l’alimentazione forzata e’ un azione sbagliata e’ una posizione storica". Il campo di prigionia è stato creato dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 da George W. Bush, ma da anni vi sono rinchiusi molti presunti terroristi che non sono mai stati accusati formalmente di alcun reato.

NEW YORK
Il colosso del tabacco americano Reynolds dovra’ pagare a Cynthia Robinson danni per ben 23,6 miliardi di dollari. Lo ha deciso una giuria della Florida che si e’ pronunciata sull’azione legale della vedova di un fumatore. ”La giuria ha voluto inviare un messaggio chiaro all’industria del tabacco sul fatto che non si puo’ continuare a mentire agli americani e al governo ”, afferma il legale di Robinson, che ha fatto causa a Reynolds nel 2008. L’azienda ha annunciato appello.

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, La Presse, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e Le Monde)

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