11242 FEDI (PD): ANCORA SULLE RIFORME E SUI RAPPORTI POLITICI PER FARLE VERAMENTE

20140718 11:11:00 redazione-IT

Rino Giuliani, nel suo commento sulla riforma del Senato, che ha preso spunto da alcune considerazioni da me pubblicate, giustamente richiama tutti al senso di responsabilità che il momento richiede. Ha ragione. Purché il senso di responsabilità valga per tutti. A partire dal rispetto delle posizioni degli altri.
Non sono un costituzionalista, non entro quindi nel merito delle valutazioni di costituzionalità, ma nella sostanza politica della riforma.
Allora, mi sia consentita una prima considerazione politica: l’esigenza di modificare il testo della carta costituzionale non nasce oggi, tutti concordano sul superamento del bicameralismo perfetto.

Le riforme costituzionali servono a noi e non ad altri, non è una richiesta dell’Europa ma ci servono in Europa. Infine, il percorso per le riforme deve garantire dibattito e confronto ma poi ciascuno deve assumersi la responsabilità politica che il momento richiede.

Una seconda considerazione politica: siamo dove eravamo quando si è interrotta l’esperienza del Governo Letta. Con la differenza che Matteo Renzi, ha esplicitamente legato il suo ruolo di candidato alle primarie, di Presidente del Consiglio, di vincitore delle elezioni per il Parlamento europeo, di Segretario del partito di riferimento dei maggiori gruppi parlamentari a un impegno per le riforme.

Ha fatto una proposta sulla quale si è aperto un confronto. Si è arrivati a fissare i punti fermi della riforma e le variabili, cioè gli aspetti che si possono modificare.
Questo primo passo è stato anticipato da due passaggi, uno andato a vuoto – l’incontro con Grillo -, l’altro – con Berlusconi – ha prodotto un impegno trasversale che ha legato legge elettorale e riforma costituzionale.

Il dovere di confronto con le opposizioni per la riforma della carta costituzionale o per la legge elettorale è sempre presente. Ma deve essere esercitato con buon senso: occorre avere un interlocutore disponibile a fare le riforme.

Rispondo quindi anche all’obiezione sul governo con la destra e le riforme con Forza Italia: la prima condizione, ereditata dal risultato elettorale, continuerà fino a quando sarà necessario nelle condizioni date, non un minuto dopo le prossime elezioni politiche. A patto che la legge elettorale che approveremo, dopo alcune indispensabili modifiche, assicuri stabilità e governabilità. Quindi una maggioranza solida, possibilmente senza troppi cespugli. E dico “cespugli” senza irriverenza, ma per sottolineare il disperato bisogno di stabilità che l’Italia da tempo manifesta.

L’altra alleanza, con la destra che era ed è all’opposizione, vale solo per la riforma costituzionale e per quella elettorale. E non si tratta di un “inciucio”, ma di una buona pratica istituzionale. Ricordo di aver criticato l’incontro tra Renzi e Berlusconi per il metodo: avrei preferito che fosse stato fatto dai gruppi parlamentari piuttosto che dai leader. Ma non possiamo far finta che la mediazione sia opportuna, come dice lo stesso Giuliani, purché la leadership non ne sia contaminata. Sarebbe un’ipocrisia.

Del resto il provvedimento è cambiato molto, nei compiti e nella composizione del Senato, proprio in virtù della mediazione politica. Quindi la mediazione politica vi è già stata. Evidentemente non da parte mia. Io discuto, al pari di altri, e decido in proporzione al mio ruolo.

In fase di avvio del percorso di riforma, in una mia newsletter, tracciai i contenuti delle posizioni nate nel PD: la proposta del Governo e quella che ha come prima firma Chiti. Ricordo di aver criticato l’assenza dei deputati eletti all’estero, non per il fatto di non averli, ma per il pasticcio che ne sarebbe derivato: da un lato il voto per 6 senatori eletti in una circoscrizione Estero valida solo per il Senato, dall’altro nessun voto per la Camera o il voto per le circoscrizioni italiane.

Da quel giorno il PD ha discusso sulla riforma tante volte ed ha assunto delle decisioni. Non siamo andati nella direzione di una riduzione di Camera e Senato, non siamo andati in direzione dell’abolizione del Senato, ma in quella di un Senato nominato, che assume la funzione di Camera delle autonomie territoriali.

Diciamo la verità: in questi anni il Senato ha fatto tutto fuorché vera azione di controllo, è stata la seconda Camera compensativa, quella in cui ti ricordi di fare qualcosa che avresti potuto fare alla Camera, o viceversa, e non la fai per lasciare qualcosa anche all’altra Camera. Oggi, finalmente senza il viceversa, quelle cose potresti farle solo alla Camera se il Senato ti fornisse studi e analisi preventive provenienti dai territori. Oltre a dare una risposta al tema del bicameralismo perfetto, si ridurrebbero i costi e si darebbe voce ai territori.

 

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