11241 Giuliani (F.Santi): democrazia e libertà di opinione richiedono coraggio

20140716 20:03:00 redazione-IT

[b]Modifiche del Senato: l’esercizio della democrazia e della libertà di opinione richiede coraggio e assunzione di responsabilità.*[/b]
L’on Marco Fedi ieri, con una dichiarazione stampa, ha fatto un endorcement alla proposta di modifica costituzionale in discussione al Senato, una delle riforme “per le quali ci siamo impegnati, per la nostra affidabilità in Europa”. (Vedi: [url]http://emigrazione-notizie.org/news.asp?id=11235[/url].
Non pochi in essa hanno riscontrato vizi d’incostituzionalità.
I segnali lanciati non riguardano, tuttavia, il complesso merito della materia. Ci si preoccupa: “Le forze politiche in anni di discussioni e diatribe di modifiche hanno sempre e solo parlato, senza mai riuscire a farle, “arrestare il percorso per le riforme aprirebbe la strada ad una crisi di Governo i cui esiti sarebbero scontati”.

Si aggiunge: fare in fretta, senza perdere tempo.
L’affermazione di Marco, vera o presunta, secondo la quale “ si sta verificando una convergenza tra impegno per le riforme e consenso elettorale” non comporta automaticamente un rapporto di causa ad effetto fra il 34% dei voti espressi, dati al PD, e questo specifico testo di legge di riforma del Senato i cui contenuti sono stati scritti riscritti più volte dopo le elezioni. Inoltre la possibilità in tutto o in parte di distinguersi su una proposta è o non è ancora un legittimo esercizio del diritto dei parlamentari ad agire senza vincolo di mandato?
Si dice, a torto o a ragione, che si vuole un Senato non elettivo la cui funzione sia di collegamento con le autonomie locali?
Si riconosca allora anche che molti e diversi sono i modi nei quali lo stesso può essere concretamente definito. “Prendere o lasciare” non è un segnale di democrazia parlamentare. L’esercizio della democrazia e della libertà di opinione richiede coraggio e assunzione di responsabilità.
“Non perdere tempo” e “risparmiare sui costi della politica” sono sottolineati come prioritari.
A fronte dell’approvazione di una legge messa al riparo dai rischi d’incostituzionalità e quindi meno soggetta ai rischi di inutilità non sarebbe primaria la ricerca di una intesa anziché la forzatura maggioritaria di coalizione in omaggio alla, peraltro incerta, road mape del presidente del Consiglio?
Ilvo Diamanti giorni or sono ha già fatto una critica efficace alla politica vissuta esclusivamente nel presente ed ha messo in guardia il presidente del Consiglio dai rischi che corre nel permanere dentro tale logica.
Quello che appare forma spesso è anche sostanza: nella dichiarazione di Marco si parla di “partiti piccoli”, di “partiti cespuglio”.
I partiti minori presentano osservazioni al testo di riforma del Senato che vengono lette come l’effetto di uno stato di “allarme suscitato nei partiti minori”. Insomma parlerebbero per loro interesse e non per il bene del paese.
Ma i partiti non grandi sono o non sono legittimati , come gli altri più grandi, ad esercitare gli stessi doveri ed a rivendicare gli stessi diritti almeno fino a quando una legge dei grandi partiti non li faccia definitivamente scomparire?
Sottolinea ancora Marco “tra il rischio di inutilità politica che scuote i partiti-cespuglio, il rischio di inutilità parlamentare il rischio inutilità elettorale delle opposizioni in generale e il rischio di inutilità del percorso fino ad oggi fatto con la legge elettorale e con le riforme costituzionali, il rischio di gran lunga peggiore è fermarsi nuovamente”.
La proposta di riduzione del numero dei parlamentari della prossima Camera dei deputati, che sarebbe coerente con la logica del risparmio di spesa che anche Fedi sostiene, viene respinta in quanto rientrerebbe nella logica del bicameralismo imperfetto.
Un Marco Fedi, inedito nelle vesti del decisionista, ammonisce “ il Partito Democratico non deve cadere nella tentazione di mediare, secondo una vecchia abitudine italiana, ma deve rilanciare”.
A me sembra, invece, che il PD abbia il dovere di mediare e di trovare in parlamento una soluzione la più estesamente condivisa. Deve mediare a partire dalle diversità dei punti di vista presenti dentro il partito e dentro i gruppi parlamentari anziché affermare di voler la legittimità a fare , a fare in fretta, a “rilanciare” nel nome del numero di persone (iscritti e non , elettori e non) che si sono recate ai gazebo delle primarie e che hanno chiesto, votando PD, crescita e riforme democratiche.
Resta irrisolto un nodo, che Marco non cita e che è rappresentato da un partito, il PD, che vede il capo del governo in coalizione con una parte della destra e in l’accordo sulle riforme costituzionali con l’intera destra, contemporaneamente intervenire in quanto segretario del partito di maggioranza relativa.
E’ comprensibile che le mediazioni di vertice fatte in area di governo e di governabilità possano non convincere tutti dentro un partito che dovrebbe avere un’autonomia di giudizio anche rispetto ai governi dei quali esprime il presidente del Consiglio dei ministri.
Quando Craxi divenne presidente del Consiglio il suo primo collaboratore Gennaro Acquaviva affermò che ” il partito si era trasferito a Palazzo Chigi”. Mi pare che (con i distinguo di tempo e con le differenze evidenti fra i due presidenti del Consiglio) la storia si stia ripetendo. Allora un partito, nel quale si discuteva, vivo e vivace si fece sentire. Moltissimi pur apprezzando le esigenze di governabilità ricordarono a Craxi, pur con parziale successo, che partito e governo non potevano coincidere.

* Rino Giuliani vicepresidente dell’Istituto Fernando Santi
(Fonte: santi news)

 

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