11240 MICHELONI (PD): “Rifome istituzionali, senza emendamenti non voto questa legge”

20140716 18:49:00 redazione-IT

Un senatore “eretico” e “non ricattabile”. Così Claudio Micheloni (Pd) ha definito se stesso ieri pomeriggio nel suo intervento nell’Aula del Senato – molto applaudito dai 5 Stelle – durante la discussione generale sul ddl costituzionale in cui ha anticipato che, se non verranno accolti alcuni importanti emendamenti, lui non voterà il testo licenziato dalla I Commissione.

“Emozionato” come nel suo primo intervento 8 anni fa, per via dell’importanza del tema all’esame di Palazzo Madama, Micheloni ha osservato che, vista la rilevanza delle riforme in questione e della loro valenza per il Paese, il dibattito dovrebbe essere lontano dalle “tifoserie”. Insomma, più che guardare ai colori politici di chi interviene, si dovrebbe prestare attenzione a “cosa” si dice: “ciò vale per tutti – ha osservato – perché, se in questo dibattito non siamo capaci di ascoltare e di mostrare un po’ di onestà intellettuale, credo che non avremmo davvero dovuto mettere mano alla Costituzione”.

“Leggo il titolo del provvedimento in esame: “Disegno di legge costituzionale. Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario,” – e sono d’accordo – “la riduzione del numero dei parlamentari,” – e sono d’accordo – “il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”. Sono d’accordo anche su questo; eppure – ha confermato – faccio parte degli eretici che non si riconoscono nel testo licenziato dalla Commissione. Quindi, qualcuno non la racconta giusta o tutta. Preannuncio in apertura che non esprimerò un voto favorevole sul disegno di legge approvato in Commissione”.
“Ho presentato emendamenti con altri colleghi: se alcuni di queste proposte emendative, che io considero fondamentali, verranno approvate, potrò cambiare posizione; altrimenti – ha ribadito – non esprimerò un voto favorevole neanche nella votazione finale”.
“Ho sentito parlare di ricatti, ma a me nessuno mi ha ricattato ed io – ha sottolineato Micheloni – non sono ricattabile. Esprimo la mia opinione da senatore della Repubblica. Ho sentito, però, anche troppi luoghi comuni in questa discussione generale e vorrei riprenderne alcuni: l’Unione europea ci chiede di fare riforme. Come noto, io sono del collegio estero e vivo in Europa. Incontro molto spesso colleghi parlamentari di altri Stati europei, così come incontro molto spesso ambasciatori di questi Paesi. Da qualche mese devo tentare di rispondere ad una domanda alla quale non sono stato capace di fornire una risposta: cosa state facendo con il Senato? Nessuno ci chiede riforme del nostro impianto democratico”.
“In Europa – ha ribadito – non ho trovato un politico che l’abbia detto. La campagna elettorale per le elezioni europee non l’ho fatta in Italia, ma per il Partito socialista europeo in Europa: in Belgio, in Francia e in Germania. E la domanda che mi veniva rivolta era sempre la seguente: ma cosa state facendo? Se tutto ciò non ce lo chiede nessuno, vorrei comunque ricordare che qualcuno ha chiesto una cosa preoccupante. Nel 2013 JP Morgan rilevava una piccola cosa. JP Morgan, che conosciamo bene perché è all’origine di questa nostra crisi economica, non si è limitata a criticare le Costituzioni antifasciste europee, ma anche – cito le parole testuali – “il diritto di protestare quando vengono apportati dei cambiamenti allo status quo”. Questo è inammissibile per queste persone, e sono loro che ci chiedono di cambiare le istituzioni. Non mi risulta che JP Morgan sia un’istituzione democratica”.
E ancora: “altri luoghi comuni: siamo l’unico Paese al mondo con un sistema bicamerale perfetto. Il collega Panizza delle Autonomie, se non ricordo male, è di un territorio che confina con la Svizzera. Ebbene, la Svizzera – ha ricordato il senatore che lì vive – ha un sistema bicamerale perfetto. La Svizzera è un piccolo Paese con otto milioni di abitanti, ma quando si fa una legge per un Paese di otto milioni di abitanti o per un Paese di 60 milioni più o meno il lavoro è lo stesso. Non mi risulta che la Svizzera sia un Paese paralizzato, in dissesto democratico, che non funzioni o che sia in una profonda crisi economica”.
Quanto alla Francia, “i nostri colleghi parlamentari hanno spesso il titolo di député maire e sénateur maire di varie cariche, ma non potranno più averlo dalle prossime elezioni. Questa legge l’hanno già fatta, e in Francia sarà vietato dalle prossime elezioni il cumulo delle cariche. In Francia è in corso un dibattito per superare il Senato di elezione di secondo grado. Questa è la realtà dei fatti, non quella dei luoghi comuni che ci raccontiamo”.
Quindi, la Germania: “prendiamo l’esempio del Bundesrat in Germania. La Germania ha un’altra storia rispetto alla nostra. Lì parliamo di Governi dei Länder che – voglio esagerare, ma tra tutte le esagerazioni che ho sentito, me ne sarà concessa una – sono quasi degli Stati indipendenti che hanno deciso di stare insieme. E sono i Governi di questi Stati che fanno il Bundesrat. Ma in Germania, se parlate con i parlamentari tedeschi o con i governatori dei Länder tedeschi, vi spiegheranno che il 60-70 per cento delle leggi ogni anno sono fatte in bicameralismo perfetto”.
Andando oltreoceano, Micheloni ha parlato degli Usa, sostenendo che “quello degli Stati Uniti è l’esempio più vicino che il Governo ha messo sul tavolo, molto vicino a un sistema del Senato che gli stessi Stati Uniti hanno superato nel 1913, ossia 101 anni fa, perché stavano per ricadere in una seconda guerra civile. Il sistema non funziona, e non perché sono cattivi, ma perché si fanno mestieri diversi: un conto è essere Presidente di una Regione e un conto è essere senatore di una Regione. In Svizzera hanno due senatori per cantone. La Costituzione permette a questi cantoni, se lo vogliono, che uno dei due senatori possa anche essere membro del Governo cantonale. Sono però decenni che in Svizzera questa norma non la utilizza più nessuno. Questo perché sono mestieri diversi. Ciò vale soprattutto per un Paese come il nostro che ha un problema di fondo, che è l’assenza totale del senso di appartenenza ad una comunità nazionale”.
“Questo – ha sottolineato con forza il senatore Pd – è il nostro vero problema di fondo: noi non siamo capaci di vivere insieme perché non abbiamo il senso di appartenenza a una comunità. Noi vogliamo mettere in Senato i rappresentanti di interessi legittimi, ma che sono quelli di governo del territorio. Tutti gli Stati federali hanno un sistema bicamerale, perfetto o imperfetto, altrimenti non funzionano (ho dimenticato di citare l’Australia come esempio: andate a chiedere se il Senato australiano non ha il potere di bloccare il Governo qualora il Governo vada fuori strada) e il Senato serve a garantire la coesione nazionale. Voglio fare un esempio: se Roberto Calderoli è Presidente della mia Regione e io sono un senatore della sua Regione, se lui viene da me e mi chiede di portare a casa 100 dal Senato, io verrò in Senato e porterò a casa quello che posso perché il mio lavoro sarà trovare la quadra dell’interesse della coesione nazionale, quindi andrò da Roberto e gli dirò che ho portato a casa 50: mi prenderò una sgridata però questo è il valore, il costo della coesione nazionale”.
“Ci viene detto che questa è la prima lettura. Sarà pure la prima (lo è tecnicamente) ma io ho il timore che sia la quarta lettura quella che stiamo facendo, perché, anche in base al nostro Regolamento, quando il provvedimento tornerà qui per la nostra seconda lettura potremo intervenire solo su eventuali modifiche apportate dalla Camera perché su altri punti non potremo più farlo. Ebbene, – ha sostenuto Micheloni – dubito che alla Camera ci saranno modifiche, al di là di quello che ci dicono gli esperti (gli stessi relatori parlano di problemi da correggere). Perché ho questi dubbi? Perché l’azionista principale di questo accordo – lo dicono a chi vuol sentirli – dice di voler portare a casa l’Italicum; dall’altra parte, l’altro azionista principale dice che l’Italicum lo cambieremo. Scusate, io non sono costituzionalista e non ho mai capito un granché di politica, ma mi sembra difficile che queste due cose stiano insieme. Allora, qual è il prezzo? È l’Italicum (e dunque per l’Italicum una parte voterà qualsiasi tipo di riforma costituzionale) oppure si modifica l’Italicum e non voteranno più le riforme costituzionali? Chi è che non vuole portare a casa il risultato? Chi propone alcuni emendamenti che mirano a mantenere in vita un Senato, a ridurlo a 100 membri, a ridurre solo il numero dei deputati ma a mantenere un Senato che garantisca la coesione nazionale e che soprattutto dia la parola al cittadino?”.
“Dalla lettura del testo della Commissione vi do due fotografie: la prima – ha detto Micheloni – è la risposta che si dà all’antipolitica, alla distanza tra la rappresentanza e il cittadino. Direi, bella risposta che diamo con l’Italicum: una legge con liste bloccate (ha ragione il senatore Calderoli quando dice che ce la prendiamo ancora con lui mentre stiamo rifacendo la stessa cosa). Dunque, lì c’è il potere di un segretario di partito che deciderà chi andrà alla Camera dei deputati mentre, per quanto riguarda il Senato, diciamo ai cittadini che una volta che hanno eletto il loro sindaco e il loro consigliere regionale il loro compito è finito: ci pensiamo noi. Mi sembra che la casta, che ha avuto le mura principali del suo castello demolite, sono cadute, si è rinchiusa nella torre del castello: questa è l’immagine che vedo da questo disegno; mi si può raccontare ciò che si vuole. Questa è la realtà dei fatti: Stiamo dicendo ai cittadini: “votate per tre cose e per il resto ci pensiamo noi”. L’altra immagine, mi dispiace e mi fa male dirlo – ha proseguito – è che il risultato di questo piano non è che il concetto di un uomo solo al comando. Mi dispiace, ma non c’è un’altra lettura possibile. Allora vorrei dire ai miei amici del mio Gruppo che quando si fa una riforma della Costituzione e delle istituzioni la si deve fare pensando che alle prossime elezioni perdiamo. Bisogna elaborare un sistema che garantisca come opposizione il funzionamento delle mie istituzioni, non come maggioranza”.
“Le maggioranze vanno e vengono ed è bene che sia così perché nessuno ha la verità in tasca; neanche io. Esprimo però qui il mio pensiero come senatore della Repubblica italiana e membro del Partito Democratico che non voterà questa riforma – ha concluso – se non saranno approvati alcuni emendamenti”.

 

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