11213 25.NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 21 giugno 2014

20140621 18:08:00 red-emi

ITALIA – ROMA / Bimbo Down rifiutato al centro o estivo, il padre lancia una campagna su Facebook / Roma . Marx? Non era un opinion maker…/ Machiavelli e il Principe senza popolo – L’Ue era partita con il favore e il sostegno dei popoli. Ora rischia di essere un Principe senza il sostegno del popolo e sotto il dominio delle lobbies / I modesti effetti degli 80 euro in busta paga /
EUROPA – Le conseguenze economiche di Mario Draghi
AFRICA & MEDIO ORIENTE – Il piano Prawler, edizione speciale per la Cisgiordania /
ASIA & PACIFICO – India / scene di lotta di classe in india raccontate dall’associated press che non ci sembra siano state riprese da nessun quotidiano nazionale in Italia.
AMERICA CENTROMERIDIONALE – VENEZUELA –SPAGNA Podemos? Grazie a Hugo Chavez Il quotidiano El Pais attacca la quarta forza politica laureata dalle elezioni europee
AMERICA SETTENTRIONALE – USA /ARGENTINA È scontro sul rimborso ai fondi avvoltoi dopo la sentenza di New.

ITALIA
ROMA
BIMBO DOWN RIFIUTATO AL CENTRO ESTIVO, IL PADRE LANCIA UNA CAMPAGNA SU FACEBOOK
“HO LANCIATO UN INIZIATIVA: PUBBLICHIAMO LE FOTO DEI NOSTRI BAMBINI, VISTO CHE QUALCUNO ANCORA CREDE CHE POSSONO ESSERE PERICOLOSI".
L’iniziativa è lanciata su Facebook da Andrea Mantovani, papà di Danilo, un bambino con sindrome di Down che l’altro giorno è stato rifiutato dal gestore di un campus estivo a Roma, il centro estivo Ottavia in via delle Canossiane rivolto a bambini da 4 a 13 anni.
Andrea e sua moglie qualche giorno fa hanno portato Danilo al centro estivo, “il cui responsabile è un professore delle medie di zona”, dopo aver avvisato che il bambino ha la sindrome di Down. “Avevamo parlato dicendo che Dany è gestibile, certo ci vuole un po’ di impegno in più. Ma anche l’anno scorso lo abbiamo portato ad un centro dove ci fecero i complimenti per il suo comportamento. Certo dava un po’ da fare ma non più di altri .. insomma dopo la premessa questa mattina lo abbiamo portato, lui iper felice…lì c’era la piscina, il campetto, pallone e minibasket. Sono andato a prenderlo alle 16,30 e ho visto molti bambini, ma solo una ragazza e un assistente e il titolare, un certo Ivano, mi dicono che mi voleva parlare. Beh, ha detto che era molto dispiaciuto, ma Danilo non poteva frequentare, era difficile da gestire e lui non aveva personale da dedicargli”. A quel punto “con un cuore minuscolo” Andrea ha provato a dire che, se eventualmente avevano un tutor da dedicargli, “lo avrei pagato a parte, oppure se potevo metterlo io: la risposta è stata ‘no’: “Sai, poi non vorrei che crei problemi agli altri bambini che, tornati a casa, si lamentino di Danilo… e magari i genitori portino via i loro figli dal centro”.
Sulla rete a cui Andrea ha affidato il racconto della vicenda si susseguono gli attestati di vicinanza a Danilo e alla sua famiglia e di condanna per il comportamento dello staff del centro estivo romano. Diversi esprimono indignazione e tristezza, e scrivono che “qualora la notizia fosse fondata speriamo di cuore che gli amministratori del municipio in ascolto intervengano immediatamente e con urgenza sul centro estivo Ottavia di via delle Canossiane”. Sirio Leoncini è il coordinatore della scuola di nuoto società polisportiva Delta e si scaglia contro l’incompetenza e l’improvvisazione di operatori estivi che non sanno stare con i bambini: “Il sapere e la competenza non sono da tutti, spesso ci improvvisiamo in mestieri… Quello di insegnanti in discipline sportive e non è un mestiere delicato e poliedrico e capace di adattarsi ad ogni circostanza e integrare situazioni non sempre uguali. Per questo, da padre e insegnante prego gentilmente questi millantatori di farsi da parte e lasciare lavorare le persone qualificate. Non è accettabile – continua Leoncini – rifiutare un bambino per nessuna ragione al mondo. Non è un bambino Down a creare problemi agli altri ragazzi ma la disorganizzazione e l’incompetenza. Forse per alcuni è un fatto meramente economico… Io ho avuto modo e piacere di conoscere Danilo – conclude l’insegnante -: un bambino meraviglioso e pieno di gioia e vitalità che da più di due anni nuota nella nostra struttura e non ha mai creato alcun tipo di problemi e difficoltà né agli istruttori né agli altri ragazzi”.Prosegue Andrea: “A questo punto ho capito che il problema non era il comportamento di Dany, ma era Dany. Avevano paura di perdere soldi”. Commenta il papà con amarezza: “Certo, 15 euro al giorno a bambino per 20-30 bambini sono un capitale, e gestiti in 3 o 4 persone poi…E non possono mica permettere che un bambino ‘diverso’ possa infastidire qualcuno. Ragazzi, ero fuori di me”. Ma non basta: “Gli ho chiesto se dovevo pagare il giorno, cosa alla quale non hanno rinunciato: ho dato i 15 euro e non mi hanno fatto nessuna ricevuta (cosa che tornerò domani a chiedere), ho ripreso il mio piccolo e le sue cose e me lo sono portato via. Con lui che salutava tutti e diceva ci vediamo domani”.
E OGGI ANDREA, IL PAPÀ DI DANILO, LANCIA SU FACEBOOK LA SUA CAMPAGNA . Oltre all’invito a pubblicare foto e video di questi bambini “pericolosi”, chiede a chi ha vissuto o sta vivendo esperienze simili a raccontarle: “Mi rivolgo a tutti coloro che hanno subito una qualche forma di ingiustizia, un’esperienza analoga che vi ha turbato, deluso, a scuola, nel lavoro, nello svago. Potete scrivere anche in privato, con la certezza che daremo seguito alla cosa. L’unione fa la forza”.
Intanto Andrea richiama il video toccante e divertente dell’anno scorso, 4 giugno 2014, che racconta la visita di Danilo alla Questura di Roma e pubblicato sulla pagina Facebook della Questura stessa: la volante 6 e la volante 9 lo avevano atteso fuori la scuola facendogli una sorpresa e lo avevano accompagnato in Questura per realizzare il suo sogno di essere poliziotto per un giorno. “Eh sì – ironizza oggi papà Andrea – i poliziotti lo avevano capito già un anno fa che il mio Danilo era un tipo pericoloso… lo avevano arrestato già”.

ROMA
Machiavelli e il Principe senza popolo – L’Ue era partita con il favore e il sostegno dei popoli. Ora rischia di essere un Principe senza il sostegno del popolo e sotto il dominio delle lobbies (DI Valentino Parlato)

Scusate, ma quando debbo fare il nome di Machiavelli non posso fare a meno di ricordare e segnalare che i due autori italiani più tradotti nel mondo sono Machiavelli e Collodi. Insomma il Principe e Pinocchio sono le due anime contraddittorie del nostro paese più accreditate all’estero. Ma veniamo alla questione di oggi. «Uno che diventa Principe con il favore del popolo deve mantenerselo amico e ciò gli sarà facile perché il popolo non chiede altro che di non essere oppresso. Ma uno che contro il popolo, diventa Principe con il favore dei potenti, deve prima di ogni altra cosa conquistare il popolo, e ciò gli sarà facile nel momento in cui prenderà il popolo sotto la sua protezione (…..) A un Principe è necessario avere amico il popolo: altrimenti nelle avversità non ha scampo» (Machiavelli, Il Principe, cap. IX) L’Unione Europea, il nuovo desiderato Principe, era partita con il favore e il sostegno dei popoli. Ora rischia di essere un Principe senza il sostegno del popolo e sotto il dominio delle lobbies, della finanza speculativa e delle grandi imprese. Il popolo è uscito di scena. Proviamo a ricordare. L’ unificazione dell’Europa è stata una grande speranza. Unire paesi di grande e storica cultura e tuttavia segnati da sanguinose e ripetute guerre intestine è stato un grande obiettivo. Con questo obiettivo e una grande speranza abbiamo fatto l’euro, la moneta comune, ma non siamo riusciti a fare il Principe, lo stato unitario europeo sostenuto dai popoli europei. C’è solo l’euro: la moneta unitaria senza uno stato unitario e democratico. Siamo alla vigilia della elezione del Parlamento europeo, ma di un Parlamento con poteri assai limitati. Di solito il parlamento elegge il governo, ma con l’Europa non è così. Il governo di fatto resterà in mano alla Troika e, ancora di più, delle lobbies, della grande finanza. Il prossimo 25 di maggio andremo a votare, ma sarà un voto assai leggero per eleggere un Parlamento debole e senza i poteri reali di cui dispongono (anche qui, relativamente) i parlamenti nazionali. Siamo ancora lontani da un reale stato europeo: non avremo un vero Principe e, aggiungo, sarà un Principe lontano dal popolo
ROMA
Marx? Non era un opinion maker
TEMPI PRESENTI. LE DIECI TESI DI TERRY EAGLETON IN DIFESA DEL FILOSOFO TEDESCO PUBBLICATE DALLA CASA EDITRICE ARMANDO. UN BRILLANTE PAMPHLET PUBBLICATO PER CONTRASTARE UNA RIABILITAZIONE CHE IN EUROPA TENDE A NEUTRALIZZARE LA PORTATA POLITICA DELLA SUA OPERA di Benedetto Vecchi
Terry Eagleton è un sofisticato e iroso intellettuale di spicco della «nuova sinistra» inglese. Di origine irlandese e docente di letteratura comparata, è una firma che compare spesso sui giornali al di là della Manica. Ogni suo articolo scatena polemiche a non finire. L’ultima, in termini di virulenza, lo ha visto incrociare la penna con Martin Amis sull’«occidentalismo», cioè sulla rivendicata, da parte dello scrittore inglese, superiorità dei sistemi politici occidentali — garanti dei diritti civili individuali — rispetto a quelli dei paesi terzi. In quell’occasione Eagleton non esitò ad accusare Amis, da sempre vicino al «New Labour» di Tony Blair, di razzismo. Scoccarono scintille e la polemica dilagò per mesi sulla stampa inglese. Ma questa attitudine alla polemica è complementare alla sua capacità di scrivere saggi critici sulla storia della letteratura inglese, sulla filosofia novecentesca e sul marxismo. In Italia, sono stati tradotti Figure del dissenso, Ideologia, Il senso della vita e L’idea di cultura e un suo intervento critico sul noto libro di Jacques Derrida Spettri di Marx.

UNA SCOPERTA SOSPETTA
Quasi a riprendere il filo rosso di quel testo, Eagleton ha mandato in libreria un pamphlet dal titolo Why Marx Was Right, finalmente tradotto da Armando con il titolo Perché Marx aveva ragione (pp. 239, euro 19). L’anno della pubblicazione del volume è il 2011 e l’autore interveniva nel pieno di di una riabilitazione dell’opera dell’autore del Capitale che periodicamente occupa il centro della scena nella discussione pubblica.
Sono infatti anni che riviste, giornali quotidiani, intellettuali conservatori non fanno che elogiare la critica al capitalismo di Marx alla luce della crisi che dal 2007 ha messo in ginocchio Stati Uniti e Europa.
L’opera marxiana è così riabilitata, nonostante il fallimento del socialismo reale, per la sua capacità di prevedere le crisi, mentre Marx è elevato al rango di uno studioso che tutti i capitalisti dovrebbero leggere per evitare di ripercorrere gli errori che hanno portato all’attuale crisi. È contro questa riabilitazione che Eagleton si scaglia, per sottrarre Marx a una vulgata che neutralizza la sua critica dell’economia politica.
Prendendo a modello un famoso testo dedicato a Feuerbach, il libro è costruito partendo da dieci «tesi» diffuse negli ambienti conservatori per confutarle. Al microscopio sono passati tutti i luoghi comuni che circolano attorno a Marx: il determinismo economico; l’egualitarismo nemico della «vera» natura umana; una filosofia della storia che considera come inevitabile il socialismo; l’inevitabile fine del marxismo perché lo sviluppo
capitalistico ha dissolto come neve al sole la classe operaia; la tendenza dei partiti che si rifanno a Marx a edificare società tiranniche; la nefasta utopia di una società di liberi e eguali; la tendenza a ridurre la realtà all’economia; il gretto materialismo che cancella la spiritualità; la spiegazione del divenire delle società a partire dalla lotta di classe; l’apologia della violenza come levatrice della storia; la statolatria dei marxisti; l’indifferenza dei marxisti per i nuovi movimenti sociali.
Eagleton ha gioco facile per ribattere punto su punto. Per fare questo, mette tra parentesi il marxismo consolidato, evidenziando invece la problematicità che caratterizza i testi del filosofo di Treviri. E tuttavia la sua è un’arringa difensiva che non fa che confermare proprio quel marxismo consolidato dal quale invita a prendere congedo. Sia ben chiaro, gli scritti di Marx sono attraversati da un’attitudine antidogmatica che lo ha portato a «correggere» alcune tesi iniziali, nella prospettiva di dare fondamento scientifico alla sua critica dell’economia politica. Assegnare alla lotta di classe la centralità che merita non ha, infatti, mai significato per Marx che altri «fattori» non svolgano un ruolo fondamentale nello sviluppo individuale.
Quel che ha sempre tenuto a sottolineare è che la divisione in classe della società e la condanna a vivere nel «regno della necessità» esercitano un evidente condizionamento nella vita dei singoli. Sta forse in questo lo svelamento della frase «è l’essere sociale a determinare la sua coscienza». Niente determinismo, dunque, ma un’indicazione di ricerca sui molti sentieri aperti da un’«opera aperta», a partire dal nodo inerente la formazione delle soggettività collettive e di come la produzione culturale, nella sua autonomia, svolga un ruolo nel vivere in società. E nel definire le gerarchie sociali. Dunque nessun determinismo economico. Tutto ciò per dire che il problema non è tanto la difesa dell’opera marxiana, bensì la definizione di un progetto di ricerca e di elaborazione che, partendo proprio dai nodi problematici, si ponga l’obiettivo di colmare lacune, aporie, contraddizioni.

UN GIOCO INTERPRETATIVO
Le argomentazioni di Eagleton in difesa di Marx perdono forza nella sovrapposizione che egli compie tra la sua opera e il marxismo reale, cioè quell’articolata biblioteca di interpretazioni che per tutto il Novecento ha riempito scaffali di saggi e libri. Soltanto che il marxismo non è un ordine del discorso unitario, ma è segnato da letture e interpretazioni differenti, spesso confliggenti l’una con l’altra. In altri termini, Eagleton compie un cortocircuito tra la storia politica del marxismo e l’opera di Marx. Operazione legittima, sia chiaro, ma solo se esplicitata fino in fondo, elemento che è invece assente in questo pamphlet.
Il libro di Eagleton si propone però di sottrarre Marx a una lettura «pacificata», memore di quella undicesima tesi su Feuerbach che invitava a cambiare il mondo dopo averlo interpretato.
Per lo studioso inglese, infatti, Marx è soprattutto un militante. La sua prassi teorica è stata sempre finalizzata a «abolire lo stato di cose presenti». Resta però da fornire una risposta alla domanda: perché il pensiero dominante lo riabilita? Perché lo ha ridotto a una specie di profeta o, tutt’al più, a un brillante pensatore da usare più o meno come si può usare un qualsiasi altro studioso della società. È questa neutralizzazione della portata «politica» l’oggetto polemico dello studioso irlandese. Più che prendersela con i conservatori, sotto traccia, gli spettri da combattere sono le tesi di intellettuali come Jacques Derrida laddove invitavano a studiare Marx, lasciandone da parte la dimensione «politica»; oppure l’opinion maker Jacques Attali, che ha scritto una biografia del filosofo di Treviri descritto come un promettente storico dell’economia. Oppure a quella riduzione di Marx a classico della filosofia, con i suoi testi allineati in un ipotetico scaffale che segue quello di Hegel. Insomma, un filosofo da consegnare alla storia e nulla più. Il libro di Eagleton è un antidoto a tutto ciò. È questo il suo più grande merito. Da il Manifesto 8.1.2014
info sul libro: http://www.armando.it/schedalibro/22782/Perch–Marx-aveva-ragione
ROMA/ISTAT
I MODESTI EFFETTI DEGLI 80 EURO IN BUSTA PAGA di Monica Montella e Franco Mostacci* – economiaepolitica.it
IL BONUS FISCALE DI 80 EURO MENSILI, che ha rappresentato uno slogan comunicativo di grande impatto mediatico, corrisponde a un importo massimo di 640 euro per il 2014 ed è riservato ai lavoratori dipendenti e assimilati che hanno un reddito da lavoro dipendente fino a 26.000 euro[1]. Il decreto legge 66/2014 che lo ha istituito ha suscitato alcune perplessità che andrebbero approfondite[2].
In Italia, il sistema di tassazione è di tipo individuale e non dipende dal reddito percepito dai diversi componenti del nucleo familiare. Ciò significa che a parità di composizione e di reddito complessivo familiare, con il bonus calcolato sul reddito individuale si creano condizioni di disparità tra famiglie monoreddito con figli a carico che non ricevono alcun beneficio dalla manovra governativa e famiglie, magari con più redditi e senza figli, che percepiranno più bonus.
Il credito inoltre esclude dal rimborso gli incapienti e i percettori di reddito che non appartengono alla categoria dei lavoratori dipendenti, e occorre sottolineare che le disposizioni del decreto si applicano solo per il periodo d’imposta 2014. In definitiva, solo con la dichiarazione dei redditi, che avverrà a maggio 2015, ciascun lavoratore potrà sapere esattamente a quanto ammonta il bonus ricevuto e non saranno infrequenti i casi di restituzione al fisco di somme impropriamente ricevute nel corso del 2014.
Per avere un’idea della platea dei possibili beneficiari si può considerare che i lavoratori dipendenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi nel 2012 sono stati 20 milioni e 790 mila, di cui circa 11 milioni hanno un reddito compreso nella fascia interessata al bonus (Mef, Dipartimento delle Finanze). Ulteriori beneficiari di un bonus parziale sono anche tutti quei lavoratori dipendenti che hanno un reddito annuale basso, avendo lavorato soltanto alcuni mesi.
Per approfondire ulteriormente la questione presentiamo di seguito i risultati di una ricerca condotta a partire dai dati dell’indagine campionaria della Banca d’Italia sui redditi delle famiglie riferita all’anno 2012[3].
Da questa analisi emerge che a ottenere il bonus sarà il 57,4% dei lavoratori dipendenti e assimilati, che riceveranno un importo medio di 558 euro (tavola 1). L’analisi per decili di famiglie consente di capire meglio a chi andranno i benefici della manovra fiscale e le conclusioni si sposano con gli altri studi scientifici già pubblicati[4]. Su 100 famiglie italiane solo 39 ricevono il bonus (tavola 2). Ma l’aspetto più deludente è che soltanto il 22% della porzione più povera di popolazione percepisce il bonus, ricavandone mediamente soltanto 96 euro l’anno in più (+1,3%), mentre il 10% delle famiglie con un reddito già più elevato riceve maggiori entrate per 243 euro l’anno (+0,3%). Più in generale, si nota che, in conseguenza della manovra, sono soprattutto le famiglie con un reddito medio-alto quelle che beneficiano maggiormente del bonus.
Se si tiene conto della numerosità dei nuclei familiari (tavola 3)[5], si evidenzia una distribuzione dei redditi equivalenti che favorisce le classi centrali.
L’effetto redistributivo del bonus è solo di lieve entità, come mostra l’indice di concentrazione di Gini che si riduce di soli due decimi di punti[6]. La propensione al consumo, che, come noto, diminuisce all’aumentare del reddito, è uguale sia nel gruppo dei beneficiari sia in quello dei non beneficiari, come risulta dalle elaborazioni condotte sui dati dell’indagine della Banca d’Italia.
Una valutazione obiettiva sull’efficacia del provvedimento varato dal governo Renzi dipende naturalmente dagli obiettivi che essa si prefigge e dalle coperture finanziarie utilizzate per sostenere il bonus fiscale[7].
Se lo scopo fosse stato quello di rilanciare la crescita, si deve constatare con rammarico che l’impatto sarà estremamente modesto. L’importo redistribuito nel 2014 (circa 6,6 miliardi di euro secondo la stima effettuata dai tecnici del Senato), sarà solo dello 0,4% del Pil e assumendo una propensione al consumo di 0,8% l’incremento atteso della domanda scende allo 0,32%[8]. Se poi si considera il minor consumo privato (se il bonus è finanziato con un aumento della tassazione) o pubblico (nella misura in cui il bonus è finanziato attraverso un taglio della spesa della PA) se ne deduce che la manovra avrà un effetto trascurabile sul Pil e, quindi, sulla crescita.
Tanto più che entro il 15 gennaio 2015, sarà adottato un decreto per aumentare le aliquote di imposta e ridurre le agevolazioni e le detrazioni fiscali per conseguire un maggior gettito di 3 miliardi nel 2015, 7 miliardi nel 2016 e 10 miliardi dal 2017 (DEF 2014)[9].
Ma, eliminando l’ipotesi di un beneficio sulla crescita, si potrebbe ritenere che l’obiettivo del Governo fosse operare una redistribuzione dei redditi, in considerazione della forte disuguaglianza esistente in Italia. Ma anche a questo scopo il provvedimento, come si è visto, risulta inefficace, perché la concentrazione dei redditi si riduce solo marginalmente.
D’altra parte se la finalità era la maggiore equità sociale, sarebbe stato opportuno utilizzare strumenti diversi per l’individuazione dei beneficiari, primo fra tutti quello dell’indicatore Isee[10]. A riguardo è opportuno aggiungere che ben più efficace poteva essere l’introduzione di una forma di reddito minimo per coloro che versano in uno stato di deprivazione materiale [11]. Una manovra di questo tipo infatti, avrebbe avuto il vantaggio di determinare un maggiore impatto sui consumi e una più accentuata riduzione delle disuguaglianze sociali. Un effetto aggiuntivo sulla crescita poteva essere, poi, ottenuto se ai destinatari del reddito minimo, ma anche agli attuali percettori di ammortizzatori sociali, venisse chiesto in cambio un impegno lavorativo in settori pubblici strategici che offrono un servizio a pagamento (svolgere la funzione di custodi in musei, siti archeologici, parchi pubblici, ecc. per consentire, ad esempio, un orario prolungato del servizio di apertura).
In alternativa ai trasferimenti monetari, una maggiore inclusione sociale potrebbe essere raggiunta anche con trasferimenti pubblici in natura diretti ai ceti meno abbienti (con strumenti come i buoni alimentari e l’edilizia popolare), ma ad esempio anche attraverso il sostegno del tempo pieno nell’istruzione pubblica per favorire in misura maggiore il lavoro femminile, oppure rafforzando l’assistenza sanitaria pubblica e sociale. In questo caso, la riduzione delle disuguaglianze si avrebbe in termini di capabilities, cioè di opportunità materiali da cogliere all’interno della società.
C’è tuttavia da considerare che la platea dei beneficiari del reddito minimo o dei trasferimenti in natura sarebbe risultata minore di quella del decreto proposto, i tempi di realizzazione sarebbero stati più lunghi e nell’immediato l’impatto in termini di consenso politico ed elettorale sarebbe stato inferiore.
In conclusione, al di là del beneficio economico che solo alcune famiglie percepiranno, il bonus come previsto nell’attuale decreto non appare una misura idonea a dare nuovo slancio all’economia italiana né capace di incidere significativamente sulle condizioni di vita delle famiglie più disagiate; né si tratta di una misura strutturale, dal momento che le coperture del decreto sono una tantum.

EUROPA
EU
Le conseguenze economiche di Mario Draghi / Keynesblog | Autore: Jan Toporowski
Il presidente della BCE Mario Draghi ha annunciato il 5 giugno tre misure che dovrebbero rilanciare l’economia europea e invertire il declino dell’inflazione, ora appena lo 0,5% nella zona euro.
La Banca centrale europea ha portato il tasso di interesse sulle riserve depositate presso la Banca a -0,1% (in altre parole, alle banche commerciali sarà addebitato lo 0.1% sui depositi delle loro riserve presso la BCE), diventando la prima banca centrale importante ad imporre tassi di interesse negativi. Alle banche commerciali saranno offerti 400 miliardi di euro di credito, a condizione che esse li prestino alle imprese. Dovrebbe essere poi introdotto uno schema per rendere più semplice [alla BCE, ndr] comprare asset-backed securities (ndr: titoli aventi dei crediti a garanzia, si veda:http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/assetbackedsecurities.htm). Nel frattempo cesserà la sterilizzazione degli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE (cioè, la BCE non venderà titoli a lungo termine per assorbire le riserve con cui paga i titoli di Stato). Queste misure hanno eccitato il mercato per un poco e l’Euro si è leggermente svalutato, dopodiché le cose si sono stabilizzate nuovamente.
Quali saranno le conseguenze di tali misure? Possono invertire la deflazione dell’economia europea? Siamo così abituati alla pretesa dei banchieri centrali e degli economisti monetari secondo cui la politica monetaria determina il ciclo economico che pochi ricordano oggi che la banca centrale non funziona all’interno del sistema di produzione e di scambio nell’economia. I governi possono farlo, perché tassano e spendono. Ma la banca centrale opera su bilanci bancari e influenza solo una gamma molto ristretta di costi di finanziamento dell’economia. Così l’effetto immediato delle misure rischia di essere limitato alle condizioni bancarie, piuttosto che coinvolgere l’economia in generale. Ci saranno ovviamente un sacco di aziende che saranno disposte ad attingere dalla pentola di 400 miliardi di prestiti a basso costo. Ma lo faranno più probabilmente per ripagare debiti più costosi, e tutto ciò che accadrà è che le aziende potranno rifinanziare il debito esistente a un costo inferiore.
Invece il tasso di interesse negativo sui depositi è una misura molto più radicale che mette in discussione la funzione stessa della banca centrale come banca di riserva per le banche commerciali. Se le banche commerciali vengono caricate di un costo per depositare le loro riserve presso la banca centrale, perché non dovrebbero mantenere i loro depositi di riserva presso un’altra banca in grado di offrire loro un tasso positivo di interesse? Le banche italiane, per esempio, pagaranno fino al 1,9% per i depositi, e anche le banche tedesche pagheranno lo 0,7%. Il passaggio a banche commerciali con funzione di riserva non sarebbe senza precedenti: prima che il Federal Reserve System fosse fondato negli Stati Uniti, era JP Morgan ad agire come banchiere di riserva per le grandi banche di New York. Le banche commerciali con riserve da depositare possono naturalmente considerare che le banche italiane hanno una grande quantità di crediti inesigibili sui bilanci. Ma il sistema bancario italiano è troppo grande e troppo importante politicamente per essere ricapitalizzato a spese dei depositanti, come è successo a Cipro. In ogni caso, il rischio per la BCE è che le sue operazioni giornaliere sulle riserve vengono prese in carico da una banca commerciale, o un gruppo di banche, che può offrire alle altre banche commerciali un accordo migliore per i loro depositi.
L’effetto delle misure della BCE per l’economia in generale è comunque una questione diversa. Un eventuale effetto più di larga portata non dipende da nulla che la BCE possa fare all’interno del sistema finanziario, o da ciò che può accadere all’interno del sistema finanziario. La futura evoluzione dell’economia dipende da ciò che le grandi imprese europee faranno con il loro gruzzolo di liquidità. Questo è più o meno quadruplicato a quasi 7,3 miliardi di euro dal congelamento dei mercati finanziari nel 2008. Le cifre delle consistenze di cassa delle aziende americane sono ancora più sorprendenti. Le società americane detengono qualcosa come 2.000 miliardi di dollari in attività liquide. Per come funzionano l’economia e il sistema finanziario, la controparte della liquidità trattenuta da queste aziende è l’indebitamento delle piccole e medie imprese, che lottano per mantenere il loro flusso di cassa prendendo in prestito. Se le maggiori aziende americane ed europee detengono liquidità, o la usano per comprare e vendere titoli, piuttosto che investire in impianti e macchinari, allora quasi sicuramente ci sarà una richiesta di ulteriori prestiti dalle piccole e medie imprese tramite il nuovo canale di prestiti della BCE. Ma questi prestiti non saranno impiegati per scopi produttivi, per acquistare nuove attività. Sarà solo per coprire il deficit di cassa causati dalla deflazione. A sua volta l’espansione del debito, senza una corrispondente crescita delle attività, metterà le basi per un’ulteriore deflazione, dato che un debito eccessivo scoraggia gli investimenti e amplia le sofferenze nei bilanci bancari.
Se invece queste imprese iniziassero a spendere la loro liquidità in investimenti di capitale fisso, allora la deflazione nell’economia europea potrà davvero invertirsi. Il boom risultante sarà ovviamente rivendicato come un successo delle politiche di austerità che hanno creato l’attuale deflazione e una vittoria per la BCE, così come l’osservazione empirica ci dice che andare a letto la sera fa sorgere il sole al mattino.
* Jan Toporowski è professore di Economia e Finanza presso la Scuola di Studi Orientali e Africani dell’Università di Londra. Ha lavorato nel settore bancario internazionale, nella gestione di fondi e presso banche centrali. Il suo libro più recente è Michał Kalecki, An Intellectual Biography Volume 1 – Rendezvous a Cambridge 1899-1939 pubblicato da Palgrave

FINLANDIA
Un premier diverso
Il nuovo premier finlandese sarà Alexander Stubb, che prenderà ufficialmente il posto del dimissionario Jyrki Katainen il 23 giugno. Stubb sostituisce Katainen anche alla guida del Partito della coalizione nazionale, che governa dal 2011 in una grande coalizione con verdi e socialdemocratici. Secondo il sito Mtv, "la Finlandia oggi ha un presidente diverso da quelli che ha avuto finora: in economia è un liberista di destra, è a suo agio con le nuove tecnologie ed è favorevole all’ingresso del paese nella Nato. A questo punto bisognerà capire come riuscirà a convivere con il ministro delle finanze, il socialdemocratico Antti Rinne".

REGNO UNITO
FONDAMENTALISTI A SCUOLA – Sta provocando un acceso dibattito l’inchiesta dell’ispettorato della pubblica istruzione britannico (Ofsted) sul "cavallo di Troia", un presunto complotto islamista per prendere il controllo delle scuole pubbliche di Birmingham Dall’inchiesta è emerso che non esiste nessun piano, spiega il Guardian. Ma nelle scuole oggetto dell’ispezione viene contestata la teoria dell’evoluzione, non si insegna l’educazione sessuale, si mette in discussione il ruolo delle donne nella società, e si impedisce alle ragazze di partecipare alle ore di educazione fisica per evitare che stiano insieme ai maschi. The Spectator aggiunge che, secondo il rapporto, "i fondamentalisti hanno usato ‘la paura e l’intimidazione’ per infiltrarsi nei consigli d’amministrazione delle scuole e imporre ‘un’ideologia religiosa’". Secondo il settimanale, il problema è il risultato della politica degli ultimi governi, che "hanno incoraggiato i musulmani britannici a organizzarsi in comunità anziché come cittadini". Questo clima ha alimentato le differenze tra le comunità e ha rafforzato i fondamentalisti. "I predicatori estremisti hanno girato il paese cercando di coinvolgere e isolare i giovani musulmani. Questa follia è dilagata: sono state create zone di segregazione religiosa, si sono affermati valori non democratici ed è stata tollerata la nascita di un diverso sistema di regole e leggi

FRANCIA
LINCIATO PER UN FURTO – Un ragazzo rom di 16 anni è stato linciato il 13 giugno a Pierrefitte sur Seine, un sobborgo di Parigi. Le Parisien spiega che l’adolescente, ricoverato in coma, "è stato rapito da un gruppo di sconosciuti nella bidonville (nella foto) dove viveva con la famiglia dopo l’arrivo, un mese fa, dalla Romania" perché sospettato di alcuni furti. L’aggressione, scrive Le Monde, è "la conseguenza di anni di misure inefficaci e sbagliate", è non può essere liquidata con l’indifferenza che invece sembra aver suscitato nel paese.
FRANCIA
SI FERMANO I TRENI
Il progetto di riforma delle ferrovie ha provocato uno degli scioperi più lunghi degli ultimi anni nel settore dei trasporti, cominciato l’n giugno e proseguito per diversi giorni. Il governo punta a ridurre il deficit cronico del settore, il cui indebitamento ha raggiunto i 44 miliardi di euro, fondendo la Sncf (che gestisce i treni) e la Rff, che ha in carico le infrastrutture. Le due società erano state divise nel 1997 per separare quella in perdita (Rff) da quella in attivo. Ma Rff ha continuato ad accumulare perdite, mentre la Sncf non è mai diventata redditizia, spiega Le Monde. Anche se favorevoli alla fusione, i sindacati (divisi tra di loro) ne contestano le modalità e chiedono che lo stato si faccia carico dei debiti della Rff.

REGNO UNITO
II 16 giugno in Inghilterra e in Galles è entrata in vigore una legge che punisce i matrimoni forzati con pene fino a sette anni di prigione. Spagna La polizia ha smantellato il 16 maggio a Madrid una rete che reclutava jihadisti per andare a combattere in Siria e in Iraq. Otto persone sono state arrestate

BULGARIA
VERSO IL VOTO ANTICIPATO – A un anno dalle manifestazioni del giugno del 2013 la Bulgaria precipita di nuovo nel caos politico. A innescare la crisi è stata la decisione del governo di continuare – contro la volontà I dell’Unione europea i lavori ; per il gasdotto South Stream, che dovrebbe portare il gas russo in Europa aggirando l’Ucraina. Anche se l’8 giugno il primo ministro socialista Plamen Oresarski ha fatto marcia indietro, la vicenda ha destabilizzato

MEDIO ORIENTE & AFRICA
TURCHIA
II 12 giugno è cominciato a Istanbul il processo a 26 leader delle proteste di piazza Taksim della primavera del 2013 (nella foto) contro il governo di Recep Tayyip Erdogan. Rischiano fino a 13 anni di prigione

CISGIORDANIA
IL PIANO PRAWLER, EDIZIONE SPECIALE PER LA CISGIORDANIA
SILENZIOSAMENTE, SENZA MANIFESTAZIONI O CONSULTARE LE PARTI INTERESSATE, L’AMMINISTRAZIONE CIVILE STA PREPARANDO UN PIANO PER SPOSTARE I BEDUINI DELLA CISGIORDANIA IN NUOVE TOWNSHIP AFFOLLATE. Haaretz 01/06/2014
Che cosa vi ricorda questo? Migliaia di persone vengono costrette, sotto la minaccia delle armi, a lasciare le loro case. Sono raggruppati insieme e la gente con le armi li costringe a vivere insieme con un livello di affollamento che contrasta con il loro modo di vivere e di procurarsi di che sostenersi.
Non importa realmente che cosa questo ci ricorda. L’Amministrazione Civile nella Cisgiordania, parte del potere esecutivo del governo israeliano, sta diligentemente lavorando a produrre un’altra calamità [che colpirà] migliaia di persone. Per noi si tratta di un piccolo cambiamento, vero? Un piccolo brivido della stampante quando butta fuori le pagine a comando.
Un ente designato, non eletto da coloro il cui destino è nelle sue mani, composto da impiegati civili, coloni e personale militare in pensione o in attività, sta preparando un’ altra versione draconiana del cosiddetto piano Prawler. Il piano originario doveva trasferire con la forza i Beduini nel Neghev, mentre quello nuovo prende di mira i Beduini della Cisgiordania. L’Amministrazione Civile non chiede loro cosa desiderano né li ascolta o prende in considerazione la loro storia o il loro futuro. I territori che verranno ripuliti saranno utilizzati per costruire migliaia di appartamenti per ebrei e anche, probabilmente, parchi come anche fattorie unifamiliari (queste ultime conosciute come“fattorie isolate”, solo per ebrei). Così semplice, così facile.
Questa volta sono state prese di mira le comunità dei Beduini [residenti] tra Gerusalemme e Gerico, e anche a nord di Gerico, che comprendono nel complesso dai 15mila ai 20mila [abitanti]. Siamo abituati a vedere i Beduini nelle tende e in baracche di lamiera lungo le nuove autostrade, oppure che cercano l’erba per far pascolare il loro gregge, su piccoli appezzamenti di terra tra le colonie in espansione e le basi militari. Molti ritengono che il loro modo di vivere sia primitivo, duro e senza senso. Questo atteggiamento viene usato per giustificare le espulsioni di massa e la loro concentrazione ora stabilita dalla Amministrazione Civile, quel messaggero di modernità e progresso.
L’Amministrazione Civile sta organizzando per loro tre township, come il mese scorso il responsabile del governo per i territori ha assicurato i rappresentanti delle colonie di quell’area, molto preoccupati della vicinanza con i Beduini. Nei dieci anni passati, lo Stato ha notificato alla Suprema Corte di Giustizia i propri progetti, utilizzandoli per giustificare il divieto per le comunità [beduine] di collegarsi alla rete idrica ed elettrica, di costruire scuole o nuove case per mettersi al passo con la crescita naturale. Il tutto a una distanza ravvicinata con le lussuose colonie ebraiche.
La township più grande programmata per persone di tre differenti tribù beduine, è adiacente al villaggio di Nu’eimeh, a nord di Gerico. Si trova su un territorio di 2.000 dunam [20 ettari] appartenente alla Stato, nella Zona C (sotto il pieno controllo di Israele secondo gli accordi di Oslo). È un piccolo appezzamento di terreno, adiacente a e circondata dall’enclave di Gerico [Zona] A (sotto il pieno controllo palestinese secondo gli accordi di Oslo).
Sono state introdotte diverse modifiche al piano per assecondare le obiezioni dei coloni di quella zona. La settimana scorsa doveva essere annunciato il termine ultimo per pubblicare la versione finale del piano e le obiezioni da presentare, ma non è stato stabilita nessuna data. Il portavoce del responsabile del governo per i territori [COGAT] ha detto che i piani per sviluppare Nu’eimeh erano ancora oggetto di negoziati con gli abitanti. Negoziati? A due clan della tribù di Rashadiyeh che già abitano lì vicino si è fatto credere che il piano riguardasse solamente loro, cosicché lo hanno approvato. Non sono venuti a sapere che è previsto che anche clan delle tribù dei Kaabneh e Jahalin sono stati inseriti tra coloro che verranno trasferiti con la forza a Nu’eimeh: tutte e tre le tribù si sono fortemente opposte al piano.
In un comunicato l’ufficio del COGAT [sarebbe l’Amministrazione Civile] ha affermato: “E’ previsto che il Comitato Supremo della Pianificazione, che è stato incaricato di discutere le obiezioni, si riunisca presto”.
In altre parole, riprenderanno le discussioni sulla pianificazione della prossima catastrofe umanitaria. Il piano prevede di ammassare da 3800 a 6000 Beduini in appezzamenti di terra su cui dovranno essere costruite le [loro] abitazioni, con una densità di popolazione e con una vicinanza agli altri clan e tribù che cozza contro le loro tradizioni e il loro modo di vivere. Le donne si troveranno a muoversi in spazi più limitati. Buona parte delle pecore e delle capre dovranno essere vendute, per mancanza di spazio. Far vivere clan e tribù differenti in simili quartieri così ristretti significa produrre litigi e discussioni che possono rapidamente degenerare. Il trauma per il trasferimento forzato non renderà per niente la situazione più facile. Per esperienza, si sa che un’innocente disputa fra ragazzi può provocare un incendio. Nel caso di una grave lite, una delle parti non sarà più in grado di avvolgere le tende e andarsene, come si suole fare ora..
L’avamposto Mevo’ot Yeriho, la colonia Yitav, una fattoria di un solo colono e un campo militare bloccheranno l’accesso ai pascoli dall’ovest e dal nord. Il villaggio palestinese Nu’eimeh a sudovest e la prevista città palestinese di Medinat Qamar e un progetto palestinese di agroindustria (nella zona A) chiuderanno completamente la township da est. La principale forma di sostentamento dei Beduini, l’asse intorno al quale un’antica tradizione millenaria si è sviluppata, sarà spazzata via.
Un così grande incremento di popolazione diverrà un enorme aggravio nella disponibilità idrica del villaggio di Nu’eimeh e dei suoi campi. La vicinanza di una grande base della polizia palestinese ha già ridotto del 40 per cento la quantità [d’acqua] delle due sorgenti del villaggio. Il vicino campo profughi di Ein al-Sultan dispone di una sola sorgente, e nei mesi estivi l’erogazione dell’acqua è irregolare e insufficiente. Il campo fronteggerà anche maggiori carenze d’acqua se una parte della sua disponibilità verrà dirottata verso i nuovi vicini. Gli abitanti delle nuove township saranno in concorrenza con quelli del campo profughi anche rispetto alla limitata offerta di lavoro nella zona e per i servizi educativi e sanitari già ridotti al minimo offerti dall’assistenza e dal centro per l’impiego delle Nazioni Unite a Ein al-Sultan.
La maggior parte dei Beduini nella Cisgiordania e in particolare nella Zona C sono stati espulsi dai loro villaggi d’origine nel Neghev dopo il 1948, o sono discendenti da coloro che furono espulsi. Si sono distribuiti in tutta la Cisgiordania, mantenendo una ben calcolata distanza tra ciascun clan e tribù. Alcuni hanno comprato la terra. Ma poi è arrivato il 1967. Con i soliti trucchi (esproprio di terre, zone militari di esercitazione, riserve naturali, confisca di armenti, demolizioni, espulsioni), Israele ha progressivamente ridotto i movimenti e i mezzi di sostentamento dei Beduini.
E ora ci stiamo avvicinando alla fase finale della distruzione. Questo è quello che succederà se nessuno si sveglia e dice: Basta [ a quello che è già successo] (traduzione di carlo tagliacozzo)

IRAQ
L’OFFENSIVA DELL’ISIS CAMBIA LE ALLEANZE NELLO SCACCHIERE MEDIORIENTALE di Fabrizio Salvatori
Gli Usa, pur non confermando l’autenticità dei fatti, hanno condannato il massacro di 1.700 soldati iracheni compiuto a Tikrit dai combattenti sunniti dell’Isis. L’azione era stata diffusa su twitter e documentata con alcune foto e filmati. Intanto Washington si sta preparando a "colloqui diretti" con Teheran per trovare il modo di affrontare la drammatica situazione in Iraq e il dialogo dovrebbe cominciare gia’ in settimana. A darne la notizia sono fonti dell’amministrazione Obama al Wall Street Journal. Le fonti non precisano quali saranno i canali attraverso i quali avverranno i colloqui. Una possibilita’ potrebbero essere i negoziati sul nucleare iraniano che riprendono oggi a Vienna e che vedono riuniti diplomatici di Washington e Teheran.
Tuttavia l’Iran, che nei giorni scorsi attraverso il suo presidente Hassan Rohani si era detto pronto ad aiutare Baghdad nel "combattere il terrorismo", anche attraverso una cooperazione con gli Usa, è comunque ostile a "qualsiasi intervento militare straniero in Iraq". Dopo che gli Stati Uniti hanno dispiegato una loro portaerei nel Golfo, anche la Lega Araba si mostra prudente. Durante una riunione al Cairo, di cui ha riferito l’agenzia egiziana Mena, i rappresentanti permanenti dell’organizzazione hanno espresso il rifiuto di immischiarsi nelle questioni interne dell’Iraq e hanno auspicato la realizzazione di un’intesa nazionale per risolvere la crisi.
Intanto Tony Blair, primo ministro britannico ai tempi dell’invasione anglo-americana che porto’ al rovesciamento del regime di Saddam Hussein, respinge le critiche – prima di tutto quelle della Russia – di chi ritiene che le origini del caos odierno vadano ricercate in quell’intervento. "L’invasione dell’Iraq del 2003 non e’ da biasimare per l’insurrezione violenta che ormai attanaglia il Paese", scrive sul suo sito Blair. La violenza, aggiunge, e’ invece la conseguenza "prevedibile e maligna" dell’inazione in Siria.
Anche se l’esercito iracheno ha annunciato una sorta di controffensiva, l’Isis controlla ormai, dopo la recente conquista di Mosul in Iraq, un’area piu’ grande della Giordania, che si estende da est di Aleppo a ovest di Baghdad e dove vivono circa 6 milioni di persone. Comandati da Abu Bakr al Baghdadi, famoso per la sua crudeltà e ferocia, hanno fatto il grande balzo dopo aver annunciato, nell’aprile del 2013, l’espansione in Siria e conquistato il controllo lo scorso anno della citta’ siriana di Raqqa, punto strategico da cui hanno potuto sfruttare i vicini pozzi petroliferi e accumulare ingenti risorse nel ‘business’ dei rapimenti di siriani e sopratutto stranieri. E’ li’ che, fra l’altro, e’ stato sequestrato il gesuita Paolo Dall’Oglio. Con il passaggio in Siria, il gruppo ha anche cambiato nome: da Isi, ovvero lo Stato islamico dell’Iraq, la sigla e’ divenuta Isis, aggiungendo una ‘s’ che sta per ‘Sham’, ovvero ‘Levante’ o ‘Grande Siria’, ed ottenendo fondi dai paesi del Golfo nemici di Assad, tra cui il Qatar e il Kuwait. I jihadisti dell’Isis contano – secondo esperti citati dell’Economist – su circa 6 mila combattenti in Iraq e su un numero variabile tra i 3 mila e i 5 mila in Siria, inclusi circa 3 mila stranieri: si parla di un migliaio di ceceni e di cinquecento o piu’ europei, provenienti per lo piu’ dalla Francia e dalla Gran Bretagna.
Piuttosto che combattere semplicemente come un frangia di Al Qaida, come facevano prima del 2011, i guerriglieri dell’Isis hanno deciso di controllare il territorio, imponendo non solo il loro codice morale, ma anche le tasse alla popolazione locale. In altre parole hanno creato una bozza di Stato islamico, un ‘califfato’ nei loro disegni, a cavallo tra la Siria e l’Iraq, approfittando della guerra civile siriana e del conflitto etnico iracheno.
Con l’aiuto degli ex sostenitori di Saddam Hussein e con i fondi e gli aiuti accumulati nella siriana Raqqa, e’ cosi’ partita l’offensiva verso Baghdad di questi giorni, con la spettacolare conquista di Mosul, la seconda citta’ piu’ popolosa dell’Iraq. A Mosul – riferiscono fonti citate dall’Economist – i jihadisti dell’Isis non si sono limitati agli eccidi e alle atrocità da loro stessi documentati sul web, ma si sono impossessati di enormi arsenali di armi americane, di 6 elicotteri Black Hawks e di circa 500 miliardi di dinari (430 milioni di dollari) in denaro contante.

LIBIA
II 15 giugno le forze speciali statunitensi e l’Fbi hanno arrestato in un’operazione segreta Ahmed Abu Kattala, considerato il responsabile dell’at-tacco dell’11 settembre 2012 contro la sede diplomatica statunitense a Bengasi

MAURITANIA
ELEZIONI BOICOTTATE – L’opposizione ha annunciato che boicotterà le presidenziali del 21 giugno, favorendo così la rielezione di Mohamed Ould Abdelaziz, scrive Jeune Afri-que. I candidati alla presidenza sono cinque. Tra loro, una don¬na e un attivista contro la schia¬vitù. L’opposizione mauritana denuncia il "carattere dittatoria¬le" del governo e sostiene che le elezioni sono una farsa.ù

NIGERIA
II 17 giugno 21 persone riunite per guardare una partita dei Mondiali di calcio sono mor¬te in un attentato a Damaturu, nello stato di Yobe (nord).

KENIA
ATTENZIONE ALLA COSTA. Il 15 giugno un commando armato ha preso d’assalto gli hotel e il commissariato di Mpeketoni, una località turistica sulla costa keniana. Secondo la Croce rossa, i morti sono stati 49 (la stampa keniana aveva parlato di un bilancio delle vittime più alto). Il giorno dopo in un nuovo attacco nella stessa località altre quindici persone sono morte e dodici donne sono state rapite. I terroristi somali di Al Shabaab hanno rivendicato il primo attentato, accusando il governo di Nairobi di perseguitare i musulmani e di aver invaso la Somalia. Tuttavia il presidente Uhuru Kenyatta ha attribuito l’accaduto alle tensioni etniche alimentate dai leader locali. Il 17 giugno gli abitanti di Mpeketoni sono scesi in piazza in segno di protesta e per chiedere le dimissioni del sottosegretario all’interno Joseph Ole Lenku. Sono stati gli attentati più gravi dal settembre del 2013, quando 67 persone hanno perso la vita nell’assalto dei terroristi di Al Shabaab contro il centro commerciale Westgate di Nairobi

SUD AFRICA
UN AUMENTO PER I MINATORI
Sono in corso le trattative per mettere fine allo sciopero dei lavoratori delle miniere di platino, in corso da gennaio (nella foto Rustenburg, 14 maggio 2014). Il sindacato Amcu, che rappresenta 7omila lavoratori, ha accettato con riserva la proposta delle aziende Lonmin, Anglo Ameri-can e Implats, che negli ultimi cinque mesi hanno perso 2 miliardi di dollari a causa delle agitazioni. Entro il 2017 il salario mensile di un minatore aumenterà progressivamente fino a raggiungere i 10.350 rand (964 dollari), scrive Business Day.

ASIA & PACIFICO
GIAPPONE
II 18 giugno il parlamento ha approvato una legge che punisce con pene fino a un anno di prigione il possesso di materiale pedopornografico. Finora erano vietate solo la produzione e la distribuzione.
GIAPPONE
IL BUSINESS DEI MATTI . Tokyo Shimbun, Giappone "Negli ospedali psichiatrici giapponesi ci sono più di 340mila posti letto, una cifra che in rapporto alla popolazione totale è quattro volte la media degli altri paesi sviluppati", scrive il Tokyo Shimbun. In Giappone ci sono più patologie psichiche? "No", continua il quotidiano, "ma molti pazienti che potrebbero essere curati a casa sono ricoverati. La mancanza di attenzione ai diritti delle persone con disturbi mentali in Giappone è sempre stata oggetto di critiche. Secondo gli ultimi dati, il 30 per cento dei 32omila pazienti ricoverati resta in ospedale per più di dieci anni, e ogni anno 2omila pazienti muoiono mentre sono ricoverati. Il ministero della salute sta pensando di trasformare i reparti psichiatrici in strutture abitative. Gli ospedali, per il 90 per cento privati e contrari a una riduzione del numero dei pazienti, sono favorevoli. Questa situazione deriva dalla politica promossa nel dopoguerra, che ha favorito l’isolamento dei pazienti dalla società e delegato le cure psichiatriche ai privati

SRI LANKA
VIOLENZA BUDDISTA – Il 15 giugno gli estremisti buddisti hanno scatenato nuove violenze nel sud dello Sri Lanka, provocando quattro morti e ottanta feriti. I musulmani sono il 10 per cento della popolazione, a maggioranza buddista. Recentemente le tensioni tra le due comunità erano aumentate e i musulmani avevano chiesto al governo più protezione dagli attacchi dei buddisti.

CINA
AL PATIBOLO NELLO XINJIAIIG
Il 16 giugno nello Xinjiang sono state eseguite le condanne a morte di 13 persone, ira cui alcuni uiguri (minoranza musulmana) per omicidio e atti terroristici. Secondo le autorità tre di loro avevano organizzato l’attacco a una stazione di polizia nel giugno del 2013 in cui morirono 24 persone. Altre tre persone sono state condannate a morte per l’attacco a piazza Tiananmen dell’ottobre del 2013. Del giro di vite di Pechino contro gli uiguri è rimasto vittima anche Ilham Tohti, accademico arrestato a gennaio per incitamento al separatismo. Il suo avvocato teme che sia stato processato in segreto, scrive la Bbc.

PAKISTAN
CONFLITTO INEVITABILE
Dopo i falliti tentativi di dialogo con i taliban, il 15 giugno l’esercito pachistano ha lanciato un’offensiva militare nel Waziristan del nord, roccaforte delle milizie armate. "Siamo in guerra", scrive The News in un editoriale. "L’esercito non è mai stato convinto della possibilità di pace attraverso i negoziati e stava solo aspettando che anche il governo arrivasse alla stessa conclusione. Il premier Nawaz Sharif ha detto che ‘l’offensiva militare si è resa inevitabile’. Ma ha tralasciato di specificare se l’esercito e il governo sono pronti a gestire le conseguenze di quest’azione, in particolare a proteggere gli sfollati. L’unica fonte di notizie dal campo è l’esercito, quindi non sapremo mai il numero effettivo delle vittime civili. Il governo ha scelto la guerra, speriamo che alla fine prevalga la pace".
PAKISTAN
II 17 giugno almeno otto persone sono morte e 97 sono rimaste ferite negli scontri a Lahore tra la polizia e i seguaci del religioso Tahirul Qadri, leader del partito Pakistan awami tehreek ()

AFGANISTAN
L’ombra dei brogli
Quattro giorni dopo le elezioni presidenziali del 14 giugno, il candidato favorito, Abdullah Abdullah, ha chiesto di interrompere la conta dei voti denunciando brogli su larga scala a favore dell’avversario, Ashraf Ghani. Secondo i primi conteggi, Ghani avrebbe un vantaggio di un milione di voti. Abdullah ha dichiarato che i suoi osservatori elettorali sono stati picchiati, imprigionati e liberati solo a urne chiuse, scrive Tolo News. I risultati preliminari dovrebbero arrivare il 2 luglio e quelli definitivi il 22 luglio.

INDIA
KOLKATA
Operai indiani uccidono amministratore delegato Autore: Prasanta Paul, India June 16, 2014 (AP) Associated Press
SCENE DI LOTTA DI CLASSE IN INDIA RACCONTATE DALL’ASSOCIATED PRESS CHE NON CI SEMBRA SIANO STATE RIPRESE DA NESSUN QUOTIDIANO NAZIONALE IN ITALIA.
Una folla inferocita di operai indiani armati di spranghe di ferro e pietre ha picchiato a morte l’amministratore delegato di una fabbrica di juta durante una vertenza sull’aumento delle loro ore di lavoro, ha detto la polizia lunedi dopo l’arresto di sei lavoratori.
I SOSPETTI – due arrestati lunedi e quattrodomeniche – dovrebbero essere accusati di omicidio, atti di vandalismo e altri reati commessi quando la folla di circa 200 lavoratori ha preso d’assalto l’ufficio del sessantenne HK Maheswari nello stato orientale indiano del West Bengala, secondo il sovrintendente del Distretto di Polizia di Hooghly Sunil Chowdhury.
MAHESWARI aveva negato la loro precedente richiesta di lavorare ed essere pagati per 40 ore a settimana al North Brook Iuta Mill, anziché l’attuale regola di 25. Aveva anche proposto di spegnere la fabbrica per tre giorni alla settimana per limitare le crescenti perdite finanziarie, a detta del direttore generale della fabbrica, Kiranjit Singh.
"I LAVORATORI DELLA FABBRICA improvvisamente hanno cominciato a lanciare pietre mentre eravamo impegnati in una riunione", ha detto Kiranjit Singh. A un certo punto durante l’incontro di domenica, Maheswari guardò fuori dalla finestra la folla crescente e fu colpito alla testa da due pietre.
Si è accasciato, a quel punto un folto gruppo di lavoratori ha preso d’assalto l’ufficio, ha dichiarato Singh .
"L’amministratore delegato è stato battuto con aste di ferro, e ha ceduto alle sue ferite molto presto", ha dichiarato Singh. Sia il direttore generale che una guardia di sicurezza sono stati ricoverati per le ferite e poi rilasciati, mentre Maheswari è morto sulla strada verso un ospedale, ha detto la polizia.
Il Bengala Occidentale è noto per i suoi sindacati combattivi sostenuti dai partiti politici, e il primo ministro Mamata Banerjee immediatamente incolpato della violenza i sindacati diretti dai partiti di opposizione. L’opposizione ha negato qualsiasi ruolo in attacco, e ha detto che un’indagine indipendente dovrebbe essere tenuta prima che qualsiasi accusa venga scagliata.
Lunedi Banerjee ha cercato di rassicurare la comunità imprenditoriale che il suo governo non tollerava la violenza sindacale.
"Non c’è posto per la violenza in una democrazia", lei ha dichiarato, mentre al tempo stesso racconta ai membri dell’assemblea dello stato che una normale indagine di polizia sarebbe sufficiente.
Nel frattempo, il lavoro in fabbrica è stato sospeso a tempo indeterminato.
Un funerale era previsto per martedì per Maheswari, che è lascia la moglie, due figlie adulte e un figlio.
ARTICOLO ORIGINALE: http://www.montrealgazette.com/story.html?id=9943646
per ulteriori approfondimenti sul caso: http://www.hindustantimes.com/india-news/hooghly-jute-mill-workers-kill-ceo-over-shift-timings/article1-1229900.aspx

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
VENEZUELA -SPAGNA
Podemos? Grazie a Hugo Chavez Il quotidiano El Pais attacca la quarta forza politica laureata dalle elezioni europee Autore: Geraldina Colotti
El Pais scatenato contro Podemos. Il quotidiano madrileno dedica due pagine alla formazione politica che, in pochi mesi, è riuscita a diventare in Spagna la quarta forza, ottenendo l’8% alle europee del 25 maggio: in dieci anni la fondazione legata a Podemos avrebbe «ricevuto almeno 3,7 milioni da Hugo Chavez». In alcuni casi, sostiene El Pais, i pagamenti del governo venezuelano al Centro de Estudios Politicos y Sociales (Ceps) hanno superato l’80% delle entrate della fondazione, «nel cui consiglio direttivo hanno figurato i tre principali dirigenti di Podemos, Pablo Iglesias, Iñigo Errejon e Luis Alegre».
Viene chiamato in causa anche il politologo Juan Carlos Monedero, che ha lavorato al programma di Podemos: tramite il Centro de Estudios Politicos y Sociales di Valencia, avrebbe svolto «consulenza giuridica e politica ai governi del Venezuela, dell’Ecuador, della Bolivia, del Salvador e del Paraguay». Gli accusati hanno risposto: «Podemos non ha ricevuto un solo euro da nessun governo o fondazione straniera o nazionale», e hanno promesso di pubblicare in dettaglio i loro conti.
Tuttavia hanno ammesso la partecipazione dei dirigenti citati nella fondazione Ceps, che ha fornito consulenze in diversi paesi dell’America latina «al pari di altri membri di formazioni politiche come il Psoe o Iu». Ma il livore di El Pais è soprattutto contro l’esperimento socialista bolivariano che ha scompaginato gli equilibri della IV Repubblica attivando quel «potere costituente», risultato appetibile anche nelle urne spagnole

COLOMBIA
I COLOMBIANI VOGLIONO LA PACE El Espectador, Colombia
In un’atmosfera di forte contrapposizione che ha coinvolto tutta l’opinione pubblica colombiana, il 15 giugno, il presidente Juan Manuel Santos ha vinto le elezioni dopo la sconfitta al primo turno. Ci è riuscito grazie anche al sostegno della sini¬stra e giocando la carta del processo di pace con la guerriglia delle Fare. Otto milioni di colombiani l’hanno votato dandogli un vantaggio di cinque punti sul rivale, Oscar Ivan Zuluaga, sostenuto dall’ex presidente Alvaro Uribe.
Una parte dei colombiani ha scelto Santos proprio perché ha puntato sulla fine negoziata del conflitto armato con le Fare. Ora il presidente Santos deve mettersi alla guida di un processo di riconciliazione, per risanare le ferite collettive e rafforzare le istituzioni. È evidente che dovrà vedersela con l’opposizione. Mala strada che ha detto di voler scegliere è quel-la giusta: senza rancori, senza divisioni settarie, riconoscendo l’avversario politico come tale e non come un nemico. Una cosa deve essere garantita: non sarà considerata legittima nessuna pace con le Fare che non tenga in considerazione le preoccupazioni di una parte della società. L’op-posizione guidata da Uribe sbaglia se insiste a scagliarsi contro il processo di pace senza cono-scerlo a fondo. È ora di sedersi e parlare.
Il nostro è un appello alla tolleranza e all’unità. Questo paese ha già dovuto soffrire troppo per continuare a odiare (e a uccidere) a causa di una diversa visione del mondo. La convivenza pacifica di idee diverse dev’essere l’obiettivo di tutte le società del ventunesimo secolo. La domanda ora è rivolta all’intera società colombiana: siamo in grado di raggiungere questo traguardo? O continueremo sulla strada dell’odio

AMERICA SETTENTRIONALE
USA /ARGENTINA
È scontro sul rimborso ai fondi avvoltoi dopo la sentenza di New York Autore: fabrizio salvatori
L’Argentina vuole risolvere la crisi del debito aprendo trattative con gli hedge fund. I legali di Buenos Aires e quelli dei fondi speculativi si sono incontrati in tribunale, davanti al giudice Thomas Griesa che ha bocciato il piano di swap al quale Buenos Aires sta lavorando e che prevede che i bond diventino di diritto argentino e non siano piu’ regolati dalle norme americane.
Il piano viola quanto e’ stato stabilito dalla giustizia americana, afferma Griesa, criticando il discorso a reti unificate del presidente argentino Cristina Fernandez de Kirchner, secondo il quale e’ impossibile per il Paese aderire a quanto stabilito dalla Corte Suprema americana, ovvero al pagamento dei titolari di bond in default che non hanno accettato lo swap per poter procedere a quello di coloro che hanno aderito al concambio.
Con la decisione della Corte Suprema americana di rigettare l’appello di Buenos Aires e’ giunto il downgrade del paese da parte di Standard & Poor’s a ‘CCC-‘ che vede un aumento del rischio di default. Preoccupato anche il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che teme ripercussioni sul sistema finanziario. Nel messaggio registrato a reti unificate, che ha dato tutto il senso della delicatezza del momento, la presidente ha confermato in sostanza due punti: l’Argentina ribadisce il pagamento del debito gia’ ristrutturato e non accetta nel contempo "estorsioni", quali quello appunto dalla sentenza Usa. Buenos Aires portera’ avanti "le strategie necessarie affinche’ chi ha avuto fiducia nel paese riceva i propri soldi", ha sottolineato la Kirchner, ripetendo piu volte il concetto "trattative".
"Il discorso del presidente e’ un problema. Non mi da’ fiducia in un impegno in buona fede a onorare tutti gli obblighi" mette in evidenza Griesa. Pesanti anche le affermazioni del ministro dell’Economia argentino, Alex Kicillof, che ha parlato di "fondi avvoltoi" che vogliono mandare all’aria la ristrutturazione del debito.
"Mi e’ stato detto che c’e’ in programma una visita qui", a New York, "la prossima settimana" con i titolari di bond che non accettato il concambio per "risolvere la situazione", afferma Carmine Boccuzzi, il legale dell’Argentina. Affermazioni che innescano il rally dei bond argentini, dopo le pressioni al ribasso degli ultimi giorni seguite alla decisione della Corte Suprema americana.
I titoli di stato dell’Argentina sono scesi nella mattinata di ieri ai minimi degli ultimi tre mesi per poi bruciare le perdite e salire grazie all’apertura al negoziato. "Trattare va bene. Come giudice quello che voglio – afferma Griesa – e’ un meccanismo legale che prevenga un’altra situazione in cui un Paese puo’ semplicemente mettersi a ridere" del giudizio di altri.
La sentenza di Griesa riguarda direttamente una partita di un miliardo e mezzo di dollari, ma in realtà i possessori dei titoli che non hanno accettato lo swap hanno la proprietà di un valore nominale di quindici miliardi..
WASSHINGTON
OBAMA NEL CAOS IRACHENO The New York Times, Stati Uniti
Finora il presidente Barack Obama ha fatto la cosa giusta in Iraq, dove gli estremisti sunniti conqui-stano territori e minacciano l’esistenza stessa dello stato. Ha agito con cautela, sottolineando la necessità di riforme e contattando altri paesi che possono influire sul destino dell’Iraq.
L’apertura all’Iran è stata la sua mossa più controversa ma più importante. Teheran ha gran-de influenza sul governo a guida sciita di Baghdad e sul suo primo ministro, Nuri al Maliki. Gli Stati Uniti hanno negoziato per mesi con l’Iran sul suo programma nucleare, ma pochi giorni fa Obama ha mandato a Vienna un alto funzionario del di-partimento di stato per parlare con un funziona-rio iraniano anche dell’ Iraq. I due paesi hanno già collaborato in Afghanistan nel 2001 contro i tale-bani e, in teoria, la stabilizzazione dell’Iraq dovrebbe essere nell’interesse di entrambi.
Come condizione per evitare un’azione mili-tare da parte degli Stati Uniti, Obama ha invitato Maliki a formare un governo che rappresenti davvero gli sciiti, i sunniti e i curdi. Nonostante que-sto, Maliki si è rifiutato di tendere la mano ai sunniti. Forse Teheran può essere più convincente. Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante – il gruppo ribelle noto come Isil che ora marcia sul terri¬torio iracheno – sta combattendo anche la guerra in Siria, mescolando i due conflitti e alimentando le tensioni tra sunniti e sciiti in tutto il Medio
ORIENTE. Obama e i suoi collaboratori hanno consultato i leader della regione, i cui interessi sarebbero minacciati da un collasso dell’Iraq. La Turchia, per esempio, dovrebbe chiudere le sue frontiere ai militanti e alle armi che affluiscono verso la Siria e l’Iraq. E l’Arabia Saudita, il Kuwait e gli altri stati del Golfo dovrebbero smettere di finanziare (più o meno direttamente) l’Isil, che è nato come affiliato di Al Qaeda e di altri gruppi estremisti.
Obama ha dichiarato che l’Iraq ha bisogno di aiuto e che sta considerando diverse possibilità, compresa un’azione militare. Le ipotesi degli ultimi giorni si sono concentrate su attacchi con droni o aerei contro l’Isil. Se sarà così, si tratterà di azioni isolate e strategiche, e le forze irachene dovranno appoggiarle da terra. Se Obama sceglierà per l’intervento militare, dovrà dire chiaramente che non lo fa per sostenere il governo di Maliki ma per fermare i ribelli mentre l’esercito iracheno si riorganizza. Qualunque azione Obama deciderà di intraprendere, dovrà essere basata su una strategia politica più ampia che tenga conto di tutti i conflitti settari della regione. Un esempio: il 16 giugno, prima di essere respinti, i ribelli hanno attaccato Baquba, una città a 60 chilometri da Baghdad controllata dal governo sciita. Durante l’attacco gli agenti hanno ucciso 44 prigionieri sunniti detenuti nella stazione di polizia.

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, El Espectador, Colombia, Nuovo Paese, +972 Magazine, Israele, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e Le Monde)

PER LE ASSOCIAZIONI, CIRCOLI FILEF, ENTI ed AZIENDE . Sui siti internet www.emigrazione-notizie.org e www.cambiailmondo.org è possibile utilizzare uno spazio web personalizzato, dedicato alla Vostra attività e ai Vostri comunicati stampa. Per maggiori informazioni, contattateci a emigrazione.notizie@email.it , oppure visitate la sezione PUBBLICITÀ su www.cambiailmodo.org

 

Views: 4

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.