11206 24. Notizie dall’Italia e dal Mondo 14 giugno 2014

20140617 14:57:00 red-emi

ITALIA – Era l’11 giugno 1984 quando Enrico Berlinguer tenne il suo ultimo comizio a Padova. A 30 anni dalla morte, Radio Città Fujiko dedica una settimana alla memoria dello storico segretario del PCI.
VATICANO – PAPA FRANCESCO Torna a tuonare contro la piaga della corruzione.
EUROPA – Draghi, l’euro crisi e la pancia piena della banche. Ecco perché non sono d’accordo.
AFRICA & MEDIO ORIENTE – nascita di uno stato islamico / Costruito a colpi di raid sanguinosi e attentati, un nuovo "paese" sta nascendo nel mondo arabo
ASIA & PACIFICO – GIAPPONE / Più garanzie per gli sfollati
AMERICA CENTROMERIDIONALE – Brasile. Non c’è contraddizione: io voglio Mondiali, salute e educazione. La posizione dei comunisti brasiliani sui Mondiali
AMERICA SETTENTRIONALE – Negli Usa le politiche espansive funzionano: 217 mila posti di lavoro in più . Crescita. Gli Stati Uniti hanno registrato un tasso di disoccupazione del 6,3%. Ma non tutto è oro quello che luccica.

ITALIA
ROMA
QUALCUNO ERA COMUNISTA: 30 ANNI SENZA BERLINGUER radiocittafujiko.it – Settimana dedicata alla memoria del segretario del PCI, Enrico Berlinguer, a cura di Nando Mainardi.
Era l’11 giugno 1984 quando Enrico Berlinguer tenne il suo ultimo comizio a Padova. A 30 anni dalla morte, Radio Città Fujiko dedica una settimana alla memoria dello storico segretario del PCI.
Radio Città Fujiko ricorda Enrico Berlinguer a trent’anni dalla scomparsa. Il segretario del Pci è stato al centro di una contesa, nel corso della campagna elettorale, tra Grillo e Renzi, svanita il giorno dopo le elezioni. A noi non interessa la santificazione di Berlinguer, interessa piuttosto ricordare le diverse fasi che hanno caratterizzato il suo percorso politico: dalla stagione del “compromesso storico” a quella dell’”alternativa democratica”, dal distacco dall’Unione Sovietica e dai socialismi reali all’apertura nei confronti dei movimenti delle donne, ambientalista e pacifista. Dando voce tanto a coloro che sostennero le sue diverse scelte tanto a chi, da sinistra, espresse valutazioni critiche.

VENEZIA
Mose bipartisan, ecco l’origine perversa del «partito del fare» di Paolo Cacciari Il progetto della chiu­sura delle boc­che di porto della Laguna di Venezia, il più grande intervento di ingegneria civile mai costruito in Italia, è stato il prototipo delle «grandi opere». In tutto. Nella filosofia emergenzialista che lo presiede — la grande alluvione del 4 novembre 1966 sembrava giustificare una decisione rapida e rassicurante, in barba ad ogni esigenza di approfondimento degli studi scientifici. Nella delega concessa al sistema delle imprese private giudicato dai decisori politici il più competente ed efficiente non solo nella realizzazione delle opere, ma anche nella loro ideazione e progettazione – condannando le università, il Cnr e gli organi tecnici dello stato a fare da sup­porto servente alle imprese. Nella deroga alle procedure ordinarie di affidamento, verifica e controllo delle opere pubbliche – date in concessione ad un unico soggetto, anticipando il meccanismo del general contract. Nel generoso ricorso al credito bancario (a proposito dei motivi che hanno generato il debito pubblico!) – procedura che poi sarà perfezionata con il project financing.
Il Consorzio Venezia Nuova nasce nel 1982 sotto gli auspici di De Michelis (Partecipazioni Statali), Nicolazzi (Lavori Pubblici) e Fanfani (presidente del Consiglio). Comprende tutte le maggiori società di engineering pubbliche e private, dalla Impresit della Fiat (a cui subentrerà la Mantovani) alle Condotte d’acqua dell’Iri. E poi: Lodigiani, Maltauro, Impregilo fino alle cooperative emiliane CCC. Primo presidente del CVN è Luigi Zanda, proveniente dalla segreteria del ministro Cossiga.
Negli stessi anni nasce anche il Tav e il Ponte dello Stretto di Mes­sina. L’Italia del «fare» — per chi ha perso la memoria — nasce allora.
Ma per superare gli evidenti vizi giuridici di un’opera affidata in concessione a trattativa privata e per di più su un «progetto preliminare di massima» mai approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ci fu bisogno di una legge speciale (legge 798 del 29 novembre del 1984). Ad opporsi fu solo il Pri con il ministro Bruno Visentini, come io stesso riconoscevo in un saggio di tanti anni fa, Appunti per una storia del Progettone («Oltre il ponte», n. 17, 1987), in cui definivo l’oggetto della convenzione tra Stato e CVN: «un insieme di opere ancora indeterminate, tutte comunque assicurate da una forma di pagamento a piè di lista».
Nasce così lo stra­po­tere del CVN in città e non solo. Crocevia di smistamento di ogni genere di appalti, anche quelli non direttamente afferenti al Mose. Punto di equilibrio degli interessi bipartisan.
A dire il vero un ripensamento ci fù all’epoca di Tangentopoli. Con una legge del 1993 (n.527, art. 12, comma 11) si dava mandato al Governo di «razionalizzare» le procedure di intervento a Venezia così da «separare i soggetti incaricati della progettazione dai soggetti cui è affidata la realizzazione» e costituire una agenzia pubblica. Inutile dire che nulla sostanzialmente fu fatto per mutare la situazione. Nemmeno quando nel 1998 la Commissione nazionale per la Valutazione dell’Impatto Ambientale dette un parere sostanzial­mente negativo al progetto.
In soccorso del Mose giunse la nuova Legge Obiettivo di Lunardi-Berlusconi (2002) che ha consentito ai vari governi, da ultimo quello Prodi con Di Pietro ministro ai Lavori Pubblici (con un voto a maggioranza nel Consiglio dei ministri), di avocare a sé le decisioni tecnico-progettuali e di approvare definitivamente il Mose nel 2006. Fu il colpo di grazia anche per i movimenti ambientalisti e l’assemblea permanente contro il Mose. Da allora una valanga di massi, cemento e ferro è stata scaricata sulle bocche di porto. Il Consorzio Venezia Nuova aveva vinto. Ora sappiamo che sei miliardi di finanziamenti diretti, più tutti quelli per le opere complementari di difesa a mare del litorale, di consolidamento delle rive e delle fondamenta, di restaurare l’11 giugno 1984 quando Enrico Berlinguer tenne il suo ultimo comizio a Padova. A 30 anni dalla morte, Radio Città Fujiko dedica una settimana alla memoria dello storico segretario del PCI.

VATICANO
PAPA FRANCESCO TORNA A TUONARE CONTRO LA PIAGA DELLA CORRUZIONE. Quando uno "entra" nella "strada della corruzione", "toglie la vita, usurpa e si vende", sfrutta gli innocenti "con i guanti bianchi, senza sporcarsi le mani", ha detto nell’omelia a Santa Marta. Il corrotto – ha sottolineato – "irrita Dio" e "il Signore dice chiaramente cosa farà: ‘Io farò venire su di te una sciagura e ti spazzerò via’". La sintesi dell’omelia è stata diffusa da Radio Vaticana.
"Quando leggiamo sui giornali che questo è corrotto, quell’altro è corrotto, che ha fatto quell’atto di corruzione e che la tangente va di qua e di là e anche tante cose di alcuni prelati, come cristiani il nostro dovere è chiedere perdono per loro e che il Signore gli dia la grazia di pentirsi". Lo ha detto il Papa a Santa Marta.
C’è però una "porta di uscita per i corrotti, per i corrotti politici, per i corrotti affaristi e per i corrotti ecclesiastici: chiedere perdono!", ha detto il Papa. E, aggiunge, "al Signore piace questo". Il Signore, sottolinea ancora, "perdona, ma perdona quando i corrotti" fanno "quello che ha fatto Zaccheo: ‘Ho rubato, Signore! Darò quattro volte quelle che ho rubato!’".

"Condannare i corrotti, sì", ha concluso il Papa nell’omelia della messa a Santa Marta, secondo quanto riferisce Radio Vaticana, "chiedere la grazia di non diventare corrotti, sì!" ed "anche pregare per la loro conversione!".

Il corrotto irrita Dio e fa peccare il popolo", ha sottolineato Francesco. Il Papa ha ribadito che per i corrotti c’è una sola via d’uscita: "chiedere perdono", altrimenti incontreranno la maledizione di Dio. Prendendo spunto dalla lettura del giorno, , incentrata sull’uccisione di Nabot per volere del corrotto re Acab che si è impossessato della sua vigna, il profeta Elia, annota il Papa, dice che il corrotto Acab si è "venduto". E’ come se "lasciasse di essere una persona e diventasse una merce", "compra e vende".
"Questa è la definizione: è una merce", dice il Papa, ribadendo che "sono i poveri che pagano la festa dei corrotti. Il conto va a loro".
E Gesù, ha proseguito il Papa, lo ha detto chiaramente: colui che "fa scandalo è meglio che si butti in mare". Il Signore preannuncia quindi il castigo per i corrotti "perché scandalizzano, perché sfruttano quelli che non possono difendersi, schiavizzano": "Ti divoreranno gli uccelli del cielo". Il corrotto, prosegue Francesco, "si vende per fare il male, ma lui non lo sa: lui crede che si vende per avere più soldi, più potere". Ma, ribadisce il Papa, in realtà "si vende per fare il male, per uccidere". Per questo, avverte: "Quando noi diciamo: ‘Quest’uomo è un corrotto; questa donna è una corrotta… Ma fermiamoci un po’: ‘Tu hai le prove?" Perché, evidenzia il Papa, "dire ad una persona che è un corrotto o una corrotta, è dire questo": è dire che "è condannata, è dire che il Signore la ha cacciata via".
"Sono traditori i corrotti, ma di più. La prima cosa nella definizione del corrotto è uno che ruba, uno che uccide. La seconda cosa: cosa spetta ai corrotti? Questa è la maledizione di Dio, perché hanno sfruttato gli innocenti, coloro che non possono difendersi e lo hanno fatto con i guanti bianchi, da lontano, senza sporcarsi le mani. La terza cosa: ma c’è una uscita, una porta d’uscita per i corrotti? Sì! ‘Quando sentì tali parole, Acab si stracciò le vesti, indossò un sacco sul suo corpo e digiunò. Si coricava con il sacco e camminava a testa bassa. Cominciò a fare penitenza

EUROPA
EU
DRAGHI, L’EUROCRISI E LA PANCIA PIENA DELLA BANCHE. ECCO PERCHÉ NON FUNZIONERÀ di Fabio Sebastiani / C’era da aspettarselo, le critiche maggiori ai provvedimenti di Draghi sono arrivati dalla Germania, dove le grandi società assicurative parlano di “colpo di grazia” verso i risparmiatori. Parigi e’ soddisfatta, il Fmi internazionale promuove a pieni voti mentre in Germania impazza il ”tiro” a Mario DRAGHI: bersaglio contro il quale ieri si sono cimentate tante voci del mondo economico e finanziario tedesco, allarmando i risparmiatori. La Welt lo aveva definito ”Bismark dell’euro” nell’edizione di questa attesissima giornata, mettendo il presidente in guardia dalla possibilita’ di un ”gran fallimento”. E dopo gli annunci dei tagli dei tassi e delle nuove iniezioni di liquidità nell’eurosistema sono fioccate aspre critiche: la strada intrapresa ”e’ pericolosa”, secondo le casse di risparmio; ricetta sbagliata, per gli assicuratori; pagano i risparmiatori, fa notare piu’ di un economista. Ed e’ l’Handelsblatt a tirare le somme: da oggi il presidente italiano e’ ”il miglior nemico dei risparmiatori tedeschi”. I tassi negativi per i risparmiatori fanno paura. La banche potrebbero rivalersi sui clienti. E questi, a loro volta, potrebbero chiudere i conti. Ma a mettere in dubbio la politica della Bce sono anche molti esperti che sottolineano la scarsa efficacia di una manovra che andava fatta almeno sei mesi fa. Con un sistema bancario alla vigilia degli stress test e molti aumenti di capitale da effettuare, ecco che il fiume di denaro verso gli istituti di credito potrebbe prendere altre strade. La Bce ha impugnato il bazooka, come hanno commentato in molti, “ma la capacita’ di fuoco e’ da verificare", sottolineano dall’Ufficio studi di Intesa. La Bce, spiegano gli esperti, "ha significativamente potenziato le misure di stimolo monetario spingendosi in parte oltre le attese. Difatti sono state dispiegate tutte quelle misure che ragionevolmente non avrebbero incontrato opposizione all’interno del consiglio". "Nel complesso è un’azione preannunciata, non inferiore alle aspettative. Si spera che anche il timing sia quello giusto, nel senso che, se queste misure fossero state adottate, prendendo anche qualche rischio, quattro o cinque mesi fa l’efficacia rispetto agli obiettivi che si vogliono conseguire sarebbe stata maggiore", evidenzia Sergio De Nardis, capo-economista di Intesa.
Un tasso Bce allo 0,1% non si era mai visto ma le ripercussioni sui consumatori e imprese non saranno così immediate, e soprattutto rilevanti, come ci si potrebbe attendere con i tassi di interesse al nuovo minimo storico in Eurolandia. In primo luogo perché i mutui a tasso variabile ancorati al tasso Bce sono ancora pochissimi ed una variazione di 15 punti base (dallo 0,25% precedente ad appunto lo 0,1%) si tramuterà in un risparmio di pochi euro all’anno per i mutuatari. Lo stesso vale anche per i mutui legati all’Euribor. Perché, se quando i tassi Bce viaggiavano al 4,25% nel luglio 2008 e i tagli della Bce erano dell’ordine di 50 punti base l’impatto sull’Euribor – e quindi sui mutui variabili – era consistente, variazioni così ridotte contribuiranno sì a ridurre l’Euribor, ma sempre con vantaggi risibili per i consumatori. Così come saranno infinitesimali gli svantaggi per quelli che hanno il conto di deposito o le polizze assicurative ancorate ai tassi della Bce. Timore molto forte in Germania.
In base alle prime elaborazioni del Codacons, il risparmio dovrebbe andare dai 72 euro all’anno per chi ha un mutuo da 100.000 euro a 30 anni, fino ai 96 euro per un mutuo da 150.000 euro a 25 anni. Considerato che solo il 2% della famiglie italiane ha attivato mutui direttamente legati al tasso Bce, per tutti gli altri occorrerà aspettare che il taglio deciso da Mario Draghi venga ”adottato” sui tassi praticati dalle banche. Il Codacons reputa tuttavia tardivo l’intervento della Bce. ”La riduzione dei tassi andava fatta almeno un anno e mezzo fa, non solo per scongiurare l’allarme deflazione, ma anche e soprattutto che dare una nuova spinta al credito e quindi all’economia nazionale – afferma il Presidente Carlo Rienzi – Le banche infatti hanno smesso da anni di concedere prestiti e svolgere la loro funzione primaria, e tenendo ferma la liquidità, spesso guadagnandoci sopra, hanno prodotto un immenso danno alle imprese di piccole e medie dimensioni, costrette a chiudere per mancanza di credito”.
Secondo Alfonso Gianni, della Lista Tsipras, l’attivismo di Draghi al limite dello statuto della Bce, rimane “pur sempre dentro uno statuto assurdo che le impedisce di acquistare i titoli direttamente prestando soldi agli stati". "Il quantitative easing alla europea, ovvero l’acquisto di titoli su larga scala sul mercato secondario, e’ rinviato – aggiunge – La Borsa festeggia, lo spread scende, cosi’ l’euro nel rapporto con le altre monete. Ma questo non basterà a salvarci della recessione e dalla perdita di occupazione. La stessa Bce rivede al ribasso i tassi di crescita per i prossimi tre anni".

UNIONE EUROPEA
LA BATTAGLIA DI JUNCKER / A due settimane dal voto del 25 maggio la battaglia per decidere chi sarà il prossimo presidente della Commissione europea non è chiusa. In un vertice organizzato il 9 giugno a Stoccolma dai leader di Svezia, Regno Unito, Paesi Bassi e Germania, il britannico David Cameron ha ribadito il suo no all’ex premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, del Ppe, spiegando che Londra non riconosce come legittimo il principio secondo cui la carica deve andare al candidato del partito che ha avuto più voti. Con Cameron si sono schierati l’olandese Mark Rutte e lo svedese Fredrik Reinfeldt. Come spiega Le Monde, il premier britannico, messo sotto pressione dal successo del

RUSSIA
UN OMICIDIO SENZA MANDANTI/A quasi otto anni di distanza dall’omicidio della giornalista russa Anna Politkovskaja, il tribunale di Mosca ha pronunciato le condanne definitive. L’organizzatore dell’omicidio Lom-Ali Gajtukaev e l’esecutore materiale Rustam Makhmudov (nella foto) hanno avuto l’ergastolo. Pene più alte del previsto, dai 12 ai 20 anni di carcere, per gli altri tre imputati. Come riferisce Novaja Gazeta (il giornale per cui la giornalista scriveva), il figlio di Anna Politkovskaja, Ilja, ha dichiarato che "la sentenza è giusta, ma la parte civile sarà soddisfatta solo quando saranno identificati anche i mandanti". Secondo il giornale, "è stato raccolto materiale sufficiente per far piena luce sull’omicidio. L’importante ora è che l’inchiesta non sia piegata a finalità politiche che le sono estranee

UCRAINA
DIPLOMAZI E CARRI ARMATI / Dopo gli incontri del 6 giugno in Normandia tra il presidente russo Vladimir Putin, l’ucraino Petra Porosenko (nella foto, i due) e i leader occidentali, la diplomazia sembra essersi attivata per risolvere la crisi in Ucraina e, sotto la mediazione dell’Osce, sono cominciati i negoziati diretti tra Kiev e Mosca. Come scrive Kommersant, il presidente ucraino ha detto di essere ottimista e di sperare che nell’est del paese si arrivi a un cessate il fuoco entro il fine settimana, e anche per il Cremlino una soluzione in tempi brevi è possibile. "Le dichiarazioni di Mosca e Kiev", scrive Kommersant, "sono il segno che, nonostante le difficoltà obiettive, entrambi i governi stanno puntando a una soluzione politica e non militare del conflitto". Nel frattempo si sono chiusi con un nulla di fatto i colloqui per trovare un compromesso per evitare l’interruzione delle forniture del gas russo all’Ucraina. Non si tratta, però, di un fallimento totale, poiché le parti hanno stabilito che le trattative riprenderanno. Sul terreno, tuttavia, la situazione rimane tesa. Novaja Gazeta nota con preoccupazione che nella regione di Luhansk i posti di confine con la Russia sono in mano ai separatisti, che stanno facendo entrare in Ucraina una grande quantità di armi: "Kiev ha perso il controllo delle frontiere. E la zona di Luhansk ormai è quasi per intero nelle mani dei ribelli".
GEORGIA
II 1 giugno il presidente della regione separatista dell’Abkhazia, Aleksandr Ankvab, si è dimesso dopo una serie di manifestazioni. Le elezioni anticipate si svolgeranno il 24 agosto.

SPAGNA
Migliaia di persone hanno partecipato il 7 giugno alle manifestazioni in varie città del paese per chiedere un referendum sulla monarchia.

FRANCIA
IL NUOVO ASSETTO DEL TERRITORIO / Il presidente Francois Hollande ha annunciato la riforma dell’assetto territoriale del paese. La prima tappa del processo di semplificazione del "millefoglie amministrativo" francese è la riforma delle regioni, che ne riduce il numero da 22 a 14, raggruppandone diverse. La tappa successiva sarà la diminuzione del numero dei dipartimenti (simili alle province) e delle loro competenze. I primi provvedimenti saranno varati dal consiglio dei ministri il 18 giugno. In questo modo il governo punta a snellire le amministrazioni locali e a risparmiare dieci miliardi di euro in dieci anni, spiega Le Monde. Secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano, tuttavia, solo il 42 per cento degli intervistati approva la riforma.

MEDIO ORIENTE & AFRICA
TURCHIA
II 7 giugno due curdi sono stati uccisi dall’esercito durante una protesta contro la costruzione di due nuove basi militari nella provincia di Diyarbakir, nel sudest del paese.

NASCITA DI UNO STATO ISLAMICO / Le Monde, Francia
Costruito a colpi di raid sanguinosi e attentati, un nuovo "paese" sta nascendo nel mondo arabo: il "Jihadistan". Occupa un territorio che va dal nordest della Siria al nord e all’ovest dell’Iraq. È un fatto importante, non solo per la regione ma an-che per l’Europa. Approfittando dell’indebolimento di questi due ex stati forti del Medio Oriente, il gruppo jihadista Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), guidato dall’iracheno Abu Bakr al Baghdadi, continua a estendere il suo dominio.
Lo Stato islamico supera Al Qaeda per potenza di fuoco e mezzi finanziari. Promuovendo la stessa purezza islamica sunnita e una violenza estrema, può modificare la carta della regione, amputando Siria e Iraq di una parte delle loro province petrolifere. L’Europa non può restare indifferente: l’Isil seduce migliaia di giovani musulmani europei che vanno a battersi in suo nome, soprattutto in Siria. Negli ultimi quattro giorni le colonne di Al Baghdadi si sono impadronite di Mosul, capitale settentrionale dell’Iraq sulle rive del Tigri. Oggi dominano gran parte del territorio sunnita iracheno. In Siria l’Isil ha conquistato la parte orientale del paese, assicurandosi la continuità territoriale con il suo feudo iracheno. Cosi si sta creando un mini stato, che impone tasse, saccheggia e vende petrolio di contrabbando. È lo scopo di Al Baghdadi: ricreare una base jihadista, come fu l’Afghanistan per Al Qaeda. Il regime siriano, quello di Bashar al Assad, resta a guardare per ragioni tattiche. Il regime iracheno, dominato dalla maggioranza sciita del paese, è incapace di fermare l’Isil. A Baghdad il governo sciita di Nuri al Maliki governa in modo settario, suscitando l’ostilità della minoranza sunnita.
Il risultato è un incredibile caos strategico. Le tribù sunnite irachene, oppresse da Baghdad, sostengono l’Isil. E il premier Maliki – a sua volta alleato di Assad, e con lui protetto dall’Iran – manda le milizie sciite irachene in Siria a combattere per il regime di Damasco. Gli Stati Uniti in Siria sostengono, con moderazione, la rivolta contro Assad. Mentre in Iraq sostengono, con moderazione, Maliki contro l’Isil. La Russia resta fedele alla sua alleanza con l’Iran e la Siria. L’Europa invece sta a guardare. Nel 2003, in nome della guerra al terrorismo, gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq. Undici anni dopo, sulle macerie di una folle invasione, il jihadismo trionfa nel paese. Un disastro per Washington, una tragedia senza fine per iracheni e siriani, una minaccia futura per gli europei.

CISGIORANIA
LE PIETRE SONO INUTILI Da Ramallah Amira Hass / I quattro ragazzi di 16 o 17 anni presenti all’incontro vogliono diventare medici. Il preside li ha scelti per parlare con un team dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (Unrwa) di come migliorare le condizioni di vita dei giovani nel campo di Al Arrub, in Cisgiordania.
Dato che il campo è piccolo e ospita ben undicimila persone, molte famiglie hanno acquistato terreni dei villaggi vicini. In questo modo hanno parzialmente risolto il problema del sovraffollamento, ma ne hanno incontrato un altro: gli israeliani non vogliono con-cedere il permesso di costruire su quei terreni. Così la maggior parte dei profughi continua a vivere in condizioni terribili. Negli ultimi anni si sono anche moltiplicati gli scontri tra gli abitanti e l’esercito israeliano. I giovani lanciano pietre e i soldati rispondono con lacrimogeni, raid notturni e a volte con le pallottole. I quattro aspiranti medici non partecipano agli scontri. "Ri-spettiamo chi lo fa", dicono, ma aggiungono alcune frasi significative: "Alcuni vogliono essere arrestati per incassare i soldi che l’Autorità palestinese versa ai prigionieri". "Le pietre non servono a niente. Anche studiare è una forma di lotta".
Il termine "lotta" riferito alla loro scuola è sicuramente appropriato. Metà dell’edificio è stata costruita senza permesso e potrebbe essere demolita dalle autorità israeliane. Non ci sono laboratori, non c’è una biblioteca e non si pratica sport. "Eppure abbiamo i voti più alti della regione", dice con orgoglio uno dei ragazzi

SIRIA/LIBANO
L’OFFENSIVA di Assad
A una settimana dalla sua rielezione alla presidenza della Siria, Bashar al Assad (nella foto, in un seggio a Damasco il^ giugno) ha annunciato un’amnistia generale, la quinta in tre anni di conflitto. Forte del risultato ottenuto alle presidenziali del 3 giugno -vinte con l’88 per cento dei voti -e dei successi dell’esercito sul campo di battaglia, Assad ha fatto un’apparizione alla tv siriana presentandosi come il "campione della riconciliazione", scrive AnNahar. Ha spiegato che l’amnistia riduce le pene di chi è già stato condannato, copre anche i crimini più recenti e riguarda perfino i disertori e "gli stranieri arrivati in Siria per combattere a fianco dei terroristi che decideranno di arrendersi entro un mese". Durante la sua visita a Beirut il 4 giugno, il segretario di stato statunitense John Kerry ha definito la rielezione di Assad un "grande nulla" e ha annunciato che il Libano riceverà 51 milioni di dollari per gestire l’emergenza dei profughi siriani. Kerry ha incontrato i rappresentanti di vari partiti per risolvere lo stallo che impedisce l’elezione del presidente della repubblica. Il 9 giugno il parlamento si è riunito per la sesta volta per eleggere il capo dello stato ma nessuno dei candidati ha raggiunto la maggioranza dei due terzi. La scelta è ostacolata dalle divisioni interne ai partiti cristiani libanesi sull’atteggiamento da adottare verso la Siria

IRAN
II 9 e il 10 giugno funzionari iraniani e statunitensi hanno partecipato a due giorni di colloqui diretti sul programma nucleare di Teheran.

ISRAELE
II 10 giugno il parlamento ha eletto il nuovo presidente: è Reuven Rivlin, candidato del Likud (destra), che prende il posto di Shimon Peres.

LIBIA
La corte suprema ha annullato il 9 giugno la nomina a primo ministro di Ahmed Miitig. Abdallah al Thani rimarrà quindi in carica fino alle elezioni del 25 giugno

EGITTO
GLI STUPRI NON SI FERMANO / Nonostante l’adozione di una legge contro le molestie sessuali, l’8 giugno, durante i festeggiamenti per l’elezione del nuovo presidente, cinque donne sono state stuprate al Cairo. In rete è stato pubblicato un video sconvolgente, che mostra una delle vittime nuda e ferita tra la folla. Sette uomini sono stati arrestati, scrive Al Watan.

NIGERIA
KANO
Il 9 giugno a Kano, nel nord della Nigeria, centinaia di giovani hanno protestato contro la nomina a emiro di Sanusi Lamido Sanusi, l’ex governatore della banca centrale. Secondo i manifestanti, che si sono scontrati con i sostenitori di Sanusi, l’incarico avrebbe dovuto essere affidato al figlio di Ado Bayeri, il leader spirituale morto il 6 giugno. Insieme al sultano di Sokoto, l’emiro di Kano è la guida dei musulmani nigeriani, che vivono prevalentemente nella Nigeria settentrionale. A febbraio Sanusi è stato rimosso dall’incarico di governatore della banca centrale dopo aver denunciato la corruzione nel governo e, in particolare, la sottrazione di miliardi di dollari di proventi del petrolio. I nigeriani si aspettano che nella sua nuova veste prenda posizione contro il gruppo armato Boko haram, come aveva fatto il suo predecessore. Il 9 giugno, scrive Vanguard, si è saputo che i militanti di Boko haram hanno sequestrato un’altra trentina di donne a Chibok, la località dove a metà aprile sono state rapite quasi trecento studentesse. Nei giorni precedenti l’esercito aveva annunciato di aver ucciso una cinquantina di militanti del gruppo.

ASIA & PACIFICO
COREA DEL SUD
II 10 giugno è cominciato a Gwangju il processo al capitano e a tre membri dell’equipaggio del traghetto affondato il 16 aprile, che ha causato la morte di 304 persone. Vietnam II banchiere Nguyen Due Kien, uno degli uomini più ricchi del paese, è stato condannato a 30 anni di prigione per truffa ed evasione fiscale.

GIAPPONE
Più garanzie per gli sfollati – Shùkan Kinyobi, Giappone / Tra meno di un anno molti degli sfollati in seguito allo tsunami e alla crisi nucleare di Fukushima potrebbero rimanere senza casa. Secondo una legge approvata dopo il disastro, gli affitti degli alloggi temporanei sono in parte a carico dello stato e in parte a carico delle regioni. Dal 2013 l’accordo è negoziato di anno in anno e in alcuni casi non è rinnovato. Ma spesso gli inquilini vengono informati della decisione pochi mesi prima della scadenza del contratto d’affitto, e hanno difficoltà a trovare una sistemazione alternativa nel caso in cui il contratto non sia prorogato. Per chiedere soluzioni più durature, a maggio gli sfollati si sono riuniti a Tokyo e sono stati ricevuti in parlamento. "Questo sistema dev’essere riformato in fretta", spiega un avvocato allo Shùkan Kinyobi, "perché gli aiuti per la casa sono un diritto delle vittime dello tsunami

THAILANDIA
IL GOLPE AFFOSSA LA PACE NEL SUD / Il colpo di stato militare del 22 maggio ha definitivamente cancellato ogni speranza di pace nel sud del paese, teatro di un’insurrezione islamica dal 2004, scrive Asia Times. L’epurazione degli alti funzionari del governo di Yingluck Shinawatra coinvolti nei colloqui di pace con i separatisti islamici lascia, infatti, poche speranze. In realtà il movimento islamico, dopo aver voltato le spalle ai negoziati mediati dalla Malesia, aveva già lanciato un’offensiva militare che ha scatenato il panico. A maggio, nelle provincie di Pattani, Yala e Narathiwat ci sono stati diversi attentati nelle aree urbane, che ultimamente erano state risparmiate dai militanti.

INDIA
II 6 giugno decine di sikh armati di sciabola si sono affrontati nel tempio d’oro di Amritsar. Dieci persone sono rimaste ferite. Gli scontri sono scoppiati durante la commemorazione di un assalto compiuto dall’esercito nel 1984, in cui morirono quattrocento personeINDIA
AKILESH YADAV NELLA BUFERA / Dopo il caso delle due ragazze dalit di 14 e 15 anni stuprate, uccise e appese a un albero il 27 giugno a Budaun, nell’Uttar Pradesh, Akilesh Yadav è nell’occhio del ciclone. Yadav, il chief minister dello stato più popoloso dell’India, è sotto accusa per la reazione tardiva all’episodio, seguito nei giorni successivi da altri cinque stupri. I tre sospetti responsabili delle violenze di Budaun sono stati arrestati insieme a due poliziotti accusati di negligenza e associazione a delinquere. Yadav ha fatto aprire un’inchiesta solo dopo essere stato messo alle strette dalle accuse dei mezzi d’informazione. "È un esempio di apatia politica nella sua forma peggiore", commenta l’Hindustan Times. "Chi governa l’Uttar Pradesh sembra totalmente indifferente al deterioramento della legge e dell’ordine nello stato

PAKISTAN
L’ONORE DEGLI ASSASSINI / Il 5 giugno una ragazza di 18 anni è sopravvissuta a un tentativo di omicidio da parte di alcuni familiari che le hanno sparato e l’hanno gettata in un fosso, scrive Dawn. Cinque giorni prima la ragazza si era sposata con un vicino di casa contro la volontà della famiglia. Il 27 maggio Farzana Iqbal, 25 anni, è stata uccisa a colpi di mattone dal padre, dal fratello e dal cugino in pieno giorno fuori da un tribunale di Lahore perché sia era sposata per amore. In un’intervista alla Cnn, il marito della vittima ha raccontato di aver strangolato la sua prima moglie sei anni fa per poter sposare Farzana e di essere poi uscito di prigione grazie al perdono del figlio

KARACHI
ATTACCO A Karachi L’8 giugno un gruppo di dieci uomini armati ha preso d’assalto l’aeroporto di Karachi uccidendo almeno 39 persone. Nello scontro a fuoco con la polizia gli attentatori sono morti. Due giorni dopo, un altro attacco armato vicino all’aeroporto non ha provocato vittime. Il raid è stato rivendicato dal Movimento islamico dell’Uzbekistan (Imu), un gruppo di islamisti con basi nella regione tribale pachistana del Waziristan del Nord, legato ad Al Qaeda e ai taliban. In passato l’Imu aveva già compiuto attentati in Pakistan provocando decine di morti. Il gruppo ha rivendicato l’attacco definendolo una vendetta per le vittime dei raid aerei nelle zone tribali.

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
HAITI
IN PIAZZA CONTRO MARTELLY / "Il 6 giugno, nella capitale Port-au-Prince, la polizia ha lanciato dei gas lacrimogeni contro migliaia di manifestanti scesi in piazza per chiedere le dimissioni del presidente Michel Martelly e nuove elezioni", scrive Le Nouvelliste. I manifestanti, convocati dall’opposizione, accusano il governo di Martelly, un ex musicista eletto nel 2011, di corruzione e di non varare misure sufficienti a migliorare l’occupazione, l’istruzione e la sanità. "Prima di indire nuove elezioni", ha detto l’ex senatore Turneb Delpé, "Martelly e il primo ministro Laurent Lamo-the devono lasciare i loro incarichi, perché gli haitiani non si fidano della capacità di questi dirigenti di organizzare delle consultazioni oneste". Sull’isola, devastata nel 2010 da un terremoto di magnitudo 7.0 sulla scala Richter, le manifestazioni antigovernative si susseguono da mesi.

VENEZUELA
LEOPOLDO LÓPEZ SARÀ PROCESSATO / "Il 5 giugno la giudice Adriana López ha stabilito che Leopoldo López, leader del partito Voluntad popular (opposizione), resterà in carcere e sarà processato per i fatti relativi alle manifestazioni antigovernative del 12 febbraio, con l’accusa di istigazione a delinquere e associazione per delinquere", scrive El Universal. López si era consegnato alle autorità il 18 febbraio durante una manifestazione in suo sostegno e da allora si trova in una prigione militare vicino a Caracas. Dopo la sentenza, López ha scritto un tweet rivolgendosi al presidente Nicolás Maduro: "Vigliacco, nulla po-trai contro il coraggioso popolo venezuelano

VENEZUELA
LA CONGIURA MEDIATICA «La situazione in Venezuela non è molto lontana da quella che portò al rovesciamento di Salvador Allende nel Cile del 1973». Così si è espresso il giornalista Maurice Lemoine, firma storica di le monde diplomatique , al forum internazionale congiura mediatica contro il Venezuela che si sta tenendo a Caracas. Un’iniziativa per denunciare «l’aggressione senza precedenti» subita dal governo socialista, ma anche per riflettere sui limiti, gli eccessi o gli errori del sistema di comunicazione bolivariano. di Autore: Geraldina Colotti
Prima con Chavez e poi con Maduro, gli allarmi lanciati dalla leadership bolivariana circa ingerenze e piani di golpe s’infrangono nel ven­tre molle dei grandi media, che tuonano contro un sistema «paranoico e fallimentare». Basta gettare uno sguardo alle edicole, per vedere la realtà di un «latifondo mediatico» ancora in mano al settore privato. Eppure, nonostante 15 anni di consenso, sancito da innumerevoli elezioni, quello chavista resta per i media «un regime dittatoriale».
E persino certi sindaci di opposizione che lanciano molotov con un passamontagna in testa diventano «pacifici manifestanti» perseguitati da un «regime» che non ammette dissenso. Al Forum ha partecipato anche il generale Vladimir Padrino Lopez, che persegue i responsabili della «guerra economica». L’ultimo ritrovamento nello stato di Portuguesa: 20 tonnellate di riso sottratte al mercato interno e destinato al contrabbando. Per nasconderle, una nuova tecnica: sotterrarle dopo averle coperte con materiale isolante. Per domani, un sindacato corporativo dei trasporti, gestito dall’opposizione, ha annunciato uno sciopero a oltranza nel Tachira, che pur governato a sinistra, contiene alcuni bastioni di opposizione, da cui sono partite le proteste violente. Il governo ha recentemente denunciato una trama eversiva dell’estrema destra locale intrecciata alle proteste violente dell’opposizione, in corso dallo scorso 12 febbraio. Finora i morti sono 42 i feriti 873. La Procura generale ha emesso alcuni ordini di comparizione per figure politiche, imprenditori e diplomatici. Fra questi, la ex deputata Maria Corina Machado, che ha respingo le accuse, ma ha dichiarato che si presenterà a giudizio. «Non vede l’ora di farsi arrestare per confermare il suo ruolo di vittima perseguitata dal regime», ha dichiarato giorni fa il presidente dell’Assemblea Diosdado Cabello. Dopo le elezioni comunali dell’8 dicembre scorso, che l’opposizione avrebbe voluto trasformare in un plebiscito contro il chavismo e che invece si sono concluse con una innegabile disfatta, nella Mesa de la unidad democratica (Mud) si è aperto uno scontro per la leader­ship. L’ala oltranzista, capitanata da Leopoldo Lopez, Maria Corina Machado e dal sindaco della Gran Caracas Antonio Ledezma, ha cercato di prendere il sopravvento, lasciando di lato il contestato (e perdente) Henrique Capriles Radonski. I 4 hanno lanciato la campagna per la cacciata di Maduro dal governo, con violenze che hanno portato in carcere Lopez come mandante. Il tribunale ha deciso che dovrà aspettare il processo (forse ad agosto) dietro le sbarre. Machado e i suoi hanno convocato per oggi una manifestazione a Chacaito. E a New York è comparso Carlos Vecchio, il numero due del partito di Lopez (Voluntad popular), ricercato per le violenze e dichiaratosi «perseguitato politico». Oggi, la maggioranza dei venezuelani risponderà celebrando la Festa dell’ambiente, mentre sta cominciando la discussione sulla nuova legge sul primo impiego: «lontana – ha detto Maduro – dalla concezione capitalista che considera i giovani e le giovani schiavi del precariato».

BRASILE
RIO DE JANEIRO
LAVORATORI MARACANÀ BLOCCANO CENTRO ACCREDITI / Una protesta nei pressi del centro accrediti Fifa al Maracanà di Rio De Janeiro. Un gruppo di circa 30 persone si e’ radunato all’esterno del cancello che porta al Media Centre, bloccando l’uscita di un gruppo di giornalisti. Gli addetti alla sicurezza hanno preferito far raggiungere il centro stampa tramite un percorso alternativo. A protestare un gruppo di lavoratori del Maracanà, a quanto sembra per paghe non ancora ricevute e per biglietti promessi e non ancora consegnati.

BRASILE
NON C’È CONTRADDIZIONE: IO VOGLIO MONDIALI, SALUTE E EDUCAZIONE. LA POSIZIONE DEI COMUNISTI BRASILIANI SUI MONDIALI
Ci sembra interessante proporvi il punto di vista del Partito Comunista del Brasile sulla questione dei Mondiali di calcio intorno ai quali si è sviluppata una forte ondata di proteste.
LA COPPA DEL MONDO È NOSTRA: VINCERE LA COPPA, SCONFIGGERE L’AFFARISMO, SVILUPPARE IL BRASILE!
Il Brasile ha ottenuto enormi conquiste economiche e sociali negli ultimi undici anni. Fra queste vittorie, una delle più rilevanti fu quella di ottenere la sede del Campionato mondiale di calcio del 2014 e i Giochi Olimpici del 2016. Il privilegio di realizzare questi eventi si è disputato duramente tra molti paesi e non alla cieca: significa infatti investimenti materiali di grande volume, specialmente importanti in un momento di crisi economica internazionale. Oltre a ciò vi sarà una enorme proiezione del nostro Paese nel mondo – per avere un’idea della dimensione di questi fenomeni, ricordiamo che il 46% della popolazione mondiale assisterà alla Coppa del Mondo di calcio.
Per il Brasile i risultati economici e sociali saranno marcanti. Uno studio della Fundação Getúlio Vargas dimostra che possono essere generati 3,6 milioni di impieghi diretti e indiretti, un numero superiore alla popolazione totale di Salvador, se vogliamo avere un termine di paragone. Oltre a ciò, c’è un importante processo di qualificazione professionale, come rappresentato per esempio dal programma Pronatec, che sta qualificando 94 mila lavoratori per il evento. Per l’occasione della Coppa delle Confederazioni, che il Brasile ha vinto brillantemente, abbiamo già avuto una piccola dimostrazione di questi benefici: 250 mila turisti, 24,5 mila impieghi direttamente creati nella sola costruzione di sei arene e altri dati molto positivi.
Ancora più rilevante che il gigantismo dei numeri, è l’effetto ideologico/culturale che un avvenimento può potenzialmente sviluppare. Il calcio è uno dei tratti più importanti della cultura del Brasile, capace di mobilitare la passione dei nostri compatrioti in modo profondo. Realizzare una Coppa in Brasile significa alzare l’autostima dei cittadini, riaffermare la capacità del nostro popolo di realizzare grandi progetti, ciò che è di importanza strategica per tutti coloro che auspicano trasformazioni profonde condotte dalla classe lavoratrice e dal popolo.
Guardando alla storia del Brasile, vediamo che i settori più retrogradi dell’élite dominante si sono sempre occupati di sviluppare un’immagine di “tramonto” del Paese e dei brasiliani. La propaganda dominante è sempre stata quella di una supposta incapacità cronica del Paese e del suo popolo. Questo sentimento di inferiorità, designato brillantemente da Nelson Rodrigues come “complesso del voltamarsina”, eccolo ripresentato di nuovo nelle pagine dei maggiori organi di stampa, che hanno mentito ostinatamente sui giochi e che ora profetizzando il caos perché le opere non saranno pronte, mentendo sugli investimenti, confondendo le spese pubbliche con quelle private. Dietro della propaganda dei grandi media c’è la logica elettorale del 2014. Con lo scopo di decretare una sconfitta alla Presidente Dilma Roussef, il sistema dell’opposizione opera apertamente per l’insuccesso del Brasile.
Accanto ai grandi media, un settore irresponsabile ha alzato, specialmente tramite le reti sociali, la parola d’ordine autoritaria “Non ci sarà Coppa”. Cercano così di creare una contraddizione inesistente tra le giuste rivendicazioni del popolo per la salute e l’educazione e quelle per la realizzazione del campionato mondiale, mentendo in modo aperto sull’origine delle risorse investite nell’evento. Preparano atti che mirano a rendere irrealizzabili i giochi in una maniera truccata e antidemocratica, urtando frontalmente con il sentimento popolare che appoggia ampiamente l’evento. I numeri sono eloquenti: un’indagine realizzato per Datafolha mostra che il 78% dei brasiliani considera che la Coppa promoverà la formazione di nuovi atleti; il 75% considera che rafforzerà l’orgoglio di essere brasiliano; il 69% crede che sarà il torneo più allegro della storia. Malgrado la campagna terrorista dei mass-media, il 64% dei brasiliani è ottimista con il progresso delle opere per la preparazione del mondiale.

DAVANTI A QUESTO QUADRO È NECESSARIO CHE LE FORZE COERENTEMENTE PROGRESSISTE SI MOBILITINO PER SPIEGARE LA SITUAZIONE AL POPOLO E DIFENDERE GLI INTERESSI DEL BRASILE.
LA PROPAGANDA DEI MEDIA MONOPOLISTI CREA UNA SERIE DI CONFUSIONI CHE È NECESSARIO RIMUOVERE
Un primo grande imbroglio è quello di raccontare che il Governo spenderebbe miliardi per la Coppa, sottraendo risorse alla salute, all’educazione e ai trasporti. Bisogna dire chiaramente: il campionato non ha tolto neanche un real dagli ambiti sociali. Sin dal 2007 (anno nel quale è stato conferito al Brasile il diritto a realizzare la Coppa), gli investimenti nella salute e l’educazione sono cresciuti anno dopo anno. La giusta necessità di investire il 10% del PIL nell’educazione e nella salute non entra in contraddizione tanto con la realizzazione dei giochi, quanto piuttosto con gli interessi dell’affarismo e della speculazione, difesi con ardore dai medesimi grandi media.
Un’altra questione che occorre chiarire si riferisce al tema dei traslochi. Il numero di espropriazioni riguarda 6’652 famiglie, niente di pari con i numeri fatti circolare che arrivano a cifre fantasiose di 150mila famiglie. E ancora: la totalità di tali traslochi è in rapporto diretto con le opere di mobilità urbana che mirano ad ampliare il trasporto collettivo, una grande aspettativa del nostro popolo, espressa nelle manifestazioni di Giugno dell’anno scorso. Ciò significa che non ci sono traslochi in funzione della costruzione di nuovi stadi. Le famiglie coinvolti dai traslochi sono già previste dal programma „Minha casa, minha vida“ del Governo federale.
Un’altra preoccupazione riguarda un processo di élitizzazione del calcio, con l’aumento costante del prezzi d’entrata che si verifica ormai da parecchi anni. Questo processo indesiderabile precede i giochi e si verifica persino in stadi e città che non ospiteranno l’evento. Ciò non esenta il Governo dalla necessità di cercare soluzioni per questa questione, giacché bisogna difendere il diritto del popolo lavoratore all’accesso agli stadi. Ma accusare la Coppa di aver suscitato tale processo, equivale a seminare la confusione e non andare alla radice vera del problema.

NON C’È CONTRADDIZIONE: IO VOGLIO MONDIALI, SALUTE E EDUCAZIONE
Le grandi trasformazioni a cui aspira il Brasile dipendono da un corretto orientamento delle forze progressive e del movimento sociale. Questo significa dimostrare chiaramente chi sono i nemici delle riforme e dei miglioramenti sociali. Chi afferma che sarebbe necessario combattere la Coppa del mondo affinché il Brasile ottenga conquiste sociali, disarma in realtà la lotta, poiché toglie dal campo visivo i veri avversari dei progressi sociali, che sono gli interessi speculatori.
Da questa prospettiva è necessario dire che non esiste contraddizione fra l’esito della realizzazione di una Coppa, e i progressi di cui ha bisogno il Brasile. Per questo effetto i partiti e movimenti sociali si devono unire in un blocco di affinità di sinistra che sia in grado di difendere la realizzazione dei giochi e, allo stesso tempo, sostenere le consegne del progressismo, dando impulsi al Governo nel senso della trasformazione sociale e sconfiggendo gli interessi delle banche.

DENTRO QUESTA LINEA È NECESSARIO:
Svolgere ampiamente una propaganda con parole d’ordine come “Non c’é contraddizione, io voglio Coppa, Salute ed Educazione”. Dimostrare che la Coppa è una grande vittoria, rinforzando la denuncia degli interessi speculativi, nemici veri degli avanzamenti sociali.
Favorire una unificazione dell’agenda e del calendario del movimento sociale, a partire dalle organizzazioni raggruppate attorno alla Coordenação dos Movimentos Sociais, allargandosi però verso nuovi settori.
Fare la lotta di idee attorno al tema della Coppa nelle reti sociali. E necessario mobilizzare i settori progressivi per occupare lo spazio in virtuale e combattere le bugie e confusioni che si sono gonfiati nella rete. Mobilitare il popolo, appoggiandosi nella grande onda patriottica che la Coppa susciterà. Chiamare il popolo a farsi sentire nelle strade, inondare la piazza di verde e giallo. Impegnarsi per il Brasile, contribuire con la realizzazione ed il successo del Campionato del Mondo, e mantenere ben alte le bandiere del movimento sociale. Risoluzione del Comitato Centrale del Partito Comunista del Brasile (PCdoB) São Paulo, 10 di Febbraio 2014

SANPAOLO
I MONDIALI SENZA I BRASILIANI / Vladimir Safatle, Folha de Sào Paulo, Brasile
L’idea sembrava perfetta. Dopo dodici anni di programmi di redistribuzione del reddito, che hanno fatto entrare 32 milioni di brasiliani nella classe media, il Brasile avrebbe mostrato al mondo la sua nuova immagine. Doveva essere la consacrazione sulla scena internazionale. Un paese allegro, orgoglioso di sé, in cui le aziende e i lavoratori cantano insieme l’inno nazionale, uniti in una nuova e radiosa fase di sviluppo.
Era questa la vera funzione dei Mondiali, completare il racconto politico della trasforma-zione nazionale sotto lo sguardo del mondo. Ma è emersa un’altra immagine, quella di un paese ri-masto bloccato a un punto in cui lo sviluppo non riesce più a tradursi in qualità della vita. Un punto in cui degli operai sono morti nei lavori per la Coppa del mondo e secondo Pelé "è normale, può succedere", come se fosse una legge della natura. Allora il popolo brasiliano ha lasciato lo stadio. I brasiliani avevano un ruolo prestabilito: dovevano festeggiare e acclamare. Con le case dipinte di verde e oro e, come si dice, con "allegria contagiosa", avrebbero dovuto abbracciare il loro nuovo posto nel mondo. Ma qualcosa è andato storto. La brutalità del governo contro gli scioperanti e l’enorme apparato politico-militare montato per impedire al popolo di uscire dalla coreografia di felicità imposta non lasciano dubbi. No, il popolo brasiliano non è felice. È un segno dei tempi. Nel cosiddetto "paese del calcio", per la prima volta i Mondiali non porteranno consenso politico, ma mostreranno una cittadinanza cosciente del tentato sfruttamento dei suoi sogni.
Una cittadinanza la cui rivolta può esplodere in qualsiasi momento, nel modo più inaspettato, anche se chi la governa si affida solo alla repressione. Qualcosa è cambiato profondamente, ma i pubblicitari, gli strateghi e i politici non l’hanno capito. Non c’è grande evento che basti a nascondere il disincanto di un popolo. Per questo, al di là dei Mondiali, il vero vincitore è il Brasile

SCIOPERI E CAOS A SÄO PAULO
Il 10 giugno i lavoratori della metropolitana di Sào Paulo hanno so-speso uno sciopero di cinque giorni riservandosi la possibilità di ri-prenderlo se non saranno accolte le loro richieste. I lavoratori chiedono un aumento dello stipendio del 12,2 per cento e il reintegro dei dipendenti licenziati a causa dello sciopero. Il 12 giugno a Sào Paulo si gioca la prima partita dei Mondiali, che dureranno un mese.

CILE
II io giugno il governo ha rinunciato per motivi ambientali al più grande progetto idroelettrico nella storia del paese. Il progetto Hidro Aysén prevedeva la costruzione di cinque dighe alla confluenza tra due fiumi in Patagonia..

BOLIVIA
VERTICE DEL G77, LA BOLIVIA CAPITALE DEI PAESI DEL SUD di Angel Guerra Cabrera
Il 14-15 giugno, a Santa Cruz de la Sierra in Bolivia si svolge il Vertice del Gruppo dei 77 più la Cina (G77). Riunisce la maggior parte degli stati membri dell’ONU, che formano il sud politico, poiché al gruppo appartengono 133 dei 193 paesi partecipanti all’organismo internazionale, con quasi il 60 per cento della popolazione mondiale.
La celebrazione di questo appuntamento nel paese andino è un riconoscimento dei paesi del Sud all’enorme sforzo di trasformazione, decolonizzatore e solidale con i popoli del mondo promosso dai suoi popoli indios e meticci, e dal suo prestigioso leader indigeno Evo Morales, che lo ha guidato dal momento del suo arrivo alla presidenza nel 2006. Da uno dei paesi più poveri e subordinati a Washington dell’America Latina di allora, la Bolivia è oggi un vigoroso Stato plurinazionale, degno difensore della propria sovranità ed esempio di equità, interculturalità e inclusione sociale che, con il prodotto della rinazionalizzazione delle sue risorse naturali e l’organizzazione dei suoi movimenti sociali ha elevato in modo sostenibile i livelli di educazione, salute, benessere e riduzione della povertà, mentre conserva un’apprezzabile crescita economica. Possiamo affermare senza dubbio che in questi giorni è la capitale del Sud.
Il G77 ha acquistato un meritato prestigio in difesa degli interessi politici, economici e culturali dei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Denominazione eufemistica ed eurocentrica poiché dietro a questi vocaboli si nasconde l’esistenza della maggioranza degli stati e delle regioni del mondo sottomessi al colonialismo, al neocolonialismo, allo sfruttamento e al saccheggio da parte del piccolo club delle potenze imperialiste sorto nel Nord Atlantico e in Giappone alla fine del XIX secolo. Gli stessi che oggi, guidati dagli Stati Uniti, pretendono di continuare a dominare il mondo appoggiandosi sul controllo delle nuove tecnologie della (delle) informazione con le loro ingannevoli attrattive edoniste e consumiste e parallelamente su una strategia di conquista e ricolonizzazione dei popoli che non esita a ricorrere a sanguinose e distruttive invasioni o alla feroce violenza destabilizzatrice mascherata da protesta sociale, come in Venezuela e Ucraina. L’appuntamento in Bolivia, di per sé stesso, assume un’importanza inusitata dal momento che la visibile tendenza al transito dall’egemonia degli Stati Uniti a una riconfigurazione multipolare mondiale osservata nell’ultimo decennio si è espressa recentemente in una frattura tettonica dell’ordine internazionale. All’esistenza di un forte polo di resistenza all’imperialismo statunitense che ha il suo nucleo nelle alternative liberatrici in America Latina e nei Caraibi si aggiunge il rapido consolidamento della proiezione di potere e rafforzamento di alleanze economiche, politiche e militari da parte di Russia, Cina, Iran e altri paesi della zona asiatica che rifiutano di subordinarsi alla politica estera di Washington. In tal senso, sono stati decisivi l’atteggiamento della Russia e della Cina per impedire un intervento imperialista in Siria e la reazione russa alla rozza ingerenza della NATO in Ucraina con la re-incorporazione della Crimea nella Federazione Russa. Allo stesso modo, il consolidamento dell’alleanza tra Russia e Cina con la nuova visita di Putin in questo paese e la firma del contratto del secolo per la fornitura di gas, la vendita di sofisticato armamento strategico russo al gigante asiatico e i multimilionari investimenti reciproci accordati da entrambi.
LA PRESA DI POSIZIONE BOLIVIANA (http://www.comunicacion.gob.bo/sites/default/files/media/publicaciones/CARTILLA%20G77.pdf ), con il suo pensiero latinoamericano ispirato all’anticonsumista “buen vivir” andino, augura al vertice del G77 risultati favorevoli per continuare ad avanzare con l’agenda internazionale antimperialista, anti-neoliberale e anticoloniale. In opposizione alle violenze del capitale finanziario, per il diritto dei popoli a controllare le loro risorse naturali, per la democrazia partecipativa e protagonista non limitata al voto, difensora dell’ambiente e, di conseguenza, anticapitalista. Nello stesso tempo, rivendicatrice della dichiarazione per la Celac dell’America Latina come zona di pace, in opposizione ad ogni intervento straniero e, in particolare, a quello degli Stati Uniti in Venezuela e con il blocco di Cuba, reclamando la sovranità dell’Argentina sulle Malvine, e dando nuovo impulso all’unità e all’integrazione latino-caraibica rappresentate da Alba, Unasur, Mercosur rinnovato e Celac. E, naturalmente, per il diritto inalienabile della Bolivia ad avere uno sbocco al mare.(Angel Guerra Cabrera è giornalista cubano residente in Messico ed editorialista di La Jornada)

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI
II 7 giugno il dipartimento della giustizia ha definito incostituzionale il trattamento dei detenuti nelle prigioni della California.
L’8 GIUGNO A LAS VEGAS un uomo e una donna vicini ai suprematisti bianchi hanno ucciso tre persone, tra cui due poliziotti, prima di suicidarsi in un supermercato Walmart
USA
NEGLI USA LE POLITICHE ESPANSIVE FUNZIONANO: 217 MILA POSTI DI LAVORO IN PIÙ . CRESCITA. GLI STATI UNITI HANNO REGISTRATO UN TASSO DI DISOCCUPAZIONE DEL 6,3%. MA NON TUTTO È ORO CHE LUCCICA. di Roberto Romano
Gli Stati Uniti hanno registrato un tasso di disoccupazione del 6,3%. Un dato impressionante, comunque lo si voglia interpretare. Non è tutto oro ciò che luccica. Il tasso di occupazione, un indicatore economico molto più significativo dello stato di salute del lavoro, rimane ai minimi sto­rici degli ultimi 30 anni, ma la capacità di richiamare al mercato del lavoro un numero così imponente di persone significa che le politiche espansive statunitensi funzio­nano. Forse è questa la vera, grande e positiva notizia che arriva dagli Stati Uniti.
La prossima Commissione Europea dovrebbe prendere spunto dalle buone politiche espansive che si sono realizzate oltre oceano. Certamente sono tanti ed enormi i problemi che questo Paese deve risolvere, ma la politica, la banca centrale e il bilancio pubblico hanno concorso a realizzare questo piccolo risultato. Si potesse dire la stessa cosa dell’Europa e dei governi italiani; oggi potremmo parlare e discutere di ben altri temi.
Il lavoro si crea facendo investimenti, politica industriale, spesa pubblica intelligente, generando ricerca e sviluppo. Gli Stati Uniti hanno fatto tutto questo. Non è scomparso il problema del lavoro povero e precario, ma un conto è intervenire e risolverlo in una società che cresce, un altro conto è intervenire in una società che si impoverisce. È stata la crescita del 6% del PIL tra il 2009 e il 2013 ha creare le condizione del risveglio statunitense. In Europa il PIL è diminuito dell’1,5%, mentre in Italia è calato del 9%.
Come pote­vamo creare lavoro? Gli investimenti fissi lordi degli Stati Uniti, negli ultimi 4 anni, sono cresciuti di quasi il 23%, di cui una parte interessante rivolta a nuove attività produttive. Provate, ora, a immaginare nuovo lavoro in Italia con una riduzione degli investimenti del 14% e del meno 3% in l’Europa. Impossibile.
Gli investimenti hanno determinato una crescita della produzione industriale del 4%, soprattutto per i beni strumentali, mentre in Italia è diminuita del 20 e passa per cento. L’Europa è messa meglio dell’Italia, ma in realtà la Germania ha sussunto la produzione di molti Paesi del sud Europa. La svalutazione implicita del 40% dell’euro marco pesa tantissimo, anche se i paesi periferici non hanno fatto molto per migliorare il proprio tessuto produttivo.
La spesa pubblica in deficit ha fatto la differenza. Certamente non tutta la spesa pubblica statunitense è buona, ma l’amministrazione Obama non ha ridotto la domanda aggregata con il taglio della spesa pubblica, ma ha fatto crescere il debito e il deficit pubblico. Solo i Repubblicani americani e la Commissione Europea sostengono l’austerità nel bel mezzo della povertà.
Il risultato della disoccupazione statunitense non è importante perché è diminuita nel corso di questi ultimi anni. Come già ricordato il tasso di occupazione è fermo a 30 addietro. Quindi la crisi non è passata. È il messaggio di politica economica che arriva dagli Stati Uniti che deve interrogare le amministrazioni europee e italiane. Si potrebbe uscire dalla crisi con della buona spesa pubblica, fatta di infrastrutture intelligenti, di ricerca e sviluppo. La prossima Commissione Europea e il semestre italiano hanno tanto di cui discutere.

STATI UNITI
LA MOSSA DÌ HILLARY CLINTON / Time, Stati Uniti – Il 10 giugno è uscito negli Stati Uniti Hard choices, il libro di memorie di Hillary Clinton. "È cominciata la corsa per le elezioni presidenziali del 2016", commenta Joe Klein su Time. "Clinton sarebbe probabilmente un’ottima candidata. È preparata sia sulla politica estera sia su quella nazionale, può raccogliere fondi e sostegno politico e ha un temperamento presidenziale: prudente, paziente e determinata". Ma ha anche dei punti deboli. "Nel Partito democratico avrà avversari forti -come l’ex governatore del Montana, Brian Schweitzer, e la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren – che potrebbero attaccarla da sinistra su alcune posizioni che l’ex segretaria di stato ha ereditato dal marito Bill, come la supremazia di Wall Street e del libero mercato". Senza contare che è già cominciata l’offensiva dei repubblicani: in questi giorni hanno accusato di nuovo Clinton di aver nascosto la verità sull’attacco al consolato statunitense a Bengasi dell’ii settembre 2012, in cui morì l’ambasciatore statunitense in Libia, Christopher Stevens.

STATI UNITI
DETENUTI MALTRATTATI / In Texas ci sono cinque delle tredici prigioni private che il governo degli Stati Uniti ha riservato agli immigrati. Quasi tutti i detenuti sono stati condannati per essere entrati nel paese illegalmente. In un rapporto pubblicato il 9 giugno, l’American civil liberties union (Aclu) ha denunciato che le circa quattordicimila persone detenute in queste strutture subiscono "terribili abusi e maltrattamenti". Secondo lo studio, le politiche dell’ufficio federale dei penitenziari hanno incentivato il sovraffollamento, facendo aumentare le violenze e i disordini, scrive il Texas Observer. Inoltre il mancato accesso alle cure mediche e il regime di isolamento hanno causato la morte di alcuni detenuti.

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi , ‘Hindustan Times, e Le Monde)

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