11188 22. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 31 maggio 2014

20140530 17:39:00 red-emi

ITALIA – DENTRO IL VOTO / Terremoto europeo stabilità italiana.
VATICANO – Sulla crisi siriana arriva l’appello di Papa Francesco
WW – ILO – "La flessibilità non favorisce per niente il lavoro stabile". Lo scrive l’Ilo nel World of Work del 2014
EUROPA – Machiavelli e il Principe senza popolo /L’Ue era partita con il favore e il sostegno dei popoli. Ora rischia di essere un Principe senza il sostegno del popolo e sotto il dominio delle multinazionali / GERMANIA" Peace keeping", il 60% dei tedeschi contrari. "Piuttosto, diritti e ambiente" . TM News. / EU. Le donne in Europa al tempo della crisi – In questi anni l’Europa ha dato molto alle donne in termini di diritti sostanziali in ambiti nei quali in Italia eravamo arretrati: ad esempio la legge sui congedi parentali.
AFRICA & MEDIO ORIENTE – CISGIORDANIA /Sui due adolescenti abbattuti dagli israeliani arriva la conferma delle Ong: "Proiettili veri. / ABU DHABI. L’opulenza costruita sullo sfruttamento con la complicità degli americani. Trattati come schiavi e pagati 272 dollari al mese.
ASIA & PACIFICO – OBAMA svela il suo piano Il 27 maggio il presidente statunitense Barack Obama ha annunciato il piano di rientro delle truppe americane dall’Afghanistan
AMERICA CENTROMERIDIONALE – Il 20 maggio la General Motors (Gm) ha annunciato il ritiro di 238.360 veicoli prodotti in Brasile tra l’ottobre 2013 e l’aprile 2014
AMERICA SETTENTRIONALE – USA / E’ finita la crisi? Può darsi, ma in Usa i profitti vanno ai soliti noti

ITALIA
DENTRO IL VOTO / Terremoto europeo stabilità italiana
OSCURATI DALLA TV, SENZA SOLDI, CON UN LEADER CHE PARLA GRECO. UNA BUONA PALESTRA POLITICA PER UNA SINISTRA RADICALE E POPOLARE. ORA IL CONFRONTO È A TUTTO CAMPO, CON I GRILLINI, CONTRO IL MODERATISMO DEL PARTITO RENZIANO
Il puzzle sconvolto che del quadro politico europeo ci consegnano le elezioni offre materia svariatissima di riflessione. La prima, immediata, riguarda la terremotata geografia elettorale del Vecchio Continente. L’avanzata travolgente e imprevista dell’Ukip nel Regno Unito, del partito di Le Pen in Francia ( oltre al diverso successo di tutte le formazioni antieuropee nei vari Paesi), l’umiliante tracollo dei socialisti francesi, la sconfitta di Rajoy in Spagna e di Samaras in Grecia ratificano la disfatta delle classi dirigenti e del ceto politico che ha governato l’Europa negli ultimi 10 anni.
Dopo il disastro sociale provocato dalla politica di austerità arrivano i conti anche sul terreno politico. Molti partiti socialisti pagano duramente la loro ubbidienza alle ricette della Troika. Su questa sconfitta dei protagonisti dell’aggressione al welfare europeo in no: ‘ me dei conti pubblici bisognerà lavorare, mostrando e denunciando il fallimento complessivo del progetto conservatore dei partiti al servizio dei poteri della finanza. Ma guardando all’Italia, prima della rilevante affermazione del Pd di Renzi, qualche considerazione sul successo dell’ "Altra Europa con Tsipras". E’ un successo, una vitto-ria della sinistra radicale e popolare e non c’è alcuna autocelebrazione O
li pur risicato 4% del risultato elettorale dice molto di più dei numeri. Bisogna riflettere un po’ meno frettolosamente del solito sugli speciali meccanismi che si mettono in moto nelle campagne elettorali.
La lista Tsipras messa su in fretta e furia all’ultimo momento era schiacciata fra due colossi. Ma la drammatizzazione orchestrata nelle ultime settimane tra Renzi e Grillo, il consueto ricatto del voto utile aveva messo in un angolo questa formazione. Bisogna prendere atto di un dato storico nelle psicologie degli elettori del nostro tempo: quanto più la democrazia rappresentativa appare debole e inefficiente, tanto più i cittadini tendono ad affidare ai partiti con più chances di vincere le loro speranze di contare qualcosa. Ho fatto un po’ di campagna elettorale e ho potuto misurare sui posti il peso ricattatorio che la minacciata vittoria di Grillo ha avuto su elettori pur delusi dal Pd. D’altra parte, nessuno può dimenticare che, rete o non rete, senza la presenza costante dei candidati in Tv le elezioni non si vincono. E dov’erano i candidati dell’Altra Europa? Se si esclude qualche rada apparizione di Tsipras, di Barbara Spinelli e Moni Ovadia nessuno li ha visti. Infine un’ultima pesante penalizzazione. Nella società dello spettacolo, che ingloba da decenni la lotta politica, la figura del leader continua a svolgere una funzione fondamentale. La lista aveva un leader, è Alexis Tsipras. Personalmente ho condiviso e apprezzato la scelta coraggiosa e simbolicamente significativa di candidare questo giovane greco che ha unificato la sinistra del suo paese, martoriato dalle politiche punitive dei poteri europei. Ma la sua scarsa popolarità e il suo essere uno straniero è stato un handicap non da poco, che accresce il valore del risultato finale della formazione a lui intestata. I partiti maggiori avevano i loro leader rutti i giorni in Tv, Tsipras è apparso un paio di volte e non parlava italiano. La sinistra radicale e popolare in Italia ha dunque una base molto più ampia di quanto non dica quel 4%, che ci servirà per continuare il percorso intrapreso.
La vittoria di Renzi è clamorosa, ingigantita dalle false previsioni della vigilia, le quali appaiono ormai strumenti di propaganda elettorale, armi di condizionamento degli elettori volte ad annientare le minoranze. In quel successo confluiscono più menti, alcuni congiunturali e fortuiti, altri più profondi e forse destinati a diventare sistemici nella vita politica italiana. Senza dubbio ha molto giovato al segretario del Pd essere il nuovo presidente del Consiglio: la "luna di miele" che di solito accompagna i primi mesi dei nuovi capi di governo è stato uno sfondo non da poco per la sua campagna elettorale. Ma Renzi ha operato scelte politiche che andavano incontro ad aspetta-tive molto diffuse. Una di questa ha interpretato forse l’esigenza più profonda dei cittadini europei, che rimane ancora largamente insoddisfatta e che spiega l’enorme astensionismo e l’avanzamento di tante formazioni di destra nel Continente: la stanchezza e talora l’odio nei confronti del ceto politico di governo e di opposizione, aggrappato ai propri privilegi, mentre classi popolari e ceti medi indietreggiano sotto i colpi della crisi e delle loro stesse politiche. L’eliminazione dei vecchi gruppi dirigenti del Pd e la formazione di una squadra di governo in cui spiccano volti di giovani donne sorridenti è un gesto politico significativo e una mossa pubblicitaria di grande effetto Così come la limitazione per legge degli stipendi degli alti dirigenti pubblici. Renzi, come Berlusconi, è continuamente in campagna elettorale. Tali opera-zioni non sono interamente da demonizzare ma, certo, secondo la saggezza gattopardesca, cambia tutto perché nulla non cambi. Quale differenza politica abbiamo potuto apprezzare tra il ministro della difesa Pinotti e Mario Mauro che l’ha preceduta nel governo Letta? Dove sta la differenza tra Maria Elena Boschi e Quagliariello ex ministro per alle riforme istituzionali? E tra Giovannini e Poletti al Lavoro? Qui anzi il peggioramento è netto. Senza dire delle nomine ai vertici delle grandi imprese pubbliche.
Certo, dopo anni di tagli alle pensioni, di decurtazione della spesa sociale, di inasprimento della pressione fiscale – pur dentro la marea ancora montante di una disoccupazione senza prece-denti – redistribuire, come ha fatto Renzi, 80 euro a una vasta platea di lavoratori, con la promessa di estenderli ad altre figure, rappresenta un fatto simbolico che è stato sbagliato sottovalutare nei suoi effetti elettorali.
La campagna elettorale ha fatto il resto insieme agli errori di Grillo e i limiti del movimento 5Stelle. Con il suo nuovo governo Renzi si è presentato come non responsabile dei disastri della politica di austerità, che i precedenti dirigenti del Pd avevano condiviso con i vertici di Bruxelles. E’ apparso come il dirigente che vuol "cambiare verso" in Europa e come colui che, rafforzato dal voto, avrebbe potuto esprimere in campo continentale lo stesso dinamismo innovatore messo in campo in Italia.
I toni forcaioli da parte di Grillo hanno spaventato una fascia ampia di elettori incerti, che potevano essere attratti nell’orbita del movimento o sedotti a sinistra. E la mancanza di proposte credibili di prospettiva ha fatto il resto. Se il movimento 5S non attiva alleanze con la sinistra, non aiuta quella interna al Pd per aprire crepe nel suo spazio moderato, non concorre a far vincere battaglie nel paese e nel Parlamento, da domani comincia la storia della sua definitiva irrilevanza. .
In Italia il moderatismo culturale e politico ha radici vaste e profonde e parte di questo, con l’eclisse di Berlusconi, trova ora in Renzi un nuovo punto di riferimento. Si sposta con grande fiuto un po’ a sinistra, ma trova un approdo sicuro. E’ significativo, a tal proposito, che Berlusconi, anche in campagna elettorale, non abbia potuto (e voluto ?) demonizzare la figura di Renzi. Il Pd, dunque, si presenta come una formazione interclassista in grado di aggregare e stabilizzare un ampio fronte sociale e politico nei prossimi anni. Una nuova De? Forse peggio, perché quel partito aveva un gruppo dirigente e il Pd rischia di avere un solo capo carismatico. Forse meglio, per la necessità, cui il Pd non può sfuggire, di cambiare la politica europea di austerità. O si riavvia un grande progetto sociale, al più presto, o l’Italia tracolla e l’Ue va in rovina. La sinistra radicale ora in corsa ha spazi ampi di manovra. Dovrebbe compie¬re la grande impresa di dare ai te¬mi originali elaborati negli ultimi anni (beni comuni, reddito di cittadinanza, nuova architettura europea, ecc) una forma politica insieme plurale e trasparente, una reinvenzione originale del partito politico che vada oltre la tradizione novecentesca. (di Piero Bevilacqua)

VATICANO
Quasi 2.000 civili, di cui oltre 500 bambini, sono stati uccisi dai bombardamenti governativi su Aleppo e su località della provincia tenute dai ribelli a partire dall’inizio dell’anno. Lo afferma l’Ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), citato dall’agenzia Afp.
Sulla crisi siriana arriva l’appello di Papa Francesco: "Dobbiamo riscontrare con grande dolore che la crisi siriana non è stata risolta, anzi va avanti, e c’è il rischio di abituarsi ad essa" ha detto il Papa agli organismi caritativi cattolici operanti in Siria, chiedendo "a tutte le parti che, guardando al bene comune, consentano subito l’opera di assistenza umanitaria e quanto prima facciano tacere le armi e si impegnino a negoziare, mettendo al primo posto il bene della Siria". "Il futuro dell’umanità – aggiunge Bergoglio – si costruisce con la pace e non con la guerra".

WW – ILO
"La flessibilità non favorisce per niente il lavoro stabile". Lo scrive l’Ilo nel World of Work del 2014
Contrariamente alla vulgata governista forgiata nella follia dell’austerità, rendere il mercato del lavoro piu’ flessibile non rende piu’ semplice il passaggio da un posto di lavoro in nero o precario a uno a tempo indeterminato. E’ quanto scrive l’Ilo nel suo rapporto ‘World of Work 2014′, che dedica attenzione particolare alle economie emergenti.
L’Ilo sottolinea "l’accresciuta consapevolezza del ruolo del salario minimo nella lotta alla poverta’ tra i lavoratori e alle disuguaglianze". Impatti positivi sui redditi dei lavoratori arrivano anche dalla contrattazione collettiva, il cui utilizzo, avverte pero’ l’Ilo, "e’ in declino, una tendenza evidente anche nelle economie industrializzate". Del resto, se nelle proprio economie emergenti 839 milioni di lavoratori vivono con meno di due dollari al giorno, il segnale è che lo zoccolo duro dell’esercito industriale di riserva resiste. Anche l’incidenza del fenomeno in queste aree, aggiunge l’Ilo, si e’ pero’ drasticamente ridotta nel corso degli ultimi anni e la quota di poveri rispetto alla forza lavoro totale e’ infatti scesa a circa un terzo dai primi anni 2000, quando superava la meta’ del totale, la pressione demografica di fatto sta mostrando il precario equilibrio dei numeri. Nei prossimi cinque anni faranno il loro ingresso nel mercato del lavoro 213 milioni di persone, 200 milioni delle quali solo nei paesi in via di sviluppo. "Cio’ solleva il problema della disoccupazione giovanile", si legge nel rapporto, "nei paesi in via di sviluppo la disoccupazione giovanile supera gia’ il 12%, oltre tre volte il tasso di disoccupazione per gli adulti". I tassi di disoccupazione giovanile piu’ elevati, spiega l’Ilo, si riscontrano nel Nord Africa e in Medio Oriente, dove un giovane su tre non riesce a trovare lavoro. Particolarmente grave, in queste aree, e’ la situazione delle giovani donne, tra le quali il tasso di disoccupazione sfiora il 45% ( di fabrizio salvatori)

EUROPA
GRECIA
EUROPEE, SYRIZA IL PRIMO PARTITO IN GRECIA CON IL 26% / Syriza ha vinto oggi le elezioni europee con oltre il 26% dei voti superando di piu’ di tre punti percentuali Nea Dimokratia del premier Antonis Samaras che governa in coalizione con il socialista Pasok del vice premier Evangelos Venizelos. E, a sorpresa, si e’ registrato pure un incremento dell’elettorato del partito filo-nazista Chrisy Avgi’ (Alba Dorata) nonostante le recenti vicissitudini giudiziarie che hanno portato in carcere una decina dei suoi 18 deputati con l’accusa di costituzione di banda criminale.
Con lo scrutinio delle schede non ancora ultimato, Panos Skourletis, portavoce di Syriza, ha detto che "se i risultati noti sinora verranno confermati, si tratterà di un risultato di portata storica che accelererà gli sviluppi politici nel Paese. Per la prima volta Syriza, un partito di sinistra, diventa il primo partito della Grecia".
Ma, come ha tenuto subito a precisare alla stazione Tv Ant-1 il portavoce del governo, Simos Kedikoglou, "dalle urne non e’ uscita la domanda di cambiamento che Syriza desiderava" ed escludendo cosi’ implicitamente che si possa fare ricorso alle elezioni anticipate. "Non esiste nessun motivo per non esaurire l’attuale legislatura", ha concluso. Da parte sua, il primo ministro Samaras, parlando con giornalisti, si e’ limitato ad affermare laconicamente: "prendiamo atto del risultato e del messaggio popolare che esso rappresenta. Il governo provvederà ad accelerare le riforme. La coalizione governativa ha retto e Syriza non ha raggiunto il suo obiettivo". Nei giorni scorsi il premier aveva piu’ volte accusato Alexis Tsipras, il leader di Syriza, di voler destabilizzare il Paese.
Syriza si e’ quindi aggiudicato sei seggi all’europarlamento, contro cinque di Nea Dimokratia e tre di Alba Dorata. Ad Elia-Pasok, To Potami (il Fiume) e Partito Comunista (Kke) due seggi ciascuno e uno a Greci Indipendenti.
Al terzo posto, e con notevole preoccupazione di vari osservatori politici, si e’ piazzato Alba Dorata con oltre il 9% delle preferenze che gli hanno regalato tre deputati all’Europarlamento sui 21 eletti dalla Grecia. Alle politiche del 2012 Alba Dorata aveva ottenuto il 6.9%, una percentuale equivalente a 18 parlamentari oltre meta’ dei quali sono pero’ in carcere o inquisiti sulla scia di un’inchiesta della magistratura per costituzione di organizzazione criminale dopo l’omicidio di un giovane musicista ateniese ad opera di un iscritto a Chrisy Avgi’ reo confesso.
Un’altra sorpresa di queste elezioni e’ stata la "ripresa" del partito socialista Pasok che, dopo aver toccato dei minimi storici, oggi in lista insieme con la formazione Elia (l’Ulivo, ispirato dall’alleanza politica italiana guidata da Romano Prodi) ha raccolto oltre l’8% dei voti. Alle politiche del giugno 2012 il partito socialista greco, gia’ in discesa, aveva ottenuto poco piu’ del 12%

GERMANIA
"Peace keeping", il 60% dei tedeschi contrari. "Piuttosto, diritti e ambiente" . TM News
I tedeschi sono sempre meno a favore di un impegno internazionale nelle aree di crisi nel mondo, in particolare a sostegno di missioni militari, e in cambio si dicono favorevoli a promuovere i diritti umani e le cause ambientali. Lo rivela un sondaggio sponsorizzato dal ministero delle Difesa tedesco, secondo il quale il 60% dei tedeschi vorrebbero "limitare" le proprie responsabilità nelle crisi internazionali, in confronto a circa il 37% di chi preferirebbe un "maggiore impegno".
L’esito della ricerca – che rovescia le percentuali di un sondaggio simile realizzato 20 anni fa – potrebbe spegnere le speranze di quei politici tedeschi che vorrebbero assegnare alla Germania un ruolo più importante nella difesa estera. Già il presidente tedesco Joachim Gauck e il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen, quest’anno hanno auspicato che la Germania metta da parte il pesante passato della Seconda Guerra Mondiale e aiuti a risolvere i conflitti, con un maggiore impegno all’estero, tra cui l’invio di truppe se necessario.
Da parte sua il ministro degli Esteri, Frank Walter Steinmeier, ha affermato che quando si arriva a discutere apertamente di un impegno più serio nelle aree di conflitto lontane, "manca ancora questo Dna, e credo che ci dobbiamo lavorare su".
Prevenire i conflitti etnici in zone lontane, difendere gli alleati e tutelare gli Stati più deboli dalle aggressioni è stato definito "meno importante" nel sondaggio realizzato dalla Fondazione Koerber su 1.000 persone – commissionato dal ministero degli Esteri – e pubblicato dalla Suddeutsche Zeitung. Al contrario, le persone intervistate hanno preferito la promozione dei diritti umani, seguita dalla tutela dell’ambiente e del clima e la garanzia di forniture energetiche.
La GERMANIA, che per decenni dopo la Seconda guerra mondiale si è tenuta fuori dalla cerchia dei paesi interventisti, è stata aspramente criticata nel 2011 per non avere partecipato all’intervento Nato in Libia.
Secondo il sondaggio, il 66% dei mille intervistati ha citato i diritti umani come questine "molto o piuttosto importante", seguito da un 59% a cui stanno a cuore le politiche ambientali. La garanzia dei rifornimenti energetici si è piazzata terza, forse a causa della crisi ucraina e delle minaccia percepita nei confronti dei rifornimenti russi.

IL REFERENDUM DI BERLINO
Il 25 maggio i berlinesi hanno respinto con il 64,4 per cento dei voti il piano di riconversione in quartiere residenziale dell’area di Tempelhof, l’aeroporto della capitale chiuso nel 2008. Il senato di Berlino aveva presentato un progetto che prevedeva la costruzione di nuovi alloggi. "Il risultato di questo referendum è un duro colpo per Klaus Wowereit", scrive Die Tageszeitung. "Da due anni il sindaco è alle prese con un calo di popolarità e con gli scandali, tra cui quello del nuovo aeroporto di Brandeburg, la cui apertura è ritardata da problemi tecnici".

BELGIO
Nelle elezioni del 25 maggio i nazionalisti fiamminghi hanno ottenuto una vittoria netta. Oltre ad aver vinto le regionali delle Fiandre, dove ha ottenuto il 31,9 per cento dei voti, la Nuova alleanza fiamminga (N-Va) si è affermata come primo partito del paese, ottenendo il 20,3 per cento dei voti. I socialisti francofoni restano il primo partito in Vallonia (dove hanno ottenuto il 30,9 per cento dei consensi) e a Bruxelles (23,5 per cento), ma perdono terreno a livello nazionale, fermandosi all’11,7 per cento. Subito dopo il voto, il re Filippo ha cominciato le consultazioni con i leader dei partiti per la formazione del governo federale. Il sovrano ha affidato il mandato esplorativo a Bart De Wever, il leader della N-Va. De Wever è stato colto di sorpresa dalla decisione di Filippo, scrive Le Soir. "Infatti l’obiettivo del leader della N-Va era formare prima un governo regionale nelle Fiandre, e poi usare la stessa maggioranza per sostenere l’esecutivo nazionale". In ogni caso, secondo il quotidiano i tentativi di De Wever sono destinati a fallire, perché nessuno dei maggiori partiti è pronto ad allearsi con la N-Va. Anzi, nelle Fiandre i cristianodemocratici, i liberali e i socialisti hanno detto di essere pronti a governare insieme. "In questo caso", osserva De Morgen, "potrebbe formarsi un governo regionale di coalizione simile a quello federale uscente (socialisti, cristianodemocratici e liberali fiamminghi e francofoni)". Proprio la soluzione proposta dal primo ministro uscente, il socialista Elio di Rupo
BRUXELLES / Attacco al museo / Il 24 maggio, alla vigilia delle elezioni, un uomo armato è entrato nel museo ebraico di Bruxelles, nel centro della capitale belga, ha estratto un fucile da uno zaino e ha aperto il fuoco, uccidendo sul colpo una coppia di turisti israeliani e una volontaria francese. Un impiegato del museo rimasto ferito è morto il giorno dopo in ospedale. La Libre Belgique spiega che l’attacco, definito "terroristico" dalle autorità belghe, non è stato rivendicato, e la polizia è ancora alla ricerca dell’autore e del movente. La coppia di turi-sti israeliani (nella foto il loro funerale a Tel Aviv) aveva lavorato in passato per i servizi di sicurezza israeliani. Per ora le autorità non parlano di attacco antisemita.

FRANCIA
CALAIS
Sgomberi a Calais / Il 28 maggio le forze dell’ordine francesi hanno smantellato due accampamenti di migranti nel centro di Calais, nel nord del paese. Le autorità erano preoccupate per il peggioramento delle condizioni igieniche e per l’aumento delle violenze. Negli accampamenti c’erano circa 550 persone, soprattutto eritrei, sudanesi, afgani e siriani, che aspettavano di attraversare la Manica per raggiungere il Regno Unito. Secondo gli attivisti per i diritti umani lo sgombero non risolve niente. Per Le Monde "dimostra l’incapacità di gestire una situazione critica che va avanti da più di dieci anni".

SPAGNA
IN SPAGNA È EMERGENZA SFRATTI: 50 MILA IN PIÙ SOLO NEL 2013 ( di Giuseppe Grosso)
LA PLATAFORMA DE AFECTADOS POR LA HIPOTECA (PAH), IL MOVIMENTO CONTRO GLI SFRATTI, È ANCORA SUL PIEDE DI GUERRA: IN ARRIVO MANIFESTAZIONI ED "ESCRACHES"
Continua a sanguinare una delle piaghe più dolorose della crisi Spagnola, quella degli sfratti: un vero e proprio allarme sociale che, unito all’aumento della povertà e all’incontenibile tasso di disoccupazione, ha letteralmente gettato sul lastrico numerose famiglie iberiche. Ad invertire la tendenza dei de sahucios non sono bastate né le numerose manifestazioni di questi anni né l’attenzione mediatica generata dalla tenace attività della Piattaforma contro gli sfratti (Pah), che dopo cinque anni di lotta è ormai uno dei collettivi sociali più apprezzati e consolidati del paese.
Secondo uno studio pubblicato ieri dal Banco de España, infatti, il numero di case tornate alle banche per inadempimenti nel pagamento del mutuo è aumentato: nel 2013 – anno a cui si riferisce lo studio, elaborato sui dati forniti dalle stesse entità di credito – sono stati ese­guiti quasi 50.000 sfratti in più (un incremento del 10%) rispetto al 2012. Resta quasi invariato, invece, il numero degli sfratti riguardanti le prime case: un trascurabile -0,23% che indica inesorabilmente la cronicità del problema e l’inefficacia delle risposte adottate dal governo. Non ha funzionato, per esempio, il Código de buena sprácticas, il tentativo più concreto eppure drasticamente inadeguato finora proposto dal governo del Partido popular (Pp) per arginare l’emergenza.
Si tratta un pacchetto di diret­tive e linee guida non vincolanti stilate nel 2012 e indirizzate alle entità bancarie, le quali, com’era prevedibile, hanno continuato a privilegiare i loro interessi lasciando las buenas prácticas solo sulla carta. Quasi sempre, almeno, perché aumenta (+34% ed è un dato positivo che riflette una delle direttive suggerite dal pacchetto, anche se scende al 26% sulle prime case) il numero dei debiti estinti mediante daacción en pago, cioè con la restituzione dell’immobile alla banca. Una pratica tutt’altro che comune in Spagna, dove una legge del 1909 consente alle banche di reclamare la differenza tra il prezzo di vendita all’asta dell’immobile e l’entità del mutuo erogato. Un circolo vizioso che in molti casi lascia intere famiglie senza casa e con debiti di decine di migliaia di euro gravati peraltro da interessi altissimi. Per spezzarlo, però, basterebbe poco: una legge – già proposta dalla Pah e respinta dal Pp — che imponesse la dacción en pago, anziché affidarla alla buona volontà delle banche. Per ora, tuttavia, il Pp non sembra voler concedere aperture sulla questione e la cosa non stupisce, considerando che il governo di Rajoy si è sempre dimostrato restio ad opporsi agli interessi del sistema bancario.
La Pah, ad ogni modo, è di nuovo sul piede di guerra: nei prossimi giorni, fino alla data delle elezioni europee, sono previste manifestazioni ed escrapches per protestare contro il messaggio di ripresa diffuso dal governo e “per portare la realtà degli sfratti nella campagna elettorale

IRLANDA
BELFAST
BALZO IN AVANTI DEL SINN FÉIN, CON LA LISTA TSIPRAS / Il Giro d’Italia è pas­sato come un ful­mine. Ha colo­rato di rosa per diversi giorni i palazzi di Belfast e un po’ meno quelli di Dublino, dove è arri­vato in volata. Pochi secondi e via, lascian­dosi die­tro quello stesso disin­canto che atta­na­glia da tempo l’isola di sme­raldo. Ancora di più alla vigi­lia di una maxi­tornata elet­to­rale, locale ed europea.

LITUANIA
II 25 maggio Dalia Grybauskaite è stata confermata presidente con il 57,87 per cento dei voti dopo aver battuto al ballottaggio il socialdemocratico Zigmantas Balcytis.

POLONIA
II generale Wojciech Jaruzelski, ultimo leader comunista del paese, è morto il 25 maggio a Varsavia. Aveva 90 anni.

EU
Le donne in Europa al tempo della crisi – In questi anni l’Europa ha dato molto alle donne in termini di diritti sostanziali in ambiti nei quali in Italia eravamo arretrati: ad esempio la legge sui congedi parentali (Il congedo ai padri aiuterebbe inoltre a promuovere la cultura della condivisione della cura dei figli, delle responsabilità e anche dei diritti tra madri e padri Federica Martiny).
È dal Trattato di Roma (1957) che è stato stabilito per la prima volta il principio della parità della retribuzione a parità di lavoro (all’articolo art.119), da cui sono derivate importanti direttive sulla parità di trattamento nell’accesso al lavoro (formazione professionale e condizioni di lavoro); sulla parità di trattamento in materia di previdenza sociale, nei regimi professionali, nelle attività indipendenti; e proprio sui congedi parentali.
La Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata a Strasburgo nel 1989, all’articolo 16, ribadisce che deve essere garantita la parità di trattamento tra uomini e donne e che soprattutto deve essere sviluppata l’uguaglianza delle possibilità. Ma occorre intensificare ovunque sia necessario le azioni volte a garantire l’attuazione dell’uguaglianza non solo formale tra uomini e donne, in particolare in materia di accesso al lavoro, di retribuzioni, di condizioni di lavoro, di protezione sociale, di istruzione, di formazione professionale e di evoluzione delle carriere. Un lavoro ancora tutto da concretizzare è quello di sviluppare misure che consentano alle donne di conciliare meglio i loro obblighi professionali e familiari.
La Commissione ha poi recentemente adottato una Carta per le donne per potenziare la promozione della parità tra donne e uomini, in Europa e nel mondo. Infatti – si legge – le disparità legate al genere hanno conseguenze dirette sulla coesione economica e sociale, sulla crescita sostenibile e la competitività, nonché sulle sfide demografiche. Questa strategia nasce per contribuire a migliorare la posizione delle donne nel mercato del lavoro, nella società e nelle posizioni decisionali, tanto nell’Unione europea quanto nel resto del mondo. Perchè nonostante la legislazione comunitaria da sempre sia stata avanzata sulle tematiche di genere rimane spesso insormontabile la barriera della vita reale delle persone, nelle quali l’uguaglianza di genere diventa spesso una chimera.
Soprattutto se consideriamo gli effetti della crisi sulle donne: nel report sull’uguaglianza tra uomo e donna contenuto nel documento staff working della Commissione, ad esempio, è spiegato come la crisi – insieme alla marginalizzazione delle politiche di austerità per le donne – abbia bloccato il processo dell’indipendenza economica delle donne. Si parla dell’opposizione surrettizia tra l’investimento in infrastrutture fisiche (che rappresentano il lavoro maschile) da una parte e, dall’altra, l’improduttività della spesa in infrastrutture sociali (dove lavorano per lo più donne), settore capace unicamente di aggravare il debito.
La crisi economica in corso ha fatto guadagnare all’Unione Europea il triste primato, condiviso con le aree del Medio Oriente e del Nord Africa, della disoccupazione giovanile In Italia, in particolare, il tasso di inattività giovanile è il più alto in Europa e nelle nazioni occidentali. Dei circa 6,5 milioni di giovani italiani tra i 20 e i 29 anni il 49% è inattivo e di questi la maggior parte non studia, non lavora e non cerca lavoro. Tra le ragazze la quota è ancora più disarmante, raggiungendo dei picchi nelle regioni meridionali del 65-70%.
Finiti gli studi, trovare un lavoro coerente con i propri studi sembra molto più difficile per le ragazze che per i ragazzi: impieghi disallineati al corso di studi sono nel primo caso il 28%, nel secondo il 18%. E per di più anche nei tirocini e negli stage i ragazzi vengono retribuiti nel doppio dei casi rispetto alle ragazze.
Svantaggi nell’ingresso del mondo del lavoro, dunque, ma anche all’uscita: le donne europee ricevono pensioni che sono in media del 39% più basse di quelle degli uomini. Gli effetti dei tassi di occupazione più bassi tra le donne si estenderebbero dunque nel trattamento del periodo post lavorativo e il divario di genere nelle pensioni è il risultato di tre tendenze del mercato del lavoro che si intersecano e si sovrappongono: le donne hanno meno possibilità di ottenere un lavoro rispetto agli uomini; lavorano meno ore e/o anni; ricevono in media salari più bassi.
Se poi guardiamo i dati le ore settimanali di lavoro domestico non retribuito, ci troviamo di fronte al fatto che in Europa a fronte di un maggior numero di ore retribuite per gli uomini, le donne lavorano un numero complessivo di ore molto superiore se si include il lavoro domestico.
La Strategia 2020 ha come slogan una crescita economica intelligente (cioè basata sulla conoscenza), sostenibile (rispettosa dell’ambiente e delle future generazioni) e socialmente inclusiva. Contiene anche vari obiettivi quantitativi ponendosi il 75% come tasso di occupazione nella popolazione tra i 20 e i 65 anni e la riduzione di 20 milioni delle persone a rischio povertà (che è attualmente valutata in 80 milioni). L’obiezione che si può sollevare riguarda il fatto che tutti questi obiettivi non sono declinati per genere.
Occorrono “riforme radicali in ottica di genere” se si vuole evitare di scaricare il costo della crisi sulle spalle delle donne e se si punta ad ottenere risultati positivi dalla Strategia 2020, soprattutto in materia di occupazione e di pari opportunità. E occorrono misure concrete e decise per ricreare lavoro, soprattutto per le donne e soprattutto per le giovani donne.

UCRAINA
Il 25 maggio si sono svolte le elezioni presidenziali, le prime dopo le proteste di Euromaidan e la destituzione del Presidente Yanucovich dello scorso febbraio. La larga vittoria di Petro Poroshenko (55%), oligarca con interessi nel settore dell’industria alimentare e dei media nonché noto filo-europeista, rappresenta un evidente segno di continuità da parte del popolo ucraino occidentale nel voler proseguire il processo di avvicinamento e integrazione all’Unione Europea e alla NATO. Inoltre, il modesto risultato ottenuto da Yulia Timoshenko, esponente di lungo corso dell’establishment di potere e paladina della Rivoluzione Arancione del 2004, e il bassissimo consenso fatto registrare dalle formazioni e dai candidati ultraconservatori (cumulativamente meno del 5%) permettono di comprendere la voglia di rinnovamento dell’elettorato ucraino e la sua scarsa fiducia in quelle forze estremiste che avevano a lungo guidato la guerriglia a Piazza Indipendenza a Kiev nei giorni convulsi delle proteste anti-governative. Tuttavia, trattandosi di un voto presidenziale, avvenuto in un contesto di grande incertezza e smarrimento per via degli avvenimenti di Crimea e dell’insorgenza filo-russa nella regione orientale del Donbass, ad avere una grande influenza è stato il carisma e il percorso politico personale di ciascun candidato più che il partito di appartenenza. In questo senso, Poroshenko aveva un grande vantaggio sui concorrenti per via della propria ricchezza e fama personale e soprattutto per il suo essere un politico navigato ma avulso da quegli scandali che avevano minato la credibilità della classe dirigente nazionale.
La principale sfida per Poroshenko, che godrà del sostegno politico di Vitalij Klitchko, leader del partito UDAR e neoeletto sindaco di Kiev, sarà quella di frenare le spinte autonomiste e separatiste nell’est del Paese, dove le autoproclamate autorità della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, hanno manifestato la volontà di secedere dall’Ucraina attraverso un contestato e non riconosciuto referendum popolare. L’escalation degli scontri tra milizie ribelli e Forze Armate ucraine ha raggiunto un incredibile livello di violenza. Appare particolarmente significativo come, contemporaneamente al voto, l’esercito ucraino e i gruppi para-militari dell’Est si scontrassero ferocemente nei pressi dell’aeroporto di Donetsk, causando oltre 50 morti tra separatisti e civili. Dunque, la necessità di un confronto politico e pacifico diventa ogni settimana indispensabile per scongiurare l’ulteriore degenerazione del conflitto interno.

SPAGNA
ALL’ALTEZZA DEGLI EUROPEI
Il risultato più clamoroso e preoccupante delle elezioni europee del 25 maggio è stata l’irruzione dei populisti euroscettici e xenofobi, che in Francia e nel Regno Unito hanno provocato un terremoto. Le scosse registrate in altri paesi come i Paesi Bassi, invece, sono state meno forti del previsto. Con l’arrivo di molti deputati estremisti al parlamento di Strasburgo i dibattiti acquisteranno un tocco demagogico: la politica tradizionale dovrà rinnovarsi per affrontare questa scomoda ondata. Ma difficilmente questo ostacolerà il lavoro del parlamento e delle istituzioni, per una ragione molto semplice: nonostante il momento difficile, i partiti europeisti hanno ottenuto una vittoria schiacciante alle elezioni.
I democristiani e i socialdemocratici in Germania hanno ottenuto un buon risultato, e lo stesso vale per il centrosinistra in Italia. Ma globalmente le cinque grandi formazioni filoeuropee (Partito popolare, Partito socialista, liberali, verdi, sinistra unitaria) si sono aggiudicate più di 550 seggi su 751. E l’hanno fatto dopo la legislatura economicamente più difficile, socialmente più drammatica e politicamente più disorientata della storia comunitaria. È diminuita anche l’astensione, che dal 1984 era sempre aumentata, forse perché è passato il messaggio che queste elezioni avrebbero avuto un effetto diretto sul governo dell’Europa, superando così la consueta indifferenza verso le elezioni europee.
Per questo è fondamentale che i leader dei governi siano all’altezza del loro compito nel Consiglio europeo, in cui dovranno proporre il candida-to alla presidenza della Commissione. Sarebbe una forzatura del trattato e un’espressione di di-sprezzo verso gli elettori non scegliere uno dei candidati legittimati dalle urne. Il nome più ovvio è quello del popolare Jean-Claude Juncker, a capo del partito che ha ottenuto più voti alle elezioni, e che però ne ha persi di più tra i grandi. Sarebbe una scelta coerente anche il socialdemocratico Martin Schultz, se riuscisse a formare un’alleanza parlamentare solida. In realtà sarà difficile sottrarsi alla dinamica di una grande coalizione, in-dipendentemente dalla convenienza politica, che richiederebbe proposte alternative. Ma ci sono pochi dubbi sul fatto che sia la cosa migliore per la stabilità del continente. (El País, Spagna)

MEDIO ORIENTE & AFRICA
CISGIORDANIA
SUI DUE ADOLESCENTI ABBATTUTI DAGLI ISRAELIANI ARRIVA LA CONFERMA DELLE ONG: "PROIETTILI VERI" (di fabio sebastiani) / Abbattuti a colpi d’arma da fuoco quando tutto era calmo e tranquillo. I video diffusi dalla organizzazione non governativa mostrano bene cosa è accaduto a margine degli scontri presso il carcere di Ofer fra dimostranti e reparti militari avvenuti giovedi’ a pochi chilometri da Ramallah (Cisgiordania), nella ‘Giornata della Naqba’ (15 maggio).
E anche se le forze israeliane parlano di “munizioni non vere” il bilancio di due adolescenti uccisi e gli altri due feriti indicano un indubitabile cecchinaggio. Dalle immagini, circa dodici ore di filmati da quattro diverse postazioni, si vede che prima il diciassettenne Nadim Nawara e poi il quindicenne Mohammed Odeh pur non rappresentando alcun pericolo incombente per i soldati – il secondo, anzi, dava loro le spalle – sono stati uccisi con due soli colpi al torace.
I gravi fatti hanno attirato l’attenzione internazionale. Oscar Fernandez Taranco, un assistente del Segretario generale dell’Onu Ban kimoon, ha fatto appello ad Israele affinche’ compia un’indagine approfondita e verifichi il comportamento delle forze di sicurezza.
Anche la portavoce del Dipartimento di Stato Jen Psaki ha detto che gli Stati Uniti ”seguono da vicino” gli sviluppi della vicenda e si aspettano da Israele un’indagine ”spedita e trasparente” sull’ipotesi che ci sia stato un uso sproporzionato della forza rispetto alla minaccia rappresentata dai dimostranti.
ISRAELE, intanto, sostiene di non prendere per buono il filmato divulgato dai palestinesi. ”Sono immagini manipolate, che non riflettono la realta”’, ha detto un portavoce militare. Per quanto e’ stato possibile accertare finora, ha aggiunto, i soldati impegnati in quegli incidenti non hanno utilizzato munizioni vere, ma solo mezzi di dispersione dei manifestanti come proiettili rivestiti di gomma e lacrimogeni. L’esercito, peraltro, dichiara di non essere nemmeno in grado di stabilire con assoluta certezza che negli incidenti siano effettivamente morti due adolescenti.
Una linea di totale omertà che alza il tono dello scontro e costringe, la Ong israeliana pacifista B’Tselem, nella serata di ieri, a diffondere una nota che avvalora la denuncia di Defense children international, la Ong che aveva diffuso il video: i proiettili usati erano veri e non di gomma. E tutto sulla base dei reperti medici. L’ultima parola passa necessariamente agli esperti di medicina legale di Ramallah che hanno esaminato i cadaveri.
I referti – aggiunge la Ong – sono ”completamente consistenti” con la versione secondo la quale le ferite sono state provocate da munizioni vere. ”Non potrebbero invece essere state causate da proiettili rivestiti di gomma, specialmente se sparati da una distanza relativamente, come appunto quella del caso esaminato”, precisa B’Tselem che afferma di aver gia’ inoltrato questa documentazione alla Polizia militare israeliana. B’Tselem trova inoltre grave che in tutti e quattro i casi i proiettili abbiano colpito le vittime ”nella parte superiore del torso”, e cio’ in contrasto con le regole militari israeliane che impongono di mirare alle gambe per neutralizzare dimostranti violenti. ”Tutto cio’ – conclude la Ong – solleva il grave sospetto che le uccisioni siano state intenzionali’

SIRIA
LA FARSA DI ASSAD
Il 28 maggio i siriani all’estero hanno cominciato a votare per le elezioni presidenziali, che in Siria si svolgeranno il 3 giugno. L’esito è scontato: Bashar al Assad, in cerca di un terzo mandato settennale, non ha seri contendenti. Secondo l’opposizione siriana e gli Stati Uniti, il voto è una farsa. In Libano si poteva votare all’ambasciata siriana a Beirut, scrive Now, grazie anche al sostegno logistico e finanziario di Hezbollah, alleato di Damasco. Tuttavia ci sono stati scontri tra i soldati libanesi e i siriani che erano andati a votare. Francia, Germania, Belgio ed Emirati Arabi Uniti non hanno permesso lo svolgimento del voto sul loro territorio

TURCHIA
22 maggio un uomo di 30 anni, Ugur Kurt, è stato ucciso da una pallottola vagante durante un funerale a Istanbul. Il colpo sarebbe stato sparato da un poliziotto durante gli scontri con alcuni manifestanti.

LIBIA
II 25 maggio il nuovo governo guidato da Ahmed Miitig ha ottenuto la fiducia del parlamento. Due giorni dopo alcuni uomini armati hanno attaccato la casa del primo ministro.
Il 26 maggio un giornalista di 50 anni, Meftah Bouzid,è stato ucciso a Bengasi.

EGITTO
Nella giornata di mercoledì 28 maggio si sono con concluse le elezioni presidenziali. La tornata elettorale, ideale punto di arrivo del processo di transizione istituzionale avviato in seguito alla destituzione da parte delle Forze Armate del Presidente Mohamed Morsi, ha sancito la schiacciante vittoria dell’ex-Ministro della Difesa Abdel-Fattah al-Sisi, artefice del colpo di Stato che ha deposto il leader della Fratellanza Musulmana. Nonostante permanga ad oggi un velo d’incertezza sulle cifre definitive del voto, fonti governative affermano che al-Sisi ha ottenuto il 93,3% dei consensi, contro il 3% del suo sfidante Hamdeen Sabahi, con un’affluenza alle urne pari al 46%.
La forza di al-Sisi, la cui popolarità è cresciuta a dismisura da quando, nell’agosto 2012, ha rilevato il ruolo del Generale Mohammed Hussein Tantawi come Ministro della Difesa e Capo delle Forze Armate, va individuata nella sua capacità di porsi come garante di una nuova fase di stabilità e consolidamento del potere istituzionale, in un periodo di crescente polarizzazione del sistema politico egiziano, prodotto dell’estremizzazione del conflitto tra autorità statali e frange islamiste.
Al nuovo Presidente spetta ora l’onere di farsi carico di due sfide di fondamentale importanza: il rafforzamento della sicurezza nazionale e il rilancio dell’economia egiziana. Le promesse esibite da al-Sisi nel corso della campagna elettorale riguardo i programmi di sviluppo socio-economico e di contrasto al terrorismo, ora dovranno confrontarsi con le reali necessità del paese e con i rischi di aggravamento delle tensioni interne al cuore della nazione.

GIBUTI
Domenica 25 maggio, un doppio attentato suicida ha colpito Gibuti, capitale dell’omonimo Stato situato nel Corno d’Africa, causando la morte di 3 persone e il ferimento di altre 15. Nello specifico, a colpire il ristorante La Chaumere, notoriamente frequentato da occidentali, in larga misura militari francesi della locale base di Camp Lemonnier, è stato il gruppo terrorista somalo al-Shabaab. Nel rivendicare l’attentato, Ali Dheere, il portavoce dell’organizzazione jihadista, ha dichiarato che questo rappresenta un atto di rappresaglia contro la NATO e i Paesi occidentali a causa della loro reiterata lotta contro l’Islam nel mondo. In particolare, al-Shabaab si è scagliato contro la Francia, rea a suo dire di massacrare le popolazioni musulmane in Repubblica Centrafricana.
Si tratta del primo attacco di al-Shaabab sul territorio di Gibuti, a testimonianza della crescente internazionalizzazione operativa e ideologica del gruppo, diretta conseguenza del rafforzamento dei suoi legami con al-Qaeda. Tale tendenza è emersa da alcuni mesi, nello specifico con gli attacchi dello scorso anno contro il Westgate Mall della capitale keniota Nairobi. Infatti, fino a pochi mesi fa le principali azioni di al-Shaabab sono state finalizzate a colpire il governo di Mogadiscio e i membri della missione AMISOM (African Mission in Somali).
In questo senso, Gibuti potrebbe rappresentare un obbiettivo sensibile per il movimento jihadista somalo, visto che il Paese ospita diversi contingenti militari occidentali, tra cui quello statunitense, francese e italiano. Nel prossimo futuro, dunque, esiste il rischio che anche l’ex-colonia francese conosca un’escalation degli attacchi terroristici di al-Shabaab, il quale potrebbe radicalizzare ampie fasce della popolazione locale (60% di etnia somala), sfruttando il malcontento sociale dovuto al sottosviluppo e alle precarie condizioni di vita..

TUNISIA
Nella notte tra martedì 27 e mercoledì 28 maggio, un commando di circa dieci uomini ha attaccato l’abitazione del Ministro degli Interni Lotfi Ben Jeddou, nella cittadina occidentale di Kasserine, capoluogo dell’omonimo governatorato. Gli uomini armati, giunti a bordo di un furgone, hanno aperto il fuoco contro gli agenti di sicurezza preposti al controllo della casa, uccidendone quattro e ferendone tre, senza riuscire però a introdursi nell’edificio dove si trovavano i familiari del Ministro. Ben Jeddou, ex Procuratore Generale di Kasserine, noto per il suo impegno nella lotta alla diffusione dell’estremismo salafita in Tunisia, non si trovava nell’abitazione nel momento dell’attacco.
Anche in assenza di una rivendicazione dell’attacco, le autorità tunisine hanno puntato il dito contro i gruppi estremisti islamici che operano nell’area di Kasserine, al confine tra Algeria e Tunisia. L’attacco di Kasserine rivela come, a fronte di un crescente sforzo da parte delle autorità per cercare di contenere la minaccia jihadista, la natura fluida dei legami che collegano la galassia salafita tunisina alle organizzazioni terroristiche maghrebine renda difficile prevedere e contrastare gli attacchi delle singole cellule attive nel Paese. I tentativi di combattere e isolare questi gruppi, tra i quali spicca Ansar al-Sharia, non sono riusciti a impedire alle formazioni salafite di riorganizzarsi e continuare a effettuare la propria attività di proselitismo e di attacco alle istituzioni statali.

ABU DHABI.
L’OPULENZA COSTRUITA SULLO SFRUTTAMENTO CON LA COMPLICITÀ DEGLI AMERICANI
Trattati come schiavi e pagati 272 dollari al mese. Continuano le polemiche contro la nuova sede della New York University (Nyu) di Abu Dhabi, negli Emirati arabi uniti, che per la costruzione dei suoi edifici fa ricorso a manodopera a basso costo e ingaggiata in condizioni di schiavitù. I lavoratori hanno deciso di scioperare e decine di loro sono stati portati in carcere, dove alcuni sono stati sottoposti a interrogatori violenti. Il New York Times parla di operai schiaffeggiati, presi a calci per farli confessare di aver preso parte allo sciopero.
Nel 2009 la Nyu aveva messo nero su bianco il suo impegno a rispettare i diritti dei lavoratori, ma a detta degli operai, le aziende appaltatrici non hanno mantenuto le promesse. Nella maggior parte dei casi, i migranti impiegati nella costruzione della sede dell’università americana devono lavorare 11 o 12 ore al giorno, sei o sette giorni alla settimana, solo per riuscire a raggiungere quanto originariamente pattuito: una paga base di 408 dollari. Oltre a questo sono costretti a dormire in 15 nella stessa stanza, nonostante il regolamento dell’Università prevedesse un massimo di quattro posti letto. Opulenza e modernità, da una parte, violenze e sfruttamento, dall’altra. Nella città dei grattacieli ultramoderni, degli alberghi a cinque stelle, del lusso e del progresso, alcune tipologie di impiego rasentano la schiavitù. La capitale degli Emirati Arabi Uniti, terza economia del Medio Oriente grazie alle sue riserve di petrolio e di gas naturale, sarebbe un modello virtuoso per l’intera regione. Tuttavia – come denuncia Human Rights Watch – all’interno di questo Paese le condizioni cui sono sottoposti molti lavoratori, principalmente provenienti dal Sudest asiatico, non sono considerate accettabili.

MALAWI
JOYCE BANDA IN DIFFICOLTÀ
"In Malawi è scoppiata una crisi politica dopo che la presidente Joyce Banda ha deciso di annullare per brogli le presidenziali del 20 maggio, dov’era in svantaggio", scrive Jeune Afrique. Lo scrutinio è stato caratterizzato da gravi problemi organizzativi, ma gli osservatori elettorali non hanno riscontrato brogli. La corte suprema del Malawi ha deciso di invalidare la decisione di Banda e di far proseguire il conteggio. Il candidato favorito è Peter Mutharika, fratello del presidente morto nel 2012.

MALI
Cinquanta soldati sono morti nei combattimenti con i ribelli che dal 21 maggio controllano Kidal. Il ministro della difesa Soumeylou Boubèye Malga si è dimesso.

NIGER
II 24 maggio quaranta oppositori vicini al presidente del parlamento Hama Amadou sono stati arrestati con l’accusa di pianificare un colpo di stato. Palestina Rami Hamdallah è stato confermato primo ministro del nuovo gove di unità nazionale palestinese, presentato il 29 maggio.

RDC
II 23 maggio la Corte penale internazionale dell’Aja ha condannato l’ex capo ribelle Germain Katanga a dodici anni di prigione per crimini di guerra.

SOMALIA
II 24 maggio dieci persone sono morte a Mogadiscio in un attacco al parlamento rivendicato da Al Shabaab.

ASIA & PACIFICO
AUSTRALIA
MOMENTI DI GLORIA
Quello in cui il ministro del tesoro Joe Hockey ha annunciato la chiusura di nove centri di detenzione per immigrati irregolari sul territorio australiano, ‘perché i migranti non arrivano più’, avrebbe dovuto essere il momento di gloria del ministro dell’immigrazione Scott Morrison", scrive il Saturday Paper. "Morrison, però, è rimasto immobile con lo sguardo cupo. Forse pensava al costo di quel risultato. Non tanto a quello economico (a febbraio il governo ha firmato un contratto da 1,2 miliardi di dollari con l’azienda privata Transfield per la gestione dei centri offshore sulle isole di Nauru e di Manu per i prossimi 18 mesi). Forse pensava al prezzo pagato sull’isola di Manu, dove un richiedente asilo iraniano è stato ucciso e altri 67 sono rimasti feriti nella rivolta del 17 febbraio scorso. Oggi sappiamo che nove mesi prima dei disordini il direttore del centro aveva denunciato l’inadeguatezza delle strutture di sicurezza e che la tensione era altissima dopo che i detenuti avevano saputo che non sarebbero stati accolti in un paese terzo". (Max Opray, The Saturday Paper, Australiarno)

CINA
ATTENTATO NELLO XÌNJIANG
Il 22 maggio in un attentato a Urumqi, capoluogo dello Xìnjiang, sono morte 39 persone e 90 sono rimaste ferite. È il secondo attacco in un mese nella città. Pechino ha annunciato un nuovo piano di sicurezza contro il terrorismo nella regione, già attraversata da tensioni etniche e sociali che rischiano di acuirsi. Secondo Mingpao, è una sfida per il presidente Xi Jinping, che sta concentrando il potere nelle sue mani. "Vedremo se saprà cambiare le politiche che hanno creato tensioni tra han e uiguri".

INDIA
SOLO UN BUON INIZIO PER MODI ESHARIF. Dna, India
Anche se ha attirato molta attenzione, era chiaro che l’incontro tra il primo ministro indiano Narendra Modi (nella foto a destra) e quello pachistano Nawaz Sharif il 27 maggio a New Delhi, dopo la cerimonia d’insediamento di Modi, avrebbe avuto solo un valore simbolico. È stato un inizio incoraggiante, ma per ottenere risultati concreti i due leader dovranno superare le resistenze interne ai loro paesi e aggirare fattori esterni su cui hanno poco controllo. Già in passato India e Pakistan avevano fatto sporadici passi avanti su questioni fondamentali come la lotta al terrorismo e le condizioni preliminari per un negoziato sul Kashmir, ma questo tipo di approccio è destinato a fallire. Purtroppo anche l’idea che la soluzione a questi problemi possa essere rinviata in attesa che lo sviluppo economico produca condizioni migliori è impraticabile, perché non si possono ignorare i costi umani del terrorismo e della tensione al confine, e il loro inevitabile impatto sulla politica e sull’opinione pubblica dei due paesi. Modi e Sharif devono impegnarsi nelle aree in cui è possibile fare passi avanti immediati ma anche nelle questioni più complesse.
Se il Pakistan garantirà all’India un ac-cesso indiscriminato al suo mercato, i lega-mi economici tra i due paesi ne beneficeranno. Nel campo della condivisione delle acque dovrebbe essere l’India, dove molti fiumi hanno origine, a prendere l’iniziativa. Il Kashmir e il terrorismo sono problemi più complessi. Modi dovrà essere discreto nel fare pressione sul Pakistan perché acceleri il processo ai presunti attentatori di Mumbai e affronti il problema del terrorismo.
Dovrà anche essere capace di reggere la pressione interna in caso di attentati o episodi di violenza lungo il confine. Infine Mo-di dovrà capire che, anche se l’India considera il Kashmir un problema interno, la soluzione non può prescindere da un accordo con il Pakistan. Purtroppo le posizioni del Bjp (il partito di Modi) non fanno ben sperare. Quanto a Sharif, l’esercito e i servizi segreti, che stanno riprendendo le redini del paese approfittando del ritiro statunitense dall’Afghanistan, lo terranno d’occhio. Il primo passo, comunque, è stato fatto

MADHYA PRADESH
INDIA, nuovo orrore: bimbi torturati e costretti a pratiche sessuali in centro per infanzia. Inoltre ragazzina violentata per 3 mesi da coppia. SETTE ARRESTI PER LO STUPRO DI BRANCO E L’IMPICCAGIONE A UN ALBERO DELLE DUE RAGAZZINE
Non c’è pace nell’India degli orrori dove ogni giorno, sfogliando i giornali o guardando la tv si scoprono vicende a sfondo sessuale violento che coinvolgono donne inermi, ragazzine fuori casta e anche bambini poveri mandati in istituti che si suppone debbano tutelarli e che invece diventano luoghi di tortura e di sofferenza. Così si è scoperto che una ragazzina di 14 anni e’ stata ripetutamente violentata per tre mesi nello Stato centrale di Madhya Pradesh, da un uomo che nell’impresa era assistito dalla moglie.
E due responsabili di un centro di assistenza per bambini, gestito senza licenza nello Stato indiano di Maharashtra, sono stati arrestati quando la polizia ha scoperto che i piccoli ospiti, di età fra quattro e 15 anni, erano obbligati a pratiche sessuali fra di loro e con adulti. Se si rifiutavano, è merso dall’inchiesta, venivano torturati e costretti a mangiare feci.
I nuovi scioccanti episodi sono emersi mentre l’India è ancora traumatizzata dal terribile episodio di due cugine adolescenti indiane ‘dalit’ (senza casta) di 14 e 15 anni violentate da una banda di balordi in un villaggio dell’Uttar Pradesh (India nord-orientale) e poi impiccate ad un albero di mango. Per quell’episodio, che ha sollevato un’ondata di indignazione, 7 persone, fra cui due agenti, sono state arrestate

AFGHANISTAN
OBAMA SVELA IL SUO PIANO
Il 27 maggio il presidente statunitense Barack Obama ha annunciato il piano di rientro delle truppe americane dall’Afghanistan. Alla fine del 2014, rimarranno nel paese 9.800 marines, che diventeranno meno di mille nel 2016, lo stretto necessario per proteggere l’ambasciata di Kabul e addestrare i militari afgani. Il piano però deve ancora essere firmato dal presidente afgano, che sarà eletto il 14 giugno, scrive la Bbc.

PAKISTAN
II 27 maggio una donna di 25 anni, Farzana Iqbal, è stata lapidata a morte a Lahore da alcuni familiari che non approvavano la sua decisione di sposarsi. La donna era incinta.

VIETNAM
II 26 maggio un peschereccio vietnamita è stato speronato e affondato da alcune imbarcazioni cinesi nel mar Cinese meridionale

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
COLOMBIA
Alle elezioni del 25 maggio Oscar Ivan Zuluaga, candidato del Centro democratico alla presidenza della Colombia ed ex ministro delle finanze, ha ottenuto il 29,2 per cento dei voti. Il 15 giugno Zuluaga sfiderà al ballottaggio il presidente uscente Juan Manuel Santos che, con il 25,6 delle preferenze, ha subito una sconfitta pesante. Il successo di Zuluaga si spiega anche grazie al sostegno dell’ex presidente Alvaro Uribe, ancora molto popolare in Colombia e contrario al processo di pace con le Fare in corso a Cuba da più di un anno. L’astensione è molto più alta.

VENEZUELA
DUE NUOVE SINDACHE
Il 25 maggio Patricia Gutiérrez e Rosa Brandonisio sono state elette, rispettivamente, sindaca di San Cristóbal (stato di Tàchira) e di San Diego (stato di Carabobo). I loro mariti, Daniel Ceballos ed Enzo Scarano, erano stati destituiti dall’incarico a marzo, durante le proteste antigovemativa, perché si erano rifiutati di rimuovere le barricate innalzate dai manifestanti. Oggi stanno scontando la condanna in carcere. Su Prodavinci Luis Vicente Leon scrive: "Il voto dimostra che la società si unisce davanti agli abusi di potere
BRASILE
VITTIME DELLA GENERAL MOTORS
Il 20 maggio la General Motors (Gm) ha annunciato il ritiro di 238.360 veicoli prodotti in Brasile tra l’ottobre 2013 e l’aprile 2014. L’azienda sostituirà i filtri della benzina per prevenire delle perdite che potrebbero provocare incendi. L’annuncio è arrivato alcuni giorni dopo che la giornalista Moriti Neto, di Agència Pùblica, ha raccontato di una serie di esplosioni sui modelli Vectra prodotti tra il 1996 e il 1999. Un’associazione delle vittime ha documentato 59 esplosioni in dieci stati brasiliani, la metà delle Alle elezioni del 25 maggio Oscar Ivan Zuluaga, candidato del Centro democratico alla presidenza della Colombia ed ex ministro delle finanze, ha ottenuto il 29,2 per cento dei voti.
quali senza cause esterne evi-denti. Ci sono stati almeno cinque morti e cinque feriti gravi. Ma a differenza della recente politica dell’azienda negli Stati Uniti, i risarcimenti danni sono stati molto più bassi di quelli pagati (o promessi) ai cittadini statunitensi.
Un’associazione di familiari delle vittime ha scoperto che nel 1998 la Gm aveva diramato una comunicazione interna in cui parlava di un difetto alla pompa della benzina. Secondo le associazioni dei consumatori, l’azienda era a conoscenza del problema e avrebbe potuto evitare le esplosioni. Sedici anni dopo nessun modello Vectra è stato ritirato dal mercato. Forse l’annuncio del 20 maggio – arrivato poco dopo la pubblicazione dell’articolo – è il segno che la Gm sta cambiando politica. Oppure, semplicemente, che l’azienda ha deciso di chiudere con i problemi del passato – senza pagare nessun risarcimento – e di andare avanti. (Natalia Viana dirige l’agenzia giornalistica brasiliana Pùblica).

CILE
II 21 maggio la presidente Michelle Bachelet ha annunciato un progetto di legge per depenalizzare l’aborto terapeutico.

GUATEMALA
II 22 maggio l’ex presidente Alfonso Portillo è stato condannato a cinque anni di prigione per riciclaggio.

REPUBBLICA DOMINICANA
II parlamento ha approvato il 22 maggio in via definitiva una legge permetterà di ottenere la cittadinanza ai figli di immigrati nati nel paese

AMERICA SETTENTRIONALE
CANADA
GLI EGIZIANI E LE URNE DEL GENERALE / Toronto Star, Canada /Il maresciallo Abdel Fattah al Sisi si aspettava che da bravi soldatini gli egiziani sarebbero scattati sull’attenti e corsi in massa ai seggi per offrirgli la presidenza. Ma le truppe non hanno risposto all’appello. Arrabbiati e indifferenti, gli elettori si sono presi una licenza senza permesso. Sua eccellenza contava su una enorme affluenza alle urne per legittimare non solo il colpo di stato contro l’ex presidente Mohamed Morsi, che aveva preso 13 milioni di voti nelle più corrette elezioni del 2012, ma anche la recente repressione dei Fratelli musulmani. Invece il boicottaggio dei Fratelli e l’apatia dei cittadini verso queste elezioni manipolate gli hanno rovinato la festa.
Il 27 e il 28 maggio molti seggi del Cairo e di altre città sono rimasti quasi deserti, mentre la tv arringava gli spettatori invitandoli ad andare a votare. Prese dal panico, le autorità hanno dato il martedì di vacanza a tutti per favorire l’affluenza alle urne, hanno minacciato multe per chi non andava a votare e, alla fine, prese dalla dispera-zione, hanno deciso che i seggi sarebbero rimasti aperti fino al 29 maggio. Al Sisi e i suoi sostenitori si sono meritati questo rifiuto. Hanno scatenato una repressione che ha mandato sotto processo Morsi e altre persone, hanno messo fuori legge la Fratellanza, hanno ucciso 1.400 dei suoi sostenitori e ne hanno arrestati i6mila. E hanno dimostrato solo disprezzo per l’elettorato. Al Sisi non si è neanche preso la briga di presentarsi a un comizio, di impegnarsi in un dibattito o di proporre un programma coerente. Si è solo lasciato intervistare da giornalisti televisivi servili e ha chiesto ai suoi di controllare le risposte prima che andassero in onda, per essere sicuro che lo mettessero nella luce migliore. Secondo molti, il suo unico avversario era solo un fantoccio destinato a perdere.
In confronto alla campagna credibile e combattuta che aveva portato al potere Morsi, questa è stata una farsa. Naturalmente per Al Sisi e l’establishment egiziano le cose si aggiusteranno. L’esercito non accetterà alternative. La presidenza sarà sua. Ma gli egiziani non sono costretti a fingere di essere d’accordo. E il mondo non è co-stretto a rispettare questo risultato

STATI UNITI
L’ASTRO NASCENTE
Il 23 maggio il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha nominato Julian Castro capo del ministero per la casa e lo sviluppo umano. Castro, 39 anni, ex sindaco di San Antonio di origini messicane, è l’astro nascente del Partito democratico: "Molti lo considerano un possibile candidato alla vicepresidenza per il 2016", scrive il Washington Post. "È la grande speranza degli ispanici
NYC
E’ FINITA LA CRISI? PUÒ DARSI, MA IN USA I PROFITTI VANNO AI SOLITI NOTI – La ripresa economica? Intanto, i frutti se li prendono i soliti noti. I compensi medi degli amministratori delegati delle maggiori 300 aziende quotate americane sono saliti in media nel 2013 del 5,5% a 11,4 milioni di dollari, di cui i due terzi legati alla performance.
A fare i conti è stato il Wall Street Journal, secondo il quale l’aumento e’ maggiore di quello sperimentato da dipendenti del settore privato negli Stati Uniti, che hanno visto crescere il loro salario dell’1,8% nel 2013. Il numero uno piu’ pagato e’ il numero uno di Oracle, Larry Ellison, che ha incassato 76,9 milioni di dollari, seguito da Leslie Moose di Cbs con 65,4 milioni di dollari e Michael Fries di Liberty Global con 45,5 milioni di dollari. Nella top ten anche Robert Iger di Walt Disney al sesto posto con 33,4 milioni di dollari e Fabrizio Freda di Estee Layder con 30,9 milioni di dollari. I dieci amministratori delegati piu’ pagati hanno ottenuto il 23% del totale compensi dei 300 numeri uno delle aziende esaminate: solo i tre piu’ pagati hanno incassato complessivamente 188 milioni di dollari.
Nel settore finanziario l’amministratore delegato di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, e’ il piu’ pagato con 28 milioni di dollari, il 16,7% in piu’ rispetto al 2012. I compensi medi del settore finanziario risultano i piu’ alti a 15,03 milioni di dollari, seguiti da quelli delle telecomunicazioni, 14,98 milioni di dollari.
GLI ULTIMI DI GUANTANAMO
Il 23 maggio una giudice federale statunitense ha autorizzato l’alimentazione forzata di Abu Wa’el Dhiab, un siriano detenuto a Guantanamo da 12 anni che sta facendo l’ennesimo sciopero della fame. "La corte non può lasciarlo morire", ha spiegato la giudice. La sentenza annulla un precedente divieto di alimentare forzatamente i prigionieri. "A Guantanamo ci sono ancora 154 detenuti", ricorda il New York Times. "Nel 2009 il presidente Barack Obama si era impegnato a chiudere il campo entro l’anno, ma i repubblicani al congresso hanno bloccato il trasferimento dei prigionieri negli Stati Uniti".

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, TM News , Suddeutsche Zeitung , Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi , The Saturday Paper Australiano, e Le Monde)

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