11165 La nuova emigrazione? Sparita una città come Palermo

20140507 16:33:00 redazione-IT

[b]di Sergio Rizzo [i](da Il Corriere della Sera)[/i][/b]
[i]Fra il 2001 e il 2011 l’emigrazione dalle regioni meridionali ha ripreso a marciare a un ritmo di oltre 50 mila persone l’anno.[/i]
Che si possa dare la colpa al peggioramento della qualità della vita nelle metropoli, è scontato. Ma lo spopolamento delle più grandi città del Sud che ha denunciato qualche giorno fa la Svimez è sintomo di un malessere più radicato e profondo del degrado urbano. Fra il 2001 e il 2011 l’emigrazione dalle Regioni meridionali ha ripreso a marciare a un ritmo di oltre 50 mila persone l’anno. Se ne sono andati in 523.726 (poco meno di una città come Palermo che ne conta 650 mila), ed è come se si fossero trasferiti tutto al Centro Nord, dove infatti ne sono arrivati 522.549. Nella sola provincia di Napoli si è avuto un saldo migratorio, come differenza fra le partenze e gli arrivi, negativo per ben 96.687 unità.

A differenza però di quanto avveniva negli anni Cinquanta e Sessanta, con gli emigranti che partivano dalle campagne e dai paesi per cercare lavoro nelle industrie settentrionali,, adesso vanno via soprattutto dalle città. Il comune di Napoli ha perduto 42.497 abitanti, scendendo sotto il milione; Palermo, invece, 29.161. Per entrambe le più grandi città del Mezzogiorno il calo è stato del 4,2%. Ancora niente, al confronto di quelle che è successo in tutto il Sud. Dice la Svimez che i comuni meridionali con più di 150 mila abitanti hanno subito nel decennio una flessione di 421.096 residenti. Il 12,9%del totale. Al contrario, i centri di classe dimensionale analoga del Centro Nord hanno registrato un aumento del 6,8%: se la città di Milano ha mostrato un calo di 14.088 persone, a tutto vantaggio dell’hinterland, la popolazione di Roma è aumentata invece di 70.371 unità.
L’associazione presieduta da Adriano Giannola avverte che di questo passo nel 2050 gli abitanti del Mezzogiorno scenderanno a poco più di 18 milioni contro i 20,9 di oggi. Ed è indiscutibile il nesso fra la massiccia ondata migratoria e l’assenza di lavoro. Fra il 2001 e il 2013 il tasso di occupazione è sceso al Sud dal 43,1 al 42% ed è salito al Centro Nord dal 61 al 62,9%. A Napoli siamo al 36,7 per cento, contro il 38 di dodici anni prima. E sta appena meglio Palermo, con il 37,4%. Parliamo di un livello inferiore a tutte le più povere ripartizioni dell’Unione Europea: dalla Guyana francese a Melilla, enclave spagnola in Marocco. Per i giovani di età compresa fra i 15 e i 34 anni, poi, la situazione è ancora più spaventosa. Il tasso di occupazione a Napoli è sceso dal 30,2% del 2001 al 22,5%del 2013. Ormai nel capoluogo campano lavora (ufficialmente, s’intende) appena un giovane su 4,4. A Palermo, uno ogni 4,2. A Bari, uno ogni 3. In tutto il Sud il tasso di occupazione giovanile è precipitato dal 2001 27,6%, a fronte di un già miserrimo 40,2% dell’intera Italia.
Di conseguenza non può essere un caso se nel periodo compreso fra il 2000 e il 2012 il tasso di emigrazione dei meridionali laureati è cresciuto dal 10,7 al 25%. All’inizio degli anni Duemila faceva le valigie uno su dieci: oggi uno su quattro. Dal 1990 al 2012 hanno lasciato le Regioni meridionali 172 mila giovani con la laurea in tasca. Tutti diretti al Centro Nord o all’estero. Fuggono, per non voltarsi indietro. E quelli che poi ritornano si contano sulle dita di una mano. ROMA – Che si possa dare la colpa al peggioramento della qualità della vita nelle metropoli, è scontato. Ma lo spopolamento delle più grandi città del Sud che ha denunciato qualche giorno fa la Svimez è sintomo di un malessere più radicato e profondo del degrado urbano. Fra il 2001 e il 2011 l’emigrazione dalle Regioni meridionali ha ripreso a marciare a un ritmo di oltre 50 mila persone l’anno. Se ne sono andati in 523.726 (poco meno di una città come Palermo che ne conta 650 mila), ed è come se si fossero trasferiti tutto al Centro Nord, dove infatti ne sono arrivati 522.549. Nella sola provincia di Napoli si è avuto un saldo migratorio, come differenza fra le partenze e gli arrivi, negativo per ben 96.687 unità. A differenza però di quanto avveniva negli anni Cinquanta e Sessanta, con gli emigranti che partivano dalle campagne e dai paesi per cercare lavoro nelle industrie settentrionali,, adesso vanno via soprattutto dalle città. Il comune di Napoli ha perduto 42.497 abitanti, scendendo sotto il milione; Palermo, invece, 29.161. Per entrambe le più grandi città del Mezzogiorno il calo è stato del 4,2%. Ancora niente, al confronto di quelle che è successo in tutto il Sud. Dice la Svimez che i comuni meridionali con più di 150 mila abitanti hanno subito nel decennio una flessione di 421.096 residenti. Il 12,9%del totale. Al contrario, i centri di classe dimensionale analoga del Centro Nord hanno registrato un aumento del 6,8%: se la città di Milano ha mostrato un calo di 14.088 persone, a tutto vantaggio dell’hinterland, la popolazione di Roma è aumentata invece di 70.371 unità.
L’associazione presieduta da Adriano Giannola avverte che di questo passo nel 2050 gli abitanti del Mezzogiorno scenderanno a poco più di 18 milioni contro i 20,9 di oggi. Ed è indiscutibile il nesso fra la massiccia ondata migratoria e l’assenza di lavoro. Fra il 2001 e il 2013 il tasso di occupazione è sceso al Sud dal 43,1 al 42% ed è salito al Centro Nord dal 61 al 62,9%. A Napoli siamo al 36,7 per cento, contro il 38 di dodici anni prima. E sta appena meglio Palermo, con il 37,4%. Parliamo di un livello inferiore a tutte le più povere ripartizioni dell’Unione Europea: dalla Guyana francese a Melilla, enclave spagnola in Marocco. Per i giovani di età compresa fra i 15 e i 34 anni, poi, la situazione è ancora più spaventosa. Il tasso di occupazione a Napoli è sceso dal 30,2% del 2001 al 22,5%del 2013. Ormai nel capoluogo campano lavora (ufficialmente, s’intende) appena un giovane su 4,4. A Palermo, uno ogni 4,2. A Bari, uno ogni 3. In tutto il Sud il tasso di occupazione giovanile è precipitato dal 2001 27,6%, a fronte di un già miserrimo 40,2% dell’intera Italia.
Di conseguenza non può essere un caso se nel periodo compreso fra il 2000 e il 2012 il tasso di emigrazione dei meridionali laureati è cresciuto dal 10,7 al 25%. All’inizio degli anni Duemila faceva le valigie uno su dieci: oggi uno su quattro. Dal 1990 al 2012 hanno lasciato le Regioni meridionali 172 mila giovani con la laurea in tasca. Tutti diretti al Centro Nord o all’estero. Fuggono, per non voltarsi indietro. E quelli che poi ritornano si contano sulle dita di una mano.

http://www.corriere.it/economia/14_maggio_07/nuova-emigrazione-sparita-citta-come-palermo-63055966-d5c7-11e3-8f76-ff90528c627d.shtml

 

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