11114 14 NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 5 aprile 2014

20140405 01:14:00 red-emi

ITALIA – CRESCITA SÌ, MA DI QUALITÀ SOSTENIBILE / Secondo le previsioni d’inverno della Commissione Europea, pubblicate il 24 febbraio 2014, l’Italia quest’anno crescerà solo dello 0,6% contro l’1,2% del resto d’Europa. È questa una notizia positiva o negativa
EUROPA – PARIGI – LA BATOSTA FRANCESE / Il Fronte nazionale di Le Pen non solo è diventato – dove presente – il primo partito ma ha respinto il Partito socialista, in testa alle presidenziali due anni fa, al terzo posto
AFRICA & MEDIO ORIENTE – ISRAELE-PALESTINA/ A UN PUNTO MORTO / I negoziati di pace tra Israele e Palestina sono di nuovo a un punto critico
ASIA & PACIFICO – INDIA. Una certa idea dell’India / Le elezioni che si svolgeranno in India a partire dal 7 aprile saranno una svolta per la democrazia più popolosa del mondo.
AMERICA CENTROMERIDIONALE – Cuba. Rilanciare l’economia
AMERICA SETTENTRIONALE – CANADA / LA SCOMMESSA DI MARAIS / Il 7 aprile si svolgeranno le elezioni anticipate nella provincia francofona del Quebec

ITALIA
CRESCITA SÌ, MA DI QUALITÀ SOSTENIBILE / Secondo le previsioni d’inverno della Commissione Europea, pubblicate il 24 febbraio 2014, l’Italia quest’anno crescerà solo dello 0,6% contro l’1,2% del resto d’Europa. È questa una notizia positiva o negativa? Può l’ottimismo di un paese dipendere dalla crescita, non-crescita o decrescita del suo prodotto interno lordo? Rehn, commissario europeo agli Affari Economici afferma: "È giusto evitare l’eccesso di ottimismo ma anche l’eccesso di pessimismo, perché non aiuta il progresso e mina la fiducia. Serve autostima per superare la crisi". In Italia si sente dire dal Presidente del Consiglio che ‘nonostante l’avanzo primario, il nostro problema è la mancata crescita’, e non ‘nonostante l’avanzo primario, il nostro problema è la mancata autostima’. Si parla della famosa crescita come unica grande soluzione per uscire dalla crisi, ma è proprio in questo momento di crisi che bisognerebbe ridefinire l’ideale di crescita economica e di misurazione del benessere di un paese attraverso la valorizzazione dei beni e del know-how italiani.
A febbraio è arrivata la grande notizia che il Pil ha registrato +0,1% nel quarto trimestre 2013, per la prima volta da giugno 2011. Anche se s’intravedono i primi segnali di ripresa non si tratta solo di far riquadrare i conti o limare il cuneo fiscale aspettando che la recessione si fermi e l’economia ricominci a crescere. Come disse Joseph Conrad, “A quanto pare, esiste un punto in cui il progresso, per essere vero avanzamento, deve variare leggermente la sua linea di direzione”. In questo momento, l’economia deve scegliere un suo punto di forza produttivo. L’Italia, in questo caso, parte avvantaggiata perché può fare tesoro della crisi per cogliere nuove sfide e nuove opportunità dell’economia mondiale puntando sul suo enorme ‘know how’ rappresentato dal Made in Italy. Nel frattempo, bisognerebbe prima di tutto imparare a valutare in modo appropriato il concetto di crescita economica variando i suoi indici di misurazione. Infatti, per misurare non solo la crescita, ma anche il progresso di un paese, essendo queste due cose diverse, il Pil ha bisogno di essere affiancato da indici che misurino gli aspetti qualitativi della vita tramite un approccio multidisciplinare.
Principale indice complementare del PIL è l’ISU delle Nazioni Unite, già in vigore dal 1990, che misura aspetti come la povertà, la salute, la parità fra i sessi, l’istruzione, l’inclusione sociale e l’ambiente. Un recente articolo della rivista Nature divide gli indicatori alternativi del progresso in tre categorie: la prima cura i fattori sociali e ambientali; la seconda i fattori soggettivi del benessere (derivati solitamente da sondaggi); e la terza i fattori soggettivi e oggettivi di benessere e sostenibilità sociale. L’ultima sembra la più interessante, poiché prende in considerazione più fattori possibili comparandoli, come se fosse consapevole dell’immensa complessità racchiusa nel concetto di progresso da intendere come benessere. Nell’articolo si usa anche l’espressione ‘Dethroning GDP’ (spodestare il Pil) per rendere l’idea che l’unità di misura utilizzata ai tempi della Grande Depressione (1930-1940), quando il reddito era strettamente associato al benessere, non può essere accettato oggi in una società in cui beni che non hanno un mercato, i costi indotti dalle attività produttive (esternalità negative) e la qualità della spesa pubblica stanno acquistando sempre più importanza all’interno della vita di tutti i giorni.
Ripercorrendo la storia della nascita del concetto moderno di crescita si può capire il perché vada a braccetto con le idee di sviluppo e progresso che in realtà hanno significati ben diversi e non sempre sono gli obiettivi ultimi di un’economia. Crescita, sviluppo e progresso sono termini che sono stati associati con l’economia di tipo industriale sorta intorno al 1800 in Europa e che hanno raggiunto la loro più grande popolarità con l’economia capitalista e il concetto di accumulazione di beni. Nonostante abbiano definizioni ben precise, nel corso dei secoli il significato di queste parole è stato così liberamente misinterpretato che, per evitare ulteriori fraintendimenti, si iniziò a parlare di decrescita. La teoria della decrescita felice fu proposta per promuovere un’inversione di tendenza rispetto al modello dominante della crescita e dell’accumulazione illimitata di beni, ma l’uso di questo termine non chiarisce, anzi amplifica, quegli stessi fraintendimenti nati con l’ideale di ‘crescita’ e ‘progresso’.
Cosa s’intende per crescita economica? Abbandonando preconcetti storici, la crescita si può definire come un processo essenziale dell’evoluzione. La natura ci insegna che l’evoluzione è fatta di cicli e soprattutto che la crescita non può essere, in nessuna forma, illimitata. Una crescita infinita porterebbe all’interruzione dei cicli evolutivi e quindi ad un blocco del sistema. Allo stesso modo, in economia una crescita illimitata in un mondo con risorse limitate non porterà né sviluppo, né progresso. La crescita economica, per essere sinonimo di sviluppo e progresso, deve trovare l’equilibrio tra crescita del reddito (quantitativa) e crescita del benessere (qualitativa) perché non sempre un reddito procapite medio-alto coincide con una qualità della vita altrettanto alta.
Congiuntamente all’industrializzazione e al capitalismo è stato portato avanti il concetto di modernizzazione come miglioramento delle condizioni di vita e quindi del benessere collettivo. Inevitabile, quindi, l’associazione tra crescita industriale, economia e benessere. Effettivamente la qualità della vita è cresciuta per quanto riguarda la quantità di beni e servizi disponibili per il consumo, ma sono cresciute anche diseguaglianze e privazioni, dato che la soddisfazione dei bisogni materiali è indiscutibilmente limitata dalla capacità di guadagno. Nessuna forma di decrescita risolverebbe il problema di come ridistribuire queste risorse. Per una vita di qualità, le condizioni materiali devono essere integrate con tutte le altre esperienze che sono significative per il benessere, come la salvaguardia dell’ambiente in cui si vive, l’assistenza sanitaria, la cultura e l’istruzione. È per questo che, anche se non è un paese cosiddetto ‘ricco’, il Costa Rica è reputato il paese più felice del mondo dove crescita può significare anche sviluppo e progresso. Infatti, il Costa Rica ha un reddito pro-capite relativamente basso e una qualità della vita altissima, mentre la maggior parte dei paesi ‘ricchi’ con reddito procapite alto si trovano a metà della classifica HPI (The Happy Planet Index).
In Europa, invece, il modello economico e sociale che integra in maniera più equilibrata tutte le dimensioni del benessere è quello dei paesi scandinavi, a differenza dei paesi mediterranei che si trovano più in difficoltà. Questo perché non vi è sviluppo e progresso ma solo crescita (e tante volte neanche quella). Crescita è sinonimo di sviluppo e progresso quando comprende un aumento sia delle quantità che delle qualità. Infatti, lo sviluppo economico consiste in una crescita accompagnata da un mutamento delle strutture e dell’organizzazione economica e non una riduzione della produzione e dei consumi, come, invece, vorrebbe la decrescita. Un esempio è l’economia mercantilista del 700 che, crescendo, si sviluppò in una di tipo industriale, strutturata diversamente in linea con le necessità dell’epoca. Questo non significa abbandonare completamente un tipo di economia per un’altra, ma semplicemente effettuare un cambio di direzione, cioè mettere in primo piano la crescita economica legata a dei valori diversi di qualità e sostenibilità. Si parla invece di progresso economico quando si ha un aumento di produttività, cioè quando, utilizzando la stessa quantità di fattore produttivo, ma aumentandone la qualità, si ottiene un aumento di produzione. Questo aumento di qualità può essere determinato da vari elementi che danno valore aggiunto al prodotto, come, per esempio, l’innovazione, il fattore estetico e la tecnologia. In questo modo, la crescita qualitativa non ridurrebbe il benessere, ma solo l’abuso di energie, materie prime e territorio. Selezionare un modo di produrre e consumare piuttosto che farlo indiscriminatamente è l’unica via verso il progresso reale. Mentre uno sviluppo unicamente quantitativo non può essere sostenibile poiché porta inevitabilmente a una condizione di squilibrio, uno sviluppo qualitativo associa alla crescita economica tutte le altre sfere della società che alimentano il benessere. Le teorie della decrescita, al contrario, non sostengono il concetto di sviluppo sostenibile che ha bisogno di crescita, della qualità ma anche delle quantità.
In realtà qui non si tratta di criticare la crescita economica, l’industrializzazione o il capitalismo, simboli del progresso dell’umanità, bensì di definire meglio questi processi di sviluppo e studiare le loro implicazioni nella società di oggi. Per esempio, quando ci si riferisce al capitalismo si pensa al sistema economico per eccellenza poiché lo s’intende come accumulo di capitale e possibilità d’investimenti, ma in realtà, la crescita economica è un’aberrazione del sistema capitalista. Il capitalismo vede nella corsa all’accumulazione di capitale e nella produzione una finalità che trascura i limiti dello sviluppo dettati dalla povertà, dalla diffusione delle malattie e dalla distruzione continua delle risorse del pianeta. Alla fine queste problematiche verrebbero ad ostacolare il normale funzionamento dell’economia capitalista, con un conseguente stallo generale del sistema.Come suggerisce il rapporto del MIT di Boston sui Nuovi limiti dello sviluppo, “la crescita non conduce necessariamente al collasso. Il collasso segue alla crescita solo quando la crescita porta al superamento dei limiti.” 1 Il capitalismo non sosterrebbe una crescita né quantitativa né tantomeno qualitativa perché non ha come obiettivo quello di migliorare la qualità della vita generando benessere, ma quello a breve termine di massimizzare la produzione industriale. Di conseguenza il capitalismo va incontro a crisi di sovrapproduzione e di ristagno, lo stesso ristagno a cui va incontro una crescita puramente quantitativa incentrata sul Pil. Oggi, a differenza del passato, si può notare un aumento del reddito pro-capite e un aumento della popolazione allo stesso tempo. Infatti, anche se l’aumento demografico smisurato degli ultimi decenni non farà scattare la trappola maltusiana, il sistema non è organizzato per distribuire le risorse.
Ci sono quindi certi valori dell’economia capitalista che ci stanno portando verso il collasso mentre altri fattori, frutto di una necessità di una crescita qualitativa derivante dalla crisi, ci indirizzano sempre più verso una compatibilità con l’ambiente, che non significa solamente guardare alle questioni ambientali, come molti possono pensare. Si parla spesso di ‘economia sostenibile’ o ‘green economy’ e questi termini sono ampiamente fraintesi. Oggi, infatti, è luogo comune intendere la sostenibilità come qualcosa di esclusivamente connesso all’agricoltura e alle campagne verdi, ma così non è. La sostenibilità è qualcosa di estremamente complesso che deve rispecchiare in tutte le dimensioni del benessere (economica, sociale, ambientale, territoriale) alla cui base ci sono determinanti quali la gestione sostenibile degli stock di capitali e la loro produttività, un equo andamento del regime demografico e un’equa distribuzione delle risorse del paese.
In un rapporto degli economisti J. Stiglitz, A. Sen e J.-P. Fitoussi è emersa la convinzione che una quota importante del benessere complessivo degli individui sia legata alle scelte alimentari e agli stili di vita adottati, aspetti centrali per la salute dell’uomo e la sostenibilità ambientale. Non a caso, l’intera economia italiana sta investendo con successo sul settore dell’economia cosiddetto ‘green’ o sostenibile (da non confondere il green business) e cioè in uno sviluppo che lega la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali alla dimensione economica, sociale ed istituzionale, al fine di soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, evitando di compromettere la capacità delle future di soddisfare i propri. L’agricoltura, essendo un settore che vive a stretto contatto con l’ambiente, rappresenta un nuovo modello di sviluppo in grado di coniugare competitività sul mercato nazionale e internazionale con il patrimonio ambientale-culturale e la creatività delle imprese italiane. Di fatto, l’agricoltura influisce direttamente sulla qualità delle produzioni e la sostenibilità ambientale ed è alla base dell’intera filiera agroindustriale che contribuisce per il 17% del Pil nazionale. L’Italia è uno dei paesi Europei più competitivi in questo settore, con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici inferiori a 5 volte la media europea. Nel sud Italia è stato l’unico settore in crescita nel 2012 con un +3,5% ed è il terzo settore più attrattivo per investire dopo commercio e costruzioni. Questi dati sono solo alcune piccole dimostrazioni di come il settore agroalimentare sia in netta controtendenza rispetto all’andamento generale dell’economia e di quanto l’alimentazione sia rilevante per il benessere sociale, della salute e dell’ambiente.
Non c’è da stupirsi che questi dati confermino che l’Italia ha in mano uno strumento prezioso che costituisce la risposta migliore ad una domanda globale di valori e di equità sempre più crescente. Non bisogna quindi abbandonare tutti i valori dell’economia solo perché siamo ‘in crisi’ ed optare per una decrescita che non sarebbe felice in alcun modo, ma bisogna privilegiare gli stili di vita costruiti sul consumo consapevole e responsabile invece che sul consumo illimitato e sulla finanza senza regole. Non bisogna puntare il dito sulle performance economiche negative e sul declino di domanda e produzione nel mercato domestico mentre il fatturato estero dell’industria italiana cresce più di quello di Francia e Germania. Questo perché alcune aziende hanno visto un grande potenziale nei settori tradizionali del Made in Italy, come l’agroalimentare e il tessile-abbigliamento, ed hanno saputo costruire valore aggiunto attraverso un’economia di qualità e una nuova infrastruttura immateriale formatasi dal connubio tradizione-innovazione. Solo in questo modo si può tornare a sperare in un’economia in crescita, che si sviluppa e progredisce. Unico fattore unificante di un’economia che cresce progredendo è un sistema sostenibile di qualità. Può essere chiamata crescita qualitativa, felice o selettiva, ma è certo che un sistema non sostenibile non potrà mai essere un sistema che cresce. (di Vittoria Magrelli La Stampa 02 04 2014)
[1] D. & D. Meadows (2012) I nuovi limiti dello sviluppo. Oscar Mondadori, prefazione.

EUROPA
UE
GERMANIA, LUFTHANSA E AMAZON: LOTTE IN CORSO PER GLI AUMENTI SALARIALI / Blocco quasi totale, per tre giorni interi, dei collegamenti della piu’ grande compagnia aerea in Europa e quasi mezzo milione di passeggeri lasciati a terra. A causa dello sciopero dei piloti del sindacato Cockpit, la tedesca Lufthansa ha annunciato la cancellazione di oltre 3.800 voli in programma tra mercoledì e venerdì di questa settimana. L’agitazione dei 5400 piloti della compagnia non ha precedenti nella storia di Lufthansa e costera’ oltre dieci milioni di euro, con gravi ripercussioni sul traffico in Europa e non solo. Al centro del confronto tra la dirigenza e Cockpit c’e’ la revisione del piano di prepensionamento, annunciata unilateralmente da Lufthansa, contro cui ha votato per lo sciopero il 99,1% dei piloti. In discussione, ma meno significativo per la contrapposizione in corso, il rinnovo del contratto aziendale, per cui il potente sindacato chiede un aumento vicino al 10%. Attualmente sembra non esserci spazio per ulteriori trattative tra le parti dopo il fallimento del confronto dello scorso fine settimana. La portavoce di Lufthansa, Bettina Volkens, ha criticato la decisione di scioperare per tre giorni con la trattativa ancora in pieno corso e l’azienda pronta a offrire ”buone condizioni”. Di tutt’altro avviso il sindacato di categoria dei piloti, stando al quale i piani di Lufthansa creerebbero condizioni svantaggiose per i piu’ giovani, creando un gap generazionale inaccettabile.
Secondo il portavoce di Cockpit, Joerg Handwerg, dietro la posizione di scontro di Lufhansa si nascondono gli interessi dei grandi investitori britannici. Tra i proprietari figurano infatti Blackrock, Templeton e Capital Group, ciascuno con il 5% delle azioni Lufthansa. A loro, e agli altri investitori, il presidente in uscita Christoph Franz ha promesso un risultato operativo di 2,65 miliardi di euro per il 2015. Ma il movimento sindacale è all’attivo anche in altri settori. Oltre alle trattative in corso per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, centinaia di lavoratori del colosso di vendite on line Amazon hanno scioperato per una disputa salariale che si trascina da mesi. Un portavoce del sindacato Verdi ha riferito che alla protesta hanno aderito circa 500 dei 1.200 dipendenti del centro di distribuzione Amazon a Lipsia. Amazon occupa complessivamente 9 mila unita’ in Germania in nove centri di distribuzione, alle quali si aggiungono 14 mila lavoratori stagionali. Il Paese e’ il secondo mercato di Amazon dopo gli Stati Uniti. L’azienda ha respinto le richieste di aumenti salariali, sostenendo che i lavoratori gia’ percepiscono una paga maggiore della media nel settore industriale della logistica

UCRAINA
LA STRADA OBBLIGATA
Nel complicato risiko di dichiarazioni, provocazioni e prove di forza, la calma sembra tornata sui confini tra Ucraina e Russia. Completato senza particolari problemi il ritiro degli ultimi soldati ucraini dalla penisola di Crimea, le diplomazie internazionali sono al lavoro per scongiurare nuovi focolai di crisi lungo la frontiera orientale che divide i due paesi. In un incontro a sorpresa, avvenuto recentemente a Parigi, i ministri degli Esteri di Stati Uniti e Russia hanno concordato una serie di passaggi che dovrebbero portare la questione Ucraina in un alveo di risoluzione politica. La prima mossa riguarda il ritiro di alcune truppe di Mosca dalla regione limitrofa al confine conteso. Dal punto di vista tattico si tratta indubbiamente di una ritirata formale, del tutto ininfluente nel computo dei rapporti di forza tra gli schieramenti in campo. Le immagini che le troupe televisive impegnate sul campo ci consegnano mostrano parate di volenterosi giovani ucraini cimentarsi in percorsi di addestramento improvvisati. Poca cosa se la situazione dovesse volgere verso un conflitto militare a tutto tondo. Ma gli interessi in gioco dovrebbero indurre le potenze interessate a trovate qualche forma di compromesso accettabile da entrambe le parti. La questione energetica rappresenta l’asset fondamentale in quest’ottica di appeasement. Per quanto riguarda l’Italia per esempio le importazioni di gas dalla Russia coprono il 35% del fabbisogno nazionale. Una quota importante ma che il nostro paese sarebbe in grado di sopperire rivolgendosi ad altri fornitori internazionali, a cominciare dalla storica fornitrice Algeria per arrivare agli stessi Stati Uniti, che con le nuove tecnologie di estrazione di gas di scisto, potrebbero rappresentare la nuova frontiera dell’approvvigionamento energetico. Una leva messa in evidenza dallo stesso Presidente Obama nel corso della conferenza stampa che ha coronato la recente visita nel nostro paese. Una strategia chiarissima agli occhi del Cremlino che, dopo la prova di forza sulla Crimea, ha capito che l’interscambio commerciale rappresenta, nei nostri tempi di globalizzazione, l’indicatore più importante per garantire un benessere reale ai propri cittadini. I prossimi giorni dovrebbero dunque definire le architetture di questa nuova convivenza tra Ucraina e Russia. Paesi che nonostante le tensioni delle ultime settimane hanno tutto da guadagnare da una pace seppur fredda. ( di Diego Grazioli )
TENSIONI E DIPLOMAZIA A due settimane dal referendum sull’annessione della Crimea alla Russia, le forze del Cremlino ammassate al confine orientale dell’Ucraina hanno cominciato una parziale ritirata. L’annuncio è stato dato il 31 marzo dal presidente Vladimir Putin alla cancelliera tedesca Angela Merkel in una conversazione telefonica. Tuttavia, nella zona ci sono ancora molti militari russi. La Nato afferma di non aver visto "nessun segno del disimpegno russo" e il 1 aprile ha annunciato di aver sospeso "ogni collaborazione, civile e militare, con Mosca". Intanto, la diplomazia è al lavoro. Il 30 marzo a Parigi si sono incontrati i ministri degli esteri statunitense e russo, John Kerry e Sergej Lavrov, che però si sono limitati a sottolineare l’importanza di trovare una soluzione politica alla crisi, scrive il New York Times. Sul fronte dei rapporti tra Mosca e Kiev, il colosso russo del gas Gazprom ha annunciato un aumento del 40 per cento sul prezzo delle forniture di gas all’Ucraina, che annulla lo sconto concesso al governo di Viktor Janukovic prima della crisi. L’obiettivo, scrive la Reuters, è fare pressione sul governo provvisorio ucraino. Kiev, però, ha già negoziato con il Fondo monetario internazionale un prestito tra i 14 e i 18 miliardi di euro. In Ucraina l’attenzione è puntata sul partito di estrema destra Pravy Sektor, che ha candidato il suo leader, Dmytro Jaros, alle presidenziali di maggio. Il 27 marzo alcuni militanti hanno tentato di assaltare il parlamento durante una manifestazione per protestare contro l’uccisione di uno dei loro capi. Alcuni giorni dopo, in una piazza del centro di Kiev, un militante di Pravy Sektor ha aperto il fuoco su alcuni uomini del servizio d’ordine di Maidan. "Pravy Sektor è screditato", scrive il sito ucraino Krytyka. "Tutti lo considerano un gruppo di provocatori. Per restare a galla non gli restano che le azioni di strada, ma così diventerà ancora più impopolare

SLOVACCHIA
IL TRIONFO DI KISKA
Il secondo turno delle elezioni presidenziali in Slovacchia, che si è svolto il 29 marzo, ha scosso la scena politica nazionale. L’imprenditore Andrej Kiska (nella foto), un candidato indipendente, ha battuto l’attuale premier Robert Fico ottenendo il 60 per cento dei voti. Kiska sarà il primo presidente slovacco eletto dopo il 1989 che non ha un passato nel Partito comunista. Con queste presidenziali Fico, che guida il partito populista di sinistra Smer, puntava a consolidare il suo potere. Alle elezioni legislative del 2012, il suo partito aveva ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento. Ma il 29 marzo ha registrato una brusca battuta d’arresto, che apre la strada ad altri cambiamenti in vista delle elezioni del 2016, osserva Tyzden. "La decisione di Fico di candidarsi alle presidenziali è stata il più grande errore della sua carriera politica", scrive il settimanale. "La sconfitta indebolirà lo Smer, che da dieci anni è abituato a vincere ogni ap-puntamento elettorale. Il voto del prossimo maggio per il parlamento europeo permetterà di capire in che misura il partito ha risentito delle presidenziali. Ma i veri problemi per Fico cominceranno a giugno, quando Kiska entrerà in carica. Il trionfo elettorale conferirà al futuro presidente slovacco un’autorità molto maggiore rispetto a quella di cui hanno goduto i suoi predecessori

KOSSOVO
A sei anni dalla secessione del Kossovo dalla Serbia, il governo di Pristina ha proposto la costituzione di un vero e proprio Ministero della Difesa e di un esercito nazionale che abbia la funzione di proteggere la sovranità e l’integrità territoriale del Paese. L’approvazione da parte del Parlamento è attesa per fine marzo. Il futuro esercito kossovaro dovrebbe essere sviluppato a partire dall’attuale Kosovo Security Force, un corpo di intervento emergenziale costituito nel 2009 con funzioni essenzialmente di protezione civile, forte di 2.500 effettivi e di 800 riservisti, dotati di armamento leggero.
L’esercito kossovaro dovrebbe essere supportato da un budget annuale di 65 milioni di Euro, ed essere pienamente operativo a partire dal 2019. A fronte di una popolazione nazionale di 1,7 milioni di persone, dovrebbe essere costituito da 5 mila effettivi e da 3 mila riservisti. Esso avrà compiti esclusivamente di autodifesa e, almeno nelle intenzioni dei promotori, dovrà soddisfare gli standard operativi NATO, in modo da garantirne la piena inter operatività in ambito internazionale.
La decisione di Pristina, però, rischia di compromettere i rapporti con Belgrado: sono infatti 100 mila i Kosovari di etnia serba che vivono nella parte settentrionale del Paese, al cui controllo amministrativo e di polizia il governo serbo aveva recentemente rinunciato, in cambio dell’avvio delle trattative per l’adesione all’Unione Europea.
Le autorità serbe hanno già minacciato di volersi rivolgere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in quanto la decisione di Pristina contrasterebbe con la risoluzione ONU 1244, che vieta la costituzione di qualsivoglia Forza Armata sul territorio kossovaro. Il primo ministro serbo, Ivica Dacic, inoltre, ha espresso l’intenzione di chiedere alla NATO garanzie atte a subordinare qualsivoglia presenza di soldati kossovari nella parte settentrionale del Paese all’autorizzazione preventiva della stessa Alleanza Atlantica. Dalla conclusione della guerra in Kossovo del 1998-1999, infatti, la sicurezza del piccolo stato balcanico di etnia albanese, privo di uno sbocco sul mare, è stata garantita dalla presenza di circa 5 mila soldati NATO.

GERMANIA-GRECIA
MERKEL AD ATENE L’11 APRILE PER "APRIRE" LA CAMPAGNA ELETTORALE IN GRECIA./ La cancelliera tedesca Angela Merkel si recherà ad Atene il prossimo 11 aprile per sostenere le riforme del primo ministro greco Antonis Samaras, la cui già fragile maggioranza appare ancora più traballante dopo il voto su liberalizzazioni e privatizzazioni. Ad annunciare l’apertura della “campagna elettorale” per le europee e, a seguire, per le amministrative, in Grecia, è il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung. Anche se la cancelleria non ha ancora ufficializzato la trasferta, l’Europa della Troika ha deciso di giocare pesantemente le sue carte nel tentativo di combattere l’affermazione di Syriza, che continua a primeggiare nei sondaggi. E così, il giorno in cui vengono promessi alla Grecia 8,3 miliardi di aiuti, di cui 6,3 alla fine di aprile in coincidenza con i tioli in scadenza da ristorare. Merkel ha messo piede ad Atene l’ultima volta nell’ottobre 2012, tra le proteste di decine di migliaia di manifestanti, contrari alla politica del rigore di bilancio in Europa. Ha continuato comunque a seguire la vicenda del debito della Grecia teleguidando la politica di del primo ministro greco. L’ultimo intervento da Berlino lo scorso novembre, con un invito ad andare avanti sul piano delle riforme. L’Eurogruppo, intanto, ha dato il via libera a nuovi aiuti alla Grecia per 8,3 miliardi di euro in tre anni. Lo stanziamento sara’ erogato in tre tranche. La prima, da 6,3 miliardi, dovrebbe essere approvata dall’Efsf, a seguito della piena attuazione delle azioni concordate con la Grecia. La seconda e la terza, da un miliardo l’una, sono legate alla realizzazione di tappe concordate tra la Grecia e le istituzioni della troika, formata da Commissione Ue, Bce ed Fmi. La decisione arriva dopo il completamento di un riesame da parte degli ispettori internazionali riguardo all’andamento del processo delle riforme in Grecia.
Il prosieguo del finanziamento del piano di salvataggio da parte degli altri Paesi europei e del Fondo monetario internazionale dipende da questi riesami. Al termine di una riunione dei ministri delle Finanze, Dijsselbloem ha detto che la prima parte della tranche sara’ versata alla fine di aprile, in tempo per la Grecia per far fronte ad un rimborso di buoni del Tesoro a maggio. Il resto dei prestiti sara’ pagato a giugno e luglio. L’importo non comprende la parte della rata che riguarda il Fmi e che sara’ versato a parte. La presenza di Eurogruppo ed Ecofin ad Atene ha comportato il “coprifuoco” dalle sei del pomeriggio fino a notte. C’è stato anche qualche tafferuglio fra un gruppo di dimostranti di estrema sinistra di Antarsya e agenti di polizia. Gli incidenti sono avvenuti vicino a alla centrale piazza Syntagna, davanti al Parlamento. I dimostranti hanno cercato di superare i cordoni della polizia per raggiungere l’edificio dello Zappeion dove si e’ svolta la riunione informale dell’Eurogruppo ma sono stati bloccati dai poliziotti in assetto antisommossa. Dal gruppo sono partiti lanci di sassi e bottigliette di acqua ma gli agenti hanno esploso alcuni candelotti lacrimogeni e i dimostranti si sono dispersi.

FRANCIA
PARIGI – LA BATOSTA FRANCESE / Il Fronte nazionale di Le Pen non solo è diventato – dove presente – il primo partito ma ha respinto il Partito socialista, in testa alle presidenziali due anni fa, al terzo posto. Rifletteranno le teste della Ue all’evidenza che l’Europa monetaria e rigorista riporta in vita l’estrema destra per la prima volta nel secondo dopoguerra?
Speriamo che la solenne botta presa dai socialisti alle elezioni municipali in Francia cancelli gli insulsi sorrisi dai faccioni di Renzi e di Barroso, finora non sfiorati dal dubbio che la politica di austerità seguita dalla commissione avvantaggi le destre. E non le destre, per intenderci, alla Monti, ma quelle estreme e fascistizzanti. Inutile riconoscere che tale è, e senza infingimenti, l’ungherese Viktor Orban, cui è andata per sei mesi la presidenza europea, e lo sono anche le forze che dovunque sfondano i residui bipolarismi tra una destra e una sinistra "democratiche". Ultima, clamorosa, la Francia, dove domenica si è votato nei 36.000 comuni e il Fronte nazionale di Le Pen, antisemita, xenofobo e antieuropeo, non solo è diventato – là dove era presente – il primo partito ma ha respinto il Partito socialista, in testa alle presidenziali due anni fa, non al secondo ma al terzo posto, mentre il Partito comunista e il fronte delle sinistre sono sovente scivolate al quarto.
Era da prevedersi, quando la disoccupazione e il precariato toccano quattro milioni di francesi, non molto diversamente dall’Italia. Da un paio di anni a questa parte – quasi ogni giorno – una grande o media azienda francese delocalizza o chiude, e il governo Hollande, che aveva vinto impegnandosi a lottare contro la finanza, non è stato in grado difendere l’occupazione, né in genere l’azienda, neanche quando chiudeva o delocalizzava pur dichiarando lauti guadagni; le maestranze uscivano dai reparti decise a lottare, trovavano la solidarietà del sindaco se, come sovente, l’azienda colpita era anche la più importante dei molti borghi di media urbanizzazione. Il risultato abituale era che in capo a tre settimane ci si doveva contentare di negoziare i cosiddetti “piani sociali”, altri e perlopiù lontani impieghi o indennizzi, con le condoglianze delle centrali sindacali e dei ministeri interessati. A tre giorni dalle elezioni municipali, la settimana scorsa ha chiuso la Redoute, la più antica e nota impresa di confezioni che da sola copriva una vasta percentuale dei consumi del ceto medio, trascinando in rovina intere città industriali, erodendo le possibilità di acquisto della massa operaia e piccolo borghese.
Tutto visibile e prevedibile? Sì, salvo che per un governo socialista, simile al nostro Pd, cui i trattati impongono di non intervenire per non turbare la libera concorrenza e che sperava di cavarsela in imprese militari costose e difficili nell’ex impero coloniale francese, nel Mali e poi nel Centro Africa. Mentre il presidente e il ministro degli esteri Fabius strepitavano per ricorrere alla mano dura contro Putin in Crimea; come se il noto nazionalismo dell’esagono potesse far dimenticare le condizioni di impoverimento crescente.
Ieri sera davanti ai risultati tutto lo staff socialista cadeva dalle nuvole mentre Marine Le Pen sguazzava nel trionfo dell’ondata blu che portava il suo nome. Soddisfatta anche l’Ump di Sarkozy, sicura che il governo avrebbe chiamato all’unità nazionale antifascista, legittimando il voto alla destra repubblicana, come già al tempo della caduta di Jospin nelle presidenziali degli anni Novanta. Rifletterà la Commissione europea? Rifletteranno le teste della Ue all’evidenza che l’Europa monetaria e rigorista riporta in vita l’estrema destra per la prima volta nel secondo dopoguerra? E che il Fronte nazionale diventa il primo partito popolare in Francia? Rifletteranno i molti che in Italia osservano benevolmente Renzi e il gioco delle tre carte che consiste nel mettere (forse) in busta paga di una fascia di bassi redditi quel che gli toglie in servizi pubblici e in tasse locali?
Il Pd infatti segue la stessa strada di Hollande, e la sua flebile sinistra interna non appare in grado di fargli cambiare rotta. E che dire della Cgil di Susanna Camusso che strepita dopo aver poco prima votato con la Confindustria un accordo sulle relazioni industriali eccessivo anche per il nostro malridotto vicino? E della Fiom di Landini che, isolata, spera anch’essa nel Matteo nazionale?
Insomma, non resta che augurarci che la dura botta francese, difficilmente recuperabile al secondo turno, funzioni da severa lezione contro gli eccessi di stoltezza degli ultimi vent’anni d’Europa. ( di Rossana Rossanda)

EU
IN 15 PAESI SI PUÒ. IN PRINCIPIO FU LA DANIMARCA
Con Inghilterra e Galles salgono a 15 i Paesi dove il matrimonio tra persone dello stesso sesso è legale.
LA FRANCIA è arrivata appena prima (era il 18 maggio scorso), tra dure contestazioni e manifestazioni favorevoli e contrarie, ad approvare la legge sui matrimoni omosex.
LA DANIMARCA è il primo Paese al mondo ad aver autorizzato le unioni civili tra omosessuali nel 1989, la Danimarca ha autorizzato nel giugno 2012 le coppie omosex a sposarsi davanti alla Chiesa luterana di Stato.
IN OLANDA la legge che consente i matrimoni omosessuali è entrata in vigore il primo gennaio 1998, ma è dal 2001 che il «registro della convivenza tra persone dello stesso sesso» è diventato un’unione a tutti gli effetti equiparata al matrimonio tra eterosessuali con stessi obblighi e diritti, compresa l’adozione (prima riservata solo ai bimbi olandesi e dal 2005 anche di orfani stranieri). Anche i reali possono avvalersi della legge sui matrimoni gay.
IN BELGIO il matrimonio omosessuale è in vigore dal 2003, mentre il via libera alle adozioni è arrivato nel 2006.
IN SPAGNA Zapatero legalizzò le nozze tra omosessuali nel luglio 2005. Da allora le coppie, sposate o no, possono adottare bambini.
IN CANADA la legge esiste dal luglio 2005.
IN SUDAFRICA il matrimonio omosex è previsto dal novembre 2006. Il Sudafrica è il primo Paese africano a legalizzare le unioni gay attraverso «matrimonio» o «partenariato civile». Le coppie possono anche adottare.
IN NORVEGIA , da gennaio 2009, omosessuali ed eterosessuali sono equiparati davanti alla legge in materia di matrimonio, di adozione e di fecondazione assistita.
IN SVEZIA le coppie gay possono sposarsi con matrimonio civile o religioso da maggio 2009. L’adozione era già legale dal 2003.
IN PORTOGALLO una legge del 2010 ha abolito il riferimento a «sesso diverso» nella definizione di matrimonio. Ma è esclusa la possibilità di adottare.
IN ISLANDA le nozze gay sono legali dal 2010. Le adozioni dal 2006.
L’ ARGENTINA , dal 15 luglio 2010, è diventato il primo Paese sudamericano ad autorizzare il matrimonio tra omosessuali e le adozioni.
Il 17 aprile dello scorso anno il parlamento della NUOVA ZELANDA ha approvato la legge sui matrimoni omosex, diventando il primo Paese dell’Asia-Pacifico a legalizzarli. La legge apre la strada all’adozione.
L’11 aprile 2013 L’URUGUAY è diventato il secondo Paese latino americano a permettere le nozze tra omosessuali, dopo l’Argentina.
IN MESSICO le nozze gay sono possibili sono nella capitale, città del Messico, e nello stato di Quintana Roo.
NEGLI STATI uniti sono 13 gli Stati dove le nozze omosessuali sono riconosciute: tra questi Delaware, Rhodes Island, Minnesota e Washington Dc.
GERMANIA, REPUBBLICA CECA, SVIZZERA, COLOMBIA e IRLANDA riconoscono le unioni civili.
IN FINLANDIA nel settembre 2001 è stata appro­vata una legge che riconosce alle cop­pie omosessuali gli stessi diritti delle etero; dal maggio 2009, inoltre le coppie gay pos­sono adottare i figli naturali di uno dei due

MEDIO ORIENTE & AFRICA
ISRAELE-PALESTINA
A UN PUNTO MORTO / I negoziati di pace tra Israele e Palestina sono di nuovo a un punto critico. Il 2 aprile il segretario di stato americano John Kerry ha cancellato la sua visita a Ramallah e a Gerusalemme, dopo che le autorità palestinesi avevano deciso di chiedere l’adesione a quindici istituzioni dell’Orni, portando avanti il processo di riconoscimento dello stato palestinese cominciato nel 2012. Secondo Ha’aretz il presidente Abu Mazen vuole spingere Israele e Stati Uniti a fare concessioni in vista della fine dei negoziati, prevista per il 29 aprile. Il governo israeliano non ha mantenuto la promessa di rilasciare entro fine marzo gli ultimi 26 detenuti di un gruppo di 104 palestinesi arrestati da Israele già prima degli accordi di Oslo del 1993 e ha rilanciato l’appalto per costruire 708 nuovi alloggi a Gerusalemme Est. Secondo la stampa statunitense Kerry ha fatto tutto il possibile: si è spinto fino a valutare la liberazione di Jonathan Pollard, condannato all’ergastolo negli Stati Uniti per spionaggio a favore di Israele.
(Ha’aretz, Israele)

ALGERIA
Secondo fonti di stampa, l’Algeria sarebbe orientata verso l’acquisizione dello UAV di classe MALE Cai Hong 4, prodotto dalla China Academy of Aerospace Aerodynamics. Il velivolo senza pilota sarebbe in fase di test ormai da diversi mesi, durante i quali avrebbe collezionato un paio di incidenti.
Ispirato alle linee del MQ-9 Reaper, il drone cinese è stato presentato per la prima volta allo Zuhai Air Show 2012. Destinato all’esportazione, lo UAV ha un peso al decollo di 1,3 tonnellate, un carico utile di 350 kg, un’apertura alare di 18 mt ed una lunghezza di 8,5. Secondo il produttore, la velocità massima sarebbe di 235 km/h, l’altitudine operativa massima di 3.500 mt, il raggio d’azione di 2.000 km e l’autonomia di 36 ore. Lo UAV sarebbe in grado di trasportare due missili a guida laser AR-1 (versione cinese per UAV dell’americano AGM-114 Hellfire) e due bombe teleguidate FT-5 (sempre di fabbricazione cinese).
In passato, per soddisfare il requisito di un drone di classe MALE, l’Algeria aveva manifestato il proprio interesse sia verso i Predator/Reaper di General Dynamics che verso gli Yabhon U40 di Adcom Systems. Anche per quanto riguarda la classe HALE, Algeri si starebbe orientando verso un prodotto cinese, lo Xianglong della Guizhou Aircraft Corporation of China, dalle specifiche e dal design simili al Global Hawk.
La decisione algerina è inquadrabile in un quadro di generale potenziamento dello strumento aereo militare nazionale (e delle relative capacità ISR), resosi necessario per affrontare adeguatamente le situazioni di forte instabilità createsi nell’area maghrebina e del Sahel, in particolare lungo i confini con Mali, Niger e Libia.

SIRIA
Più di 150rnila persone sono morte dall’inizio del conflitto nel paese. Lo rivela l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Sud Sudan Secondo le Nazioni Unite, più di un milione di persone è in fuga dalle violenze nel paese.

TUNISIA
II 31 marzo due poliziotti sono stati condannati a sette anni di prigione per aver stuprato una donna nel 2012. Dopo la violenza la donna era stata accusata di oltraggio al pudore dagli stessi poliziotti

EGITTO
IL MARESCIALLO SI CANDIDA / Il 26 marzo il maresciallo Abdel Fattah al Sisi ha lasciato il suo incarico come ministro della difesa per ufficializzare la sua candidatura alle elezioni presidenziali, che si svolgeranno il 26 e 27 maggio. Al Sisi, che ha dichiarato di voler rispettare "la volontà del popolo", è il grande favorito. Inoltre, scrive Al Monitor, dovrà affrontare un unico avversario di peso, Hamdeen Sabbahi, che ha scarse possibilità di vittoria, anche perché è finito sotto inchiesta per tangenti. Intanto in Egitto cresce la tensione: il 2 aprile al Cairo sono scoppiate tre bombe, che hanno causato la morte di un militare.

UGANDA
II bilancio del naufragio del 22 marzo di un’imbarcazione che trasportava dei rifugiati congolesi sul lago Alberto è salito a 251 vittime.

REP. CENTRAFRICANA
L’INTERVENTO STRANIERO / "Il famigerato Esercito di resistenza del Signore, guidato dal ribelle ugandese Joseph Kony, è entrato nella Repubblica Centrafricana per combattere a fianco delle milizie cristiane antibalaka contro i musulmani e le forze straniere", scrive The Africa Report citando il parere di esperti delle Nazioni Unite. L’Onu stima che almeno 19nila musulmani "rischino il massacro". La situazione è particolarmente esplosiva nella capitale Bangui, dove il 29 marzo un gruppo di soldati ciadiani che stava scortando un convoglio di musulmani in Ciad ha aperto il fuoco contro i civili, uccidendo una decina di persone. Il 1 aprile l’Unione europea ha ufficialmente lanciato la sua missione nella Repubblica Centrafricana, composta da un migliaio di soldati, che si affiancheranno agli ottomila già schierati dalla Francia e dall’Unione africana.

NIGERIA
Diecianni di Bokoharam
"Da dieci anni Boko haram semina il terrore in Nigeria", scrive Jeune Afrique. Dal 2004 il gruppo estremista islamico ha causato 2.600 morti, e il bilancio continua a salire anche se il governo ha schierato l’esercito contro i terroristi. Ma, come denuncia Amnesty international, anche i militari si sono macchia di crimini di guerra. Secondo long, l’episodio di repressione più grave è stato il 14 marzo alla caserma Giwa, a e. Centinaia di detenuti che vi erano rinchiusi sono evasi nel corso di un raid di Boko haram. Quando i militari hanno ripreso il controllo, hanno ucciso seicento persone. Molte vittime non avevano legami con i terroristi.

KENYA
PAURA A EASTLEIGH / La polizia ha arrestato 657 persone in relazione agli attentati che il 31 marzo hanno causato sei morti a Eastleigh, un quartiere di Nairobi dove vivono molti somali. In Kenya si sono moltiplicati gli attacchi dopo l’intervento militare in Somalia nel 2011, scrive The Nation. Come misura antiterrorismo, il governo ha ordinato ai profughi che vivono in città di tornare nei campi di Dadaab e Kakuma.

ASIA & PACIFICO
GIAPPONE
Shopping sfrenato
Il 1 aprile in Giappone la tassa sui consumi è aumentata dal 5 all’8 per cento. Nei giorni precedenti all’entrata in vigore del provvedimento, che fa parte del piano economico del premier Shinzo Abe, i cittadini hanno fatto incetta di beni di prima necessità – dai generi alimentari alla carta igienica e alla benzina -, di elettrodomestici e di prodotti elettronici. All’ultimo aumento, nel 1997, seguì la recessione.

PENISOLA COREANA
II 31 marzo la Corea del Nord e la Corea del Sud si sono scambiate centinaia di colpi di artiglieria intorno alla frontiera marittima contesa. Gli abitanti delle isole sudcoreane di Baengnyeong e Yeonpyeong sono stati trasferiti nei rifugi.

FIGI
II 28 marzo la giunta militare ha indetto per il 17 settembre le elezioni generali, che segneranno il ritorno alla democrazia dopo il colpo di stato del 2006

INDONESIA
VOTO DI PRIMAVERA
Il 9 aprile in Indonesia si svolgeranno le elezioni legislative. Circa 190 milioni di persone, tra c cinquanta milioni di elettori sotto i trent’anni, sono chiamati alle urne per rinnovare il parlamento e più di 500 governi locali. "Un voto fondamentale in vista delle presidenziali del 9 luglio", scrive il JakartaPost. "La legge indonesiana, infatti, prevede che i candidati alla presidenza siano sostenuti da un partito o da una coalizione che abbiano ottenuto almeno il 20 per cento alle legislative". Il Partito democratico indonesiano di lotta, che è all’opposizione, spera di raggiungere quella soglia per garantire una base solida alla candidatura di Joko Widodo, governatore di Jakarta e favorito perle presidenziali.

TAIWAN
Il 14 marzo, la Marina Militare di Taiwan ha ricevuto il primo esemplare della nuova classe di corvette stealth a doppio scafo Tuo River, la prima delle 12 previste nell’ambito del programma Hsun Hai (Swift Sea). Annunciato nel 2009, il programma è stato avviato solo nel 2011, in seguito all’approvazione della copertura finanziaria da 853 milioni di dollari. Il dispiegamento dovrebbe avvenire nella prima metà del prossimo anno.
Le nuove corvette sono state progettate congiuntamente dal Naval Shipbuilding Development Center (NSDC) e dal Ship Ocean Industries R&D Center (SOIC), mentre la costruzione è stata affidata ai cantieri della Lund-De Shipbuilding Corporation.
Con una stazza di 500 tonnellate, la Tuo River puo’ esprimere una velocita’ massima di 38 nodi e coprire un raggio d’azione di 2.000 miglia nautiche. Progettata per operare sottocosta, con funzioni di interdizione marittima, la corvetta ricorda, nelle linee e nella concezione operativa, sia la Littoral Combat Ship americana USS Independence che la Classe Houbei Type 022 della Marina Militare Cinese. Lunga 60 mt e larga 14, dispone di un equipaggio di 41 marinai. E’ armata di otto missili anti-nave Hsiung Feng II e di altri otto missili Hsiung Feng III, questi ultimi con una gittata di 130 km e una velocità massima di Mach 2. E’ dotata anche di un cannone Oto Melara da 76mm, di quattro mitragliatrici da 12,7 mm e di un sistema per la difesa ravvicinata MK15 Phalanx.
Erede dei navigli da attacco veloce Kuang Hua VI, la classe Tuo River è stata progettata per garantire stabilità e velocità, anche in condizioni operative e meteorologiche difficili come quelle dello stretto di Taiwan. Infine, grazie alla robusta dotazione missilistica antinave, alle caratteristiche di bassa visibilità radar e all’elevata agilità le Tuo River dovrebbero consentire un’efficace opera di interdizione nei confronti delle unità navali maggiori della flotta cinese .
TAIPEI
LA PROTESTA CONTRO PECHINO / Il 30 marzo almeno centomila taiwanesi hanno manifestato a Taipei contro l’accordo di libero scambio con la Cina, in discussione al parlamento, che dovrebbe alimentare gli scambi tra le due sponde dello stretto di Taiwan. I dimostranti erano schierati a fianco degli studenti che nelle settimane precedenti avevano occupato il parlamento contro la decisione del Kuomintang, al governo, di non rivedere l’accordo insieme all’opposizione. I manifestanti temono le ripercussioni sulle opportunità di lavoro per i taiwanesi e sull’autonomia di Taipei rispetto a Pe-chino. Gli strumenti per tutelare le fasce più a rischio della popolazione ci sono, scrive The Diplomat, ma bisogna imparare a far dialogare interessi diversi.

FILIPPINE
La Marina Militare filippina ha annunciato un piano per il potenziamento della base militare navale di Oyster Bay, situata sulla costa occidentale dell’isola di Palawan. I lavori avranno un costo di 11,5 milioni di dollari e dovrebbero essere conclusi entro il 2016. Ubicata a 550 km da Manila, Oyster Bay dista solamente 160 km dalle Isole Spratly, storicamente contese tra Filippine e Cina.
L’espansione della base fa parte di un più ampio potenziamento dello strumento militare filippino e, in particolare, di quello navale, spinto dal progressivo inasprirsi delle contese territoriali e dal generale riscaldamento politico e militare dell’intera area. Negli ultimi due anni la Marina filippina ha ricevuto dagli Stati Uniti due cutter di seconda mano ex U.S. Coast Guard , mentre, a breve, dalla Francia saranno acquistati altri 5 pattugliatori.
Ulteriori discussioni relative a nuove unità navali, sono in corso anche con la Corea del Sud e il Giappone, mentre rimane per ora sullo sfondo l’interesse di Manila per almeno 2 fregate e un sottomarino. Quest’ultimo programma, infatti, che ha già attirato l’interesse di Italia, Francia, Corea del Sud e India, procede a rilento per via delle limitate risorse economiche a disposizione del Paese.
La nuova installazione, oltre ad accogliere parte della rinnovata flotta filippina e alleviare il carico operativo della base di Subic Bay, servirà anche come nuova testa di ponte statunitense nel Mar Cinese Meridionale. Una volta finalizzato il nuovo quadro militare e di sicurezza tra i due Paesi, infatti, gli USA potranno usufruire di una posizione privilegiata da cui monitorare, ed eventualmente contenere, le attività cinesi nell’area.
FILIPPINE
FIRMATA LA PACE A MINDANAO
La firma, il 27 marzo 2014, del trattato di pace tra il governo di Manila e il Fronte islamico di liberazione moro (Milf), che mette fine al conflitto armato più lungo del sudest asiatico, è un grande successo del presidente Benigno Aquino III, scrive Asia Sentinel. Insieme al primo piano di controllo delle nascite nella storia del paese, un provvedimento storico dopo aver battuto l’opposizione della chiesa cattolica, l’accordo seFirmata la pace a Mindanao
La firma, il 27 marzo 2014, del trattato di pace tra il governo di Manila e il Fronte islamico di li-berazione moro (Milf), che mette fine al conflitto armato più lungo del sudest asiatico, è un grande successo del presi¬dente Benigno Aquino III, scri¬ve Asia Sentinel. Insieme al primo piano di controllo delle nascite nella storia del paese, un provvedimento storico dopo aver battuto l’opposizione della chiesa cattolica, l’accordo se¬gna il trionfo di Aquino. Per ar¬rivare alla firma del trattato, che dovrà essere ratificato dal parlamento entro la fine dell’anno, ci sono voluti dicias¬sette anni di negoziazioni con i separatisti islamici del Milf, che hanno la loro roccaforte a Min¬danao, un’isola nel sud dell’ar¬cipelago danneggiata economi¬camente da 44 anni di guerra civilegna il trionfo di Aquino. Per arrivare alla firma del trattato, che dovrà essere ratificato dal parlamento entro la fine dell’anno, ci sono voluti diciassette anni di negoziazioni con i separatisti islamici del Milf, che hanno la loro roccaforte a Mindanao, un’isola nel sud dell’arcipelago danneggiata economicamente da 44 anni di guerra civile

INDONESIA
Il gruppo franco-inglese Thales equipaggerà l’Esercito indonesiano con la piattaforma di difesa aerea mobile a corto raggio ForceShield. E’ la prima vendita di tale sistema da quando, due anni or sono, la multinazionale europea ha rilanciato la propria offerta nel campo della difesa aerea integrata.
Ogni batteria del sistema ForceShield è costituita da missili StarStreak, da un radar ControlMaster200 e da una base di lancio mobile RapidRanger. Sono cinque le batterie che verranno fornite, per ora, alle Forze Armate di Giakarta, di cui quattro risalenti ad un contratto siglato nel 2011. Il contratto ha un valore di 164 milioni di dollari ed include un accordo con la compagnia statale indonesiana PT Len Industri per l’integrazione congiunta di alcuni dei sottosistemi compresi nella fornitura e per l’avvio di future collaborazioni nel campo militare e civile. L’acquisto delle piattaforme sarà coperto all’80% tramite l’emissione di un prestito, il cui iter burocratico dovrebbe incominciare in primavera. Questo tipo di operazioni a debito sono sempre più comuni dalle parti di Giakarta: nell’aprile 2013, ad esempio, le autorità indonesiane avevano già raccolto 108 milioni di Euro per l’acquisizione di 34 obici calibro 155/52 CAESAR, prodotti dalla francese Nexter.
L’acquisizione del sistema ForceShield è l’ultima, in ordine di tempo, di una lunga serie di operazioni finalizzate a modernizzare le Forze Armate indonesiane. Giakarta, infatti, si sta dotando di nuovi carri armati, pezzi d’artiglieria da 155 mm e veicoli da combattimento per la fanteria, senza contare le armi leggere anti-carro recentemente acquistate dalla svedese Saab.

INDIA
UNA CERTA IDEA DELL’INDIA / The Independent, Regno Unito / Le elezioni che si svolgeranno in India a partire dal 7 aprile saranno una svolta per la democrazia più popolosa del mondo. I cittadini sembrano de-stinati a scegliere tra la stabilità e la crescita, ma la loro risposta non condizionerà solo il futuro economico del paese.
Il partito del Congress che ha governato nell’ultimo decennio è esausto. Il primo ministro Manmohan Singh ha introdotto delle riforme economiche che hanno modernizzato l’India, contribuendo a far uscire dalla povertà quasi un miliardo di persone. Ma due mandati, la crescita troppo lenta del pil e la corruzione endemica del paese hanno inciso negativamente sul suo bilan-cio. La crescente forza dell’Aam Admi party, il Partito dell’uomo comune, che si batte contro la corruzione, mostra che gli elettori stanno perdendo la pazienza. E il Congress ha candidato a suc-cedere all’ormai anziano Singh il rampollo della più importante dinastia politica dell’India, Rahul Gandhi, che non sembra avere né l’entusiasmo né la capacità per risolvere i problemi del paese.
Poi ce lo sfidante, Narendra Modi, primo ministro dello stato del Gujarat e candidato premier del partito nazionalista indù Bharatiya Janata party. Modi ha molte frecce al suo arco. Grazie ai suoi sforzi per ridurre la burocrazia e migliorare le infrastrutture, il Gujarat ha triplicato il pil. L’intero paese ha urgente bisogno di una spinta simile. Il tasso di crescita indiano è al 5 per cento, che non basta per creare i 13 milioni di posti necessari ogni anno per assorbire i nuovi ingressi nel mondo del lavoro. Se si considerano anche l’inflazione e il calo degli investimenti esteri, siamo lontani dall’ottimismo del passato.
Ma non c’è solo l’economia. Lo stile autoritario di Modi è preoccupante, in più c’è il ricordo delle violenze antimusulmane che hanno scosso il Gujarat nel 2002, causando un migliaio di vitti-me. Modi ha sempre negato ogni legame con gli estremisti indù responsabili della strage e la giustizia l’ha assolto. Ma pochi credono che non abbia alcuna responsabilità, anche solo per omissione. Quando Jawaharlal Nehru fondò l’India moderna lo fece nel rispetto del pluralismo del sub-continente. Modi ha basato la sua carriera sul contrario. È stato abile ed efficiente nel raccoglie-re consensi, riformare l’economia e amministrare. Ma prima di convincerci davvero dovrà dimostrarsi molto più fedele a quell’idea di India (The Independent, Regno Unito)

CINA
Il piano per l’urbanizzazione presentato recentemente dal comitato centrale del Partito comunista comincia con il trasferimento degli uffici amministrativi, delle università e dei centri di ricerca da Pechino a Baoding, 150 chilometri a sud della capitale e raggiungibile in 40 minuti con la linea ferroviaria ad alta velocità. Il progetto è stato studiato per ridurre la popolazione e l’inquinamento della capitale, favorendo allo stesso tempo lo sviluppo delle municipalità di Pechino e Tianjin e della provincia dell’Hebei. Molti esperti, scrive il Nanfang Zhoumo, sono scettici rispetto al piano, che non ha ancora ricevuto il via libera del governo. In particolare si teme che l’operazione favorisca la speculazione edilizia, con i prezzi degli immobili che hanno già cominciato a salire. "Trasferire una parte della capitale politica in una città satellite è una decisione molto importante, bisogna sentire l’opinione di tutti i settori della società, senza avere fretta", commenta Yun Jie dell’Accademia cinese per le scienze sociali. ♦
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PAKISTAN
L’ex presidente Pervez Musharraf è stato incriminato il 31 marzo per alto tradimento, un crimine che può essere punito con la pena di morte.

AFGHANISTAN
LE PAURE DELL’AFGHANISTAN / Marzo è stato un mese crudele a Kabul, e aprile rischia di esserlo ancor di più. Gli afgani votano per le elezioni presidenziali e provinciali, ma sullo sfondo c’è la prospettiva del ritiro delle truppe della Nato – soprattutto statunitensi – entro la fine del 2014, e quindi la possibilità che si riaccenda la guerra civile tra il governo e i taliban.
Sono falliti tutti i negoziati con i taliban intavolati dagli Stati Uniti o, segretamente, dal presi-dente afgano Hamid Karzai. I taliban, protetti da una parte dei servizi segreti pachistani, vogliono partecipare al potere a Kabul, ma senza fornire garanzie politiche o militari. E si oppongono a un accordo tra Kabul e Washington per mantenere nel paese una forza statunitense di circa 10Mila uomini, che dovrebbe addestrare l’esercito afgano. Ora i taliban hanno deciso di fare di tutto per sabotare le elezioni e impedire che il regime sia di nuovo legittimato. E hanno scatenato una campagna di terrore contro il personale amministrativo, i militanti dei partiti, le ong e i giornalisti, dichiarando apertamente di voler fare " il più alto numero di vittime fra i civili". La posta in gioco è il futuro dell’Afghanistan dopo 13 anni di guerra. La verità è che molti nel paese, e alcuni degli stati vicini, si augurano che Washington mantenga dei militari sul campo, non vogliono che l’Onu e le ong lascino il paese e temono che, senza il grosso delle truppe Nato, i taliban possano vincere. Il presidente uscente, Hamid Karzai, in carica dal 2001, sta facendo un gioco pericoloso. Si atteggia ad avversario degli Stati Uniti, rifiuta di firmare l’accordo con Washington sulla permanenza di una forza militare, e sembra volersi ingraziare i taliban. Karzai denuncia giustamente i bombardamenti americani, che continuano a provocare numerose vittime civili, ma poi usa co-me prove di questi eventi dei documenti fabbrica-ti dai taliban. E soprattutto finge di ignorare un fatto: la stragrande maggioranza delle migliaia di civili morti in questi 13 anni sono stati uccisi dai taliban. Di qui le ore di angoscia, paura e incertezza che l’Afghanistan sta vivendo (Le Monde, Francia)

AMERICA CENTRO – MERIDIONALE
CUBA
RILANCIARE L’ECONOMIA
Nell’ambito delle riforme avviate dal governo di Raul Castro, il 29 marzo l’assemblea nazionale cubana ha approvato una legge per ampliare gli investimenti stranieri nell’isola e rilanciare l’economia. Cuba autorizzerà gli investimenti privati in tutti i settori eccetto la sanità, l’istruzione e le forze armate. Sulla Bbc Sarah Rainsford spiega che "la situazione politica in Venezuela ha reso più urgente la legge, perché l’Avana deve pensare all’eventualità di perdere un alleato fondamentale per la sua economia".

BRASILE
RIO DE JANEIRO
L’ESERCITO NELLA FAVELA / "Il Complexo da Mare, un insieme di favelas di Rio de Janeiro dove vivono più di centotrentamila persone, è stato occupato il 30 marzo senza sparare un colpo e senza resistenza da parte della popolazione", scrive O Globo. All’operazione, che fa parte del programma di pacificazione delle favelas, hanno partecipato più di millecinquecento agenti e oltre venti blindati. Secondo alcuni analisti, l’occupazione è una mossa delle autorità per controllare una zona chiave per la sicurezza durante i Mondiali di giugno. Il governo dello stato, invece, sostiene che l’operazione era programmata da tempo.
SAN PAOLO
ERIDITA’ DELLA DITTATURA
Il 1 aprile il Brasile ha commemorato il cinquantesimo anniversario del colpo di stato che instaurò una dittatura durata 21 anni. Il regime aveva creato un’architettura istituzionale che resiste ancora oggi in vari settori della società. Tra i lasciti più evidenti, ci sono le brutalità della polizia: secondo Amnesty international, la polizia è responsabile di duemila morti ogni anno. Ma che c’entra la dittatura militare? La risposta è nell’impunità per gli abusi commessi dalle forze di sicurezza durante il regime. A differenza del Cile e dell’Argentina, in Brasile una legge di amnistia ha protetto i militari dai processi. La legge è stata messa in discussione, ma alla fine è sempre rimasta al suo posto, con il risultato che gran parte delle istituzioni militari ancora giustifica gli abusi del passato.
La polizia, che dovrebbe occuparsi della sicurezza dei cittadini, riceve un addestramento militare, è organizzata in maniera gerarchica e dipende dalle amministrazioni degli stati. Come ha spiegato alla Bbc il colonnello Ibis Pereira ella polizia militare di Rio de Janeiro, la "militarizzazione significa che una favela viene equiparata a un territorio da conquistare. Significa che un gruppo criminale viene trattato come un nemico da affrontare con le armi". È la stessa polizia che a giugno ha represso i manifestanti con la violenza. E che si rifiuta di fornire informazioni alla stampa, perché si considera al di sopra della legge.
(Natalia Viana dirìge l’agenzia giornalistica brasiliana Pùblica.)

SÃO PAULO – IL BRASILE AVANZA NELLA LEGGE SUL CYBERSPAZIO / AgenciaBrasil-Deputadosaprovam Projeto de Lei 1Brasil avançana Lei para o Ciberespaço
de Eduardo Fiora. No livre território da Internet, o governo da presidente Dilma Rousseff segue firme na determinação de dar aos brasileiros um legislação específica de direitos e deveres em relação a quem navega pelo ciberespaço.Depois de uma batalha de mais de cinco meses na Câmara dos Deputados, o Projeto de Lei que regulamente o uso da rede no Brasil foi aprovado, no final de março, pelo voto simbólico das lideranças dos partidos.
O Projeto de Lei define direitos e deveres de usuários e provedores de serviços de conexão e aplicativos na internet e, para virar lei ainda terá que passar pelo voto no Senado. A pressão de Dilma Roussef para a regulamentação da Internet cresceu em 2013 após os episódios de espionagem por parte da NSA, a Agência acional de Segurança dos Estados Unidos.
Os deputados disseram sim a um Projeto de Lei que abre caminho para que os internautas brasileiros possam ter garantido o direito à privacidade e à não discriminação do tráfego de conteúdos. Em reposta ao livre uso das informações dos internautas por empresas de marketing, pesquisas e vendas o texto aprovado pela Câmara garante a inviolabilidade e ao sigilo de suas comunicações pela internet. As empresas provedoras (providers) ficam proibidas de fornecer a terceiros as informações dos usuários, a não ser que haja consentimento do internauta; os registros constantes de sites de buscas, os e-mails, entre outros dados, só poderão ser armazenados por seis meses. O projeto também define os casos em que a Justiça pode requisitar registros de acesso à rede e a comunicações de usuários.
Outro ponto do projeto é o que isenta os provedores de conexão à internet de serem responsabilizados civilmente por danos decorrentes de conteúdos gerados por terceiros. Isso só ocorrerá se, após ordem judicial específica, o provedor não tomar as providências para retirar o conteúdo da rede.
Nesses casos, o projeto determina que a retirada de material com cenas de sexo ou nudez deve ocorrer a partir de apresentação pela pessoa vítima da violação de intimidade e não pelo ofendido, o que poderia dar interpretação de que qualquer pessoa ofendida poderia pedir a retirada do material. Agora, a retirada deverá ser feita a partir de ordem judicial. "Hoje em dia precisamos de lei para proteger a essência da internet que está ameaçada por praticadas de mercado e, até mesmo, de governo. Assim, precisamos garantir regras para que a liberdade na rede seja garantida", disse o relator do projeto, deputado Alessandro Molon. (Agencia BrasilDeputados aprovam Projeto de Lei 1Brasil avança na Lei para o Ciberespaço de Eduardo Fiora)

AMERICA SETTENTRIONALE
CANADA
LA SCOMMESSA DI MARAIS / Il 7 aprile si svolgeranno le ele-zioni anticipate nella provincia francofona del Quebec. Secondo i sondaggi, il Partito liberale (Plq, opposizione) è in testa con il 40 per cento delle intenzioni di voto, contro il 33 per cento degli indipendentisti del Parti québécois (Pq, al governo). Se il risultato fosse confermato, sarebbe un duro colpo per la premier Pauline Marais, che aveva sciolto il parlamento sperando di ottenere la maggioranza as-soluta dei seggi. A complicare le cose, scrive Le Devoir, suo ma-rito Claude Blanchet è rimasto coinvolto in uno scandalo per finanziamenti illeciti a una campagna elettorale del 2007

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e Le Monde)

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