11106 13. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 28 marzo 2014

20140328 12:59:00 red-emi

ITALIA – Marx a Rosarno – L’Europa assomiglia sempre di più all’Inghilterra descritta da Charles Dickens. / ARMADIO DELLA VERGOGNA. La procura militare di roma apre un’inchiesta sui crimini fascisti in Grecia, Jugoslavia e Albania / LA SVOLTA AUTORITARIA . L’Appello di : Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Alessandro Pace, Roberta De Monticelli, Gaetano Azzariti, Elisabetta Rubini, Alberto Vannucci, Simona Peverelli, Salvatore Settis, Costanza Firrao.
VATICANO – Il Papa ai mafiosi: "I vostri soldi e potere sono insanguinati. Convertitevi!"
NATO – La Nato ci costa 70 milioni di euro al giorno
EUROPA – FRANCIA il partito socialista punito dall’austerity: alle amministrative dilaga la destra
In Francia dilaga la destra di Marine Le Pen. ancia / Grecia – Sull’accordo con la Troika caos nel paese e Parlamento.
AFRICA & MEDIO ORIENTE – Cisgiordania – i soldati israeliani uccidono quattro palestinesi – Incursione notturna delle truppe israeliane al campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Nell’operazione – che aveva come obiettivo quello di arrestare, Abu Hamza Alhija, 24 anni, ritenuto il leader del movimento islamista Hamas – secondo la versione israeliana, sono morti in tutto 4 palestinesi.
TURCHIA, Erdogan oscura Twitter ma non ci riesce. Adesso proverà con Yt e Fb.
ASIA & PACIFICO – Giappone. Gli immigrati una risorsa.
AMERICA CENTROMERIDIONALE – Venezuela. Caracas – Il 20 marzo gli agenti dell’intelligence venezuelana hanno arrestato Daniel Ceballos, il sindaco di San Cristóbal, dove il 4 febbraio sono cominciate le proteste contro il governo di Maduro
AMERICA SETTENTRIONALE – Washington/Roma – Obama in Italia, RENZI sarà il cavallo di troia per sbloccare le resistenze sul TTIP .

ITALIA
MARX A ROSARNO
L’EUROPA ASSOMIGLIA SEMPRE DI PIÙ ALL’INGHILTERRA DESCRITTA DA CHARLES DICKENS. E DA KARL MARX. Le città inglesi dell’Ottocento, come Roma, Londra o Parigi oggi sono tra le «città più ricche d’Europa» dove però «ABBONDA LA PIÙ CRUDA POVERTÀ E MISERIA DOMESTICA». Marx descrive le condizioni di vita della «popolazione nomade». «Passiamo ora ad uno strato di origine contadina, ma di occupazione in gran parte industriale. Esso costituisce la fanteria leggera del capitale, che la getta ora in un punto e ora in un altro a seconda del suo fabbisogno. Se non è in marcia, eccolo “accamparsi”.
Il lavoro nomade è utilizzato per diverse operazioni edili e di drenaggio, la fabbricazione di mattoni, la cottura della calce […]. Nelle imprese che comportano notevoli investimenti di capitale, come la costruzione di ferrovie ecc., per lo più lo stesso imprenditore fornisce al suo esercito baracche di legno o simili: villaggi improvvisati senza il minimo di previdenze sanitarie […]e quanto mai lucrativi per il signor appaltatore, che sfrutta due volte gli operai: come soldati dell’industria e come inquilini» (Marx, Il Capitale, volume primo, capitolo XXIII). Chiunque abbia visto le fotografie delle tende dei braccianti immigrati a Rosarno si rende conto che le condizioni di cui Marx parla sono ancora attuali. Spesso però si crede che riguardino solo gli altri da noi, i neri, gli immigrati senza documenti, al massimo i nostri concittadini europei rumeni o bulgari. Invece Marx ci ricorda che i lavoratori nomadi e sfruttati sono la condizione indispensabile perché ci sia accumulazione del capitale, ovvero perché i ricchi lo diventino ancora di più

ITALIA, ALBANIA, YUGOSLAVIA e GRECIA
ARMADIO DELLA VERGOGNA. LA PROCURA MILITARE DI ROMA APRE UN’INCHIESTA SUI CRIMINI FASCISTI IN GRECIA, JUGOSLAVIA E ALBANIA
Un’inchiesta sui crimini compiuti dai militari italiani nei territori occupati durante la seconda guerra mondiale, dalla Grecia alla Jugoslavia, all’Albania. L’ha aperta il procuratore militare di Roma, Marco De Paolis, che ha ricevuto un esposto da parte di alcuni cittadini.
De Paolis si limita a dire per il momento che e’ partito un "accertamento conoscitivo" e che e’ stato aperto un fascicolo ‘modello 45′, cioè "atti relativi a", senza indagati. L’esposto, secondo quanto si e appreso, prende in particolare le mosse da due articoli di Franco Giustolisi, il giornalista che per primo svelò all’opinione pubblica lo scandalo del cosiddetto "armadio della vergogna", dove furono chiusi e "provvisoriamente archiviati" nel dopoguerra – per una sorta di "patto segreto" tra Italia e Germania – 695 fascicoli di crimini nazifascisti, riemersi solo negli anni scorsi, quando fu possibile riaprire le indagini e svolgere una serie di processi finiti con decine di ergastoli.
"Dimenticato" in un angolo della procura, non lontano dall’armadio, svela Giustolisi, c’era anche un "carrello della vergogna". Un carrello stipato di incartamenti relativi alle tante stragi commesse, durante l’ultima guerra, dai soldati italiani. Di questi eccidi si occupò una commissione istituita il 6 maggio 1946 dall’allora ministero della Guerra. La relazione finale, del 30 giugno 1951, e’ firmata dal senatore Luigi Gasparotto. Oltre 300 i militari italiani accusati di crimini di guerra dalle varie nazioni aggredite dal fascismo. Eccidi che sarebbero stati commessi in varie localita’ della Jugoslavia, della Grecia, dell’Unione Sovietica, della Francia, dell’Albania. Solo poco piu’ di una trentina, secondo la relazione Gasparotto, quelli perseguibili da parte "dell’autorita’ competente". Ma nessuno fu processato. Solo per una di queste stragi – quella di Domenikon, in Grecia, dove furono trucidati 150 civili – il procuratore De Paolis, dopo aver raccolto la denuncia del rappresentante dei familiari delle vittime, gia’ da tempo ha riaperto un’inchiesta che in precedenza era stata archiviata. Le indagini della procura militare di Roma avrebbero consentito, secondo quanto si e’ appreso, di risalire ai responsabili della strage, che verranno ora iscritti nel registro degli indagati, anche se sarebbero tutti morti. Inevitabile, dunque, la successiva archiviazione.

ROMA
LA SVOLTA AUTORITARIA – STIAMO ASSISTENDO IMPOTENTI AL PROGETTO DI STRAVOLGERE LA NOSTRA COSTITUZIONE DA PARTE DI UN PARLAMENTO ESPLICITAMENTE DELEGITTIMATO DALLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 1 DEL 2014, PER CREARE UN SISTEMA AUTORITARIO CHE DÀ AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO POTERI PADRONALI.
Con la prospettiva di un monocameralismo e la semplificazione accentratrice dell’ordine amministrativo, l’Italia di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi cambia faccia mentre la stampa, i partiti e i cittadini stanno attoniti (o accondiscendenti) a guardare. La responsabilità del Pd è enorme poiché sta consentendo l’attuazione del piano che era di Berlusconi, un piano persistentemente osteggiato in passato a parole e ora in sordina accolto.
Il fatto che non sia Berlusconi ma il leader del Pd a prendere in mano il testimone della svolta autoritaria è ancora più grave perché neutralizza l’opinione di opposizione. Bisogna fermare subito questo progetto, e farlo con la stessa determinazione con la quale si riuscì a fermarlo quando Berlusconi lo ispirava. Non è l’appartenenza a un partito che vale a rendere giusto ciò che è sbagliato.
Una democrazia plebiscitaria non è scritta nella nostra Costituzione e non è cosa che nessun cittadino che ha rispetto per la sua libertà politica e civile può desiderare. Quale che sia il leader che la propone.
( L’Appello di : Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Alessandro Pace, Roberta De Monticelli, Gaetano Azzariti, Elisabetta Rubini, Alberto Vannucci, Simona Peverelli, Salvatore Settis, Costanza Firrao )

NATO
La Nato ci costa 70 milioni di euro al giorno
RAPPORTO SIPRI. OGNI ORA SI SPENDONO TRE MILIONI DI EURO PER DIFESA, ARMI E ALLEANZA ATLANTICA. ECCO QUANTO PAGA L’ITALIA. SENZA CONTARE F35 E MISSIONI MILITARI ALL’ESTERO
«La situazione in Ucraina ci ricorda che la nostra libertà non è gratuita e dobbiamo essere disposti a pagare»: lo ha ribadito il presidente Obama, a Roma come a Bruxelles, dicendosi preoccupato che alcuni paesi Nato vogliano diminuire la propria spesa militare. La prossima settimana, ha annunciato, si riuniranno a Bruxelles i ministri degli esteri per rafforzare la presenza Nato nell’Europa orientale e aiutare l’Ucraina a modernizzare le sue forze militari. Ciò richiederà stanziamenti aggiuntivi. Siamo dun­que avvertiti: altro che tagli alla spesa militare! A quanto ammonta quella italiana? Secondo i dati del Sipri, l’autorevole istituto internazionale con sede a Stoccolma, l’Italia è salita nel 2012 al decimo posto tra i paesi con le più alte spese militari del mondo, con circa 34 miliardi di dollari, pari a 26 miliardi di euro annui.
Il che equivale a 70 milioni di euro al giorno, spesi con denaro pubblico in forze armate, armi e missioni militari all’estero. Secondo i dati relativi allo stesso anno, pubblicati dalla Nato un mese fa, la spesa italiana per la difesa ammonta a 20,6 miliardi di euro, equivalenti a oltre 56 milioni di euro al giorno. Tale cifra, si precisa nel budget, non comprende però la spesa per altre forze non permanentemente sotto comando Nato, ma assegnabili a seconda delle circostanze. Né com­prende le spese per le mis­sioni militari all’estero, che non gravano sul bilancio del ministero della difesa. Ci sono inoltre altri stanziamenti extra-budget per il finanziamento di programmi militari a lungo termine, tipo quello per il caccia F-35. Il budget ufficiale conferma che la spesa militare Nato ammonta a oltre 1000 miliardi di dollari annui, equivalenti al 57% del totale mondiale. In realtà è più alta, in quanto alla spesa statunitense, quantificata dalla Nato in 735 miliardi di dollari annui, vanno aggiunte altre voci di carattere militare non comprese nel budget del Pentagono – tra cui 140 miliardi annui per i militari a riposo, 53 per il «programma nazionale di intelligence», 60 per la «sicurezza della patria» – che portano la spesa reale Usa a oltre 900 miliardi, ossia a più della metà di quella mondiale.
Scopo degli Stati uniti è che gli alleati europei assumano una quota maggiore nella spesa militare della Nato, destinata ad aumentare con l’allargamento e il potenziamento del fronte orientale.
Oggi, sottolinea Obama, «aerei dell’Alleanza atlantica pattugliano i cieli del Baltico, abbiamo rafforzato la nostra presenza in Polonia e siamo pronti a fare di più». Andando avanti in questa direzione, avverte, «ogni stato membro della Nato deve accrescere il proprio impegno e assumersi il proprio carico, mostrando la volontà politica di investire nella nostra difesa collettiva». Tale volontà è stata sicuramente confermata al presidente statunitense Barack Obama dal presidente delle repubblica Napolitano e dal capo del governo Renzi. Il carico, come al solito, se lo addosseranno i lavoratori italiani. (Manlio Dinucci)

VATICANO
IL PAPA AI MAFIOSI: "I VOSTRI SOLDI E POTERE SONO INSANGUINATI. CONVERTITEVI!"
Papa Francesco si rivolge ai grandi "assenti" della veglia promossa dall’associazione Libera, i mafiosi: "Il vostro potere è insanguinato, per favore, ve lo chiedo in ginocchio, convertitevi e non fate più il male". Si appella a uomini e donne di mafia chiedendo loro di cambiate vita. Quindi "convertitevi, fermate di fare il male. Noi preghiamo per voi: convertitevi ve lo chiedo in ginocchio è per il vostro bene", ha ripetuto.
"Questa vita che vivete non vi darà felicità, gioia. Potere e denaro che avete adesso da tanti affari sporchi, dai crimini mafiosi sono denaro insanguinato, potere insanguinati, non potrai portarlo all’altra vita". Perciò "convertitevi c’è tempo per non finire nell’inferno, che è quello che vi aspetta se non cambiate strada". E "avete avuto un papà e una mamma, pensate a loro e convertitevi".
ROMA
LIBERA ABBRACCIA PAPA FRANCESCO, L’INTERVENTO DI DON CIOTTI
UN PADRE E UN FRATELLO
Pensavamo d’incontrare un Padre, abbiamo trovato anche un Fratello. Grazie di averci accolto, è un momento che abbiamo atteso e desiderato tanto.
Le persone che sono qui hanno storie e riferimenti diversi. Ma sono accomunate dal bisogno di verità e di giustizia, un bisogno che per molti è ancora vivo e lacerante.
Sono solo una rappresentanza, per quanto numerosa dei famigliari delle vittime delle mafie, che sono tanti, tanti di più.
GIUSTI CHE DONANO VITA
Sono tutte vittime innocenti e di tutte vogliamo ricordare il nome.
In questo lungo elenco ci sono circa ottanta bambini, come Domenico Gabriele, Cocò e Domenico. Ci sono persone che si sono trovate casualmente in mezzo a un conflitto a fuoco. Ci sono tanti "giusti". Persone dalla parte di chi cerca e aiuta a cercare verità. Persone libere e leali, che non si sono lasciate piegare dalle difficoltà. In Italia, in Europa e nel mondo, come testimoniano oggi i familiari di vittime dell’America Latina che sono qui con noi.
Le ricordiamo tutte perché lo spirito di giustizia e verità che ha animato la loro esistenza è ancora vivo. Lo sentiamo sorreggere le nostre speranze e accompagnare il nostro impegno. Chi perde la vita per la giustizia e la verità dona vita, è lui stesso Vita. Come tutte le vittime del terrorismo e del dovere, a cui va questa sera il nostro pensiero.
LE VITTIME DEGLI AFFARI SPORCHI
Vogliamo ricordare insieme anche le vittime del lavoro, perché un lavoro non tutelato, svolto senza le necessarie garanzie di sicurezza, è una violazione della dignità umana. E così pure le vittime degli affari sporchi delle mafie. Le persone colpite da tumori in territori avvelenati dai rifiuti tossici. Quelle che hanno perso la vita per l’uso delle droghe spacciate dai mercanti di morte. Le migliaia d’immigrati annegati nei mari o caduti nei deserti. Le donne e le ragazze vittime della tratta e della prostituzione.
MORTI VIVI, UCCISI NELLA SPERANZA
Ma vittime sono anche i "morti vivi". Quante persone "uccise" dentro! Quante persone a cui le mafie hanno tolto la dignità e la libertà, persone ricattate, impaurite, svuotate. Le mafie – la corruzione, l’illegalità – assassinano la speranza!
OMBRE E SQUARCI DI LUCE
Sono queste speranze spezzate o soffocate che oggi vogliamo condividere.
In passato, e purtroppo accade ancora oggi, non sempre la Chiesa ha mostrato attenzione a un problema di così enormi risvolti umani e sociali. Silenzi, resistenze, sottovalutazioni, eccessi di prudenza, parole di circostanza. Ma per fortuna anche tanta luce, tanta positività. Dal grido profetico di Giovanni Paolo II dalla Valle dei Templi alle parole di Benedetto XVI rivolte ai giovani a Palermo: «Non cedete alle suggestioni della mafia, strada di morte». Ma non basta.
PASTORI CHE ILLUMINANO LA STRADA
Come non ricordare Monsignor Raffaele Nogaro, oggi ammalato, a cui va un affettuoso saluto. E il compianto don Italo Calabrò, che ci ha aiutato a comprendere la ‘ndrangheta in tutti i suoi risvolti, richiamandoci a quell’impegno educativo fondamentale per estirparla.
È una Chiesa che "interferisce", denunciando senza remore l’incompatibilità tra mafie e Vangelo. E che non dimentica che la denuncia seria, attenta, documentata è annuncio di salvezza. Anche a costo della vita.
Il 15 settembre 1993 viene ucciso a Palermo don Pino Puglisi, e pochi mesi dopo il 19 marzo del 1994 – due giorni fa è stato il ventennale – a Casal di Principe, don Peppe Diana, che invitava la sua gente a "salire" sui tetti per riannunciare Parole di vita.
VERITÀ E GIUSTIZIA
Oggi qui aggiungiamo don Cesare Boschin. È stato ucciso a Borgo Montello, nel Comune di Latina, dove domani cammineremo insieme per la diciannovesima "Giornata della memoria e dell’impegno", chiedendo verità sul suo omicidio.
C’è un bisogno di verità che scuote la vita di tante persone e che chiede risposte, chiede giustizia. È quello che chiede la grande maggioranza di voi famigliari. Alcuni nomi in particolare, voglio ricordare oggi: Attilio Manca, Antonino Agostino, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
NON È SOLO UN PROBLEMA CRIMINALE!
Il problema delle mafie non è un problema solo criminale. Se così fosse, basterebbero le forze di polizia, basterebbe la magistratura. È un problema sociale e culturale. Un problema che chiama in causa responsabilità pubbliche – spesso degenerate in poteri privati – e responsabilità sociali accantonate in nome dell’individualismo.
UNA POLITICA AL SERVIZIO DEL BENE COMUNE
Oggi è più che mai necessario uno scatto. Occorrono politiche sociali, posti di lavoro, investimenti sulla scuola. Occorre ridare alle persone speranza e dignità. Occorre che la politica torni a essere servizio del bene comune. E, nello specifico, occorre rafforzare la confisca e l’uso sociale dei beni delle mafie, chiave di volta per saldare il contrasto criminale con la rigenerazione sociale e culturale.
NON LASCIAMOLI SOLI!
Occorre tutelare e incentivare i percorsi coraggiosi dei testimoni di giustizia, che antepongono la voce della coscienza ai rischi della denuncia. Occorre portare avanti con più determinazione, come hanno già fatto circa 500.000 cittadini, il progetto "Riparte il futuro", per chiedere norme ancora più efficaci contro la corruzione e il voto di scambio. Occorre infine non lasciare soli i tanti "minacciati". Parlo dei magistrati più esposti – faccio un nome per tutti, Nino Di Matteo – come degli amministratori onesti, dei giornalisti e dei tanti cittadini coraggiosi che si sono ribellati al racket, alle intimidazioni, alle minacce. Non lasciamoli soli!
NOSTRI FIGLI, FIGLI DI TUTTI
Saveria Antiochia, mamma di Roberto, un agente di polizia ucciso dalla mafia, un giorno ci disse: «quando ti uccidono un figlio sparano anche su di te. A me avevano sparato quel giorno». Oggi dobbiamo dirci con forza insieme – per il figlio di Saveria e per tutte le altre vittime innocenti delle mafie – che è come se avessero sparato su di noi. Il 21 marzo, primo giorno di primavera, sia anche la primavera della Giustizia, della Speranza e del Perdono. Opponiamo al "grido" di dolore per le persone care che qui ricordiamo, la Parola della Vita.

EUROPA

IRLANDA
LA POLIZIA IN ASCOLTO / Il governo ha aperto un’inchiesta per far luce sulle intercettazioni telefoniche diffuse nelle stazioni della polizia irlandese, la Garda Siochàna. Secondo The Irish Times, l’abitudine di registrare le chiamate in entrata e in uscita dai commissariati è andata avanti per anni, fino alla sospensione, nel novembre del 2013. Il governo di Enda Kenny ha dichiarato che la questione "è motivo di serio interesse pubblico" e ha fatto sapere di aver accettato le dimissioni del capo della polizia, Martin Callinan.

GERMANIA
Troppi politici nella tv di stato
Ridurre l’influenza dello stato e dei partiti sulla tv pubblica Zdf. È quanto chiedono i giudici della corte costituzionale tedesca (nella foto), che il 25 marzo, scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung, hanno bocciato la parte del contratto di servizio tra lo stato e la Zdf che regola le nomine nell’emittente. Oggi il 44 per cento dei dirigenti è formato da politici – in gran parte della Cdu e dell’Spd – o da persone delle istituzioni. I giudici hanno dichiarato incostituzionale il sistema, perché "la tv pubblica non deve rappresentare gli apparati dello stato, ma la diversità della società". La quota di politici va ridotta a meno di un terzo entro il 2015.

FRANCIA
IL PARTITO SOCIALISTA PUNITO DALL’AUSTERITY: ALLE AMMINISTRATIVE DILAGA LA DESTRA / IN FRANCIA DILAGA LA DESTRA DI MARINE LE PEN. Secondo un exit poll la destra ha ottenuto il 45%, il 40% la gauche e 7% il Front National, l’estrema destra di Marin Le Pen, e l’1% l’estrema sinistra. Il Fronte Nazionale dilaga nel sud, conquista il primo posto in citta’ impreviste. Per la sinistra di governo di Francois Hollande, che temeva di essere punita dagli elettori, la disfatta e’ totale, con i candidati della dell’UMP (destra moderata) in testa nelle prime due citta’, Parigi e Marsiglia.
L’astensionismo batte il record (fra il 35 e il 38%) e dimostra la disaffezione dei francesi verso l’establishment e, in particolare nella gauche, la delusione per i due anni di mandato presidenziale di Hollande. Ancora peggio i progetti per il futuro, anche quello prossimo: mentre la portavoce del governo socialista, Najat Vallaut-Belkacem, senza consultarsi con nessuno, si affrettava ad annunciare negli studi di France 2 che, visti i risultati, il Partito socialista fara’ appello al Fronte repubblicano (la tradizionale alleanza destra-sinistra contro la minaccia di vittoria del Fronte nazionale), il centro-destra si e’ ben guardato dal seguirla. Prima il presidente dell’UMP, Jean-Francois Cope’, si e’ limitato a definire "capitale" che gli elettori FN facciano confluire i voti del ballottaggio sul suo partito. Poi, a sgomberare il campo dai dubbi, ci ha pensato Francois Fillon, l’ex premier: "Nessuna desistenza, nessun accordo" nei casi in cui un candidato Fn si trova in testa. La settimana che aspetta la politica francese si annuncia bollente.
Da Parigi e Marsiglia, le due principali citta’ di Francia, quelle in cui l’elezione del sindaco e’ piu’ emblematica, la disfatta assume dimensioni disastrose per la gauche: nella capitale, la favoritissima socialista Anne Hidalgo e’ in svantaggio di un punto abbondante contro la candidata UMP, Nathalie Kosciusko-Morizet, con la quale andrà al ballottaggio. E peggio ancora va a Marsiglia, dove Patrick Mennucci, il socialista che voleva scalzare il sindaco UMP Jean-Claude Gaudin, precipita al terzo posto, a vantaggio del candidato del Fronte Nazionale
EU
SE A VINCERE È SEMPRE IL PEC (PARTITO EUROPEO CREDITORI) / Troppi scarni sono gli elementi per stabilire se la promessa di Renzi di aggiungere 80 euro nella busta paga dei lavoratori sia solo fumo o anche arrosto. A naso sa tanto di operazione elettorale, in vista delle prossime elezioni europee. Tant’è che dai benefici sono esclusi i più poveri. Il provvedimento annunciato da Renzi agirebbe solo sulle detrazioni per lavoro dipendente, per cui sarebbe escluso chiunque non sia al lavoro: disoccupati, cassintegrati e pensionati. Persone che i 1500 euro al mese se li sognano. Se arrivano ai 1000 euro è già grasso che cola, tant’è che molti di loro sono inclusi nella categoria dei poveri, se non dei poveri assoluti. In una logica di equità, è da loro che si sarebbe dovuti partire, introducendo una franchigia esentasse fino a 12000 euro all’anno. Con la clausola che in caso di reddito inferiore alla soglia dovrebbe essere lo stato a compensare il contribuente. Un primo passo verso il reddito di cittadinanza che molti rivendicano. Perché Renzi non lo ha fatto? Forse per insensibilità sociale o più subdolamente perché gli ultimi hanno scarso peso ai fini elettorali. Ma la versione ufficiale è che per un’operazione di questa portata sarebbe servita una somma che l’Europa ci avrebbe negato. Così veniamo al solito ritornello: “l’Europa non vuole, l’Europa ci chiede, l’Europa ci impone”. E con questo ci fanno ingoiare qualsiasi sacrificio e immobilismo.
Ora l’Europa ha le sue responsabilità. La sua insensibilità sociale è proverbiale e oltre che criminale è anche stupida perché danneggia i suoi stessi protetti. Ma troppo spesso si usa l’Europa come foglia di fico per nascondere la propria assenza di volontà politica. E non è certo colpa dell’Europa se il nostro sistema fiscale è iniquo, se non abbiamo il coraggio di tassare in maniera seria gli alti patrimoni, se non lottiamo seriamente contro l’evasione fiscale, se tolleriamo la corruzione, se finanziamo spese inutili e dannose come l’alta velocità, le autostrade, gli F35, mentre tagliamo scuola e previdenza sociale. Così scopriamo che l’Europa gendarme, sempre pronta a richiamarci ogni volta che sforiamo nei conti, fa parte di una strategia imposta dal partito dei creditori europei, che comprende banche, finanzieri e politici, affinché in tutto il continente, da Helsinki a Cipro, si persegua la stessa politica dei bassi salari, della precarietà del lavoro, dell’espropriazione dei servizi pubblici, della svendita del patrimonio collettivo, di legittimazione dei paradisi fiscali. In una parola la politica liberista che ha per fine l’arricchimento dei già ricchi alle spalle di lavoratori e cittadini. E per salvare le apparenze si mette su il teatrino delle parti dove c’è il buono che suo malgrado non può fare le cose giuste perché c’è il cattivo che glielo impedisce. Peccato che il cattivo sia tale per i trattati liberamente sottoscritti dai buoni, alcuni dei quali così zelanti da trasformarli in tutta fretta in legge costituzionale. Valga come esempio l’Italia che ha introdotto in Costituzione l’obbligo di pareggio di bilancio pur non avendone l’obbligo.
Allora è esattamente questo progetto che dobbiamo smascherare, cominciando a dire che non ne possiamo più di sentirci sbarrare sempre la strada in nome del debito. Ma qui dobbiamo essere chiari. Noi abbiamo il dovere, oltre che il diritto, di spendere a favore di occupazione, scuola, inclusione sociale, dignità delle famiglie, difesa del territorio, ribellandoci all’austerità. Ma non facendo altro debito, bensì utilizzando le risorse che oggi destiniamo al debito. Ossia gli interessi che ammontano a 85 miliardi. Dobbiamo annunciare ai creditori che noi la spending review la facciamo, ma la prima voce che tagliamo è la loro, perché di soldi per il debito ne abbiamo spesi fin troppi. Per l’esattezza 2230 miliardi dal 1980 ad oggi. Per pagarli, da venti anni facciamo sacrifici, ma senza farcela, e ogni anno accendiamo nuovo debito per pagare la parte che non riusciamo a coprire con i nostri risparmi. Così noi siamo nella trappola di chi si indebita per gli interessi, in una spirale senza fine. Ed è proprio questa spirale che dobbiamo rompere autoriducendoci gli interessi allo 0,50%, il tasso di interesse che le banche commerciali pagano sui prestiti che ottengono dalla Banca Centrale Europea. Ciò che è giusto per le banche non deve esserlo anche per la comunità?
Fra i primi punti del programma di Tsipras, c’è la convocazione di una conferenza europea sul debito pubblico. Venendo dall’esperienza greca, Tsipras sa che quando il debito assume certe dimensioni diventa impagabile e ostinarsi a volerlo onorare significa portare il paese alla rovina con grande soddisfazione di chi non aspetta altro che potersi spartire le sue membra. Noi questo destino lo dobbiamo evitare. Per questo è importante mandare al Parlamento europeo forze non più dalla parte dei creditori, ma dei cittadini, seriamente intenzionati ad avviare un piano di ristrutturazione del debito per liberarcene una volta per sempre. L’unico modo per riconquistare la nostra democrazia e la nostra libertà di fare politica.

GRECIA
SULL’ACCORDO CON LA TROIKA CAOS NEL PAESE E PARLAMENTO DIVISO / Le trattative tra il governo greco e i rappresentanti della Troika (Fmi, Ue e Bce) sull’attuazione delle misure necessarie per il risanamento dell’economia si sono concluse e la Troika e’ ripartita dalla Grecia ma i problemi per il governo di Atene restano. A pochi giorni dal dibattito parlamentare sul disegno di legge sui risultati dei negoziati e con gli scioperi di tutto il settore pubblico, infatti, nessuno puo’ essere certo che esso sara’ approvato per intero dalla maggioranza viste le reazioni di alcuni deputati dei due i partiti della coalizione governativa.
E ieri il Paese ha vissuto un’altra giornata di proteste. Gli insegnanti greci hanno occupato per varie ore gli uffici del ministro per le Riforme amministrative, Kyriakos Mitsotakis. Durante le manifestazioni di protesta contro il massiccio piano di licenziamenti nel settore pubblico al secondo giorno di 48 ore di sciopero dell’intero settore pubblico gli insegnanti, che torneranno in piazza anche oggi, hanno deciso di alzare il livello dello scontro. Il piano concordato con i creditori internazionali prevede il taglio di 11mila posti di lavoro nel settore pubblico. In quest’ambito sin dallo scorso luglio 1.845 insegnanti sono stati messi in un piano mobilità con riduzione dello stipendio in attesa di chiarire il loro status: 1.216 dovrebbero essere trasferiti, 380 riassunti in diverse posizioni e 204 licenziati.
Lo sciopero indetto dal sindacato dei dipendenti pubblici Adedy, ha semiparalizzato il paese. Si sono trovati nella centralissima piazza Clathmonos, dicendosi decisi a proseguire la loro lotta per l’abolizione di tutte le leggi e i regolamenti che prevedono i licenziamenti e i trasferimenti degli statali e il mantenimento di tutte le strutture e i servizi dello Stato che prestano assistenza sociale.
Intanto, la Troika lancia l’allarme sulle banche. Nonostante l’impegno del governo greco "per garantire che le banche siano capitalizzate in modo adeguato" secondo Ue-Bce-Fmi "ci sono crescenti rischi sul fabbisogno" degli istituti ellenici se non si interverrà sull’elevato livello di prestiti in sofferenza. I rappresentanti della Commissione, della Bce e del Fondo Monetario invitano la banca centrale di Atene a mantenere una stretta vigilanza sul sistema bancario e ad agire con decisione nel chiedere alle banche di intervenire sugli asset in sofferenza. Da parte di Atene, si legge nel documento, e’ stato ribadito l’impegno a favorire la gestione di queste sofferenze in maniera rapida e ordinata.
ATENE
Non e’ facile capire il fenomeno Tsipras se non si conosce la storia greca degli ultimi anni e come i governi passati sia socialisti che liberali abbiano gestito il potere a danno dei cittadini greci.
Quando piu’ di 4 anni fa’ avevo incominciato a spiegare agli italiani tramite il mio blog www.letterdaatene.blogspot.com ,e avevo gia’ capito dove saremmo arrivati socialmente e politicamente, numerosi giornalisti che si erano precipitati a studiare il fenomeno greco, sentendomi dire che la Grecia era una cavia per provare sulla pelle di un intera nazione le tragiche misure di austerita’ dell’Europa tramite la Troika, per poi passarle all’Italia (ma senza Troika!),mi dicevano che ero pazzo. Si sono cosi susseguiti 3 governi con quello attuale delle larghe intese proprio come in Italia. Come in Italia il parlamento ormai ha una funzione solamente decorativa o al massimo vota giornalmente leggi che i deputati neanche leggono, imposte dalla Troika. La maggior parte delle leggi sono incostituzionali e il comportamento dei governanti spesso e’ considerato alto tradimento alla Nazione. E qui si spiega il fenomeno Syriza che alle passate elezioni e’ passato dal 4% al 27% con Tsipras che come leader di sinistra e’ riuscito ad unire tutte le correnti di sinistra che si sono riconosciute in un programma comune che metta fine a questa tragedia greca che sta’ decimando soprattutto le fasce piu’ deboli della popolazione come bambini, anziani e pensionati.
Ora l’intuizione di Barbara Spinelli che ha costituito la Lista Tsipras per le prossime elezioni europee si prefigge proprio di ricompattare anche in Italia una sinistra allo sbando che sotto un leader carismatico proveniente dalla Grecia puo’riportare una speranza di rinascita sociale e politica in una nuova Europa. (A. Saracini)
PER GLI ITALIANI IN EUROPA HO COSTITUITO QUESTI COMITATI DI SOSTEGNO
https://www.facebook.com/pages/Comitato-italiani-residenti-in-Europa-per-LAltra-Europa-con-Tsipras/255204434654905
https://www.facebook.com/groups/506434796140849/
http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=65215

SPAGNA
II 25 marzo la corte costituzionale di Madrid ha dichiarato incostituzionale il referendum sull’indipendenza della Catalogna indetto per il 9 novembre. La consultazione, voluta dal capo del governo catalano Artur Mas, era già stata bocciata dal governo centrale. Mas ha dichiarato che "la marcia verso l’indipendenza va avanti".
MADRID
SPAGNA
ADOLFO SUÀREZ 1932-2014
Il 23 marzo è morto a Madrid Adolfo Suàrez, primo capo del governo democratico dopo la caduta del franchismo, nel 1975. Aveva 81 anni e soffriva da anni del morbo di Alzheimer. "Nonostante Suàrez arrivasse dalle file del franchismo, fu durante il suo governo, in carica dal 1976 al 1981, che si compì la transizione democratica, con lo smantellamento delle strutture franchiste, e che fu approvata l’attuale costituzione", scrive Càmbio 16. La rivista aggiunge che "anche se oggi tutti gli rendono omaggio, da vivo Suàrez non era troppo amato dall’establishment politico spagnolo. Anzi, era considerato un elemento scomodo". Suàrez si era ritirato dalla politica nel 1991. Decine di migliaia di persone hanno partecipato ai funerali di stato organizzati a Madrid il 25 marzo.
MADRID
Centinaia di migliaia a Madrid per la marcia della dignità e contro l’austerità / E’ arrivata oggi a Madrid la “marcia della dignità", i cortei partiti un mese fa da tutte le parti della Spagna per protestare contro i tagli del governo di Mariano Rajoy e per le sue dimissioni. I sei diversi cortei sono confluiti in un’imponente manifestazione nel centro della capitale spagnola per protestare contro la ricetta di lacrime e sangue varata dal governo popolare. La polizia ha tentato di bloccarli in tutti i modi, anche impedendo ad un centinaio di autobus di entrare nella capitale, ma la forza della protesta è stata travolgente. Alla manifestazione hanno aderito sindacati, movimenti studenteschi e gruppi che hanno animato in questi anni il movimento degli ‘indignados’ per denunciare "l’emergenza sociale" in cui vivono gran parte degli spagnoli a seguito dei tagli alla spesa pubblica varati dal governo conservatore.
"Stanno provocando sofferenze, poverta’, fame ed anche morte, e tutto perche’ le banche ed i poteri economici continuino ad avere i loro enormi benefici al prezzo delle nostre vite", recita il comunicato degli organizzatori della marcia. Più di 300 le organizzazioni che hanno preso parte all’iniziativa.
Al termine della grande manifestazione, che si e’ svolta per l’intera giornata in modo pacifico, ci sono state alcune cariche della polizia, che ha poi impedito l’acampada dando un ultimatum. Alcune tende sono state montate ugualmente nel paseo de Recoletos, con l’intenzione, hanno informato su Twitter, di creare un accampamento di protesta nel centro della capitale
MADRID
LA MARCIA DELLA DIGNITA’ / Il 22 marzo, due anni dopo le prime marchas de la dignidad, alcune centinaia di migliaia di persone (due milioni secondo il sito Publico) provenienti da tutto il paese, alcune arrivate addirittura a piedi, hanno manifestato a Madrid. L’appello alla mobilitazione era stato lanciato dai sindacati e dal movimento degli indignados per denunciare "l’emergenza sociale" e protestare contro le politiche di austerità volute dal governo conservatore di Mariano Rajoy. Scandendo slogan come "No al rimborso del debito", "Non un taglio in più", "Via i governi della troika" e "Pane, lavoro e un tetto per tutti", i manifestanti hanno denunciato che, nonostante la debole ripresa economica, il livello di vita degli spagnoli non accenna a migliorare: il tasso di disoccupazione è ancora al 26 per cento, le assunzioni non decollano e gli stipendi ristagnano. "Le marce per la dignità servono a denunciare lo smantellamento del sistema di welfare voluto dal governo a tutto vantaggio dei più ricchi", scrive Publico. "I manifestanti chiedono una democrazia reale, con lo sviluppo di istituzioni rappresentative unite a forme di partecipazione diretta dei cittadini, compreso il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Come c’era da aspettarsi, l’ostilità del Partito popolare e le dichiarazioni opportunistiche dell’opposizione socialista sono state le notizie più riportate dai mezzi d’informazione, che hanno ignorato il contenuto del manifesto delle proteste e si sono concentrati sulle violenze". Dopo una giornata pacifica, infatti, la fine del corteo è stata segnata da violenti scontri tra polizia e frange radicali di manifestanti. Un centinaio di persone, tra cui 67 poliziotti, sono rimaste ferite, scrive La Vanguardia, mentre 24 sono state arrestate. I sindacati di polizia hanno denunciato di aver ricevuto "ordini poco chiari" e un’inchiesta interna è stata aperta per far luce sui fatti.
EU
ELEZIONI EUROPEE, attenzione in ballo c’è il Trattato per il libero scambio tra Usa e Ue.
Tra due mesi, dal 22 al 25 maggio, gli elettori di tutta l’Unione europea andranno alle urne per eleggere i loro rappresentanti al Parlamento europeo. E’ importante che questa volta, al momento di deporre la loro scheda, essi sappiano chiaramente quali sono le poste in gioco. Per motivi legati sia alla storia che alla psicologia, in alcuni paesi (Spagna, Portogallo, Grecia, ecc.), molti cittadini – troppo felici di essere finalmente considerati “europei” – si sono raramente presi la pena di leggere i programmi. Hanno letteralmente votato alla cieca. Questa volta però la brutalità della crisi e le crudeli politiche di austerità attuate dall’Unione europea (Ue) hanno loro aperto gli occhi. Ormai sanno che è soprattutto a Bruxelles che si decide il loro destino.
A questo proposito, in vista delle elezioni europee, c’è un tema che gli elettori dovranno osservare molto da vicino: il progetto di partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTPI [1]) tra l’Unione europea e gli Stati uniti. Questo accordo viene attualmente negoziato nella massima discrezione, senza trasparenza democratica e con nel silenzio complice dei grandi media. Esso mira a creare la più grande zona di libero scambio del pianeta, con circa 800 milioni di consumatori, che rappresenterà quasi la metà del prodotto mondiale lordo (PIL) e un terzo del commercio globale. Provocherà un grande sconvolgimento. Progressi sociali e ambientali sono in pericolo. La più grande vigilanza civica si impone.
PER GLI STATI UNITI, LA QUESTIONE DELLA TTPI è particolarmente decisiva. Nel loro confronto strategico con la Cina, le autorità statunitensi vogliono portare nel loro giro d’affari tre aree principali che hanno a lungo dominato – Europa, America Latina, Asia-Pacifico – ma in cui Pechino si è solidamente insediata anche minacciando, qua e là, di espellerne gli Usa. La firma di TTPI sarebbe dunque, per Washington, una vittoria significativa.
L’UNIONE EUROPEA è la più grande economia del mondo; i suoi cinquecento milioni di abitanti dispongono di un reddito medio annuo pro capite di circa 25.000 euro. Ciò significa che l’Ue è il più grande mercato del mondo e il più importante importatore di manufatti e servizi. Essa ha il più alto volume di investimenti esteri, ed è la zona di accoglienza principale di investimenti esteri a livello mondiale. L’Ue è anche il più grande investitore negli Stati Uniti, la seconda destinazione per le esportazioni degli Stati Uniti e il più grande mercato per le esportazioni americane di servizi. La bilancia commerciale tra i due colossi è favorevole all’Ue (un surplus di 76,3 miliardi di euro). Ma quella dei servizi è in deficit (per 3,4 miliardi di euro). Investimenti diretti dell’Ue negli Stati Uniti sommate a quelle degli Stati uniti nell’Ue, toccano l’incredibile cifra di un enorme di 1,2 miliardi di miliardi di euro…
WASHINGTON E BRUXELLES VORREBBERO CONCLUDERE L’ACCORDO TTPI in meno di due anni, prima della fine del mandato del presidente Obama. Perché così in fretta? Perché, agli occhi degli Stati Uniti, ripetiamo, questo accordo ha una importanza geostrategica capitale. La firma rappresenterebbe un decisivo passo avanti per controbilanciare l’irresistibile ascesa della Cina. E, oltre la Cina, delle altre potenze emergenti riunite nei BRICS (Brasile, Russia, India, Sud Africa).
Poche cifre danno un’idea dell’importanza della minaccia cinese vista da Washington: tra il 2000 e il 2008, il commercio internazionale della Cina è quadruplicato. Le esportazioni sono aumentate del 474 per cento e del 403 per cento delle sue importazioni… Durante lo stesso periodo, al confronto, gli Stati Uniti hanno perso la loro posizione di prima potenza commerciale del mondo, unaleadership che detenevano da un secolo… Prima della crisi finanziaria globale del 2008, gli Stati Uniti erano il principale partner commerciale di 127 paesi nel mondo, la Cina lo era solo per un po’ meno di 70 paesi. Oggi, Pechino è diventata il principale partner commerciale di 124 stati, mentre Washington lo è solo di circa 70 paesi… un rovesciamento della situazione spettacolare, e disastroso per gli Stati Uniti.
COSA SIGNIFICA QUESTO? Che Pechino, entro un periodo di circa dieci anni, potrebbe fare della sua moneta, lo yuan [ 2 ], l’altra grande valuta del commercio internazionale [ 3 ]. E minacciare così la supremazia del dollaro. Per altro, è sempre più evidente che le esportazioni cinesi non sono più fatte soltanto di prodotti di scarsa qualità a prezzi stracciati grazie al basso costo della sua forza lavoro. Ora l’obiettivo esplicito di Pechino è di alzare il livello tecnologico e la qualità dei suoi prodotti (e dei suoi servizi) per diventare, domani, leader nei settori (informatica, automobili, aeronautica, telefonia, nuove energie, finanza, ecc…), in cui gli Stati Uniti e altre potenze occidentali tecnologiche credevano di poter mantenere il monopolio all’infinito.
Per tutte queste ragioni, ed essenzialmente allo scopo di evitare che la Cina diventi troppo velocemente la prima potenza mondiale, Washington sta cercando di blindare a suo vantaggio immense aree di libero scambio alle quali l’accesso dei prodotti cinesi sarà se non impedito per lo meno reso più difficile.
Le poste in gioco sono quindi colossali. Poiché si tratta di una competizione (per il momento pacifica) tra due supercampioni per decidere quale dei due eserciterà l’egemonia globale nella seconda metà di questo secolo. Questo è il” grande gioco” geopolitico attuale. Gli Stati Uniti non sono pronti a cedere. Già, ufficialmente, per cercare di “contenere” la Cina, Washington ha deciso di concentrarsi sll’Asia, che è divenuta la sua area prioritaria geopolitica. Questo riorientamento e questo braccio di ferro con Pechino spiegano, in parte, certe ” turbolenze” geopolitiche attuali. ( Intervento di Ignacio Ramonet)
[ 1 ] In inglese: Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP).
[ 2 ] Il valore dello yuan è allineato con quello del dollaro USA.
[ 3 ] Nel mese di aprile 2011, nel quadro del vertice BRICS a Sanya (isola di Hainan, Cina), è stato firmato un accordo di cooperazione finanziaria tra le cinque potenze emergenti che prevede di aprire linee di credito nelle loro proprie valute nazionali al fine di ridurre la dipendenza dal dollaro. Nel 2008, Pechino aveva già firmato un accordo analogo con l’Argentina.

MEDIO ORIENTE & AFRICA
SIRIA
CONFLITTO NEI CELI / Il 23 marzo la Turchia ha abbattuto un caccia siriano che aveva temporaneamente violato lo spazio aereo turco, scrive Radikal. L’aereo è precipitato vicino alla località costiera di Kassab, un punto di passaggio sulla frontiera turcosiriana dove i ribelli e le forze del governo si sono affrontate per giorni, fino a che il 25 marzo Kassab non è stata conquistata dalla brigata Ansar al Sham. L’abbattimento del caccia siriano è l’incidente più grave tra i due paesi dal settembre del 2013, quando la Turchia aveva abbattuto un elicottero siriano. Secondo Fehim Tajtekin, un editorialista di Radikal, Ankara – che finora è stata accusata di sostenere i gruppi islamici radicali – ha dato una mano agli occidentali e ai sauditi. Milliyet, un altro quotidiano turco, mette invece in evidenza che negli ultimi tre anni la situazione alla frontiera meridionale della Turchia è molto cambiata: "Non c’è più uno stato siriano, ma una serie di regioni dominate da gruppi diversi come l’Esercito siriano libero, il Fronte al nusra, lo Stato islamico nell’Iraq e nel levante, e il partito curdo siriano Pyd. Le minacce ormai arrivano da più direzioni".

CISGIORDANIA
I SOLDATI ISRAELIANI UCCIDONO QUATTRO PALESTINESI / Incursione notturna delle truppe israeliane al campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Nell’operazione – che aveva come obiettivo quello di arrestare, Abu Hamza Alhija, 24 anni, ritenuto il leader del movimento islamista Hamas – secondo la versione israeliana, sono morti in tutto 4 palestinesi. Gli uomini di Hamas hanno mostrato per le strade di Jenin tre corpi di ‘martiri’, gridando slogan contro il presidente palestinese, Abu Mazen, che partecipa ai colloqui di pace con Israele mediati da Washington. Hamas invece si oppone ai negoziati. Si e’ trattato di uno degli scontri peggiori avvenuti a Jenin negli ultimi anni, a riprova della crescente tensione tra le parti, tre giorni dopo l’uccisione di un altro giovane palestinese sempre in Cisgiordania.
Secondo dati palestinesi che non contabilizzano le ultime vittime, dalla ripresa dei colloqui di pace lo scorso luglio, sono stati uccisi 57 palestinesi e feriti quasi 900.
"La realtà sul terreno sta peggiorando anche dal punto di vista del diritto internazionale, oltre che da quello del popolo palestinese", dice l’esperto indipendente del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati, l’americano Richard Falk. Falk in particolare ha accusato Israele "di sforzi sistematici e continui per cambiare la composizione etnica di Gerusalemme Est", di "ricorso eccessivo alla forza", di punizioni collettive" a Gaza, di distruzione delle abitazioni e di costruire sempre più colonie. "C’è una discriminazione sistematica sulla base dell’identità etnica, con l’obiettivo di cambiare la demografia di Gerusalemme", ha affermato, definendola una forma di "pulizia etnica". Dal 1996 oltre 11mila palestinesi hanno perso il loro diritto a vivere a Gerusalemme, ha sottolineato Falk.

TURCHIA
ERDOGAN OSCURA TWITTER MA NON CI RIESCE. ADESSO PROVERÀ CON YT E FB / La Turchia ha bloccato l’accesso a Twitter. Ed ora potrebbe toccare anche a Facebook e YouTube. Ieri dopo la minaccia espressa dal premier turco Recep Tayyip Erdogan di voler vietare l’uso del social network nel paese, a seguito della pubblicazione proprio sulla rete delle registrazioni di alcune intercettazioni telefoniche che lo chiamano in causa direttamente in uno scandalo per corruzione, le autorità hanno "tecnicamente bloccato l’accesso a Twitter" perché il social media non ha rispettato diversi ordini arrivati dalle autorità giudiziarie di rimuovere link ritenuti illegali. Twitter ha già fatto sapere che i turchi possono aggirare il blocco twittando attraverso il servizio di testo dei telefoni cellulari.
Da parte sua il commissario europeo per le nuove tecnologie, Neelie Kroes, ha scritto sul proprio account che il blocco deciso in Turchia "è senza fondamento, inutile e vigliacco". Erdogan sostiene che l’inchiesta in materia di corruzione che a dicembre ha quasi travolto il suo governo sia stata orchestrata dall’estero tramite i social network, ai quali ha quindi dichiarato guerra. Ironia della sorte, la sua frase su Twitter e’ stata rilanciata dall’agenzia ufficiale Anadolu proprio tramite il suo account sul sito di micro-blogging. Il 7 marzo scorso Erdogan se l’era presa con altri siti.
La minaccia di censurare anche Youtube e Facebook dopo il 30 marzo e’ arrivata dopo che il parlamento ha approvato a fine febbraio una legge di proposta governativa che rafforza il controllo pubblico sul Web, dando all’autority sulle telecomunicazioni i poteri di raccogliere dati sugli utenti e di bloccare siti Web.
TURCHIA
II 25 marzo un bambino di dieci anni è stato ferito gravemente da un lacrimogeno durante una manifestazione curda a Diyarbakir.

IRACQ
INGERENZE SGRADITE
A un mese dalle elezioni legislative del 30 aprile, tutti i consiglieri della Commissione elettorale indipendente irachena hanno dato le dimissioni per protestare contro le ingerenze dei parlamento e dei giudici, scrive il Daily Star. Il voto, con cui il premier Nuri al Maliki spera di ottenere un terzo mandato, potrebbe non svolgersi a Falluja, dove continuano gli scontri con le forze antigovernative.
Per un accordo preliminare

LIBIA
PER UN ACCORDOPRELIMINARE / L’intervento dei leader tribali li-bici ha risolto momentanea-mente la crisi legata al blocco dei porti petroliferi, evitando che tra l’est e l’ovest del paese scoppi una guerra civile, scrive il quotidiano algerino El Watan. Dopo gli scontri tra milizie rivali scoppiati il 21 marzo ad Ajdabiya, è stata creata una commissione che ha l’obiettivo di riportare i terminal petroliferi sotto il controllo del governo di Tripoli. Tuttavia per riprendere le esportazioni di greggio serve un accordo sulla divisione dei guadagni. Il 22 marzo a Tobruk, nella Libia orientale, è stato rapito un tecnico italiano di 48 anni

KENYA
NAIROBI – CRÌTICHE ALLA POLIGAMIA / Le deputate keniane hanno la-sciato l’aula del parlamento in segno di protesta quando, il 20 marzo, i loro colleghi hanno di fatto aperto la strada alla poligamia cancellando dalla nuova legge sul matrimonio un articolo che garantiva alle mogli il diritto di essere consultate prima che il marito prenda una seconda moglie. Il ruolo della donna nella famiglia si è indebolito, scrive The Nation, secondo cui "la legge contiene anche provvedimenti giusti: prevede che i matrimoni debbano essere registrati e fissa un limite minimo di età per le nozze".

BURUNDI
Ventuno attivisti dell’opposizione sono stati con-dannati all’ergastolo il 21 marzo per aver partecipato a una rivolta contro lo stato.

UGANDA
II 22 marzo almeno 107 persone, tra cui 57 bambini, sono morte nel naufragio di un’imbarcazione sul lago Albert, nell’ovest del paese.

YEMEN
II 24 marzo venti soldati sono morti in un attacco attribuito ad Al Qaeda nell’Hadramaut, nel sudest del paese.

ASIA & PACIFICO
GIAPPONE
GLI IMMIGRATI COME RISORSA – l governo sta considerando l’ipotesi di aprire le frontiere a 200mila immigrati ogni anno per arginare la crisi demografica. In realtà, scrive l’Asahi Shimbun, per mantenere la popolazione sopra i 100 milioni di abitanti dovrà anche trovare il modo di alzare il tasso di natalità da 1,41 a 2,07. Le sfide poste da un Giappone multietnico sono diverse: lingue, religioni e stili di vita diversi sono rari. La scuola e il welfare dovranno essere adattati di conseguenza.

TAIWAN
La protesta contro la Cina e la lezione per Hong Kong / Liang Mei Yee, Ming Pao, Hong Kong
a protesta degli studenti taiwanesi contro il trattato commerciale con la Cina ha colpito molto gli abitanti di Hong Kong. Lo slogan "oggi a Hong Kong, domani a Taiwan" è stato come una pugnalata al cuore. Il timore principale dei taiwanesi è che, se l’accordo sarà ratificato, spalancherà le porte dell’economia di Taipei alla Cina continentale. Per Taiwan, dove i cambiamenti sociali ed economici dovuti all’influenza cinese sono già visibili, sarebbe uno scossone. L’abbondanza di capitali cinesi gradualmente prenderà il controllo di tutti i settori dell’economia taiwanese. Le piccole e medie imprese locali non potranno fare resistenza, le piccole botteghe diventeranno centri servizi per i visitatori arrivati dal continente. Dietro lo sviluppo di Taiwan si cela la trasformazione dell’isola in una regione autonoma speciale. È una situazione che gli abitanti di Hong Kong conoscono. Con il forte sostegno economico di Pechino e l’apertura ai visitatori cinesi, l’ex colonia britannica si era ripresa dalla crisi causata dalla Sars. Oggi le strade di Hong Kong sono occupate da visitatori cinesi. Gli affari sono condizionati dai capitali cinesi e la vita quotidiana è disturbata dalla presenza di migliaia di turisti del continente. Siamo già arrivati al punto che se non ci fossero loro e i loro yuan, la situazione sarebbe tutt’altro che rosea. Gli studenti taiwanesi sono insoddisfatti della politica del Kuomintang (il partito nazionalista al governo), che tergiversa e non tiene fede all’impegno di discutere ed esaminare apertamente tutte le questioni, adottando invece un metodo di governo poco trasparente. Si tratta di situazioni che gli abitanti di Hong Kong hanno vissuto personalmente. Lo si è visto durante le proteste dell’ottobre del 2013 per chiedere trasparenza nell’assegnazione delle licenze televisive. L’esempio degli studenti taiwanesi e la resistenza ferrea dei manifestanti possono insegnare agli abitanti di Hong Kong come far progredire il movimento Occupy centrai a favore del suffragio universale e come organizzare la mobilitazione in programma per il prossimo luglio.

COREA DEL NORD
II 26 marzo il regime ha effettuato un lancio di prova in mare di due missili balistici di media gittata.

THAILANDIA
CENTINAIA DI UIGURI IN FUGA – Nell’ultimo mese le autorità tailandesi hanno fermato più di 400 persone sospettate di essere uiguri in fuga dalla Cina, scrive il Bangkok Post. Probabilmente i migranti erano diretti in Malesia, grande centro di smistamento dell’immigrazione illegale. Human rights watch ha lanciato un appello al governo di Bangkok perché non rispedisca in Cina le persone fermate, che rischierebbero persecuzioni e torture.

INDIA
LA SFIDA DI ARWID KEJRIWAL – Il 25 marzo a Varanasi, nell’Uttar Pradesh, il leader dell’Aam admi party (Aap) Arvind Kejriwal ha annunciato la sua candidatura alle elezioni generali che si terranno dal 7 aprile al 12 maggio. L’Uttar Pradesh, dove si elegge il più alto numero di deputati (80), è uno stato chiave da conquistare per andare al governo. L’Aap ha il sostegno della vasta comunità musulmana, ma nelle ultime quattro tornate elettorali lo stato è andato al Bharatiya janata party (Bjp), favorito nei sondaggi a livello nazionale

AFGHANISTAN
II 25 marzo cinque persone sono morte in un attentato davanti a un ufficio della commissione elettorale a Kabul. Il 20 marzo altre nove persone erano morte in un attacco nell’hotel di lusso Serena.

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
URUGUAY
II 20 marzo il presi-dente José Mujica ha accettato di accogliere nel paese, per al-meno due anni, cinque detenuti di Guantanamo (quattro siriani e un palestinese).

VENZUELA
CARACAS – Il 20 marzo gli agenti dell’intelligence venezuelana hanno arrestato Daniel Ceballos, il sindaco di San Cristóbal, dove il 4 febbraio sono cominciate le proteste contro il governo di Maduro. Ceballos è stato condannato a scontare dodici mesi di carcere. Il 24 marzo il presidente dell’assemblea nazionale, Diosdado Cabello, ha revocato l’immunità parlamentare alla deputata dell’opposizione Maria Corina Machado, invitata da Panama a parlare della situazione venezuelana davanti all’Organizzazione degli stati americani. Il 25 marzo tre generali sono stati arrestati con l’accusa di organizzare un golpe contro il governo.

COLOMBIA
DECISIONE FINALE SUL CASO PETRO
Il 19 marzo il presidente Juan Manuel Santos ha firmato per la destituzione definitiva di Gusta-vo Petro (nella foto), sindaco di Bogotà e leader della sinistra, rimosso dall’incarico a dicembre per una presunta gestione scorretta nella raccolta dei rifiuti nella capitale. Secondo Semana è stata una "decisione difficile. Tra la giustizia colombiana e le raccomandazioni della Commissione interamericana per i diritti umani, Santos ha scelto la prima". Più critico William Ospina su El Espectador: "Santos invita alla pace chi fa la guerra e poi allontana chi, con lealtà, si sforza per costruire una Colombia diversa".

CILE
RICHIESTE PER BACHELET / Il 22 marzo migliaia di cileni sono scesi in piazza a Santiago per chiedere a Michelle Bachelet, che l’11 marzo ha cominciato il suo secondo mandato da presidente, di realizzare le riforme economiche e sociali promesse in campagna elettorale. Secondo Pàgina 12, l’obiettivo principale della manifestazione "è una riforma della costituzione che preveda un’istruzione libera e gratuita, uno stato laico, l’autodeterminazione dei popoli indigeni, il diritto all’aborto terapeutico e il matrimonio per le coppie dello stesso sesso".

BRASILE
SANPAOLO – Il Brasile è spesso considerato una fabbrica di superstar del calcio dagli ingaggi milionari. Ma per la maggior parte dei calciatori la realtà è diversa. Secondo i dati pubblicati dalla federcalcio brasiliana, nel 2010 il 60 per cento dei giocatori guadagnava al massimo 250 dollari al mese. Solo il 4,3 per cento ne prendeva più di cinquemila. Le cose peggiorano allontanandosi dalla zona industrializzata del Sudest, quella di Rio de Janeiro e Sào Paulo. "Non avevamo il cuoco e dormivamo su materassi sottilissimi. Prendevamo il mini-mo salariale (300 dollari), ma per tre mesi di fila ci hanno pagato in ritardo", ha rivelato il ventunenne Eddy Rocha ad Agència Pùblica. Rocha è uno dei tantissimi giocatori che se la passano peggio di come vorrebbe farci credere la propaganda del nostro "glorioso" I calcio. Come molti colleghi, ha : ! terminato le elementari e poi , ha giocato in varie squadre delle seconde divisioni dei campionati regionali. Spesso questi calciatori sono pagati poco o niente. In molti casi, soprattutto nel nord e nel nordest, le squadre disputano poche partite all’anno: i giocatori sono ingaggiati per due o tre mesi e nel frattempo devono cercarsi un altro lavoro. "Crediamo che le squadre debbano giocare un minimo di 36 e un massimo di 72 partite all’anno", ha detto Paulo André, ex difensore del Corinthians. "La federazione nazionale e le fe-derazioni statali stanno ucci-dendo i piccoli club". ( Natalia Viana dirige l’agenzia giornalistica brasiliana Pùblica)

AMERICA SETTENTRIONALE
WASHINGTON/ROMA
OBAMA IN ITALIA, RENZI SARÀ IL CAVALLO DI TROIA PER SBLOCCARE LE RESISTENZE SUL TTIP
La visita di Obama in Europa e Medio Oriente non sarà una gita di piacere. Nonostante la programmata visita al Colosseo, sono tanti i nodi sul tappeto, a cominciare dall’Ucraina per finire al grande tema del nucleare. Non a caso i media, dopo l’impulso dato dall’apparato governativo Usa continuano a battere sul tasto dell’”isolamento della Russia”. Nel cuore dell’Europa, poi, in pieno vertice sul nucleare dell’Aja il presidente americano ha già combinato un faccia a faccia con i cinesi. Ne hanno di cose da dirsi. E quindi, perché non sfruttare l’occasione? MA UNO DEI DOSSIER PIÙ IMPORTANTI È SICURAMENTE QUELLO DEL TTIP, L’ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO TRA USA ED EUROPA.
Un "affare" storico che non sta solo scatenando appetiti di tutti i generi ma che sarà destinato ad avere una forte influenza sulla geopolitica atlantica toccando direttamente il ruolo della Germania. E’ impossibile calcolare l’impatto di un eventuale accordo, soprattutto per quanto riguarda le barriere non tariffarie, ma uno studio citato dalla Commissione europea stima un aumento dell’economia Usa di 90 miliardi di euro e dell’economia europea di 120, pari allo 0,5% del Pil.
Dopo i ritardi e le lentezze dei mesi scorsi, Obama è pronto a sfruttare l’occasione della presidenza italiana. E quindi non mancherà di ricordare al presidente del Consiglio gli impegni presi in questa direzione presi proprio nel corso del suo discorso programmatico. I sei mesi sono per l’Italia "l’occasione di guidare le istituzioni dell’Europa" per poter "guidare politicamente l’Europa". Un’Europa per la quale, ha ricordato, ci dobbiamo liberare da quella "subalternità culturale per cui troppo spesso si e’ considerata come la nostra matrigna". Il bocconcino che proprio gli americani hanno recentemente calibrato sul Ttip non può lasciare indifferenti gli italiani. I quasi 50 milioni di piccole e medie imprese degli Stati Uniti e dell’Unione Europea sono i principali destinatari del negoziato Da Washington sottolineano come l’accordo sulle barriere commerciali con Bruxelles nonostante sia tra le massime priorità della Casa Bianca, sta scontando le incertezze legate alle prossime elezioni europee. E quindi Obama vuole fare di tutto per tutelarsi. I maggiori nodi ancora da sciogliere riguardano, in particolare, la regolamentazione riguardo all’agroalimentare e alla farmaceutica. L’obiettivo, secondo i rappresentati del governo americano, e’ evitare i doppi test sulle stesse cose e “eliminare tutte le divergenze non necessarie”.
"Non vediamo l’ora di continuare a lavorare insieme", aveva commentato Kerry quando incontrò Renzi subito dopo il battesimo a palazzo Chigi. Un deciso ‘endorsement’ da parte del segretario di Stato americano al lavoro del premier non proprio quel che si dice “sorprendente”.
A CHARLOTTE (NORTH CAROLINA), QUANDO CI FU LA CONVENTION DEMOCRATICA CHE NEL 2012 LANCIÒ LA RICANDIDATURA DI OBAMA PER IL SUO SECONDO MANDATO ALLA CASA BIANCA. RENZI, CHE PARTECIPAVA AD UNA SESSIONE DEI “PRIMI CITTADINI DEM AMERICANI” E DEL RESTO DEL MONDO, C’ERA. ED ERA L’UNICO SINDACO VOLATO DALL’EUROPA.

WSHINGTON
DATAGATE, LE MAJOR DEL WEB SCETTICHE SULLA RIFORMA DI OBAMA / Le iniziative di Barack Obama sulla Nsa non sono sufficienti. Mark Zuckerberg, l’amministratore delegato di Facebook, è piuttosto critico sul “ripensamento di Obama a proposito dello scandalo del Datagate. Dopo l’incontro dei magnati dell’hi-tech Usa col presidente, i passi decisi dal governo americano per la riforma delle pratiche di sorveglianza sono giudicati “utili ma non abbastanza”. ”La gente ha il diritto di sapere che le proprie informazioni sono al sicuro – sottolinea Zuckerberg – e Facebook chiede al governo di essere piu’ trasparente e di tutelare le liberta civili”. All’incontro nello studio ovale sono stati invitati, oltre all’amministratore delegato di Facebook Mark Zuckerberg, il presidente esecutivo di Google Eric Schimdt, il numero uno di Netflix Reed Hasting e gli amministratori delegati di di Dropbox, Palantir e Box, rispettivamente Drew Houston, Alexander Karp e Aaron Levie. Unan difesa d’ufficio o il tentativo serio di arginare lo strapotere dei servizi segreti? L’atteggiamento di critica è piuttosto diffuso nel settore. E si capisce anche perché. "Lo spionaggio dei governi su internet e’ una minaccia per la democrazia e un ostacolo all’innovazione tecnologica, dichiara Larry Page co-fondatore di Google. Nel condannare il ‘Grande Orecchio’ dei servizi americani, la cui massiccia attivita’ di sorveglianza e’ stata smascherata dalle carte di Edward Snowden, anche Page ritiene poco incisivo il tentativo di riforma della Casa Bianca. Page, intervenendo ad una conferenza a Vancouver, in Canada, ribadisce il concetto del suo ‘collega’ della Silicon Valley: "E’ estremamente deludente che il governo abbia fatto tutto quello che ha fatto piu’ o meno segretamente, e che non ce l’abbia mai detto". Brucia a Google, come a tutti gli altri giganti di internet, il fatto che la gente possa non fidarsi piu’ di loro, sospettando connivenze con amministrazione e intelligence. E non possa piu’ fidarsi dei loro sistemi di sicurezza per garantire la privacy di messaggi, e-mail e quant’altro". Per Page, quindi, non basta appellarsi alla minaccia terrorismo per giustificare un’azione cosi’ invadente da parte dell’intelligence Usa. I programmi della potentissima National Security Agency (Nsa) sono al di fuori di ogni rispetto della regola del buon senso, rispondono a poteri pressoché’ illimitati che Google, come altri, non possono piu’ tollerare.
"Va bene coprire informazioni legate a indagini sul terrorismo, ma i criteri in base ai quali gli 007 possono agire devono essere resi pubblici, devono essere trasparenti", esorta il numero uno di Google, auspicando un dibattito vero su questo tema. Un dibattito serio senza il quale ogni riforma dell’amministrazione Obama non servirebbe a nulla.
"Non possiamo avere una democrazia che non funzioni. Ed e’ triste – aggiunge Page rivolgendosi ai milioni di utenti – che Google sia nella posizione di dovervi proteggere, di proteggere i suoi utilizzatori da quello che il governo fa in segreto senza che nessuno ne sappia niente". Il fondatore di Google si e’ detto quindi preoccupato che per reazione a questa azione di spionaggio non si possano piu’ usare dati personali a fini benefici: "Quello che temo e’ che si butti via il bambino con l’acqua sporca"
NYC
CRESCONO CASI AVVELENAMENTO DA LIQUIDO E-CIG / Secondo il New York Times negli Usa stanno crescendo esponenzialmente i casi di avvelenamento causato dal liquido che si usa per ricaricare le sigarette elettroniche, contenenti nicotina ma non regolamentati dall’Fda. La maggior parte dei casi si verifica in bambini. Inoltre, pare che i liquidi siano tossici non solo se ingeriti ma anche tramite contatto con la pelle.
SAREBBERO CIRCA 1300 CASI ACCERTATI NEL 2013 (+300% RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE).
"In queste condizioni non bisogna chiedersi se un bambino potrebbe morire o essere gravemente danneggiato da questi liquido – spiega Lee Cantrell, tossicologo dell’università della California.- ma quando succederà". Negli Usa i liquidi non hanno nessun tipo di regolamentazione, anche se l’Fda dovrebbe emanare un regolamento a breve. In Italia non ci sono cifre ufficiali, nel dicembre 2012 una donna è stata ricoverata a Parma dopo aver ingerito il liquido.
NYC
VERSO LA RIFORMA
Il 25 marzo il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha confermato che Washington sta per avviare una riforma che impedirà alla National security agency (Nsa) di raccogliere indiscriminatamente grandi quantità di dati telefonici dei cittadini statunitensi, scrive il New York Times. L’agenzia non potrà più conservare i dati, che rimarranno alle compagnie telefoniche, e per ottenerli dovrà avere l’autorizzazione di un giudice.

BARBADOS
II 25 marzo il governo ha annunciato un’iniziativa per abolire una legge che prevede la pena di morte obbligatoria in caso di omicidio. L’ultima esecuzione sull’isola, nonostante la legge, risale al 1984.

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e Le Monde)

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