11100 12. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 22 marzo 2014

20140321 22:04:00 red-emi

ITALIA – UN MONDO FATTO SU MISURA DI CHI HA UN CERVELLO SPENTO. C’è qualcosa nell’aria che respiriamo, o forse nel cibo che mangiamo, che ci ha fatto diventare così cinici e insensibili? Così poveri di prospettiva, così arrendevoli, così drammaticamente pragmatici (se va bene) e così drammaticamente codardi (se va male)?
VATICANO – PAPA. Società non escluda i disoccupati / Per il lavoro ora servono creatività, solidarietà, stile sobrio
EUROPA – La Bce detta l’agenda dell’austerità: Nuove manovre entro / GRECIA . Austerità, Tsipras chiede i danni a Fmi ed Ue per il disastro in Grecia . / QUANDO SCOMPARE UN AEREO /
AFRICA & MEDIO ORIENTE – Libia. LA PETROLIERA TORNA A TRÌPOLI
ASIA & PACIFICO – Malesia . Mh370: nessuna traccia continuano le ricerche / Proseguono senza risultati positivi, ad ora, le ricerche del velivolo della Malaysia Airlines, scomparso dai radar ormai una settimana fa. /CINA – Cure negate a Cao Shunli / Il 14 marzo l’attivista cinese per i diritti umani Cao Shunli è morta in un ospedale dove era ricoverata da febbraio in condizioni critiche e dove le erano state negate le cure di cui aveva bisogno
AMERICA CENTROMERIDIONALE – Venezuela. Caracas. Cosa c’è davvero dietro il caos in Venezuela . El Salvador Ex Guerrigliero Presidente – Il 16 marzo il tribunale supremo elettorale del Salvador ha confermato la vittoria di Salvador Sànchez Cerén (nella foto) alle elezioni presidenziali del 9 marzo /
AMERICA SETTENTRIONALE – TROPPI SOLDI A SAN FRANCISCO – La ricchezza prodotta dalle aziende tecnologiche della Silicon valley sta cambiando il volto della città. Aumenta l’occupazione, ma i prezzi delle case e degli affitti sono alle stelle

ITALIA
ROMA
UN MONDO FATTO SU MISURA DI CHI HA UN CERVELLO SPENTO.
C’è qualcosa nell’aria che respiriamo, o forse nel cibo che mangiamo, che ci ha fatto diventare così cinici e insensibili? Così poveri di prospettiva, così arrendevoli, così drammaticamente pragmatici (se va bene) e così drammaticamente codardi (se va male)?
Ieri un articolo su Repubblica di Enrico Franceschini riportava una statistica che meriterebbe di essere stampata e appesa ovunque: in camera da letto, sui muri degli asili, degli ospedali, in metro, più che altro nel cervello. In Inghilterra il patrimonio di cinque persone (contatele: stanno in una mano) vale quanto quello di 12,6 milioni (milioni…) di persone. Cinque esseri umani contro 12,6 milioni di esseri umani. Non occorre essere comunisti per ritenere un’ingiustizia inammissibile in natura una disuguaglianza così sfacciata. Eppure è normale : cosa ci vuoi fare? Eh, dimmi, cosa ci vuoi fare? Bisogna far quadrare i conti sai? Ti incazzi? Maddai.
Su Repubblica di oggi Jenner Meletti racconta invece della crociata dei sindaci “di sinistra” di Padova, Venezia e Treviso. Contro chi? Contro gli accattoni. I poveracci insomma, quelli che vengono a chiedere lo spicciolo mentre stai al bar con gli amici. «Tuteliamo chi è indifeso dalle molestie di chi chiede con troppa insistenza». A furia di raccontarci che il male da sconfiggere era non la ricchezza sfrontata ma la povertà, ed essendo stati incapaci di riuscirci, ci siamo arresi: la ricchezza sfrontata è rimasta lì, ma in compenso con i poveri ci siamo accaniti.
Viene da pensare che questa tanto decantata e impellente modernità sia in realtà un processo collettivo di atrofizzazione delle coscienze. Non c’è più giustizia né idealità: solo un immenso e legalizzato si salvi chi può . Un ritorno agli istinti peggiori della specie. Un me ne frego liberatorio, perché il mondo fa talmente schifo che conviene accettarlo così com’è.
Forse è pure comprensibile, l’egoismo è un fatto di natura. Ma non è neanche intelligente. Perché a fronte di cinque salvati ci sono 12,6 milioni di sfigati. Basterebbe fare un calcolo delle probabilità: quante possibilità ha mio figlio – il figlio di chiunque – di nascere sul fronte “salvezza”? L’impegno (piccolo, grande, fondamentale o inutile che sia) per un’altra società non è solo giusto: è anche conveniente per se stessi. Troppo difficile da spiegare in un mondo fatto su misura di chi ha spento il cervello.
SARDEGNA,
IL DOPPIO SCHIAFFO ITALIANO ALL’ISOLA SULLA QUESTIONE DEL COLLEGIO UNICO.
“Cito Giorgio Gaber: ‘Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono “. Lasciatemi valorizzare la prima parte di questa frase per una volta, perché ci si sente discriminati ! Non è accattonaggio, ci si sente discriminati dalle decisioni del Governo e dal trattamento che lo Stato italiano riserva alla Sardegna”.
Queste le parole infuocate di Michele Piras, deputato di Sinistra Ecologia Libertà, in merito alla discussione di oggi alla Camera dei Deputati.
Nella seduta odierna antimeridiana della Camera si discuteva la ‘Conversione in legge del decreto-legge 28 gennaio 2014, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero, nonché altre disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi’ in cui vi erano inseriti degli emendamenti circa, appunto, gli ‘adempimenti tributari’ delle popolazioni colpite da eventi alluvionali come nel caso della Sardegna.
Due gli emendamenti in questione, dunque: il primo, presentato da un manipolo di parlamentari cinque stelle bocciato con 195 voti a favore e 227 contrari; il secondo, presentato da Caterina Pes (Pd) e da un buon numero di parlamentari sardi (tra cui lo stesso Piras), è stato bocciato dalla stessa maggioranza di governo, quindi dal Partito Democratico, con 190 sì e 255 no. Nel corso della seduta lo stesso Piras affermava come l’emendamento prevedeva che i pagamenti di tributi e gli adempimenti sospesi ai sensi del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 novembre 2013 e via seguitando sono effettuati entro il 30 giugno 2014, senza applicazione di sanzioni e interessi.
Secondo il deputato di Sel, invece: “La verità è che con questo emendamento non si stanno chiedendo soldi allo Stato ma si sta rinviando il pagamento dei tributi al 30 giugno 2014 senza pagamento di interessi. Punto primo. Punto secondo: sono passati quattro mesi e un giorno da quella alluvione e ancora non ci sono provvedimenti strutturali per sanare le ferite lasciate da quella alluvione, né nelle case private né per le infrastrutture già deboli della Sardegna, né nell’apparato produttivo già distrutto dell’Isola, abbattuto dalla crisi – evidentemente – e non solamente dall’alluvione”.
Niente soldi per la Sardegna, a quattro mesi e un giorno di distanza dall’alluvione, e lo stesso Piras stamane ha denunciato: “Io mi chiedo quanto tempo ancora dobbiamo aspettare per i provvedimenti strutturali sull’alluvione in Sardegna se, a quattro mesi e un giorno di distanza, è ancora il tempo di dire che dobbiamo costituire fondi per le calamità naturali. Cosa stiamo aspettando a costituire i fondi per le calamità naturali ? Vi chiedo se a 90 milioni di ritardato pagamento possano essere opposti ragionamenti sulla tenuta del bilancio pubblico e opinioni negative della Ragioneria dello Stato quando questa ha dato il via libera a 614 milioni per le missioni militari votate in rapidissima esecuzione, tagliando anche la discussione in Aula e mettendo pure la fiducia per strozzare definitivamente la discussione sugli emendamenti. È un problema di volontà politica, la volontà politica evidentemente non c’è, non c’era da parte dello scorso Governo e non c’è da parte di questo Governo”.
DUE SCHIAFFI ALLA SARDEGNA, DUNQUE: DOPPIO ALLA CAMERA, L’ALTRO AL SENATO.
Tre emendamenti, sostanzialmente identici a firma Cotti-Mauro-Lai (M5s – Popolari Per l’Italia – Partito Democratico), chiedono al Senato di istituire un collegio autonomo per le votazioni europee di maggio in favore della Sardegna.
L’isola, infatti, non forma un collegio a sé per le elezioni Europee ma è incorporata con l’altra isola, quella siciliana. Perché un secondo schiaffo che il Senato ha approvato ieri pomeriggio?
La richiesta di un collegio unico per la Sardegna arriva direttamente dagli attori politici della politica dell’Isola, Franciscu Sedda (Partito dei Sardi) in una nota afferma: “L’accorpamento in un’unica circoscrizione di Sardegna e Sicilia non permetterà al popolo sardo di eleggere un proprio europarlamentare in quanto i siciliani sono più numerosi di noi. E questo lo sappiamo tutti. Il nostro voto non varrà niente e a Strasburgo andranno solo deputati siciliani, come ormai accade da trent’anni. Chiediamo pertanto al governo Italiano e al Parlamento il varo di un provvedimento urgente ad hoc che permetta lo scorporo della Sardegna dalla circoscrizione Sicilia-Sardegna, con la creazione di un “collegio” sardo, quindi di un’ulteriore circoscrizione”.
In un tweet, di questo pomeriggio, inoltre, lo stesso cofondatore del PdS afferma “I due schiaffi assestati oggi dallo stato alla #Sardegna confermano che bisogna quanto prima togliere la faccia dalla traiettoria italica”. Così come ancora più duro è Pier Franco Devias del Fronte indipendentista unidu che sui social network afferma “Che almeno la distruzione, la perdita delle case e delle aziende, la morte, causata da ciò che è "malgoverno coloniale" e non "alluvione", possa servire per far capire quale è la vera natura del dominio italiano sul nostro Paese.
E’ inutile che vi rivolgiate, per farvi difendere, alla guida indiana Pigliaru, così come è sempre stato inutile rivolgervi a qualsiasi politico sardo unionista, fatevene una ragione e imparate”.

VATICANO
CITTA’ DEL VATICANO
IL PAPA. Società non escluda i disoccupati / Per il lavoro ora servono creatività, solidarietà, stile sobrio Il "lavoro" non ha solo "finalità economica e di profitto", ma "interessa la dignità dell’uomo", e chi è "sottoccupato o disoccupato rischia di diventare una vittima dell’esclusione sociale". Lo ha detto il Papa nell’udienza per i 130 anni di fondazione delle acciaierie di Terni. "La fase di grave difficoltà e di disoccupazione richiede di essere affrontata con strumenti della creatività e della solidarietà", ha aggiunto il Papa chiedendo a tutti uno "stile di vita sobrio"
CRISI. NON CEDETE AL PESSIMISMO – Udienza a acciaierie Terni, uscire da palude, lavoro problema Ue / ”Non smettete mai di sperare in un futuro migliore, lottate per quello”. Lo ha detto il Papa nell’udienza agli abitanti di Terni. ”Non lasciatevi intrappolare dal vortice del pessimismo. Se ciascuno fa la propria parte, se si considera un atteggiamento di solidarietà ispirato al Vangelo, si potrà uscire dalla palude di una stagione economica e lavorativa difficile”. Il Papa ha rimarcato che ”il gravissimo problema della disoccupazione interessa diversi Paesi europei”.

EUROPA
EU
LA BCE DETTA L’AGENDA DELL’AUSTERITÀ: NUOVE MANOVRE ENTRO 2016 / I paesi membri non abbassino la guardia sul risanamento dei conti: per centrare gli obiettivi del Patto di Stabilità servirebbero nuove manovre nel 2015-16. Sono le parole forti e chiare lanciate dagli analisti della Bce in un articolo pubblicato sull’ultimo Bollettino mensile dell’istituto. «È necessario ma è anche probabile che entro il 2016 la maggior parte dei governi adotti ulteriori interventi di risanamento», si legge nel testo. «Serve infatti ulteriore impegno nel riequilibrio dei conti per ripristinare finanze pubbliche solide nell’area dell’euro. In assenza di tale riequilibrio – si legge nel testo – vi è il rischio di ricadute negative sui titoli di Stato. Inoltre, le ulteriori possibili conseguenze avverse sul clima di fiducia potrebbero ostacolare la ripresa dell’economia». Gli analisi si basano su ipotesi che includono tutti i provvedimenti già approvati dai parlamenti nazionali, o che sono stati definiti in sufficiente dettaglio dai governi e probabilmente supereranno l’iter legislativo. «Per la maggior parte dei paesi le misure considerate nello scenario di base delle proiezioni – si sottolinea – non bastano a realizzare il risanamento richiesto nel quadro del meccanismo correttivo e di quello preventivo del Patto di stabilità e crescita». L’impegno a soddisfare tali requisiti si riflette ampiamente negli obiettivi di bilancio delineati dai governi nelle leggi di bilancio o nei progetti di documenti programmatici di bilancio per il 2014, spiegano gli analisti della Bce. Tuttavia, «gli interventi tesi al raggiungimento di tali obiettivi spesso mancano oppure non sono sufficientemente precisati nel dettaglio e, pertanto – si legge – non se ne tiene conto nello scenario di base delle proiezioni, in particolare per il 2015-2016, periodo che non è compreso nelle manovre di finanza pubblica e nelle leggi di bilancio di gran parte dei paesi». Il punto è dunque il «divario» fra gli obiettivi di bilancio dei governi e lo scenario dei conti pubblici utilizzato per le proiezioni. Ma non solo, gli analisti rilevano «incertezze» nei target di finanza pubblica fissati dai governi con la probabilità di ulteriori interventi di risanamento. In base a queste premesse, per «l’area dell’euro si valuta un risanamento aggiuntivo pari a circa lo 0,1% del Pil nel 2014, mentre ulteriori interventi di riequilibrio saranno probabilmente adottati nel 2015 (intorno allo 0,6%) e in misura inferiore nel 2016 (circa lo 0,3%); il valore cumulato si collocherebbe quindi intorno all’1% del Pil entro la fine del 2016», affermano gli esperti della Bce. Insomma, la Bce detta l’agenda dell’austerità dei prossimi anni e i Paesi membri dovranno fare altre manovre ‘lacrime e sangue’ per rispettarla. Serve davvero un’altra Europa e anche un’altra banca europea
EU
EUROPA, UN’ALTRA STRADA È POSSIBILE / È un’Europa messa in ginocchio dall’austerità quella che è chiamata a votare alle elezioni europee di maggio. Il dibattito pubblico, però, continua a essere schiacciato tra un europeismo senza se e senza ma – secondo il quale non esiste alternativa alle attuali politiche neoliberiste e di austerità all’interno del sistema dell’eurozona e dell’Ue – e un populismo nazionalista e anti-europeo che vorrebbe rinazionalizzare le politiche continentali, facendoci tornare indietro di mezzo secolo. È possibile riorientare il dibattito sulle possibilità concrete di un cambiamento di rotta? Prova a farlo “Un’altra strada per l’Europa”, il forum organizzato oggi al Parlamento europeo dalla Rete europea degli economisti progressisti (Euro-pen), di cui fanno parte Sbilanciamoci!, EuroMemorandum, Economistes Atterrés francesi, Transnational Institute e molti altri. Movimenti e sindacati presenteranno alle forze politiche europee e nazionali le alternative per uscire dalla crisi. Ecco le proposte chiave.
SUPERAMENTO DELL’AUSTERITÀ
Le politiche di austerità stanno generando povertà, disoccupazione e disuguaglianza, e stanno dissestando le economie e le finanze pubbliche dei paesi più colpiti dalla crisi (che registrano livelli di debito sempre più alti). È necessario un cambio di paradigma, a partire dall’abbandono del Fiscal Compact, a favore di un rilancio della spesa pubblica, delle politiche industriali e dell’occupazione, e di un di ambizioso piano di investimenti europei per realizzare un green new deal. Ne parleranno Luciana Castellina, Andrea Baranese, Ronald Janssen della Confederazione europea dei sindacati (Etuc) e Stefano Miruca della Fiom.

RESPONSABILITÀ COMUNE, EUROBOND E UN NUOVO RUOLO DELLA BCE
A causa della dipendenza dai mercati finanziari che impone l’architettura vigente della moneta unica, gli alti livelli di debito pubblico dei paesi della periferia (133% del Pil in Italia) gravano fortemente sull’economia. Pesano soprattutto gli enormi interessi passivi che questi continuano a pagare sul debito pregresso (in Italia 80 miliardi di euro l’anno, circa il 5% del Pil). Allo stesso tempo la Germania è favorita da tassi d’interesse negativi. La soluzione a questi squilibri richiede una responsabilità comune sul debito, un nuovo ruolo della Bce e l’introduzione di eurobond. Ne parleranno John Grahl di Euro Memorandum, Jordi Angusto di Econo Nuestra e Sigfrido Ramírez Pérez di Transform!.

RUSSIA
MOSCA
DOKU UMAROV È MORTO / Il 18 marzo il sito Kavkaz Center, considerato vicino ai ribelli islamici del Caucaso, ha annunciato la morte di Doku Umarov, 49 anni, considerato il nemico numero uno del Cremlino. Il sito non ha fornito informazioni sulle circostanze della morte, che probabilmente risale ad alcuni mesi fa. Dopo aver combattuto per anni tra i ribelli ceceni, nel 2007 Umarov si era proclamato leader dell’emirato del Caucaso, rivendicando molti attentati. Il suo successore è Ali Abu Mukhamad.

DA KIEV A DAMASCO
I milioni di siriani vittime di un conflitto atroce subiranno i contraccolpi della situazione in Crimea? Messa in questi termini, la domanda può sembrare strana, ma è chiaro che il crescente antagonismo tra Mosca e Washington sull’Ucraina avrà ripercussioni altrove.
A meno di un miracolo politico-diplomatico, difficile da prevedere, dopo l’annessione della Crimea il termometro dell’antagonismo tra Russia e Stati Uniti è destinato a salire. Il conflitto siriano, dove di fatto i due paesi si affrontano attraverso i loro alleati, rischia di fare le spese di questa situazione, e forse è già così. Il 18 febbraio, nel momento in cui la situazione a Kiev si infiamma-va, il segretario di stato americano John Kerry accusava i russi di rendere più difficili i negoziati sulla Siria attraverso "l’invio in massa di armi" al regime siriano di Bashar al Assad.
È tutto come ai tempi della guerra fredda. La soluzione dei conflitti regionali che coinvolgono Mosca e Washington dipende in gran parte dal rapporto tra Cremlino e Casa Bianca. E sul fronte siriano come in Ucraina, gli Stati Uniti e la Russia sono su posizioni opposte. Secondo molti osservatori la tragedia siriana non potrà finire senza un’intesa tra russi e americani. Ma i russi si op-pongono. Alla "conferenza di pace" di Ginevra a febbraio, i russi, pur essendo tra i promotori, han-no lasciato che gli emissari di Damasco bloccassero ogni dialogo con i leader della rivolta. All’Onu il Cremlino impedisce qualsiasi condanna, anche simbolica, delle stragi del regime.
È molto probabile che la situazione dell’Ucraina accentuerà "l’ostruzionismo" russo sulla Siria. Nel frattempo Assad, che si sente protetto, a giugno organizzerà una mascherata elettorale per proclamarsi di nuovo presidente. Anche se in realtà la situazione sul campo è molto più complessa, Assad presenta la guerra come lo scontro tra l’ultima roccaforte laica della regione e una rivolta jihadista sunnita. Ma in Siria questi elementi non possono nascondere la realtà, cioè l’esistenza di un regime e di un uomo nelle mani dei suoi sponsor stranieri (l’inquadramento militare iraniano, i seimila combattenti libanesi di Hezbollah e i russi). Assad ha solo il margine di manovra che gli è consentito. In questo senso, e per loro sventura, i siriani sono anche ostaggio della situazione a Kiev o a Sebastopoli. ( fonte, Le Monde, Francia)

GERMANIA
MONACO DI BAVIERA
LA CONDANNA DI HOENESS / Il 13 marzo il tribunale di Monaco di Baviera ha condannato Uli Hoeness, ex calciatore ed ex presidente del Bayern Monaco, a tre anni e mezzo di prigione per evasione fiscale. Hoeness ha rinunciato a ricorrere in appello. "Nelle ore successive", scrive Der Spiegel, "sono fioccate le dichiarazioni di rispetto per la scelta di Hoeness. Alcuni commentatori sembravano quasi grati, come se avessero già dimenticato che quest’uomo aveva ingannato per anni lo stato e i suoi concittadini". Secondo il settimanale, il caso Hoeness è una dimostrazione della mentalità di una parte della società tedesca, quella formata da "campioni sportivi, fabbricanti di salsicce e manager di livello mondiale" per i quali dare i propri soldi non è un dovere democratico, ma una sorta di "beneficenza patriarcale". Nel mondo di Hoeness "i poveri e i malati non possono rivendicare niente, ma devono solo contare sulla generosità di chi sta bene". La sentenza di Monaco, invece, è un "no" a personaggi che, come Hoeness, "hanno perso il senso della misura

GB
LONDRA
QUANDO SCOMPARE UN AEREO
L’11 settembre 2001 ebbe un impatto devastante. Mentre le torri gemelle crollavano sotto gli occhi del mondo, gli Stati Uniti si sentirono vulnerabili come mai prima, e questo li spinse a scatenare due guerre e a cominciare a pensare cose prima inconcepibili. Gli attentati resero anche necessarie nuove misure di sicurezza: rafforzare le porte delle cabine di pilotaggio, mettere poliziotti armati sugli aerei e vietare il trasporto di lame nel bagaglio a mano. Alcuni di questi provvedimenti erano eccessivi, altri erano sensati. Tra i suggerimenti pratici proposti in quel periodo c’era quello di modificare i transponder – i dispositivi che segnalano la posizione di un aereo – per impedire che fossero disattivati. Se i dirottatori non avesse-ro potuto farlo, ci si sarebbe accorti subito dell’in-versione di rotta verso New York di due aerei di-retti a Los Angeles e forse sarebbe stato possibile salvare migliaia di vite.
Ma mentre il mondo assiste alla scomparsa di un altro aereo, Gregg Eastbrook, un esperto che ha studiato l’interruzione delle comunicazioni dell’11 settembre, ha scritto sul New York Times che anche la scomparsa del volo 370 della Malaysian Airlines è stata possibile grazie alla facilità con cui si è potuto disattivare il transponder. Oggi i voli sono molto automatizzati ed è incredibile che ancora si discuta se debba essere possibile spegnere a mano qualcosa che dovrebbe restare sempre acceso mentre un aereo è in volo. Certo, il segnale si deve poter spegnere in quegli aeroporti (vecchi o piccoli) che non hanno la tecnologia per ignorare i messaggi inviati dagli aerei in pista. Ma basterebbe modificare la strumentazione di bordo degli aerei per evitare questi problemi quando sono a terra. Invece qualcuno ha potuto disattivare in volo il transponder e il sistema di comunicazione dell’aereo malese scomparso.
L’angoscia dei parenti dei passeggeri scomparsi è aggravata dalla consapevolezza che la tragedia si poteva evitare, se solo le energie spese dopo l’u settembre per imparare le lezioni sbagliate fossero state usate per imparare quelle giuste. ( Fonte: The Guardian, Regno Unito)

SLOVACCHIA
LA SORPRESA KÌSKA
Saranno il premier Robert Fico e Andrej Kiska a sfidarsi nel ballottaggio delle elezioni presidenziali in Slovacchia. Al primo turno Fico, leader del partito populista Smer che ha la maggioranza in parlamento, ha ottenuto il 28 per cento dei voti, precedendo di appena quattro punti il milionario Kiska, un indipendente che ha cavalcato l’insoddisfazione popolare per la corruzione. "Fico ha commesso un grave errore candidandosi a presidente", scrive il settimanale Tyzden.

SERBIA
Serbia
ALEKS ANDAR VUCIC SENZA RIVALI ALLE ELEZIONI Nei prossimi quattro anni la Serbia sarà dominata dal Partito serbo del progresso (Sns), guidato da Aleksandar Vucic, che con quasi due terzi dei seggi in parlamento potrà governare in tutta comodità dopo la vittoria nelle legislative anticipate del 16 marzo. Un trionfo di queste proporzioni non si vedeva dal 1990, quando il Partito socialista di Slobodan Milosevic sbaragliò la concorrenza nelle prime elezioni multipartitiche.
La vittoria di Vucic, attuale vicepremier, è un terremoto che cambierà profondamente la scena politica serba. Quasi sicuramente l’Sns governerà con il Partito socialista (Sps) di Ivica Dacie, che si è detto soddisfatto del risultato. L’opposizione sarà rap-presentata da quel che rimane del Partito democratico (Ds), guidato da Dragan Dilas, e dal Nuovo partito democratico/Verdi (Nds-Z) di Boris Tadic, formato da fuoriusciti dal Ds. Il Partito democratico della Serbia di Vojislav Kostunica non è invece riuscito a superare la soglia del 5 per cento per entrare in parlamento.
Il risultato dell’Sns è ancora più rilevante se si considera che è stato ottenuto nonostante la crisi economica, che ha costretto il governo ad approvare riforme dolorose. Evidentemente nell’ultimo anno e mezzo in cui progressisti e socialisti hanno governato il paese, gli elettori non hanno mai dubitato che sarebbero stati questi due partiti, e in particolare l’Sns, a fare uscire la Serbia dalla crisi.
La differenza tra Vucic e Milosevic è che mentre quest’ultimo aveva sfruttato l’enorme consenso popolare per sfidare il mondo,
il primo si limiterà a condurre una politica filoccidentale. Vucic è stato abile a far passare queste elezioni per una specie di referendum. Molti cittadini sono andati alle urne con l’idea che, scegliendo l’Sns, votavano contro gli oligarchi e i partiti che li sostengono. L’obiettivo principale del nuovo governo sarà l’ingresso nell’Unione europea, tanto che un sociologo ha commentato: "Adesso Bruxelles ha 250 deputati in parlamento a Belgrado, ma almeno il 40 per cento dei serbi è contro l’adesione e non è rappresentato da nessuno".

SPAGNA
II 18 marzo circa 500 immigrati subsahariani sono entrati nell’enclave di Melilla dopo uno scontro con la polizia.

GRECIA
AUSTERITÀ, TSIPRAS CHIEDE I DANNI A FMI ED UE PER IL DISASTRO IN GRECIA / Alexis Tsipras, leader di Syriza, il partito della sinistra radicale greca, che e’ in testa ai sondaggi, prende di petto Fondo monetario internazionale e Unione europea chiedendo di pagare i danni del disastro sociale provocati dall’austerità. Secondo Tsipras il Fmi e Bruxelles hanno "coscientemente portato la Grecia al piu’ grande disastro umanitario" attraverso calcoli di bilancio sbagliati.
Nei giorni scorsi Tsipras aveva ribadito il "basta con l’austerita’ e con il fiscal compact" sottolineando l’urgenza di organizzare "una grande conferenza europea sul debito pubblico come quella che cancellò gran parte dei debiti di guerra della Germania nel 1953, permettendo la ricostruzione sociale e materiale di quel Paese". A ciò, sottolineò Tsipras, si aggiunge la necessita’ di "un grande piano di investimenti pubblici per il lavoro e la riconversione, come fu il New Deal". Il tutto nell’intento di "invertire la rotta dell’Europa". In Grecia il sistema sanitario è al collasso, tanto che sono ricomparsi alti tassi di malattie infettive e, secondo la rivista Lancet, la Grecia è il Paese Ue che ha tagliato di più in sanità e oggi la sua spesa pubblica in servizi per la salute è inferiore a tutti gli altri membri dell’Unione Europea prima del 2004: tra il 2009 e il 2011 il budget per gli ospedali pubblici è stato ridotto del 25%. In Grecia la disoccupazione sfiora il 30% e il tasso di povertà è sette volte più alto di quello che era all’inizio della crisi. Il 65% degli anziani ha problemi ad avere un pasto regolare.

AFRICA & MEDIO ORIENTE
PALESTINA
RAMALLAH
UCCISO A QUATTORDICI ANNI. – L’accento del medico dell’ospedale è chiaramente arabo. In una breve intervista radiofonica trasmessa il 19 marzo descrive le gravi condizioni di un soldato israeliano ferito al confine siriano. Nella nostra realtà distorta un medIco araboisraeliano che si prende cura di un soldato ferito è un raggio di luce.
Poco dopo la stessa radio (militare) trasmette le parole della sorella del comandante delle truppe, rimasto leggermente ferito. Lei è molto orgogliosa di lui, spiega che l’esercito è la sua vita: "Siamo una famiglia combattente, facciamo parte da sempre dell’antica e gloriosa terra di Israele".
Un’altra notizia alla radio: nella notte del 19 marzo un diciannovenne palestinese di Hebron ha attraversato la bar-riera di separazione ed è stato ucciso dai militari. Grazie ad alcuni amici scopro che "il giovane uomo" era in realtà un ragazzo di 14 anni ed è stato ucciso alle sette del mattino. In questa stagione, prima di andare a scuola, i ragazzi vengono mandati dalle madri a raccogliere gundelie, una pianta spinosa e saporita. Youssef Abu Aker era andato con due amici di 12 e 15 anni. Hanno attraversato la barriera perché sul versante ovest è più facile trovare le piante. La ter¬ra, dopotutto, è palestinese da entrambi i lati della barriera. I due amici di Youssef sono stati arrestati, quindi per avere un’idea più chiara dell’accaduto dovremo aspettare che siano rilasciati. Ma si può già dire che i soldati hanno mentito deliberatamente per nascondere il loro crimine. ( di Amira Hass

TURCHIA
II 18 marzo la Corte europea dei diritti umani ha condannato Ankara per il trattamento inflitto al leader dei ribelli curdi Abdullah Òcalan.
ISTANBUL, ANKARA e SMIME
PROTESTE E TANGENTOPOLI NUOVI GUAI PER ERDOGAN
Dopo la morte del 15nne Berkin Elvan, in tutta la Turchia si è assistito a manifestazioni di protesta contro il governo di Erdogan. Durante le proteste si sono registrati incidenti con la polizia in particolare a Istanbul, Ankara e Smime, con decine di feriti. La polizia ha arrestato 417 persone. A margine delle manifestazioni sono morte due persone. Un poliziotto, stroncato da un infarto dovuto secondo i medici a causa della quantità eccesiva di gas lacrimogeni lanciata dalle force anti-sommossa e un ragazzo di 22 anni a Istanbul, ucciso al termine delle manifestazioni in scontri provocati da attivisti islamici nel quartiere di Okmeydani. I guai per Erdogan non sembrano finire: ieri sono stati adottati i primi rinvii a giudizio nel quadro dell’inchiesta sulla «Tangentopoli» turca che lo scorso dicembre aveva coinvolto molte personalità vicine al premier. Come riportato dall’agenzia Dogan, a essere colpiti dal provvedimento sono Mustafa Demir, presidente del municipio di Fatih, a Istanbul, e altri esponenti dello stesso municipio, tutti legati al partito Akp del premier. Le accuse nei loro confronti sono di «corruzione», «falso» e «violazione della legge sulla tutela del patrimonio naturale e culturale». L’inchiesta, scattata il 17 dicembre scorso con un’ondata di arresti in tutto il paese, ha fatto finire in manette anche i figli di tre ministri del governo Erdogan, poi dimessisi. Nell’occhio del ciclone c’è lo stesso premier, che in alcune intercettazioni telefoniche del 17 dicembre, successive al diffondersi della notizia dell’inchiesta, intimava al figlio di nascondere una grossa somma di denaro contante. Erdogan ha tuttavia sempre negato l’autenticità delle registrazioni e sostiene che l’inchiesta sia stata orchestrata dal suo ex alleato Gulen, attualmente negli Stati uniti

EGITTO
Morning Glory dalla Libia raggiunge l’Egitto. Zeidan: Voto falsificato / Annan si ritira, per Sisi presidenza più vicina / Gruppo armato libico sequestra 40 egiziani
L’ex capo di Stato maggiore egiziano, Sami Anan ha ritirato la sua candidatura alle elezioni presidenziali, dopo l’intimidazione dello scorso lunedì, quando è scampato a un attentato. In seguito all’avvicendamento alla guida dell’esercito tra il maresciallo Hussein Tantawi e il generale Abdel Fattali Sisi, nell’estate del 2012, (da molti descritto come un colpo di stato all’interno dell’esercito), viene eliminato così dalla competizione elettorale (che dovrebbe svolgersi entro giugno) il consigliere dell’ex presidente Mohammed Morsi e l’unico candidato che avrebbe potuto seriamente mettere in discussione il successo di Sisi. Poche ore prima dell’annuncio, un ufficiale dell’esercito egiziano era stato ucciso e due sottufficiali erano rimasti gravemente feriti in un agguato nel quartiere Matareya al Cairo. Gli assalitori, a bordo di una moto e a volto coperto, avevano aperto il fuoco contro Un bus militare. Dopo l’agguato l’esercito egiziano ha puntato il dito contro 1 Fratelli musulmani. Gli islamisti moderati hanno però condannato l’attentato. Il gruppo radicale Ansar Beit el Maqdis, responsabile di numerosi attacchi nel Sinai, ha invece rivendicato l’agguato. Nel pomeriggio di giovedì, sette miliziani sono stati uccisi in seguito a un raid condotto dai militari in una fattoria nel villaggio di al-Madfouna nel nord del Sinai. Secondo l’esercito egiziano, l’operazione puntava direttamente a colpire gli interessi nel Sinai del movimento palestinese Hamas, bandito in Egitto da una sentenza del 4 marzo scorso del Tribunale del Cairo.
I blitz anti-terrorismo si susseguono dalla scorsa settimana, 18 persone sono state arrestate nel Sinai e 11 nel Delta del Nilo, con l’accusa di appartenere a movimenti terroristici. Secondo la polizia egiziana, gli arrestati avevano partecipato a operazioni contro gli eserciti statunitense e pachistano. Uno di loro si era infiltrato in Algeria e poi era stato rimpatriato in Egitto. Altri due sarebbero affiliati di un gruppo radicale che aveva come obiettivo di colpire forze armate, poliziotti, luoghi di culto, ambasciate e diplomatici. D’altra parte, toma incandescente anche il confine tra Egitto e Libia. Un gruppo armato libico ha sequestrato 40 lavoratori egiziani. Gli operai sono stati prelevati da uomini armati mascherati all’alba di ieri e condotti in un luogo sconosciuto della Cirenaica. Secondo la stampa locale, giovedì scorso, la nave nordcoreana Morning Glory aveva raggiunto le acque territoriali egiziane, nonostante le autorità del Cairo neghino la notizia. I separatisti della Cirenaica avevano caricato di greggio la nave, nonostante il divieto del governo libico. L’intenzione di vendere petrolio indipendentemente dalle autorità centrali era stata già avanzata nei mesi scorsi ma si è concretizzata solo nel caso della Morning Glory dopo l’annuncio di Ibrahim ladran, leader delle milizie delle Cirenaica in prima linea durante le rivolte del 2011. In seguito alla fuga della petroliera dal porto di Sidra, il premier libico Mi Zeidan era stato sfiduciato dal parlamento ed è fuggito in Germania. Dopo il voto del Congresso, i giudici libici avevano imposto contro il politico il divieto d’espatrio per il presunto coinvolgimento in un caso di appropriazione indebita di fondi pubblici. Zeidan tuttavia ha accusato i movimenti islamisti di aver «falsificato» il voto in parlamento, costringendolo alle dimissioni Lo scorso lunedì, in una riunione sulla Libia del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, il paese è stato definito la «fonte principale di armi illegali» il cui traffico alimenta conflitti e instabilità in vari continenti.
IL CAIRO
II 19 marzo un generale e un colonnello dell’esercito e cinque jihadisti sono morti nei combattimenti a nord del Cairo.

LIBIA
TRIPOLI
LA PETROLIERA TORNA A TRÌPOLI – Le forze speciali degli Stati Uniti sono intervenute il 17 marzo al largo di Cipro per riprendere il controllo della petroliera Morning Glory, carica di greggio venduto illegalmente da una milizia libica. Pochi giorni prima la nave era salpata dal porto di Sidra sfuggendo ai controlli. L’incidente è un esempio delle tensioni tra il governo di Tripoli e le milizie che detengono il potere nell’est del paese, la Cirenaica, e che rivendicano il federalismo e la condivisione dei proventi del petrolio, scrive Now. Il 17 marzo nove persone sono morte a Bengasi in due at-tentati, di cui uno contro un’accademia militare.

ALGERIA
GHARDAIA S’INFIAMMA
Tre morti, un centinaio di feriti, decine di case e di negozi distrutti. È il bilancio degli scontri intercomunitari scoppiati il 15 marzo a Ghardaia, nella valle algerina dello Mzab. La colpa, scrive ElWatan, è “dell’incapacità del governo", che interviene solo per ristabilire l’ordine, ma evita di affrontare le ragioni sociali alla base del conflitto tra gruppi rivali.

RUANDA
IL TWITTERGATE DI PAUL KAGAME
Dopo la crisi diplomatica con il Sudafrica, che accusa Rigali di commissionare omicidi contro gli oppositori del regime in esilio, Paul Kagame è finito al centro di uno scandalo su Twitter. Il 6 marzo si è scoperto che un impiegato della presidenza ruandese gestiva anche l’account @RichardGoldston, un troll che diffondeva propaganda filogovernativa su Twitter, polemizzando con i giornalisti stranieri, scrive il Daily Maverick. La presidenza ha dovuto scrivere un tweet per prendere le distanze da @RichardGoldston.

NIGERIA
VITTIME TRA I DISUCCUPATI / Il 15 marzo almeno diciotto persone sono morte in diverse città della Nigeria nella calca che si è creata presso i centri di reclutamento del dipartimento dell’immigrazione, scrive The Punch. L’incidente più grave, con sette morti, è avvenuto allo stadio di Abuja, dove si sono presentati in decine di migliaia per cinquemila posti di lavoro. Il giorno prima, un centinaio di persone è morto negli attacchi compiuti da allevatori fulani con armi da fuoco e machete contro tre villaggi della Nigeria centrale, una zona segnata da dispute territoriali, religiose e intercomunitarie, che periodicamente scatenano delle violenze.

SOMALIA
Sei persone sono morte il 18 marzo in un attentato suicida contro le forze somale e africane a Buula Burde.

SUDAFRICA
II 19 marzo il rapporto della difensora civica ha stabilito che il presidente Jacob Zuma dovrà rimborsare allo stato una parte delle spese sostenute per i lavori nella sua residenza privata di Nkandla.

ASIA & PACIFICO
ASIA
I NEMICI DI INTERNET / II nuovo rapporto di Reporter senza frontiere sui "nemici di internet" si occupa delle istituzioni responsabili della censura online nel mondo, scrive Asia Times. In cima alla lista nera c’è l’ufficio per il controllo del web della Cina, dove 70 persone sono in carcere per la loro attività online, del Vietnam e della Corea del Nord. Il sistema più avanzato è gestito dal governo cinese perché si basa sull’autocensura degli utenti e sulla collaborazione delle aziende tecnologiche. In Vietnam, dove nel mese di marzo sono stati arrestati due blogger, i provider funzionano come "agenzie di controllo del web", bloccando i siti non graditi al governo. In Corea del Nord, infine, i collegamenti al web sono quasi inesistenti

PAPUA NUOVA GUINEA
II 17 marzo la corte suprema ha annunciato un’inchiesta sulle possibili violazioni dei diritti umani avvenute in un centro per richiedenti asilo gestito dal governo australiano sull’isola di Manu.

TAIWAN
II 19 marzo duecento attivisti hanno occupato il parlamento a Taipei per protestare contro un trattato di libero scambio con la Cina.

GIAPPONE
L’APERTURA DI PYONGYANG
Il 17 marzo i genitori di Megumi Yokota, una dei 14 cittadini giapponesi rapiti dai servizi segreti nordcoreani negli anni settanta e ottanta, hanno rivelato di aver incontrato Kim Eungyong, 26 anni, la figlia che Megumi ha avuto in Corea del Nord. L’incontro, avvenuto in segreto a Ulan Bator, in Mongolia, è stato possibile dopo mesi di trattative tra Tokyo e Pyongyang, che il 19 marzo hanno avviato nuovi colloqui diplomatici. "Dietro l’apertura da parte dei nordcoreani c’è l’obiettivo di avere aiuti economici dal Giappone, che non deve lasciarsi sfuggire questa opportunità", scrive l’Asahi Shimbun.

MALESIA
LA RICERCA INFINITA. Il mistero dell’aereo della Malaysia Airlines scomparso l’8 marzo non trova risposte e il susseguirsi di informazioni e smentite non fa che aumentare la rabbia dei familiari delle 239 persone a bordo del velivolo. Ventisei paesi sono coinvolti nelle ricerche che coprono un’area vastissima. Finora gli unici fatti certi sono che il Boeing 777, decollato da Kuala Lumpur l’8 marzo intorno a mezzanotte e diretto a Pechino, un’ora dopo il decollo ha lasciato la rotta stabilita virando a ovest sopra la Malesia e puntando verso lo stretto di Malacca con il sistema di comunicazione disattivato. Cosa sia successo dopo rimane un mistero. In base agli ultimi segnali rilevati da un satellite, gli investigatori hanno individuato due aree che comprendono le possibili posizioni dell’aereo sette ore dopo il decollo. Le indagini prendono in considerazione diverse possibilità: sabotaggio, dirottamento, terrorismo 0 circostanze legate alla salute mentale dei piloti o di chiunque fosse a bordo. Per ora le indagini sui membri dell’equipaggio e sui passeggeri non hanno fornito informazioni rilevanti. Secondo Frank Gardner, l’esperto di sicurezza della Bbc, l’ipotesi che si sia trattato di un atto terroristico è improbabile per vari motivi: innanzitutto non c’è stata nessuna rivendicazione; le agenzie governative non hanno rilevato nessuna intercettazione ambientale né accenni a un attacco prima o dopo la scomparsa dell’aereo; non c’erano motivi evidenti per colpire quell’aereo; le indagini sull’equipaggio e sui passeggeri non hanno fatto emergere nulla di sospetto. Infine nessun gruppo terroristico della zona è in grado di mettere a punto un’azione del genere: la Jemaah Islamiya, presente nel sudest asiatico, si è indebolita molto, gli uiguri dello Xinjiang probabilmente non sono in grado di compiere un’operazione simile e i taliban pachistani e afgani hanno negato il loro coinvolgimento.
MALESIA
MH370: NESSUNA TRACCIA CONTINUANO LE RICERCHE / Proseguono senza risultati positivi, ad ora, le ricerche del velivolo della Malaysia airlines, scomparso dai radar ormai una settimana fa. Sono state fatte molte ipotesi al riguardo, dal dirottamento, all’errore, all’esplosione in volo. Rimane il fatto che le ricerche che vedono impegnate Cina, Malesia, Vietnam e da ieri anche l’India, non hanno ancora dato alcun frutto. Secondo le ultime indiscrezioni pubblicate dalla Bbc, il sospetto attuale e che l’aereo dopo l’ultimo segnale, possa aver percorso quasi duemila chilometri, finendo poi per sparire dai radar e dagli strumenti di comunicazione. Sulle ragioni di un eventuale cambio di rotta dell’aereo, ipotesi presentata da esperti sentiti dal Wall Street Journal, ancora non è giunta alcuna conferma dai governi interessati. Le autorità della Malesia hanno confermato ieri l’espansione verso l’Oceano indiano delle ricerche del Boeing 777 rifiutandosi tuttavia di commentare sulle conclusioni di investigatori amen-cani citati ieri dal quotidiano di Wall Street. «Il velivolo non è stato ancora ritrovato, e la zona delle ricerche è stata estesa», ha detto in una conferenza stampa il ministro dei Trasporti, Hishammuddin Hussein. «Con i nostri partner internazionali, ampliamo le nostre ricerche verso est nel Mar cinese meridionale, e verso ovest nell’Oceano Indiano», ha aggiunto Nel frattempo il Vietnam ha annunciato una riduzione degli uomini per la ricerca, mentre la Cina (due terzi dei passeggeri erano cinesi) ha chiesto più impegno alla Malesia. Da registrare infine, l’ultima novità: secondo un centro sismografo cinese, il relitto dell’aereo potrebbe trovarsi tra la Malesia ed il Vietnam.

CINA
Cure negate a CaoShunti
Il 14 marzo l’attivista cinese per i diritti umani CaoShunti è morta in un ospedale dove era ricoverata da febbraio in condizioni critiche e dove le erano state negate le cure di cui aveva bisogno. Cao era stata arrestata a settembre, prima di partire per un corso di formazione istituito dal Consiglio dell’Onu per i diritti umani a Ginevra. Non è la prima volta che in Cina si negano le cure mediche a un attivista, scrive Radio Free Asia. A febbraio era toccato a Liu Xia, la moglie cardiopatica del premio Nobel Liu Xiaobo.

AFGHANISTAN
Sedici persone sono morte il 18 marzo in un attentato suicida nella provincia di Faryab, nel nord del paese, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali del 5 aprile.

AMERICA CENTROMERIDIONALE
PANAMA
II 14 marzo il consorzio internazionale incaricato dell’allargamento del canale di Panama ha annunciato un accordo con le autorità panamensi sul finanziamento dei lavori. La chiusura del cantiere è prevista nel dicembre del 2015.

EL SALVADOR
EX GUERRIGLIERO PRESIDENTE
Il 16 marzo il tribunale supremo elettorale del Salvador ha confermato la vittoria di Salvador Sànchez Cerén (nella foto) alle elezioni presidenziali del 9 marzo. L’ex guerrigliero di 69 anni, del Frente Farabundo Marti para la libración nacional, ha battuto con il50,nper cento dei voti il conservatore Norman Quijano, che ha ottenuto il 49,89 per cento dei consensi e ha denunciato brogli. " È la prima volta nella storia del paese centramericano", scrive ElFaro, "che la sinistra viene riconfermata al potere e un ex comandante guerrigliero è eletto presidente".
Gli stranieri si chiedono perché i brasiliani critichino i Mondiali anche se sono pazzi per il calcio. Il motivo è proprio questo: in Brasile i bambini cominciano a giocare a calcio appena hanno l’età per colpire un pallone. È uno sport così radicato nella nostra cultura che i Mondiali hanno inevitabilmente un impatto forte sulla società. Prendiamo il Bomsenso futebol

COLOMBIA
La Colombia è davvero un paese strano", scrive Semana. "Se c’è un politico che negli ultimi anni ha portato a casa una sconfitta dietro l’altra quello è sicuramente Enrique Penalosa, sindaco di Bogotà alla fine degli anni novanta. Ma il 9 marzo, alle primarie dell’Alianza verde, Penalosa ha ottenuto un plebiscito: con più di due milioni di voti, sarà il candidato del partito alle prossime elezioni presidenziali, che si svolgeranno il 25 maggio". Ma quante possibilità ha l’ex sindaco di arrivare al ballottaggio e di mettere in pericolo la rielezione di Juan Manuel Santos, l’attuale presidente che si ricandida per un secondo mandato? Secondo Semana, non sarà facile: "Per il momento Penalosa è solo uno dei candidati e non un fenomeno elettorale. E la storia recente del paese ha dimostrato che avere delle buone idee, senza però una macchina politica alle spalle, non garantisce di arrivare lontano". Secondo la giornalista Marta Ruiz, i voti ottenuti da Penalosa dimostrano un fatto: "Ci sono molti colombiani che ancora non si rassegnano a una competizione tra Santos e il voto nullo. Resta da vedere se l’ex sindaco saprà convincerli".

BRASILE
UN PO DI BUON SENSO
Gli stranieri si chiedono perché i brasiliani critichino i Mondiali anche se sono pazzi per il calcio. Il motivo è proprio questo: in Brasile i bambini cominciano a giocare a calcio appena hanno l’età per colpire un pallone. È uno sport così radicato nella nostra cultura che i Mondiali hanno inevitabilmente un impatto forte sulla società. Prendiamo il buon senso futebol- clube, un movimento fondato nel settembre 2013 da alcune star del calcio per chiedere condizioni lavorative migliori per tutti in un settore dove i lavoratori hanno poca voce in capitolo, prestazioni sul campo a parte. Oggi il movimento ha più di mille iscritti e ha organizzato un enorme sit-in prima dell’inizio del campionato 2013. Le richieste dei calciatori sono tre: un calendario più democratico per lasciare spazio di crescita alle squadre locali e impegnare di meno i calciatori più forti, che giocano anche ottanta partite a stagione; maggiore controllo sulle finanze delle società, che sono indebitate e non pagano gli atleti nonostante i ricavi aumentino ogni anno; prezzi dei biglietti più abbordabili e una programmazione migliore degli orari delle partite (decisi quasi integralmente dalla rete tv Globo) per riportare i tifosi allo stadio. La campagna non è vista di buon occhio dalle tv, dagli sponsor, dai proprietari dei club e dai vertici dell’associazione brasiliana dei calciatori. Ma bisogna ammettere che contiene molto buon senso ( di Natalia Viana)

VENEZUELA
CARACAS – Cosa c’è davvero dietro il caos in Venezuela / In solidarietà con la rivoluzione bolivariana, e raccogliendo l’invito del Premio Nobel A. P. Equivel per dare una giusta informazione su quanto accade, l’Associazione Culturale Punto Rosso e il Centro Culturale Concetto Marchesi, organizzano un dibattito pubblico Giovedì 20 marzo alle ore 18 Milano, Via Spallanzani 6 (MM1 Venezia). E’ prevista la partecipazione: dal consolato della Repubblica Bolivariana del Venezuela di Milano, i Consoli Eleanor Franchi e Luis Martínez. Intervengono: Luigi Vinci (Punto Rosso), Bruno Casati (Centro Concetto Marchesi), Emanuele Patti (Arci Milano), Corrado Mandreoli (Cgil Milano) e, in collegamento da San Paolo, Josè Luiz Del Roio (storico brasiliano). Organizzano Associazione Culturale Punto Rosso e Centro Culturale Concetto Marchesi. Qui di seguito un articolo di Fabrizio Verde (tratto da Marx XXI) che svela le sottili trame che legano la cosiddetta opposizione venezuelana alla Cia e agli Usa. Una nuova ondata reazionaria, la più forte dopo il golpe del 2002, si è abbattuta in maniera violenta sul Venezuela. L’obiettivo è palese: costringere il legittimo presidente Maduro a capitolare. Evidentemente i settori reazionari e fascisti della destra venezuelana, con l’appoggio esterno dei loro padrini di Washington, hanno optato ancora una volta per la linea dura e golpista, avendo constatato che il processo rivoluzionario gode di ottima salute oltre che di un saldo sostegno popolare. Le 18 tornate elettorali su 19 vinte dal «chavismo» – senza alcuna ombra come certificato da organismi e osservatori internazionali – sono lì a confermarlo senza tema di smentita.
Lo schema è quello classico, da rivoluzione colorata: sulla base di una protesta studentesca, intrisa di classismo e senza alcuna chiara rivendicazione – circostanza confermata dal giornalista spagnolo Ignacio Ramonet – settori dell’opposizione della Mesa de la Unidad Democratica capeggiati da Leopoldo Lopez hanno dato vita a Caracas e in alcune regioni del paese ad atti di violenza, devastazione e saccheggio. Con l’ausilio del lavorio mediatico, incessante, del circuito mainstream volto a far credere che in Venezuela siano in atto poderose proteste di massa, quando invece nella realtà si tratta di una minoranza. Ben addestrata, armata e finanziata. Bisogna chiarire che le proteste non sono organizzate dal movimento studentesco, bensì dal partito fascista Voluntad Popular di Leopoldo López e sono concentrate solo su circa l’8% del territorio venezuelano. Principalmente in quei municipi e stati governati dall’opposizione. Come lo stato di Miranda, governato da Capriles, protagonista attivo insieme a López nel tentato golpe del 2002, dove secondo quanto ha denunciato Maduro, i comportamenti ambigui tenuti dal governatore hanno concesso enorme libertà di violenza agli estremisti. Come Táchira, stato di frontiera al confine con la Colombia, dove il governo ha dovuto inviare forze speciali per contrastare gli squadroni paramilitari penetrati dalla vicina Colombia. E’ uno stato questo dove si trova il municipio di San Cristóbal, il cui sindaco Daniel Ceballos è ritenuto il “coordinatore” delle azioni violente. «Abbiamo un militante dell’ala destra del gruppo estremista Voluntad Popular – ha rivelato Maduro a Telesur – che è già stato messo sotto inchiesta. È un uomo di Álvaro Uribe Vélez (ex presidente colombiano), è un uomo coinvolto nel traffico d’armi e di droga e omicida. Il suo nome è Daniel Ceballos, si tratta di un nazista».

GLI APPELLI DI MADURO AL POPOLO: "ANCORA IN PIAZZA CONTRO I FASCISTI"
«In Venezuela è in atto un tentativo di colpo di stato – ha spiegato ancora Maduro nell’intervista rilasciata domenica sera all’emittente Telesur – basato sull’azione di piccoli gruppi che hanno l’obiettivo di gettare nell’angoscia il popolo venezuelano». L’azione di questi gruppi è necessaria per montare artatamente un clima da guerra civile e provare il colpo di mano. Così facendo l’opposizione, con l’apporto fondamentale dei media locali e internazionali, uniti all’utilizzo massiccio dei social network, ha potuto montare una «brutale campagna mediatica» facendo ricorso alle peggiori manipolazioni. L’obiettivo è palese: provocare, la salida, ossia l’uscita di scena di Maduro, e, se ciò non dovesse accadere, creare il clima necessario a giustificare un eventuale intervento armato esterno. Uno scenario, per intenderci, simile a quello libico, siriano o ucraino. Comprovato dalle palesi ingerenze dell’amministrazione USA. A tal proposito il presidente Maduro ha invitato il popolo venezuelano a continuare la lotta e a occupare le piazze del Venezuela nel caso dovesse avere luogo la sua eliminazione fisica per mano dei fascisti.
La «brutale campagna mediatica». Il presidente ha efficacemente bollato quella in atto, come la «campagna di terrorismo mediatico più brutale dal 2002 ad oggi». Essa è parte fondamentale della strategia di delegittimazione del governo e di guerra economica che costituisce il cosiddetto «golpe suave» tentato dall’opposizione. Paradigmatica in tal senso la vicenda della modella venezuelana morta durante una delle manifestazioni di protesta: grande risalto sui media internazionali alla foto che ritraeva un uomo in moto trasportare il corpo della giovane donna ormai senza vita. Nessun risalto, invece, all’inchiesta che ha acclarato come il proiettile che ha spezzato prematuramente la vita di questa giovane provenisse dalle fila dei manifestanti stessi. La donna è stata in realtà uccisa da fuoco amico. Lo stesso schema è stato ripetuto nel caso delle gravi accuse mosse ad alcuni funzionari della Guardia Nacional Bolivariana (GNB): i funzionari, secondo l’opposizione, avrebbero dapprima torturato un cittadino tratto in arresto e successivamente praticato violenza con un fucile. La notizia ha avuto ampio eco nei media a livello planetario, che ovviamente hanno fatto a gara nel dipingere il governo bolivariano come un crudele repressore dei propri cittadini, capace delle peggiori nefandezze. La perizia condotta dal medico legale Pedro Fósil – medico forense dell’Unità contro la violazione dei diritti fondamentali – ha però accertato che il cittadino non ha subito alcun abuso. Anche in questo caso l’esito dell’indagine è stato completamente ignorato.
LA COPERTURA MEDIATICA IN MANO AGLI USA
Il Venezuela viene dipinto come un luogo dove il governo esercita un ferreo controllo sui mezzi d’informazione. Un luogo dove, sostanzialmente, è negata ogni minima libertà d’informazione. Risulta quindi particolarmente curioso che questo brutale regime permetta che le TV di Stato raggiungano solo il 4% del pubblico totale, mentre il restante viene coperto da quei gruppi che rispondono ai nomi di CNN, Univisión, Telemundo, Fox News e NBC – per restare solo nell’ambito delle tv più importanti – che stanno montando la campagna di terrorismo mediatico producendo menzogna su menzogna. Addirittura la CNN da giorni cerca di giustificare in ogni modo, preventivamente, l’eventuale assassinio del presidente Maduro. Stride inoltre il il totale silenzio, da parte di chi grida al Venezuela censore, sul criminale assedio con cui i fascisti hanno tentato per una settimana di bloccare le attività della TV di Stato Venezolana de Televisión, con tentativi d’incendio e aggressioni ripetuti ai danni dei giornalisti impossibilitati a svolgere il proprio lavoro.
PRIMA DI CHAVEZ INFLAZIONE ANCHE AL 100%
La «brutale campagna mediatica» in corso comprende anche la narrazione di un Venezuela segnato da un’economia fuori controllo e ormai destinata al disastro. Il dito viene puntato principalmente su inflazione e scarsa disponibilità di cibo e beni di prima necessità. Per quanto concerne l’inflazione, secondo gli ultimi dati disponibili sarebbe al 40%, dunque ben 16 punti percentuali in meno rispetto all’anno passato, quando viaggiava al 56%. Dati da valutare tenendo pure presente che nel periodo precedente l’ascesa al potere di Hugo Chávez l’inflazione toccava anche il 100%. Mentre la scarsità di cibo oltre che di alcuni beni di prima necessità è riconducibile, sostanzialmente, alla guerra economica, che il governo bolivariano sta contrastando con ogni mezzo disponibile, e alla forte espansione dei consumi tra le fasce più povere della popolazione.
Nonostante una siffatta situazione, le conquiste del chavismo anche in questo campo sono innegabili: prima dell’entrata in scena di Chávez, nel 1998, un venezuelano consumava in media 2000 calorie al giorno. A febbraio 2014 siamo intorno alle 3000 calorie assimilate quotidianamente. Insomma, chi afferma che il popolo venezuelano è ridotto alla fame sta mentendo in maniera spudorata.

LOPEZ LEGATO A DOPPIO FILO ALLA CIA
Leopoldo López e le ingerenze degli USA. Già protagonista nel golpe cruento del 2002, l’attuale coordinatore del partito fascista Voluntad Popular si presenta come leader di un gruppo che promuove «un conciliante messaggio di pace, benessere e progresso, che s’impegna per la costruzione di un’alternativa per il paese dove i diritti sono per tutti i venezuelani». In realtà abbiamo constatato con mano che López è una creatura degli Stati Uniti e il suo obiettivo è destabilizzare attraverso la violenza il legittimo governo Maduro. Il suo nome viene citato per ben 77 volte nei vari dispacci diffusi dall’organizzazione Wikileaks. In uno di essi viene definito come «ambizioso e assetato di potere». L’ex sindaco del municipio di Chacao è legato a doppio filo alla Central Intelligence Agency (CIA), a cui si è legato ai tempi della sua permanenza presso il Kenyon College, nello stato dell’Ohio, dove la CIA ha elementi tra gli insegnanti il cui compito è individuare tra gli studenti quelli che possono essere utili alla propria causa. Tornato in patria, dal 2002 ha compiuto diversi viaggi negli USA, presso la sede dell’International Republican Institute (IRI) del Partito Repubblicano, dove ha sostenuto svariati incontri con funzionari dell’allora governo Bush. Dall’IRI ha ottenuto supporto strategico e finanziario. Una volta terminato il mandato come sindaco del municipio Chacao, è stato interdetto a causa della malversazione delle risorse pubbliche che erano a sua disposizione. I finanziamenti nordamericani a quell’eterogenea galassia che forma l’opposizione venezuelana sono davvero ingenti: secondo quanto rivelato dall’avvocato e scrittrice Eva Golinger, nel solo anno 2014 dagli USA sono arrivati ben 5 milioni di dollari destinati ai vari gruppi d’opposizione. Mentre dal 2010 ad oggi la cifra sarebbe superiore ai 100 milioni di dollari. A veicolare il flusso di denaro verso i gruppi d’opposizione è la nota agenzia USAID, il cui zampino è sempre presente nel mondo quando sono in atto tentativi di destabilizzazione di un qualsivoglia governo che non corrisponda alle esigenze del tracotante imperialismo nordamericano. ( di fabrizio verde)

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI
COLORADO
II 9 marzo il Colorado ha annunciato che a gennaio le vendite di marijuana hanno portato 3,5 milioni di dollari di imposte nelle casse dello stato.
OKLAHOMA
Due esecuzioni previste il 20 e il 27 marzo in Oklahoma sono state sospese a causa della man-canza di un farmaco necessario per le iniezioni letali
NEW YORK
Il 12 marzo una fuga di gas ha provocato il crollo di due palazzi e la morte di otto persone a Manhattan. E "ha riaperto il dibattito sulla manutenzione delle infrastrutture di New York", scrive l’Huffington Post. Pochi giorni prima dell’incidente una piccola organizzazione locale, il Center for anurban future, aveva lanciato l’allarme: "Strade, ponti, tunnel, tubature dell’acqua, fognature, scuole e altri edifici pubblici: molte di queste infrastrutture sono vecchie, funzionano male e rischiano di rompersi. Più di r.500 chilometri di tubature e almeno 160 ponti a New York hanno più di un secolo". Per sistemare tutto, servirebbe un investimento senza precedenti: 47,3 miliardi di dollari nei prossimi tre anni, secondo il rapporto.
SAN FRANCISCO
TROPPI SOLDI A SAN FRANCISCO – La ricchezza prodotta dalle aziende tecnologiche della Silicon valley sta cambiando il volto della città. Aumenta l’occupazione, ma i prezzi delle case e degli affitti sono alle stelle ( di Nick Bilton)
Qualche tempo fa la casa rosa al numero 1829 di Church Street, nel quartiere di Glen park, a San Francisco, è stata messa in vendita a 895mila dollari. In meno di due settimane è stata venduta a 1,425 milioni, 53omila dollari in più rispetto al prezzo richiesto. La storia di questo villino da ristrutturare, con tre camere da letto, due bagni, pavimenti di linoleum e cucina dei tempi di Eisenhower, è per certi versi tipica del momento che sta attraversando la città.
Nella zona della baia di San Francisco ce la più alta concentrazione di ricchezza degli Stati Uniti. Si dice che Google, quando è stato quotato in borsa, ha creato mille milionari. Lo stesso è accaduto per Facebook. E Twitter? Qualcuno dice 1.600. Ma anche i dipendenti del settore tecnologico se la passano bene, con un salario di base medio di oltre centomila dollari all’anno. Per capire come tutti questi soldi stanno trasformando San Francisco, basta dare uno sguardo al mercato immobiliare della città. Con l’arrivo delle aziende tecnologiche l’afflusso di lavoratori ben pagati ha fatto impennare i costi degli affitti e delle case. Come se non bastasse, San Francisco è diventata una specie di città dormitorio per molti giovani che lavorano nella Silicon valley.
Da una parte l’industria tecnologica è stata un bene per la città. Il tasso di disoccupazione è al 4,8 per cento, contro il 6,6 per cento a livello nazionale. Interi quartieri s no stati rivitalizzati. Ma i vecchi residenti lamentano e sostengono che questa riqualificazione a tappe forzate sta distruggendo l’anima di San Francisco. Negli ultimi dieci anni sono arrivati 75mila nuovi residenti ma sono state costruite solo i7mila unite abitative. Nei prossimi 25 anni, secondo le stime dell’amministrazione municipale, arriveranno altre 100mila persone.
"La città è circondata dall’acqua su tre lati, e non si sa materialmente dove mettere le persone", dice Glenn Kelman, amministratore delegato dell’agenzia immobiliare Redfin. Non c’è da stupirsi, dunque, se il mercato è andato in fibrillazione. L’agente immobiliare Landon Nash racconta che a volte le case vengono viste da centinaia di interessati e poi la vendita si conclude con un’asta tra venti persone. Per guadagnare tempo la gente preferisce non aspettare la concessione del mutuo e pagare in contanti senza neanche visitare la casa. A dicembre del 2013 quasi il 40 per cento degli acquisti è stato fatto in contanti.
I POVERI DIMENTICATI
II vero problema è un altro: più gente arriva, più la città avrà bisogno di insegnanti, poliziotti e vigili del fuoco. Ma vivere a San Francisco con uno stipendio da dipendente pubblico è quasi impossibile. Secondo Redfin un insegnante, che qui guadagna in media59700 dollari all’anno, non può permettersi di comprare nessuna delle case oggi in vendita nella contea. Gli agenti di polizia, che in media prendono 8omila dollari all’anno, potrebbero comprarne una. Cinque anni fa poliziotti e insegnanti si sarebbero potuti permettere il 36 per cento delle case sul mercato. L’amministrazione municipale sa di avere un problema. "Il nostro approccio al problema degli alloggi non funziona", dice Scott Wiener, un consigliere comunale. "È stato studiato per limitare lo sviluppo edilizio". I vincoli per la costruzione di nuove case sono molto rigidi. Gli esperti del mercato immobiliare dicono che l’unico modo per costruire a San Francisco è farlo in altezza, ma i vecchi residenti hanno già bocciato vari progetti di condomini a più piani. Inoltre, per ogni nuova unità abitativa devono esserci opportunità abbordabili per tutti. Secondo il Public policy insti-tute of California e lo Stanford center on poverty and inequality, più del 23 per cento degli abitanti di San Francisco vive sotto la soglia della povertà.

(Fonte : Time Londra, The New York Times, Guardian , Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, Huffington Post. Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e Le Monde)

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