11099 SEL SVIZZERA A CONGRESSO.

20140319 23:35:00 red-emi

1 – CONGRESSO DEL CIRCOLO DI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTÀ IN SVIZZERA.
DOCUMENTO FINALE.
2 – ANALISI DEL VOTO DEL 9 FEBBRAIO 2014
3 – ORDINE DEL GIORNO SUGLI ITALIANI ALL’ESTERO,

IL CONGRESSO DEL CIRCOLO DI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTÀ IN SVIZZERA, tenutosi a Zurigo il 15 marzo 2014, alla presenza di Arturo Scotto, capogruppo di SEL nella Commissione Esteri della Camera e responsabile dei Circoli in Europa, ha svolto una attenta disanima delle politiche per gli italiani all’estero e delle prospettive di SEL in vista delle elezioni europee del prossimo 25 maggio.

Nell’ambito dei lavori congressuali, si è svolto un ampio e ricco dibattito, alla presenza di qualificati referenti, sugli esiti del voto popolare del 9 febbraio in Svizzera che ha sancito il successo delle politiche anti immigrati.

Il Congresso ha eletto un coordinamento rappresentativo di diverse realtà territoriali e ha confermato come coordinatore del Circolo Cesidio Celidonio.

Dall’insieme dei lavori congressuali scaturiscono una serie di iniziative e di proposte sulla politica di immigrazione sulla Svizzera e sull’Europa, come pure è stato ribadito e fissato, in un apposito Ordine del giorno, il quadro degli impegni che concernono la politica degli italiani all’estero.

Siamo convinti che insieme alle compagne e ai compagni dei circoli SEL in Europa, con i quali è urgente procedere alla costituzione di un coordinamento operativo, noi potremo qualificare la nostra funzione se sapremo dare al progetto di SEL nazionale un valore aggiunto in termini di interconnessione con le esperienze e le elaborazioni della sinistra europea

Rispetto al tema dei migranti e dell’Europa, anche alla luce del voto popolare svizzero del 9 febbraio scorso, il Congresso ha sottolineato tre punti fondamentali sui quali orientare la nostra azione politica:

Una forte iniziativa sui temi dei migranti, contro la legge Bossi-Fini e per l’introduzione finalmente dello Ius soli. L’ottica su cui SEL deve muoversi su tutti i terreni che interagiscono con le questioni dei migranti, è quello dell’assoluta simmetria tra le rivendicazioni di diritti di cittadinanza per le nostre collettività all’estero e i diritti per gli immigrati in Italia. Anzi siamo convinti che la nostra storia, le sofferenze dell’emigrazione italiana debbano essere messe al servizio della ricostruzione della memoria, base ideale e valoriale su cui vanno costruite le politiche dell’accoglienza, dei diritti e dell’integrazione degli immigrati nel nostro Paese.

Per ciò che riguarda le prospettive per la nostra comunità in Svizzera il congresso assume come base di valutazione del voto del nove febbraio che ha visto il successo dell’iniziativa xenofoba contro l’immigrazione di massa, il documento di Guglielmo Bozzolini (Analisi del voto del nove febbraio), che si allega ai documenti congressuali di SEL in Svizzera. Il Congresso sottolinea in particolare l’impegno a promuovere tutte le alleanze e le forme di partecipazione per ricostruire il fronte progressista per una Svizzera accogliente e solidale, aperta all’Europa e in grado di integrare, nel campo dei diritti e della cultura le varie comunità immigrate che qui risiedono e lavorano. Ciò comporta una battaglia di fondo contro il razzismo e la xenofobia, un rinnovato impegno per i diritti e la cittadinanza dei migranti, una nuova cultura di solidarietà da parte della comunità italiana, nell’ambito della quale si avverte spesso uno scivolamento verso le posizioni della destra svizzera. Nello stesso tempo occorre anche sviluppare il massimo sostegno alle rivendicazioni del Sindacato di tutela sociale e salariale a partire dalla prossima iniziativa per l’introduzione del salario minimo.

La scelta di sostenere per il prossimo voto europeo la Lista “Un’altra Europa con Tsipras” costituisce anche per noi che operiamo in Svizzera un fattore di novità importante, che parla a tutte quelle forze di sinistra accomunate dalla critica all’attuale politica dell’austerità e dei tagli sociali, ma profondamente determinate ad affermare l’ideale di una Europa unita, democratica e sociale. Anche qui in Svizzera, dove non si vota per il Parlamento Europeo, ma si stanno organizzando iniziative comuni del socialismo europeo, la nostra scelta per Tsipras non può apparire una sfida, quanto piuttosto uno stimolo alle forze del Socialismo Europeo, un forte richiamo ad esse affinché cambino corso e pratiche a livello europeo. Con queste forze noi continuiamo a intrattenere rapporti unitari sul terreno delle politiche sociali e dei diritti. Soprattutto SEL , che non ha rinunciato all’adesione al PSE, sarà chiamata ad una campagna in cui è necessario sottolineare il carattere dell’europeismo critico, ma non populista, incarnato dalla Lista Tsipras.
Zurigo, 15 marzo 2014

Allegati:
– analisi del voto del 9 febbraio 2014
– ordine del giorno sugli italiani all’estero

2 – ANALISI DEL VOTO DEL 9 FEBBRAIO 2014 / Ad un mese dal voto con cui il popolo svizzero ha approvato “l’iniziativa contro l’immigrazione di massa” presentata dalla destra conservatrice è il momento per fare un bilancio sia sul voto stesso sia sulle articolate reazioni che esso ha suscitato. Come in tutte le votazioni in tema d’immigrazione la campagna è stata caratterizzata dalla tendenza degli elettori e delle elettrici a non esprimere apertamente la propria posizione; sono quindi proprio le reazioni dopo il voto a permettere di capirne meglio le dinamiche. Reazioni che si concentrano eminentemente sull’aspetto delle relazioni con l’Unione Europea e sul futuro degli accordi bilaterali.
Stampa e forze politiche dibattono quindi sulla possibilità di conciliare l’approvazione della nuova norma costituzionale con l’accordo di libera circolazione, cercando di trovare il modo di convincere l’UE ad un compromesso, e sulla scelta di Bruxelles di bloccare gli accordi per la partecipazione elvetica ai programmi Horizon e Erasmus.
Leggendo la stampa nelle settimane successive al voto o ascoltando i telegiornali si potrebbe avere pertanto l’impressione che si sia trattato di una votazione sulle relazioni tra Svizzera e Europa e che il risultato costituisca una novità, un’inversione di rotta rispetto alla ripetuta approvazione degli accordi bilaterali negli ultimi dieci anni. Inversione di rotta i cui motivi vengono individuati nelle presunte conseguenze della libera circolazione della manodopera (crescente concorrenza sul mercato del lavoro, dumping salariale nelle regioni di frontiera, forte aumento degli affitti, poco spazio sui mezzi pubblici, ecc.), nel rifiuto di una politica economica centrata totalmente sullo sviluppo quantitativo,
sullo stress e sul consumo del territorio e nel fastidio verso il “carattere autoritario” dell’Unione Europea.
Nella realtà l’iniziativa popolare, a partire dal suo stesso titolo, proponeva una votazione sulla politica svizzera in tema d’immigrazione nel senso più ampio possibile del termine: comunitaria, extracomunitaria e d’asilo. E il risultato è perfettamente in linea con quello di tutte le votazioni in tema d’immigrazione dall’inizio del nuovo secolo. Dalla bocciatura delle naturalizzazioni agevolate per le seconde e terze generazioni fino alla proibizione del burka in Canton Ticino, passando per il referendum perso contro le leggi più restrittive sugli stranieri e l’asilo, per l’approvazione delle iniziative sulle espulsioni (Ausschaffungsinitiative) e per la proibizione della costruzione dei minareti, la maggioranza degli elettori e delle elettrici negli ultimi quindici anni ha sempre espresso il proprio consenso per le posizioni della destra populista.
Non inquadrare quanto successo il nove febbraio in questo contesto, permette di continuare a far finta di non vedere come la “Fremdenfeindlichkeit” (l’avversione allo straniero) e la xenofobia siano diventati un problema esplosivo in questo paese e non permette invece di cogliere la dimensione fortemente ideologica e culturale di questo voto.
L’analisi della distribuzione regionale dei risultati evidenzia come il consenso raccolto dall’iniziativa oltre ad essere differenziato per area linguistica e culturale, sia inversamente proporzionale alla presenza degli immigrati nelle varie città e comuni, maggioritario nelle realtà rurali e invece fortemente minoritario nei contesti urbani, slegato dal tasso di disoccupazione nelle varie regioni e del tutto avulso dai problemi nel mercato del lavoro e in quello degli alloggi che sarebbero causati dai flussi migratori. Non si spiegherebbero altrimenti la maggioranza di no raccolti nelle aree di Zurigo, Basilea e soprattutto Ginevra.
Il confronto fatto da alcuni ricercatori tra i risultati del nove febbraio e i sondaggi effettuati nell’arco degli ultimi anni, dimostra come il consenso verso alcuni elementi chiave dell’iniziativa, come il principio della priorità ai cittadini e alle cittadine svizzeri/e nell’accesso al lavoro, sia costante da anni e molto più alto (circa il 65%) dei voti favorevoli raccolti nelle urne (50.3%). La differenza in negativo sarebbe spiegata dalla paura di molti elettori ed elettrici di mettere in pericolo gli accordi bilaterali con l’Unione Europea, considerati importanti per l’economia.
Le relazioni con l’Europa sarebbero quindi un fattore non di aumento ma di riduzione del consenso per l’iniziativa, altrimenti molto più alto.
Ulteriori elementi di riflessione sono dati dalla partecipazione al voto, che fa dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa la più importante votazione popolare degli ultimi vent’anni e una delle cinque più importanti all’introduzione del voto femminile, e dal ridotto scarto tra si e no (poco più di venti mila voti, pari allo 0.6%). La partecipazione al voto conferma come il tema dell’immigrazione sia la questione centrale della politica elvetica, quella con cui si identificano le persone e su cui si definisce lo spartiacque tra destra e sinistra, tra conservatori e progressisti. Lo scarso scarto finale dimostra invece come una diversa campagna del fronte del no avrebbe potuto cambiare di segno il risultato.
Di fronte a questa doppia constatazione emergono con evidenza sia l’assenza dalla campagna e in generale al dibattito politico sull’immigrazione della comunità italiana, di quella che una volta si definiva l’emigrazione organizzata, sia la contraddizione tra le reazioni a posteriori della sinistra politica e sindacale e il loro (scarso) impegno prima del voto.
La comunità italiana, con più di trecentomila doppi cittadini e con una lunga storia alle spalle, avrebbe
potuto esercitare un ruolo decisivo nel contrastare la destra populista, invece ha latitato pensando di non essere direttamente coinvolta. Tutto questo mentre dall’Italia tornano a emigrare in Svizzera decine di migliaia di persone ogni anno e sono gli italiani e le italiane ad essere oggetto delle polemiche sul dumping salariale legato al lavoro transfrontaliero.
E’ un problema su cui è necessario riflettere, senza polemica ma non senza domandarsi se l’attuale sistema di organizzarsi della comunità non la renda presbite, attenta a quanto si discuta a Roma ma incapace di vedere ciò che accade al suo fianco, e incapace di includere, rappresentare e tutelare le nuove migrazioni.
Lo scarso impegno della sinistra politica e sindacale svizzera dalla campagna che ha preceduto il voto richiede invece un discorso più articolato. Si tratta infatti di un elemento che ha fortemente influito sull’esito finale e che non è semplicemente attribuibile solo al doppio errore di sottovalutare l’importanza del tema e di pensare che la campagna l’avrebbero comunque condotta e vinta il le imprese e le lobby padronali. Sottovalutare l’importanza di un tema che è invece centrale per la vita politica elvetica e per l’identità delle stesse organizzazioni politiche e sociali, è comunque gravissimo per il sindacato, la cui maggioranza degli iscritti sono migranti.
E’ il segno della mancanza del polso di ciò che avviene nella società, della difficoltà di leggere i fenomeni che la attraversano e la formano. Delegare alle organizzazione padronali una campagna profondamente “culturale e identitaria”, nella quale si confrontano idee, valori e modi diversi di affrontare la complessità di una società multiculturale e i processi di globalizzazione, nel momento in cui si è rotto il rapporto storicamente molto forte tra elite economica e ceto medio, ha depotenziato pesantemente la posizione contraria all’iniziativa e ha contribuito invece a “giustificare” di riflesso l’avversione alla libera circolazione delle persone. Ma come detto questo doppio errore di valutazione non può essere analizzato separatamente dalla constatazione che da anni il sindacato nelle trattative sugli accordi di libera circolazione (ad esempio sull’allargamento alla Croazia) ha continuato a giocare con le autorità federali la carta del “Si, ma…” per ottenere il miglioramento delle misure di accompagnamento contro il dumping, ovvero la ripetuta minaccia di votare contro se non si fossero ottenuti miglioramenti. Con la tripla conseguenza che ormai l’idea che la libera circolazione delle persone produca problemi nel mercato del lavoro si è sedimentata anche in fasce della popolazione non direttamente coinvolte, la campagna contro il dumping salariale assume aspetti di vera e propria caccia alle streghe verso le imprese e i lavoratori provenienti dall’estero e il sindacato viene vissuto sempre più come un problema dai lavoratori e dalla lavoratrici irregolari, i “sans papier”.
Non si tratta quindi di un momentaneo errore tattico, ma di un’impostazione di lungo periodo frutto del fatto che nel gruppo dirigente del movimento sindacale elvetico, a partire dalla sua organizzazione più grande, Unia, permangono ancora radicate nel profondo la priorità assoluta del salario rispetto ad altri diritti (ad esempio quello della sicurezza della residenza) e l’idea che il lavoro e il salario dei residenti si difendano innanzitutto limitando la concorrenza sul mercato del lavoro,cioè l’accesso dei migranti.
E’ il permanere di una cultura corporativa, in cui i diritti degli uni si difendono riducendo i diritti degli altri, con la conseguenza della spaccatura tra chi è dentro e chi è fuori, in cui l’uno percepisce l’altro come pericolo per il proprio reddito e la propria carriera, tra gli inclusi e gli esclusi dal paradiso svizzero.
Sono posizioni che il nuovo gruppo dirigente, in cui negli ultimi anni hanno trovato ampio spazio le seconde generazioni, deve rapidamente buttarsi alle spalle se vuole stare da protagonista nel movimento che si è aperto dopo l’esito disastroso del voto e che ha avuto il suo primo appuntamento il primo marzo con 12’000 persone che si sono ritrovate in Piazza Federale per manifestare per una Svizzera aperta e solidale.
Se il confronto è tra due idee di società, bisogno (ri) mettere in campo una critica progressista e solidale dei processi di globalizzazione, alternativa al populismo nazionale della destra e costruita attorno alla necessità di garantire i diritti delle persone (il diritto al lavoro, ad una vita degna, a sottrarsi alla guerra o alla fame e alla miseria, alla realizzazione della propria persona, ad opportunità di crescita umana e professionale, a vivere con la propria famiglia, alla protezione sociale) indipendentemente dal loro passaporto. (di Guglielmo Bozzolini)

3 – CONGRESSO DEL CIRCOLO DI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTÀ IN SVIZZERA / ORDINE DEL GIORNO SUGLI ITALIANI ALL’ESTERO
Il Congresso di Sinistra Ecologia Libertà in Svizzera ribadisce l’impegno a farsi interprete dei problemi e dei bisogni delle nostre comunità emigrate, partendo dalla constatazione che le istituzioni italiane all’estero, in questi anni, hanno sofferto di un progressivo abbandono. Esse sono rimaste statiche e arretrate, restie al rinnovamento, incapaci di affrontare i nuovi compiti imposti dalla globalizzazione e dall’esigenza imprescindibile di sviluppo politico e culturale dell’Europa.
Appare evidente che esse non riescono più a tutelare efficacemente le comunità di più vecchia emigrazione, né tanto meno riescono a far fronte alle problematiche determinate dai nuovi flussi migratori. Anche in Svizzera assistiamo all’arrivo massiccio di migliaia di giovani e di precari, impegnati talvolta nello studio e nella ricerca, ma, il più delle volte, occupati in lavori scarsamente qualificati e mal retribuiti. A questa nuova emigrazione le istituzioni italiane non danno alcun significativo sostegno.
Il giudizio negativo di Sinistra Ecologia Libertà è confermato ed inasprito alla luce delle misure degli ultimi governi, che hanno ulteriormente dato il senso dell’abbandono e del disimpegno su questo terreno.
Prendiamo atto che il governo Renzi, nelle dichiarazioni programmatiche esposte alle Camere, non ha dedicato una sola parola agli italiani all’estero. Un silenzio che non lascia presagire alcun impegno concreto su questo terreno. Ed è di pessimo auspicio il fatto che nella discussione parlamentare sulla riforma della legge elettorale alla Camera si sia negato il diritto di voto agli studenti Erasmus, dando così uno schiaffo alle migliaia di giovani italiani che studiano in Europa, come pure si è volutamente
taciuto sul futuro della circoscrizione estero, lasciando probabilmente al mercanteggiamento delle forze di maggioranza la decisione su questa rappresentanza. Sulle tematiche degli italiani all’estero, SEL in Svizzera, nell’impegnare il gruppo Parlamentare a dare seguito alle proposte del congresso europeo e riprese positivamente nella Risoluzione presentata dal nostro capogruppo alla Commissione Esteri della Camera, si limita a sottolineare alcuni punti che costituiscono motivo di attenzione nella nostra comunità in Svizzera. In particolare il Congresso
ribadisce:
• L’impegno a battersi contro la chiusura indiscriminata dei consolati e per il ripristino almeno dei servizi consolari essenziali nei centri più significativi, ma senza cedere a esternalizzazioni improprie a patronati o altri enti privati. È fondamentale la centralità del servizio pubblico, la chiarezza dei rispettivi ruoli e funzioni e l’efficiente espletamento dei suoi compiti. Per ciò che concerne la Svizzera chiediamo un segnale forte di attenzione scongiurando la chiusura del Consolato di San Gallo, che serve una comunità molto numerosa, in una regione significativa
per dimensione e importanza culturale ed economica.
• L’impegno per la tutela e qualificazione della lingua e cultura Italiana: a questo proposito, mentre in Svizzera appare sempre più indebolita la posizione della lingua italiana, ribadiamo la nostra opposizione alla riduzione dei fondi per i corso di lingua e cultura, un settore già
fortemente ridimensionato e sottoposto, da qui ai prossimi anni, alla mannaia della Spending review di Monti. In particolare occorre fermare il taglio del contingente di personale docente inviato dal MAE. L’impiego di personale proveniente della Pubblica Istruzione costituisce un
irrinunciablile elemento di collegamento del sistema dei corsi con la scuola italiana. Nello stesso tempo, in un quadro di regole certe, va assicurato un congruo sostegno alle iniziative sussidiarie di associazioni ed enti che operano nel campo della scuola e dei corsi. Per ciò che
concerne le scuole va garantito un sostegno certo in termini di personale e di contributi alle esperienze più innovative sul terreno del bilinguismo e della caratterizzazione sociale dei nostri istituti.
• Ridiscutere ruolo e funzioni dei COMITES (Comitati degli Italiani all’Estero), che hanno un senso solo se messi in grado di diventare luoghi di vera democrazia partecipativa degli italiani all’estero, e non consunti in una sopravvivenza asfittica, specialmente dopo i ripetuti e
antidemocratici rinvii delle elezioni che li hanno portati a vivere il doppio del mandato naturale. Tale riforma non può essere limitata all’aspetto elettorale e deve avere come assi portanti: rappresentatività della comunità di italiani residenti all’estero, potere decisionale e non solo consultivo, aumento delle risorse, trasparenza assoluta nel loro impiego.
• Gestione delle istituzioni italiane all’estero: tutela dei diritti dei lavoratori, miglioramento della qualità e dell’efficienza e trasparenza nelle procedure di assunzione. Vanno inoltre previste forme di controllo dei vari enti e soggetti che svolgono attività col sostegno di fondi pubblici. A questi soggetti va chiesta la massima trasparenza e, soprattutto per gli enti gestori dei corsi, va ripristinata una loro legittimazione democratica tramite i COMITES.
• Equa tassazione per gli Italiani all’estero: la prima casa degli Italiani all’Estero deve essere considerata tale ai fini delle varie forme di tassazione in via di introduzione nel sistema fiscale italiano (TASI ecc), abolendo il sistema attuale che lascia discrezionalità ai comuni di considerarla come seconda casa. Non è certo questione corporativa, ma un principio fondante che non solo riconosce anche il valore simbolico ed affettivo della casa in Italia di migliaia di nostri emigrati, ma evita la dismissione di massa di un patrimonio abitativo costruito negli anni con le rimesse della nostra emigrazione.
• Il Congresso chiede inoltre di aprire al più presto, innanzitutto al nostro interno, una riflessione e un dibattito sulla riforma del voto all’estero: Anche alla luce della discussione che si aprirà tra breve a proposito delle riforme istituzionali, noi riteniamo necessario e
urgente avviare un approfondimento per elaborare una proposta di riforma del sistema di voto all’estero che salvaguardi la reale e fattiva possibilità per gli Italiani all’estero di esercitare il loro diritto di voto nel pieno rispetto della Costituzione. In questo ambito vanno assolutamente rivisitati anche ruolo e competenze del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Non possiamo permettere che si archivi l’esperienza della circoscrizione estero senza una discussione di merito su ciò che essa ha rappresentato per gli italiani all’estero e per il nostro Paese. Come SEL dobbiamo al più presto definire una nostra posizione su questo tema, convocando i circoli di SEL in Europa, avvalendoci di tutti gli apporti specialistici e
parlamentari. Nelle nostre discussioni è sinora emersa una gamma di argomentazioni tutte legittime e da approfondire che si possono sintetizzare sostanzialmente nelle seguenti tre opzioni:
1) mantenere la Circoscrizione estero, ma rivedendo le modalità organizzative del voto: “invertire” l’opzione, cioè far votare all’estero solo quanti entro un certo termine si iscrivono alle liste elettorali; stampa delle schede in Italia; riapertura della questione del voto ai temporaneamente all’estero (Erasmus ecc); la possibilità di istituire seggi nei consolati;
2) eliminare la Circoscrizione estero facendo votare i cittadini residenti all’estero sui collegi italiani;
3) una revisione radicale della circoscrizione estero, con la creazione di collegi uninominali corrispondenti ad aree geografiche più piccole ed omogenee.
• Il Congresso ritiene inoltre inaccettabile la proposta avanzata di recente da alcuni Senatori eletti all’estero di cancellare l’opzione per il voto alle liste del Paese d’origine alle prossime elezioni europee. Questa proposta che scaturisce da una concezione fondamentalista dell’integrazione nei paesi di accoglienza, non tiene conto della realtà composita delle nostre comunità all’estero e della presenza sempre più massiccia di giovani nuovi emigrati il cui interesse è il più delle volte rivolto al paese di origine. Tanto più che le elezioni per il Parlamento Europeo, proprio per garantire tutte le forme di rappresentanza, offrono una pluralità di varianti nazionali che costituiscono un aspetto importante della democrazia europea. Quindi, onde evitare confusione, chiediamo che i Consolati predispongano tutte le operazioni per il voto del prossimo 25 maggio.
Zurigo, 15 marzo 2014

SEL Svizzera – Casella Postale 2815 – 4002 Basilea – sel.svizzera@sinistraitaliana.ch

 

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