10949 I servizi consolari ed il diritto di voto all’estero

20131203 22:41:00 redazione-IT

Con l’approcciarsi delle prossime elezioni del Parlamento europeo, è ritornata alla ribalta la questione delle modalitá di voto e della rappresentanza dei nostri concittadini residenti permanentemente o temporaneamente all’estero.
Esistono recenti proposte da parte del famigerato “comitato dei saggi per le modifiche costituzionali” dove si chiede la soppressione tout court del voto all’estero mentre altre proposte “concederebbero” la rappresentanza parlamentare senza possibilitá di incidere sulla fiducia ai governi.
Inoltre questo tema è stato discusso in diverse sedi istituzionali degli italiani all’estero come il CQIE il comitato per le questioni degli italiani all’estero o all’assemblea pleanaria del CGIE.

In generale, nessuna novitá è emersa, a parte la consapevolezza che il meccanismo di voto per posta rimane fortemente suscettibile a brogli di qualsiasi tipo – come accaduto nuovamente alle ultime elezioni politiche – e che la complessitá delle situazioni dei nostri residenti all’estero necessiterebbero di piú livelli di rappresentanza (parlamentari eletti all’estero, Comites, CGIE).

Ritenendo importante la questione dell’espletamento del voto all’estero, vorremmo legare questa ad una che ha un impatto ancora maggiore sulla vita dei cittadini italiani all’estero: la questione dei servizi consolari.
Da decenni ormai, le sedi consolari vanno riducendosi in maniera drastica. Non solo i servizi offerti sono spesso di pessima qualitá, ma è diventato spesso impraticabile raggiungere gli uffici consolari a causa della distanza da percorrere.

Il Ministero degli Affari Esteri ha avviato un percorso per la digitalizzazione di molti servizi consolari. Questo é sicuramento meritorio – anche se un pò tardivo – ma lascia “abbandonati a se stessi” una grande fascia di immigrazione non più giovane, che spesso non ha dimistichezza o accesso alla rete. Ovviamente questa problematica é molto più rilevante nei paesi di antica emigrazione italiana.

Conosciamo direttamente molti cittadini non più giovani o con l’impossibilità economica di avere una connessione internet che negli ultimi anni hanno financo rinunciato alla nazionalitá italiana, dopo essersi scontrati con mille problemi di rinnovo dei documenti presso le autoritá consolari. Tutto questo giustificato dal mantra della mancanza di risorse – che per la veritá sembra non valere quando si parla di spese militari e di stipendi degli ambasciatori e funzionari diplomatici ….

Ci chiediamo come il governo italiano possa, da un lato spendere decine di milioni di Euro per le spese militari per “difendere” la democrazia – ovviamente per usare un eufemismo- in paesi terzi, mentre non riesca a trovare le risorse necessarie per garantire dei diritti fondamentali ai suoi cittadini cacciati all’estero dal proprio suolo poiché incapace di fornire prospettive e futuro di lavoro e di vita. la lobby militare conta più dei cittadini residenti all’estero

I circoli e le sezioni del PRC e del PDCI presenti all’estero, per rispondere in maniera adeguata alle necessitá dell’intera popolazione residente all’estero propongono due possibili soluzioni, sotto molti aspetti complementari:

– La presenza di personale del consolato in uffici pubblici del paese ospitante in maniera saltuaria. per mezzo di accordi bilaterali con lo stato ospitante, prendendo giusto a titolo di esempio quello che lo Stato di Cipro effettua durante le sue operazioni di voto.

– La predisposizione di uffici consolari itineranti che, a date fisse, si spostino all’interno del territorio di competenza. Questo, a fronte di un certo investimento iniziale – sempre comunque piu’ basso della spesa per gestire diverse sedi fisse – consentirebbe una capillare e flessibile presenza territoriale.

Se fosse approntato un servizio del genere in tempi brevi, si potrebbe utilizzare lo stesso sistema per garantire una rete di seggi itineranti per le prossime elezioni, in primis quelle europee , dove l’attuale sistema prevede il voto esclusivo nelle sedi consolari. Questa ultima condizione, in molti grandi paesi dell’Europa, comporterebbe un viaggio anche di centinaia di chilometri da parte dei potenziali elettori, violando il diritto costituzionale di elettorato attivo e scoraggiando di fatto la partecipazione democratica.

 

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