10866 ESPATRI 2013

20131004 17:57:00 guglielmoz

GLI ITALIANI ALL’ESTERO SONO 4,3 MILIONI, ISCRITTI ALL’AIRE. NEL 2011 ESPATRI PIU ALTO DAL 2000. (4.341.156, il 7,3% dei circa 60 milioni di italiani residenti in Italia)
IL 52,8 % PARTONO DAL SUD, MA AUMETONO QUELLI DEL NORD. RICERCATORI ALL’ESTERO PER SCELTA, NON PER FUGA (ma chi ci crede)

“Negli ultimi anni, caratterizzati da una grave crisi economica e occupazionale, lasciano l’Italia per motivi di studio e di lavoro molti nostri concittadini, soprattutto giovani con alti livelli di istruzione e professionalità qualificata, diretti specialmente verso economie emergenti che offrono maggiori opportunità di lavoro. Sono convinto che esperienze di arricchimento del percorso professionale e personale compiute all’estero siano importanti soprattutto per le giovani generazioni”. Lo dichiara il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio inviato al direttore generale della Fondazione Migrantes, monsignor Giancarlo Perego, in occasione della presentazione del Rapporto italiani nel mondo 2013. "Deve naturalmente trattarsi di una scelta e non di un obbligo – prosegue Napolitano – ed è comunque auspicabile prevedere la possibilità di un pieno reinserimento in Italia che valorizzi tali esperienze a beneficio del nostro sistema produttivo e del mondo della ricerca”. Nel messaggio il Capo dello Stato ha espresso "vivo apprezzamento agli organizzatori di questo incontro e agli autori del volume. Nel Rapporto – prosegue Napolitano – viene documentata con ricchezza di analisi e di dati statistici la situazione particolare dell’Italia come paese coinvolto nei flussi di mobilità in entrata e in uscita e cioè dal passato emigratorio alla più recente realtà di paese destinatario di immigrazione”. Ma, aggiunge il presidente della Repubblica, “l’attenzione che va data al fenomeno degli italiani all’estero non deve però farci dimenticare che l’Italia continua ad essere paese di destinazione e di transito di nuovi migranti e soprattutto di profughi che provengono dalle varie aree di crisi. La tragedia di Ragusa – ricorda Napolitano – con 13 morti vittime di criminali scafisti scuote le nostre coscienze e impone a noi tutti di porre in essere le misure necessarie per evitare il ripetersi di queste tragedie. Il drammatico crescere di fenomeni di fuga da paesi in guerra e da regimi oppressivi ci obbliga ad affrontare specificamente con assai maggiore sensibilità i problemi di una politica dell’asilo” conclude Napolitano che si dice “certo che lo spirito di intelligente solidarietà che caratterizza la Fondazione Migrantes continuerà a essere di grande aiuto nel mutevole panorama dei flussi migratori”.
Secondo l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) del ministero dell’Interno al 1 gennaio 2013 i cittadini italiani residenti fuori dei confini nazionali sono 4.341.156, il 7,3% dei circa 60 milioni di italiani residenti in Italia. L’aumento, in valore assoluto, rispetto allo scorso anno è di 132.179 iscrizioni, +3,1% rispetto al 2012. La ripartizione continentale rimarca, ancora una volta, che la maggior parte degli italiani residenti fuori dall’Italia si trova in Europa (2.364.263, il 54,5% del totale); a seguire l’America (1.738.831, il 40,1% del totale) e, a larga distanza, l’Oceania (136.682, il 3,1%), l’Africa (56.583, l’1,3%) e l’Asia (44.797, l’1%). E’ quanto emerge dal Rapporto italiani nel mondo 2013 della Fondazione Migrantes. Dal confronto dei dati Aire disaggregati per continenti dell’ultimo triennio emergono riflessioni interessanti: l’aumento più vistoso riguarda, infatti, la comunità italiana in Asia (+18,5%) e, a seguire, l’America (+6,8%), l’Africa (+5,7%), l’Europa (+4,5%) e l’Oceania (+3,6%) per un aumento totale nel triennio 2011-2013 del 5,5% sul piano nazionale. Nel biennio 2012-2013, invece, il trend positivo dell’Asia continua (+8,6%) come a dire che effettivamente anche l’Italia, come il resto del mondo, ha volto lo sguardo alle mille opportunità offerte dall’Oriente. Le comunità di cittadini italiani all’estero numericamente più incisive al 1 gennaio 2013 continuano ad essere quella argentina (691.481), quella tedesca (651.852), quella svizzera (558.545), la francese (373.145) e la brasiliana (316.699) per restare alle nazioni che accolgono collettività al di sopra delle 300 mila unità. A seguire, il Belgio (254.741), gli Stati Uniti (223.429) e il Regno Unito (209.720). È quanto emerge dal Rapporto italiani nel mondo 2013 della Fondazione Migrantes
ISTAT. Nel 2011,le cancellazioni di cittadini per l’estero sono state 50.057 (+10.512 rispetto al 2010), mentre le iscrizioni sono state 31.466 (+3.274 rispetto al 2010). Il numero degli espatri è il più alto registrato dal 2000. Gli emigrati per l’estero hanno in media 34 anni e sono uomini nel 53,1% dei casi. Tra coloro che sono rimpatriati, invece, le donne sono il 51,9% e l’età media è di 36 anni e mezzo. È quanto si legge nel Rapporto italiani nel mondo 2013 della Fondazione Migrantes. I rimpatri risultano piuttosto uniformemente distribuiti sul territorio anche se le regioni che quantitativamente assorbono la maggior parte dei rimpatri sono la Lombardia (5.945), il Lazio (3.174), la Sicilia (2.967), la Campania (2.359) e il Veneto (2.249) che, prese nel loro insieme, raccolgono il 53,1% del totale. Milano (2.598), Roma (2.382), Torino (1.041), Cosenza (911) e Napoli (718) sono le prime 5 province in cui rientrano i connazionali dall’estero. Il 28,9% dei rimpatriati ha più di 50 anni e, in particolare, il 12,8% ha più di 65 anni. Ciò testimonia quanto, a conclusione del percorso lavorativo condotto all’estero, sia ancora oggi avvertito il desiderio di rientro in patria. Il 26,0% di chi rimpatria è diplomato, il 24,4% ha la licenza media inferiore, l’11,6% la licenza elementare e “solo” il 18,9% – come sarà più facilmente comprensibile quando si guarderanno i dati sulle cancellazioni – è laureato. Sul fronte delle cancellazioni per l’estero, i dati del 2011 testimoniano una maggiore propensione allo spostamento delle regioni del Centro- Nord. Infatti, considerando le regioni con valori al di sopra delle 4 mila unità si susseguono, nell’ordine, la Lombardia (9.717), il Lazio (4.843), il Veneto (4.596) e la Sicilia (4.566). Il panorama che viene determinato dai dati provinciali, invece, è di tutt’altro tenore e dà, seppure con cifre fortemente differenti, un riscontro più vario. Nel 2011, infatti, 4.017 cittadini italiani si sono cancellati per l’estero dalla provincia di Milano, 3.976 da quella di Roma. Seguono, a distanza, la provincia napoletana (1.875), quella la torinese (1.849) e, ancora più distanziate, la palermitana (1.078) e la varesotta (1.052). Chi si sposta verso l’estero è, secondo le cancellazioni anagrafiche dell’Istat aggiornate al 2011, effettivamente nel pieno dell’età lavorativa come prima riportato (età media 34 anni), ma va evidenziata la sua preparazione: il 22% è laureato, il 28,7% ha un diploma. Dei 14.372 diplomati però, l’83% ha frequentato l’università o, almeno ha provato, salvo poi prendere la strada dell’espatrio. Detto in altri termini, in un clima di generale recessione economica considerando l’aumento vertiginoso dei tassi di disoccupazione in Italia e del disagio economico e sociale, molti giovani decidono di spostarsi all’estero prima ancora di aver finito l’università, una sorta di emigrazione del “semi-lavorato” dall’Italia che finisce con l’essere “effettivamente plasmato” fuori dai confini nazionali. Di questi non è detto quanti finiranno il percorso di studi, così come non è dato sapere se si sono spostati con l’intento di lavorare o di frequentare un corso all’estero o, ancora, di specializzarsi fuori dai confini nazionali. Quanto affermato viene avvalorato considerando i primi tre territori dove si sono recati, nel 2011, sia i laureati (nell’ordine, Regno Unito, Svizzera e Germania) che i diplomati con almeno un accesso all’università (Svizzera, Regno Unito e Germania). Si tratta, infatti, delle principali realtà europee per quanto concerne la formazione e lo studio, ma anche per la professionalizzazione e la ricerca. Dal confronto tra i dati del 2010 e quelli del 2011 – sottolinea la Fondazione Migrantes – vengono innescati una serie di preoccupanti campanelli di allarme: sono cresciuti, in modo consistente, gli espatriati con licenza media inferiore (erano lo 0,3% nel 2010, sono il 24,4% nel 2011) diretti soprattutto in Germania e in Svizzera, le mete delle catene migratorie dell’ultima grande emigrazione italiana degli anni ’50. Ci si augura che non si abbia a che fare con flussi di giovanissimi che partono subito dopo la scuola dell’obbligo alla ricerca di un lavoro per aiutare le famiglie in forte difficoltà e disagio economico; di conseguenza è aumentato, in modo consistente, il numero assoluto dei minorenni coinvolti in questi spostamenti (dai 6.906 del 2010 agli 8.617 del 2011) che si sono diretti, prioritariamente, in Germania, Francia e Svizzera; aumento degli over 65enni passati da 2.345 nel 2010 a 3.219 nel 2011.
Il 52,8% (quasi 2 milioni e 300 mila) degli italiani residenti all’estero all’inizio del 2013 è partito dal Meridione, il 32% (circa 1 milione 390 mila) dal Nord e il 15% dal Centro Italia (poco più di 662 mila). La Sicilia, con 687.394 residenti, è la prima regione di origine degli italiani residenti fuori dall’Italia seguita dalla Campania, dal Lazio, dalla Calabria, dalla Lombardia, dalla Puglia e dal Veneto. Il confronto dei valori regionali del biennio 2012-2013 fa emergere la particolare dinamicità che, nell’ultimo anno, ha caratterizzato in particolare la Lombardia (+17.573), il Veneto (+14.195) e, solo successivamente, la Sicilia (+12.822). È quanto emerge dal Rapporto italiani nel mondo 2013 della Fondazione Migrantes. Si assiste a un ritorno del protagonismo del Nord Italia come territori di partenza a discapito delle regioni del Sud dove probabilmente la crisi da fattore di spinta si è trasformata in causa di impedimento allo spostamento. Il Settentrione, invece, nonostante la recessione economica, si caratterizza per essere attualmente un’area particolarmente interessata dagli spostamenti verso l’estero. L’analisi delle presenze all’estero per origine provinciale evidenzia la preminenza delle regioni del Sud Italia. Ad esclusione di Roma, prima in graduatoria con più di 298 mila residenti, seguono soprattutto province siciliane e campane. In particolare, nella graduatoria delle prime 10 province si susseguono Cosenza (152.403), Agrigento (152.403), Salerno (119.095), Napoli (113.787), Catania (108.413), Palermo (107.658) e Avellino (102.230). In nona posizione si trova Milano (98.583) e, a chiudere, vi è Potenza (95.653). Roma e Milano, rispettivamente con +8.838 e +5.794 unità, sono le province che hanno registrato gli aumenti più consistenti dal 2012 al 2013. Seguono Cosenza (+4.802) e Torino (+4.132). È quanto emerge dal Rapporto italiani nel mondo 2013 della Fondazione Migrantes. A livello generale considerando i comuni con il numero maggiore di iscritti all’Aire Roma, con 274.249 iscrizioni, apre l’elenco seguita da altre 7 “grandi” città italiane – Milano, Napoli, Torino, Genova, Palermo, Trieste, Catania – anche se con numeri molto distanziati dalla Capitale di Italia. A seguire il primo “piccolo” comune, Licata, l’unico non capoluogo tra i primi diecI.
In generale i ricercatori italiani all’estero rifiutano di essere catalogati come “cervelli in fuga”. Si sentono invece “talenti capaci di scegliere”, che cercano opportunità per mettersi alla prova. Non guardano indietro dal finestrino del treno, migranti per scelta intellettuale. Vanno dove li portano i loro interessi scientifici e personali. Vivono appartenenze plurime. È quanto emerge in un lavoro di ricerca riportato nel Rapporto italiani nel mondo 2013 della Fondazione Migrantes. La loro maniera di sentirsi cittadini del globo è attraversata dal sentimento di essere segni e simboli italiani del luogo-Europa, rivendicando di aver completato gli studi in diverse università dell’Europa sul cui processo di costruzione politica unitaria dichiarano una crescente lealtà. In questo quadro, ri-elaborano e re-interpretano le proprie origini italiane, ma non a partire da stereotipi dello Stato-nazione bensì dalla rivendicazione affettiva delle specificità territoriali e municipali del proprio localismo regionale (“Sono dell’Abruzzo”, “Sardo, non si vede?”, “Napoletano, ci vorrebbe altro!”, “Di Torino, purosangue!”, “Oh mia bela Madunina”, “Forza Roma, forza lupi”), lasciando affiorare una giocosa (e mai sopita) distinzione competitiva tra settentrionali e meridionali. Nel contesto dell’intimità familiare e nella cerchia delle convivialità, risuona quel che sopravvive dei dialetti intesi come codici comunicativi di sicurezza ancestrale e di interpretazione territoriale di valori condivisi. I ricercatori oggetto di questo lavoro non si sentono dei geni – sottolinea la ricerca -, ma persone normali con un lavoro straordinario, una scelta di vita che richiede molta costanza e una grande determinazione per superare i tanti ostacoli, lo stress permanente, la solitudine di certi giorni. (fonte: Rapporto Fondazione Migrantes e NoveColonne ATG)

 

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