10834 NOTIZIE dall’Italia e dal mondo 21 settembre 2013

20130921 01:57:00 guglielmoz

ITALIA. Sbrodolata mediatico-eversiva di Berlusconi.
Che non tocca il governo.
Il Museo dell’emigrato inaugurato a Magnacavallo (MN)
VATICANO. Il «miracolo» del papa, le armi di Mauro
EUROPA. ROMANIA, – Gli autisti assediano il palazzo del governo: "Premier più arrogante dal 1990"
AFRICA & MEDIO ORIENTE. SIRIA/ Purtroppo la diplomazia non è fatta solo da gente onesta e di buona volontà.
ASIA & PACIFICO. Bangladesh / Dhaka – il Rana Plaza cinque mesi dopo.
AMERICA CENTROMERIDIONALE. Ecuador il presidente Rafael Correa ha dato inizio alla campagna contro la Chevron per danni ambientali / le mani sporche della multinazionale petrolifera statunitense.
AMERICA SETTENTRIONALE. USA Sparatoria a Washington

ITALIA
ROMA – Per ora Il videomessaggio di Silvio Berlusconi è stato esattamente ciò che si poteva immaginare: una sbrodolata di impronta eversiva contro la magistratura, definita come un “contropotere dello Stato in grado di condizionare il potere legislativo ed esecutivo con la missione di realizzare per via giudiziaria il socialismo”. E a questo fine protagonista di una persecuzione politica agita “per conto terzi” contro l’uomo che già nel ’92, con la provvida “discesa in campo”, salvò il paese dalla sinistra altrimenti prossima ad impossessarsi del potere. Ebbene, secondo Berlusconi, ora “siamo diventati una democrazia dimezzata alla mercé di una magistratura politicizzata che, unica fra i paesi civili, gode di una totale irresponsabilità e immunità”.
Come nella manifestazione svoltasi davanti casa sua in seguito alla sentenza della Cassazione che confermava l’esito dei due precedenti gradi di giudizio, il caimano si è autoproclamato innocente, “assolutamente innocente”. Tuttavia, l’invettiva è stata questa volta unita ad una sorta di istigazione para-insurrezionale: “Questa è l’ultima chiamata prima della catastrofe: reagite, fate qualcosa di forte” ha detto con un tono che voleva essere marziale rivolgendosi alle sue truppe. “Io sarò sempre con voi, decaduto o no. Si può fare politica anche al di fuori del Parlamento”. Poi, con la mano sul cuore ha promesso strenua resistenza e il ritorno di Forza Italia.
Nessun accenno al governo, all’intenzione di mettere fine alla coalizione delle ‘larghe intese’. L’uomo sa bene che questa è la sola partita di scambio che può giocare nei confronti del Pd e del Colle, disposti a concedere molto, forse e malgrado tutto una qualche forma di salvacondotto, in cambio della conferma del sostegno al governo Letta, ormai considerato non già uno stato di necessità, bensì l’esecutivo che serve al Paese.
Battendo i tacchi, Renato Schifani ha immediatamente commentato il discorso: “Un ritorno al futuro per il bene dell’Italia. Il videomessaggio di oggi del presidente Berlusconi apre una fase nuova per il popolo dei moderati (sic!, ndr), da sempre maggioranza nel nostro Paese. Saremo al suo fianco in questa rinnovata battaglia di civiltà e democrazia, assieme a milioni di italiani, per realizzare con Forza Italia quella rivoluzione liberale che tanti ostacoli ha trovato in questi anni sul suo percorso”. Il segretario del Pd Epifani, invece, si dice “sconcertato” e se la prende con i “toni da guerra fredda” del capo del Pdl. Niente di più. Insomma, tutto come da copione: fine della commedia. E della puntata.
C’è invece, indiretta, ma assai eloquente, una nota del Quirinale: ”E’ in atto – scrive il presidente della Repubblica – una fase altamente impegnativa dell’attività parlamentare, che prevede l’esame di provvedimenti di vitale importanza economica e nello stesso tempo” un ”programma di riforme istituzionali”, ”miranti a superare disfunzioni da lungo tempo analizzate dell’ordinamento della Repubblica”. Un asset, l’ennesimo, per il governo in carica che – come ognuno può vedere – sta togliendo l’Italia dall’orlo del precipizio. Capito?

MAGNACACALLO – Il Museo dell’emigrato inaugurato a Magnacavallo (MN) Reperti e cultura dell’Emigrazione saranno ospitati nella Capitale morale dell’Emigrazione Mantovana. Soddisfazione delle Autorità Locali per un’iniziativa che rafforza la cultura di una parte della Lombardia. Un’ala del Municipio addobbata con bandiere di Italia, Stati Uniti d’America e Brasile, oltre che gli innumerevoli reperti e pannelli per raccontare una storia lunga secoli, che ancora non è finita. Nella giornata di Domenica, 8 Settembre, a Magnacavallo, nell’Oltrepò Mantovano, è stato inaugurato il Museo dell’Emigrato.
Come illustrato dal Direttore Scientifico del Museo, Ernesto Milani, l’iniziativa punta a testimoniare una delle peculiarità della cultura italiana, che proprio nell’emigrazione ha uno degli elementi che contraddistinguono la storia, la cultura e le tradizioni del BelPaese. Soddisfazione è stata espressa dal Sindaco di Magnacavallo, Arnaldo Marchetti, che, fin dal suo insediamento a capo della Giunta cittadina, ha fortemente voluto la realizzazione del Museo dell’Emigrato nella Capitale Morale dell’Emigrazione Mantovana.
"È importante dare risalto alla cultura mantovana, che proprio nelle zone dell’Oltrepò è stata fortemente interessata dal fenomeno dell’Emigrazione -ha dichiarato il Presidente della Provincia di Mantova, Alessandro Pastacci- il Museo dell’Emigrato di Magnacavallo sarà inserito nel sistema museale del Mantovano". L’importanza della realizzazione del Museo dell’Emigrato è stata illustrata anche dal Nunzio Apostolico in Uruguay, Mons. Guido Pecoraro, mantovano di origine che, dopo avere celebrato una Messa di apertura presso la Chiesa di Magnacavallo, di recente restaurata dopo i danni del terremoto del 2012, ha definito gli emigrati i migliori Ambasciatori dell’Italia nel Mondo.
Una maggiore attenzione all’Oltrepò Mantovano è stata richiesta dall’Assessore all’Agricoltura di Regione Lombardia, Gianni Fava, che ha inviato le Autorità Statali e Locali a puntare sulla cultura del territorio per dare ossigeno all’economia e all’immagine dell’Italia.
"La Lombardia è la prima regione d’Italia per numero di laureati che emigrano -ha dichiarato il Presidente dell’Associazione Mantovani Nel Mondo, Daniele Marconcini- occorre immediatamente ripristinare la Legge sui Lombardi nel Mondo per tutelare il patrimonio intellettuale delle nostre terre".
L’inaugurazione del Museo dell’Emigrato di Magnacavallo è stata accompagnata dall’intitolazione della piazza antistante alla Chiesa e di un giardinetto pubblico a due noti personaggi dell’Emigrazione lombarda, rispettivamente a Santa Madre Francesca Saverio Cabrini e Policarpo e Rodolfo Zapparelli.
Oltre all’inaugurazione, il Museo dell’Emigrato di Magnacavallo è stato nominato anche sede del Distretto Italia di Filitalia International: organizzazione statunitense, governata in Italia da Daniele Marconcini, impegnata nella diffusione della lingua e della cultura italiana nel Mondo.
All’evento hanno anche preso parte la Vicepresidente della Provincia di Mantova, Francesca Zaltieri, il Sindaco di San Benedetto Po, Marco Giavazzi, il Sindaco di Carbonara Po, Gianni Motta, il Vice Sindaco di Poggio Rusco, Fabio Zacchi ed alcuni esponenti dell’organizzazione Filitalia International provenienti da tutta Italia. Erano presenti inoltre il Presidente dei nove Comuni della Comunità Cimbra della Lessinia veronese, Vito Massalongo, e Valeria Vaiano dell’ Associazione campana Asmef.
Matteo Cazzulani Fonte: www.welfarenetwork.it

ROMA – Under 35, uno su tre ha meno di mille euro sul conto / Un terzo dei giovani sotto i 35 anni non supera la soglia dei mille euro nel proprio conto in banca. E’ quanto emerge da una ricerca, diffusa oggi (19 settembre) dall’Osservatorio SUPERMONEY, portale online per il confronto dei conti correnti. Lo riferisce L’ADNKRONOS.
In media, un under 35 possiede in banca non più di 5 mila euro, e quasi un terzo di loro (27,37%) non supera i mille. L’indagine ha analizzato un campione di 10 mila richieste pervenute al sito da gennaio 2013. Sembra, quindi, che nel nostro paese si resti giovani piu’ a lungo del normale anche in banca, prosegue L’ANDKRONOS. Si conferma dunque il trend nazionale già rilevato nei mesi scorsi dall’Osservatorio.
Tra le "novità", invece, si scopre che oltre la metà dei correntisti under 35 (il 54,41%) ammette di avere una "operatività bancaria bassa". Ovvero molti accedono solo ai servizi base dei conti, da cui è esclusa la carta di credito.

CRISI, CONFARTIGIANATO: OLTRE 5 MILIONI DI PERSONE IN GRAVI DIFFICOLTÀ. 3.076.300 DISOCCUPATI
SONO PIÙ DI 3 MILIONI I DISOCCUPATI, 1,7 MILIONI DI ‘SCORAGGIATI E 318.600 CASSINTEGRATI, per un totale di 5 milioni di persone in condizione di grave difficoltà. Questo è il quadro "drammatico" che emerge dal rapporto dell’Ufficio studi di Confartigianato.
RISULTANO 3.076.300 GLI ITALIANI DISOCCUPATI. A questi si AGGIUNGONO 1.703.500 INATTIVI ‘SCORAGGIATI’, non cercano lavoro perche’ ritengono di non riuscire a trovarlo. 318.600 cassintegrati, per un totale di 5.098.400 persone, pari al 10% della popolazione, che vivono dunque gravi difficoltà nel mercato del lavoro.
Tra gli italiani che si impegnano a resistere alla crisi, gli imprenditori sono il numero piu’ alto tra i Paesi europei e, va detto, per la capacità di creare occupazione: sono 5.574.333 e rappresentano il 9,3% della popolazione.
Tra il 1997 e il 2012 le imprese dell’economia reale hanno creato 1.614.300 nuovi occupati, nello stesso periodo invece l’agricoltura ha registrato una riduzione di 431.200 occupati.
La Pubblica amministrazione ha perso 147.500 addetti, invece il settore della finanza e delle assicurazioni ha incrementato gli occupati di 49.300 unità. Prevale dunque l’economia reale sull’economia finanziaria nella creazione di posti di lavoro: "la crescita dell’occupazione nell’economia reale e’ 33 volte quella dell’economia finanziaria

VATICANO
MADRID – EL PAIS, Spagna / Nei suoi cinque mesi di pontificato papa Francesco ha compiuto dei gesti di rottura eloquenti sul piano simbolico e dottrinario. Non si è limitato a dare personalmente un esempio di austerità e umiltà, ma ha anche dato la priorità ai più deboli nelle sue visite pastorali e nei suoi viaggi. Ormai è chiaro l’impegno del nuovo pontefice per i poveri e la giustizia sociale. Nelle ultime settimane, però, il papa ha fatto anche dei significativi passi avanti nel progetto di trasformazione della chiesa. Con il suo appello ai leader del G20 per evitare un intervento militare in Siria ha chiarito che vuole svolgere un ruolo attivo a favore della pace.
Il passo più importante è stata la destituzione dell’onnipotente segretario di stato del Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, sostituito dall’arci-vescovo Pietro Parolin. Sarebbe stato Bertone a opporre resistenza ai tentativi di riforma di Benedetto XVI. Con la sua decisione, Francesco ha evitato di restare prigioniero della struttura gestita dal cardinale. Parolin sarà il vice di Francesco nel governo della chiesa e spetterà a lui il controllo delle finanze e della diplomazia. Sono segnali molto positivi, perché indicano una volontà di rigenerazione delle strutture ecclesiastiche.
Secondo i sostenitori di questo rinnovamento, però, la vera rivoluzione deve ancora arrivare. Ci sono grandi aspettative per i risultati dei lavori della commissione cardinalizia a cui il papa ha affidato una proposta di riforma della curia. Ma ancor più di questi cambiamenti strutturali c’è aspettativa per i passi che il papa potrebbe fare su argomenti molto più importanti, come l’obbligo del celibato. Le recenti dichiarazioni di Parolin, che ha detto che il celibato non è un dogma della chiesa ma una semplice tradizione ecclesiastica, sembrano indicare che la questione potrebbe en-trare nel programma di cambiamenti del nuovo papa. Dal coraggio che dimostrerà su questi temi dipende probabilmente la sopravvivenza a lungo termine della chiesa. Le parrocchie non possono svolgere la loro missione per mancanza di sacerdoti, mentre ci sono 58mila preti sposati, molti dei quali vorrebbero tornare a esercitare. Se però la questione del celibato fosse rivista, resterebbe solo la misoginia a impedire un ripensamento sul divieto di accedere al sacerdozio per le donne: neanche questo, infatti, è un dogma,
VATICANO/ITALIA Il «miracolo» del papa, le armi di Mauro / La Chiesa cattolica del Medio Oriente appoggia quella che ormai sembra la possibile «soluzione politica» del conflitto siriano, che sembra annunciato dall’accordo tra Stati Uniti e Russia. Lo ha dichiarato ieri alla Radio Vaticana il patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Fouad Twal, a Roma per la riunione ordinaria della Conferenza dei vescovi latini delle regioni arabe, iniziata ieri, che si occupa anche della ricerca di una via diplomatica e politica come di un «miracolo» dovuto all’appello e alla giornata di preghiera promossi da papa Francesco. «Noi siamo a favore di questo atto, però continuiamo con il nostro ‘esercito’, quello dei fedeli che pregano; continuiamo con la nostra forza, che è più forte della loro, che è la preghiera… E vinceremo!», ha dichiarato letteralmente Twal. Il patriarca di Gerusalemme ha insistito sulla sua contrarietà all’intervento militare internazionale contro il regime di Damasco. «Assolutamente no – ha detto – Siamo contrari a questa guerra. Mi chiedo se i nostri politici hanno un’anima e se sentono la voce di questi 100 mila morti, bambini e adulti? Non dicono niente. Volevano fare un’altra guerra per avere ancora più morti, più drammaticità. Non siamo d’accordo. Siamo per una maggiore pace, siamo per una soluzione normale. Sappiamo che tutti i Paesi hanno bisogno di riforme, anche la Siria. Qual è il Paese che non ha bisogno di riforme? Ma passare dalle riforme alla guerra, questo è impensabile». Per monsignor Twal «in Medio Oriente – in Giordania, in Palestina e a Gerusalemme – abbiamo risposto in modo generoso all’appello del Santo Padre per la preghiera e per il digiuno per la pace». «Per me – ha voluto aggiungere il patriarca – il miracolo è accaduto prima della preghiera e dopo la preghiera: prima della preghiera si trattava di una questione di vita o di morte, di un’altra guerra, piccola e mirata, ma sempre un’altra guerra; e ora, dopo la preghiera, stanno cercando una soluzione diplomatica e politica».
Parole chiare, di pace, quella del patriarca mediorientale. Nello stesso giorno delle ambiguità del «nostro» ministro della difesa Mario Mauro, quello che ha digiunato e pregato attento alle parole del papa. «Quando noi facciamo cosiddette missioni di pace, vuol dire ci mettiamo di mezzo, ci interponiamo tra gente che litiga, tra progetti di potere differenti, perchè a tutti sia garantito il bene supremo della pace. Per questo non dobbiamo temere tante volte di armarci». Rieccolo il ministro della preghiera di pace e della preparazione di guerra, quello dell’acquisto dei 90 F-35 che naturalmente servirebbo per l’interposizione di pace. Mauro, rispondendo a una domanda sul finanziamento delle missioni all’estero, a margine della presentazione in Rai delle iniziative per ricordare il centenario dall’inizio della Prima Guerra Mondiale. «La sicurezza è un fenomeno globale e un bisogno globale – ha spiegato il ministro -. Quello che accade a 10 mila chilometri di distanza incide sulla nostra vita, sul nostro modo di concepire la convivenza civile Oltre a una responsabilità verso il destino dei popoli nell’impedire il deflagrare delle guerre, c’è anche una responsabilità perchè una convivenza compatibile con lo sviluppo sia sempre garantita dalla Comunità internazionale». Con gli F-35?

EUROPA
SPAGNA
II 17 settembre duecento immigrati africani sono entrati a Ceuta e Melilla, le enclave spagnole in Marocco, scavalcando le recinzioni.

SPAGNA
MADRID – Indipendenti o europei / Torna la febbre indipendentista in Catalogna dopo la catena umana che l’u settembre ha radunato centinaia di migliaia di persone lungo i 400 chilometri della frontiera regionale in occasione della Diada, la festa nazionale catalana. All’indomani della manifestazione il governo catalano ha ribadito la sua intenzione di indire un referendum sull’indipendenza della regione nel 2014, scrive La Van-guardia. Qualche giorno dopo, però, il vicepresidente della Commissione europea, Joaquin Almunia, ha ribadito che se la Catalogna diventasse indipendente dovrebbe uscire dall’Unione europea.

REGNO UNITO
LONDRA – LE POSTE AI PRIVATI / Il 12 settembre il governo ha confermato la privatizzazione della Royal Mail, il servizio postale britannico. L’offerta pubblica di vendita della metà delle azioni dell’azienda sarà presentata alla borsa di Londra nelle prossime settimane. Secondo il Daily Telegraph, la collocazione sul mercato di azioni per tre miliardi di sterline – la privatizzazione più importante da quelle degli anni ottanta – è l’unico modo "per garantire la sopravvivenza della Royal Mail in un mercato radicalmente diverso da quello di trent’anni fa".

POLONIA
VARSAVIA – I sindacati contro Tusk / "Un prova di forza dei sindacati". Così Gazeta Wyborcza de-finisce la manifestazione che il 14 settembre ha portato in piaz-za a Varsavia più di centomila persone per protestare contro le politiche economiche del governo e le recenti riforme in tema di previdenza sociale e mercato del lavoro. Tra le richieste dei sindacati ci sono l’abbassamento dell’età pensionabile, quest’anno portata a 67 anni, la marcia indietro sui contratti con orario flessibile e l’aumento del salario minimo: tutte proposte che il premier Donald Tusk ha giudicato irricevibili, chiedendo ai sindacati di tornare subito al tavolo dei negoziati. Secondo Rzeczpospolita, "accogliere queste proposte costerebbe al paese 36 miliardi di euro nei prossimi sette anni, e finirebbe per aggravare i problemi che i sindacati vogliono curare". Con la mobilitazione di sabato, conclude il quotidiano, "i sindacati hanno mostrato i muscoli, ma hanno ottenuto una vittoria solo in termini di immagine".

CROAZIA
ZAGABRIA – Sanzioni in arrivo / I contrasti tra Bruxelles e Zagabria sul mandato di arresto europeo sembrano arrivati a una svolta. Se la Croazia non si adeguerà rapidamente alle regole comunitarie, si vedrà imporre pesanti sanzioni: lo ha annunciato il 17 settembre la vicepresidente della Commissione Vivia-ne Reding. Il paese, spiega Vecernij List, rischia di perdere 80 milioni di euro e di dover rinunciare all’ingresso nell’area Schengen. Secondo Jutarnij List, tuttavia, la Croazia non ha colpe. Dopo le tensioni di fine di agosto, infatti, "ha accettato integralmente la disciplina sul mandato di arresto europeo, di-chiarando che la nuova legge in materia entrerà in vigore il 1 luglio 2014". Comunque troppo tardi, secondo Bruxelles.

RUSSIA
II 13 settembre 37 persone sono morte nell’incendio di un ospedale psichiatrico a Luka, nella regione di Novgorod.
ALBANIA
II governo di coalizione guidato dal socialista Edi Rama ha ottenuto il 15 settembre la fiducia del parlamento.
GRECIA
II 18 settembre Pavlos Fryssas, rapper e militante di sinistra, è stato ucciso ad Atene da un militante del partito neonazista Alba dorata.

GERMANIA
LA CSU TRIONFA IN BAVIERA / Nel 2008 i cristianosociali della Csu, gli alleati bavaresi dell’Unione cristiano democratica (Cdu) di Angela Merkel, avevano perso la maggioranza assoluta in Baviera per la prima volta dal 1962 ed erano stati costretti ad allearsi con i liberali della Fdp. Ma alle elezioni del 15 settembre 2013 la Csu ha ottenuto 101 dei 180 seggi del parlamento del land e potrà tornare a governare da sola la Baviera, scrive la Süddeutsche Zeitung. Il trionfo della Csu ha però un risvolto negativo per la cancelliera Merkel: la Fdp ha superato appena il 3 per cento dei voti. Questo dato rafforza il timore di Merkel che i suoi alleati liberali non raggiungano il 5 per cento alle elezioni federali del 22 settembre prossimo, la soglia minima per entrare al Bundestag, la camera bassa del parlamento tedesco. A Berlino molti osservatori ed esponenti politici si convincono sempre di più che nel nuovo Bundestag non sarà possibile proseguire l’alleanza tra Cdu e Fdp, aprendo la strada a una grande coalizione tra i cristianodemocratici e i socialdemocratici della Spd. Un altro problema per la Cdu, conclude il quotidiano, è che ora la Csu vorrà contare di più nell’alleanza
GERMANIA
SONDAGGI Sorpresa, tra le due coalizioni è testa a testa – Jacopo Rosatelli / Pochi giorni al voto di domenica prossima per il rinnovo del Bundestag, e la tensione nei partiti cresce. Un sondaggio pubblicato ieri dalla «Frankfurter Allgemeine Zeitung» (Faz), effettuato dal prestigioso istituto demoscopico Allensbach, delinea uno scenario finora inedito: la coalizione di centro-destra non avrebbe la maggioranza nonostante il superamento della soglia di sbarramento da parte dei liberali (Fdp). I democristiani (Cdu-Csu) otterrebbero il 39%, la Fdp il 6% e le tre forze di sinistra sommerebbero in totale un punto in più: 46 contro 45%. Resterebbero fuori dal Parlamento sia gli euro-scettici (AfD) che i Pirati.
Sino ad ora, tutti i sondaggi indicavano come la maggioranza cristiano-liberale che sostiene Merkel fosse in pericolo solo nel caso di mancato superamento della soglia del 5% da parte della Fdp. Una probabilità concreta, confermata dal segnale giunto dalla Baviera domenica scorsa. I numeri diffusi dalla Faz, invece, suggeriscono che le forze progressiste godrebbero di un consenso che nemmeno loro, forse, sperano di avere.
Ai socialdemocratici è attribuito un 26% che verrebbe certamente salutato come una vittoria: significherebbe una risalita di tre punti dal 2009, nonostante gaffe e problemi di credibilità di Peer Steinbrück. Che diventerebbe un vero e proprio eroe se portasse il partito ancora più in alto, a ridosso del 30%. I Verdi metterebbero la firma sotto l’11% che assegna loro l’istituto Allensbach: vorrebbe dire mantenere il consenso di 4 anni fa, superando indenni le polemiche della stampa sullo «scandalo pedofilia» degli anni Ottanta che coinvolge il loro capolista. E la Linke calerebbe rispetto al 2009, mantenendosi però sopra il risultato del 2005: un esito soddisfacente per un partito che l’anno scorso era sul punto di rompersi.

SCELTA EUROPEISTA, UNICA VIA PER RISPONDERE ALLE SFIDE DEL DOMANI / Le difficoltà del presente – ha ribadito il Presidente NAPOLITANO nel messaggio inviato in occasione della 39ª edizione del Forum di Cernobbio – hanno messo in luce “l’urgenza di procedere – seriamente e senza tentennamenti – verso una reale unione politica”
"Il Forum si conferma, anche quest’anno, una importante occasione di confronto e scambio di opinioni sulle sfide politiche, economiche e sociali che le nostre società e le nostre istituzioni si trovano ad affrontare". Lo ha scritto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato, in occasione della 39ª edizione del Forum di Cernobbio, ad Alfredo Ambrosetti, Presidente onorario di “The European House – Ambrosetti”.
"La crisi che stiamo attraversando – ha continuato il Capo dello Stato – ha senza dubbio fatto emergere un crescente senso di malessere, anche da parte di settori importanti della società e della pubblica opinione, nei confronti dello stesso processo di costruzione europea. Le gravi difficoltà dell’economia e dell’occupazione su scala europea e le ricorrenti inquietudini dei mercati hanno evidenziato la necessità di rafforzare, completandola, l’Unione fondata sull’integrazione monetaria, in modo da renderla effettivamente strumento di promozione di un convergente e stabile sviluppo economico e sociale. In sintesi, ciò ha messo in luce, con estrema chiarezza, l’urgenza di procedere – seriamente e senza tentennamenti – verso una reale unione politica".
"Le difficoltà del presente – ha rilevato il Presidente Napolitano – impongono, infatti, decisioni lungimiranti. Occorre che i leader politici ritrovino il coraggio della scelta europeista, non solo – come fu all’indomani del secondo conflitto mondiale – quale risposta alla catastrofe della guerra, ma – oggi – come unica via per rispondere con successo alle sfide del domani, che mettono alla prova il ruolo dell’Europa nel nuovo contesto globale. Solo così si potrà costruire un’Europa internazionalmente più forte ed economicamente più dinamica in uno scenario di ricorrenti turbolenze politiche e di sempre più agguerrita competizione. L’Unione Europea è chiamata oggi a questo ‘salto di qualità’: procedere sulla via dell’integrazione le consentirà non solo di acquisire maggiore autorevolezza politica ma anche maggiore capacità di attirare capitali, risorse tecnologiche e umane, capaci di stimolare e sostenere la ripresa, l’occupazione e l’innovazione. Perché ciò avvenga, occorre che l’Europa riguadagni consenso e fiducia tra i propri cittadini, vera forza propulsiva dell’Unione: l’occasione dell’appuntamento elettorale del maggio 2014 assume una valenza cruciale, nel confronto con pericolose correnti di scetticismo e di rifiuto verso l’indispensabile ulteriore integrazione. Vorrei peraltro chiudere con un messaggio di fiducia e ottimismo. L’Unione Europea rimane un modello di successo che non ha perso la sua vitalità e capacità di attrazione. Lo dimostrano, anche, a discapito di quanti ne lamentano le intrinseche debolezze, alcuni recenti sviluppi: l’allargamento alla Croazia del 1° luglio scorso, il percorso di avvicinamento all’Unione Europea dei Paesi dei Balcani occidentali e l’adozione dell’euro da parte della Lettonia".

ROMANIA, – Gli autisti assediano il palazzo del governo: "Premier più arrogante dal 1990" / Piu’ di mille sindacalisti romeni delle Federazioni dei lavoratori del trasporto pubblico delle metropolitane e di superficie hanno protestato oggi davanti alla sede del governo a Bucarest. I manifestanti hanno gridato slogan contro il premier Victor Ponta e hanno richiesto le dimissioni del governo. I lavoratori chiedono l’aumento degli stipendi in tutto il settore. Il presidente della Federazione sindacale dei trasporti pubblici, Ion Radoi, ha definito il primo ministro Ponta come "il premier piu’ arrogante ed indifferente nei confronti dei sindacati dal 1990", ovvero dalla caduta del regime comunista a fine dicembre del 1989. Stando a Radoi, il capo del governo ha ricevuto undici lettere da parte dei sindacati senza rispondere ad alcuna di esse. I dipendenti della metropolita hanno gia’ operato uno sciopero di due ore ieri alle prime ore del mattino e i sindacalisti minacciano che, se il premier non risponderà alle loro richieste, il 30 settembre verra’ avviato un sciopero generale illimitato dei trasporti in metropolitana o in superficie nella capitale Bucarest.
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GRECIA: I PROFESSORI IN SCIOPERO SCRIVONO AGLI STUDENTI
Cara nostra studentessa, caro nostro studente, è passato ormai molto tempo da quando questi giorni di settembre erano per tutti noi un dolce ritorno a scuola, con lo scambio delle esperienze estive, con la progettazione e le decisioni sul nuovo anno scolastico, con il rinnovo della promessa che faremo tutto il possibile per vivere bene. È passato ormai molto tempo da quando i governi dei Memoranda, e tutti coloro che li servono, hanno deciso di distruggere la Scuola Pubblica, di trasformarla in un’azienda grigia e severa, che avrà spazio solo per i figli di pochi.
Qualcuno cerca di convincerci che si tratta di una cosa normale e logica. Aspettano di farci “abituare” alla distruzione. Ma tutti sappiamo che questo sarà difficile che succeda. Perché non possiamo vivere così. Ma anche perché vorrà dire che dobbiamo rinunciare, sia noi che tu, a essere delle persone. Ad un mondo migliore. Alla forza del tuo impeto giovanile e creativo, al desiderio forte di cambiare le cose intorno a te contro le abitudini ed il compiacimento dei grandi.
Dopo questo settembre, quindi, niente sarà lo stesso. Noi, i tuoi professori, abbiamo deciso di ribellarci con uno sciopero per la difesa della Scuola Pubblica, della nostra e della tua vita. Di fronte a noi abbiamo i dirigenti dei ministeri, i manager ben pagati, i telegiornali, che non hanno smesso di ripetere che la nostra lotta nuocerà alla scuola… non la loro politica barbara! Queste persone, vivendo da anni nei salotti del potere, non sono in grado di rendersi contro dei tuoi bisogni, delle tue ansie, dei tuoi sogni. Queste persone del sistema, sanno solo fare i conti e in questi conti hanno trovato che la Scuola Pubblica è di troppo.
Durante l’estate, hanno portato avanti l’opera distruttiva della fusione/abolizione di scuole. Hanno chiuso all’improvviso, in una notte, molte scuole e hanno abolito alcune specializzazioni dell’educazione tecnologica, spingendoti tra le “braccia” delle scuole private. Nel contempo, il governo cerca di completare la trasformazione della scuola in un campo di esami forzati, un centro di allenamento per gli esami, visto che invece di elaborare un programma che mirerà alla conoscenza sostanziale e versatile e che ridurrà la pressione insopportabile che stai vivendo, crea un meccanismo disumano di setaccio di persone, basato sugli esami continui, dalla Scuola Media fino al tuo ultimo giorno nel Liceo.
Vogliono spaccare la tua gioventù. Vogliono farti abituare al controllo, così domani sarai un impiegato obbediente. Vogliono cacciarti via dalla scuola, così diventerai un lavoratore non specializzato “conveniente”, se riuscirai a trovare un lavoro. Progettano una vita scolastica sgraziata e spiacevole, con più ragazzi nelle classi e nei laboratori, con meno professori che correranno trafelati, ognuno di loro in molte scuole, per assolvere il loro compito. Con lo stesso disprezzo per qualsiasi cosa viva e bella, le stesse persone secche ci impongono di essere “valutati”, cioè di trasformare quello che amiamo di più (i nostri studi e la nostra educazione, i programmi ed i lavori che facciamo insieme a te, tutte quelle ore di gite, di spettacoli teatrali, di discussioni, di prove e di concerti) in “carte” che riempiranno la nostra cartella, per salvarci dal licenziamento. Insieme a questo, hanno creato un asfissiante codice disciplinare che ci vuole persone docili, che pensino a “insegnare” e a niente altro.
Cominciamo questo anno scolastico in meno: con delle scuole chiuse nell’educazione tecnica e generale, con oltre 10.000 colleghi ai quali hanno tagliato la strada verso la scuola. È una situazione che tu conosci in prima persona: perché sono anche i tuoi genitori che subiscono lo stesso violento attacco con i tagli ai salari, i licenziamenti, la chiusura dei negozi e il disperato mostro della disoccupazione. Perché sei anche tu che tutti i giorni devi contare i pochi spicci di fronte alla mensa, avvelenare il tuo successo agli esami di ammissione con lo stress per le possibilità economiche, che ci chiedi se ha più senso studiare quello che volevi o se c’è qualche altra facoltà che ti porta ad un “salario più sicuro” per sfuggire, magari, dalla miseria. Perché sono anche i tuoi fratelli e i tuoi amici, cioè i nostri studenti di ieri, che ci dicono che qui non ce la fanno più e che cercano fortuna all’estero, sulla strada dell’emigrazione, che in passato avevano percorso i loro nonni e speravamo che non dovessimo rivivere per forza.
I nostri problemi sono comuni. Non solo per noi e per te che viviamo, creiamo, lottiamo e sogniamo nello stesso spazio, ma per l’intera società. Una società che può permettersi di subire inerte gli attacchi che si susseguono uno dopo l’altro. Ed è per questo che noi, i tuoi professori e le tue professoresse, abbiamo deciso di ribellarci in questa lotta decisiva, che romperà la putrefazione del “niente può succedere”. In questa lotta vogliamo al nostro fianco tutti i lavoratori. Vogliamo i tuoi genitori, ma abbiamo bisogno anche di te. Non per evitare gli obblighi che sono nostri. Il costo della lotta lo subiremo noi, completamente, nonostante le zozzerie che trasmettono alcuni media. Ti vogliamo al nostro fianco, come anche dentro l’aula, perché è la tua partecipazione che dà senso alla nostra lotta. Solo insieme possiamo rompere il dominio del fatalismo e della miseria, solo insieme possiamo rimanere in piedi e dimostrare che non siamo solamente “un altro mattone nel loro muro”, un altro ingranaggio nella loro macchina.
Dopo questo settembre quindi, niente sarà più uguale. Questa lotta o sarà vinta dalle politiche della Troika e del governo che la serve, che ci impongono la devastazione e la miseria, o sarà vinta da noi, aprendo la strada per la scuola del futuro, per una vita creativa e libera, per tutti. Noi, i tuoi professori e le tue professoresse, ti chiediamo di stare al nostro fianco, di aggiungere la tua determinazione alla nostra e di diventare parte dell’enorme fiume popolare che riempirà le strade del paese e vincerà! Con affetto, i tuoi professori e le tue professoresse in lotta! La Federazione dei Professori di Insegnamento Secondario scrive agli studenti

GRECIA, IN CALO LE NASCITE: -15% dal 2009 In forte calo in Grecia le nascite. Una notizia allarmante me che di certo non possiamo scollegare alle rigide misure di austerity come a quella dell’alta disoccupazione.
La grave crisi economica che ha costretto il paese al piano di salvataggio Ue, la Grecia dal 2009 a oggi ha visto crollare del 15% il tasso delle natalità.
"Questo declino è una conseguenza naturale delle rigide misure di austerity e degli elevati livelli della disoccupazione (intorno al 27%), soprattutto tra i giovani (quasi 60%) – ha dichiarato Christina Papanikolaou, segretario generale al ministero della Sanità. – E’ lo specchio del calo del pil pari al 25% dall’inizio della crisi ad oggi".
In valori assoluti, secondo i dati diffusi dal ministero, le nascite sono passate da 118.302 nel 2008 a 100.980 nel 2012.
"Il problema della bassa fertilità – ha osservato il ministro della Sanità Adonis Georgiadis – e’ cresciuto in modo costante tra la popolazione greca negli ultimi due decenni, ma e’ peggiorato in modo significativo di recente a causa della profonda crisi economica in corso".

MONTENEGRO
L MINISTRO ZANONATO IN MONTENEGRO PER RILANCIARE LA COOPERAZIONE / Al centro dei colloqui, settori quali energia, infrastrutture, trasporti e industria
Consolidare la cooperazione nel settore elettrico, particolarmente strategico per i due Paesi, e rafforzare le relazioni in campo industriale e delle infrastrutture. Le nuove priorità nei rapporti economici tra Italia e Montenegro sono state individuate nel corso degli incontri che il Ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato ha avuto in occasione della recente missione a Podgorica. Zanonato ha incontrato il Primo Ministro Milo Djukanovic e i Ministri Vladimir Kavaric (Economia e Sviluppo economico), Ivan Brajovic (Trasporti e Affari Marittimi), Radoje Zugic (Finanze).
Nel corso degli colloqui, il Ministro Zanonato ha ricordato che il settore dell’energia continua a rivestire un ruolo di rilievo grazie alla presenza di aziende che già operano nel territorio balcanico, tra cui Terna e A2A. Sono state inoltre esaminate le possibilità di collaborazione nei settori dell’industria, delle infrastrutture, dei trasporti, del turismo, della pesca, del legname e dell’agroalimentare.
“Sia per i legami storici che per la vicinanza geografica – ha dichiarato Zanonato – il Montenegro rappresenta un mercato cruciale nella strategia di espansione commerciale italiana sulla sponda orientale dell’Adriatico. Con il governo montenegrino ci siamo confrontati per sviluppare la cooperazione e gli investimenti nei settori più diversificati e favorire gli insediamenti delle aziende italiane. Anche a questo scopo è stata firmata la dichiarazione per istituire un joint council per la cooperazione economica, industriale e finanziaria. Sarà utile per sviluppare il dialogo tra i due Paesi e per migliorare i rapporti tra le imprese”.
Zanonato ha infine sottolineato l’importanza che riveste il porto di Bar sia per incrementare i flussi commerciali tra Italia e Montenegro, sia come sbocco naturale nell’entroterra balcanico, con particolare riferimento al mercato serbo.

AFRICA & MEDIO ORIENTE
ISRAELE
TERRITORI OCCUPATI – Incursione israeliana nel campo di Jenin / Negoziatori israeliani e palestinesi continuano, in apparenza senza risultati, i colloqui diretti. Le trattative peraltro non hanno portato allo stop dei i raid dell’Esercito di occupazione nei campi profughi in Cisgiordania. Ieri mattina è stato ferito mortalmente Islam al-Tubasi, 19 anni, durante una incursione israeliana nel campo profughi di Jenin. Il giovane, ricercato da Israele per presunte «attività terroristiche», è spirato poco dopo il ricovero in ospedale. «Le unità speciali sono entrate in casa all’alba, dopo aver fatto saltare in aria la porta – ha raccontato i famigliari – Sono saliti sul tetto dove Islam dormiva. Lui ha provato a fuggire e i soldati gli hanno sparato. Lo hanno preso e portato via». Subito dopo la sparatoria, sono scoppiati scontri tra i soldati e gli abitanti del campo del campo. Numerosi i feriti. Lo stesso era accaduto il mese scorso. In quell’occasione fu ucciso un giovave di 20 anni. Un altro ragazzo rimasto ferito si spense qualche giorno dopo in ospedale. Islam al-Tubasi è la sedicesima vittima palestinese dall’inizio dell’anno dei raid dell’esercito israeliano. L’episodio più grave è di agosto nel campo profughi di Qalandiya, tra Gerusalemme e Ramallah. Tre abitanti furono uccisi dai militari dello Stato ebraico nelle proteste seguite all’arresto di un ex detenuto palestinese tornato un mese prima a casa dopo 10 anni di carcere. Tra le vittime anche un dipendente Unrwa-Onu, l’agenzia che assiste i rifugiati palestinesi. Intanto da Gaza prosegue sulla Striscia l’intensa attività di droni israeliani. Gli abitanti temono che sia il preludio di nuove operazioni militari israeliane. Nel novembre 2012 Tel Aviv lanciò una massiccia offensiva aerea contro Gaza che fece circa 200 morti e causò ingenti distruzioni.

SIRIA
Le Monde, Francia / Purtroppo la diplomazia non è fatta solo da gente onesta e di buona volontà. La proposta russa sulle armi chimiche siriane, avanzata in modo abile il 9 settembre dal ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, presenta tutte le ambiguità e le trappole che si possono temere quando si ha a che fare con un regime come quello di Bashar al Assad o di strateghi astuti come Putin e lo stesso Lavrov. L’offerta è stata comunque accolta dai leader occidentali, compreso Barack Obama, come un’occasione per tentare la via dei negoziati anziché quella di un intervento armato criticato dall’opinione pubblica. Per sintetizzare, l’iniziativa russa consiste nel chiedere alla Siria di mettere tutto il suo stock di armi chimiche sotto controllo internazionale, per impedire che siano usate nella guerra civile che da due anni devasta il paese. Damasco ha subito accettato. Dopo aver definito la proposta "un’evoluzione potenzialmente positiva", Obama ha chiesto al congresso di rinviare il voto su un intervento armato in Siria.
I leader occidentali avrebbero avuto torto a non cogliere al volo quest’occasione per tornare alla diplomazia. Ma fanno bene a essere scettici sulle motivazioni di Mosca e sull’effettiva volontà di Damasco di piegarsi a un vero controllo del suo arsenale chimico un’ispezione di siti militari in un paese in guerra, è lo stesso terreno negoziale a essere minato. La reazione russa alla bozza di risoluzione presentata dalla Francia il 10 settembre al Consiglio di sicurezza dell’Onu rivela l’ambivalenza di Mosca e Damasco. La bozza prevede che la Siria produca entro 15 giorni un inventario delle sue armi chimiche e apra tutti i suoi siti agli ispettori delle Nazioni Unite. E mantiene anche la minaccia di un intervento militare, se la Siria non rispetterà gli impegni. Questo ha subito fatto sobbalzare i diplomatici russi: Putin aveva chiesto che Washington e i suoi alleati, tra cui la Francia, escludessero un’operazione armata. Inoltre Stati Uniti, Francia e Regno Unito vogliono che il presidente Assad sia considerato responsabile dell’attacco con il gas sarin del 21 agosto, cosa che Mosca rifiuta. È quindi essenziale che, evitando qualsiasi soluzione di comodo in un negoziato difficile, gli Stati Uniti e i loro alleati mantengano la pressione su Damasco e Mosca: è stata proprio la minaccia di raid militari che ha portato Putin a cambiare posizione sulla questione siriana.
Intanto Assad continua a distruggere il suo paese e a massacrare la popolazione. Ed è bene non dimenticare che i russi sono bravissimi giocatori di scacchi.
IRAQ
Spostamenti interni / Il 15 settembre almeno 58 persone sono morte in una serie di attentati compiuti in sette città irachene a maggioranza sciita. Le violenze, avverte il quotidiano Azzaman, stanno causando "il più grande spostamento settario, dal sud al nord, nella storia dell’Iraq". Le minoranze sunnite di Bassora e Nassiriya lasciano in massa le loro case per spostarsi a nord.

TUNISIA
Giornalisti in sciopero / Il 17 settembre il Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini ha indetto, per la seconda volta nella sua storia, uno sciopero contro le pressioni sui mezzi d’informazione fatte dai giudici e dal governo di Ennahda. Allo sciopero ha aderito il 90 per cento dei giornalisti. Nell’ulti-mo mese, scrive il sito Nawaat, sono stati convocati davanti alla giustizia Taher ben Hassine, proprietario della tv Al Hiwar Ettounsi, il giornalista radiofonico Zouhaier el Jiss, e il giornalista e blogger Zied El Heni. Le accuse andavano dalla diffamazione all’incitazione al cambio di regime.

NIGERIA
II 18 settembre l’esercito ha annunciato di aver ucciso 150 miliziani islamici di Bokoharam in un raid nello stato di Borno, nel nordest del paese.

REP. CENTRAFRICANA
II 13 settembre il presidente di transi-zione Michel Djotodia ha sciolto il gruppo Séléka, la coalizione ribelle che lo ha portato al potere.

SOMALIA
La comunità internazionale ha stanziato il 16 settembre a Bruxelles 1,8 miliardi di euro per la ricostruzione del paese.

MALI
La tregua vacilla / "L’accordo tra il governo malia-no e i ribelli tuareg, firmato a Ouagadougou il 18 giugno, rischia di saltare", scrive El Watan. Il 12 settembre, una settimana dopo il giuramento nel nuovo presidente Ibrahim Boubacar Keita, ci sono stati degli scontri a Léré, nell’ovest del paese, tra i soldati maliani e i ribelli separatisti tuareg, le prime violenze dopo la firma dell’accordo di pace. I tuareg accusano l’esercito di averli attaccati violando il cessate il fuoco. Le autorità di Bamako si difendono dicendo di aver schierato le pattuglie contro i ladri di bestiame.

RUANDA
UN VOTO SCONTATO / Il Fronte patriottico ruandese (Fpr), il partito del presidente Paul Kagame (nella foto, in un seggio di Kigali, il 16settembre 2015), ha vinto le legislative del 16 settembre con il 76 per cento dei voti. "Un risultato prevedibile", scrive il Mail & Guardian. "L’Fpr non doveva affrontare nessun rivale serio ma solo piccoli partiti o candidati indipendenti. Gli oppositori più importanti erano stati, in un modo 0 nell’altro, neutralizzati". Il 14 settembre è stata lanciata una granata in un mercato di Kigali ed è morta una persona. La polizia ha arrestato tre persone in relazione all’attacco, scrive The Rwanda Focus.

ASIA & PACIFICO
PENISOLA COREANA
La riapertura di Kaesong / Dopo cinque mesi di inattività, il 16 settembre è stata riaperta la zona industriale di Kaesong, in Corea del Nord, cogestita dai governi di Seoul e Pyongyang. La zona era stata chiusa per decisione del governo nordcoreano ad aprile, dopo la crisi nei rapporti tra Nord e Sud seguita al test nucleare fatto da Pyongyang a febbraio. Kaesong ospita 123 aziende sudcoreane dove lavorano 50mila operai del Nord. Il giorno dopo la riapertura, Pyongyang ha mandato a Pechino il suo delegato per i colloqui a sei sul nucleare. All’incontro sono stati invitati i rappresentanti dei paesi coinvolti nei negoziati interrotti nel 2009 da Pyongyang che oggi sembra disposta a riprendere le trattative, scrive Hankyoreh.

FILIPPINE
L’assedio della città di Zamboanga sull’isola di Mindanao, nel sud delle Filippine, da parte dei ribelli del Fronte nazionale di liberazione moro (Mnlf) ha messo in evidenza le debolezze del processo di pace sostenuto dal presidente Benigno Aquino, scrive Asia Times. Via via che gli scontri tra l’Mnlf e l’esercito si intensificano, cresce il rischio di un ritorno alla guerra civile con il gruppo separatista islamico. Il 9 settembre centinaia di guerriglieri dell’Mnlf sono arrivati via mare nella città a maggioranza cristiana e hanno lanciato una serie di attacchi coordinati provocando una crisi nazionale che finora ha fatto 104 morti e circa centomila sfollati, e ha causato la distruzione di almeno mille edifici. Dopo una settimana di scontri, i ribelli erano ancora asserragliati in due zone della città con un numero indefinito di ostaggi. Il 16 settembre gli elicotteri dell’esercito hanno sparato razzi sui ribelli nonostante la presenza di civili. I tentativi del governo di negoziare un cessate il fuoco sono falliti perché nel frattempo altri gruppi ribelli armati come Abu Sayyaf e i Combattenti islamici per la libertà Bangsamoro sono entrati nella mischia portando il conflitto alla vicina isola di Basilan. Anche se Aquino alla fine vincerà la battaglia di Zamboanga, continua Asia Times, le prospettive per il suo processo di pace hanno subito un grave danno. Il suo governo ha investito un notevole capitale politico nei negoziati con il principale gruppo ribelle del paese, il Fronte islamico di liberazione moro (Milf), escludendo però dalle trattative gli altri. L’accordo siglato nel 2012 prevede la formazione di un "sottostato" Bangsamoro per la maggioranza musulmana di Mindanao che include anche zone ricche di risorse minerarie. Per questo il 12 agosto l’Mnlf, escluso dall’accordo, ha dichiarato l’indipendenza dalle altre province meridionali e il 9 settembre ha lanciato l’offensiva.

CAMBOGIA
HuneRainsy vicini all’intesa / Il governo e l’opposizione sta-no trattando per risolvere lo stallo politico seguito al contestato risultato del voto del 28 luglio. La commissione elettorale ha confermato la vittoria del Partito popolare del primo ministro uscente Hun Sen, ma l’opposizione denuncia brogli. Il 15 settembre una persona è morta negli scontri tra la polizia e le migliaia di manifestanti che chiedono un’indagine indipendente sulle presunte irregolarità. Hun Sen e il leader dell’opposizione Sam Rainsy, che intende boicottare l’apertura del parlamento, hanno trovato un’intesa per lavorare a una riforma elettorale ma non sull’apertura di un’indagine. "Le divergenze si stanno assottigliando", scrive Radio Free Asia.

INDIA
II 13 settembre il Bharatiya janata party (opposizione) ha scelto il nazionalista indù Narendra Modi come candidato alle elezioni del 2014.

AFGHANISTAN
OMICIDIO PREELETTORALE / Il 18 settembre il capo della commissione elettorale indi-pendente della provincia di Kunduz, nel nord del paese, è stato ucciso mentre andava al lavoro. I taliban, che non riconoscono la legittimità delle ele-zioni presidenziali previste per l’aprile del 2014, hanno rivendicato l’omicidio. Il 16 settembre si sono aperte le registrazioni per i candidati alla competizione elettorale, scrive Tolo News.

BANGLADESH
II 17 settembre la corte suprema ha condannato a morte un leader islamico, Abdul Quader Molla, per i crimini commessi durante la guerra d’indipendenza nel 1971.1 partiti islamici hanno proclamato uno sciopero di protesta.
BANGLADESH
DHAKA – IL RANA PLAZA CINQUE MESI DOPO. The Independent, Regno Unito / Lo scorso aprile, a Dhaka, in Bangladesh, è crolla-to il complesso del Rana Plaza, che ospitava di-verse fabbriche. L’incidente è rimasto al centro dell’attenzione mondiale per settimane, mentre i soccorritori lottavano per estrarre i sopravvissuti dalle macerie. Più di 1.200 persone sono morte nella più grave tragedia industriale del paese, e altre 1.900 sono rimaste ferite. L’incidente ha avuto grande risonanza perché gli abiti venduti da molte multinazionali dell’abbigliamento erano prodotti dagli operai del Rana Plaza, costretti a lunghe ore di lavoro per un salario misero in condizioni degne di un racconto di Dickens. Quando il costo umano di quei prezzi così bassi è apparso chiaro, i clienti di marchi come Primark, Matalan e Walmart sono stati costretti a farsi un esame di coscienza.
Da allora, tuttavia, la Primark è apparsa come l’improbabile eroina del disastro. Non solo l’azienda non ha perso tempo a pagare tre mesi di stipendio sia ai feriti sia alle famiglie delle vittime (finora è stata l’unica a farlo). Il 12 settembre i suoi rappresentanti sono anche andati a Ginevra per l’incontro tra i rivenditori che usavano le fabbriche del Rana Plaza, presieduto dall’Organizzazione internazionale del lavoro, per discutere dei risarcimenti. Anche altre dieci aziende erano presenti alla riunione convocata dalla IndustriALL, il sindacato industriale internazionale, tra cui Matalan e Bon Marche, e hanno deciso di creare un fondo per aiutare le vittime del disastro. La Primark ha anche accettato di pagare un’altra parte degli stipendi. Ma, scandalosamente, altre venti aziende non ci sono andate, tra cui Benetton, Carrefour, Mango e Walmart, la più grande catena di vendita al dettaglio del mondo. Alcune di queste multinazionali che non si so-no presentate insistono nel dire che intendono concordare direttamente gli indennizzi, ma altre non hanno promesso nulla. Se le grandi aziende sono troppo meschine e insensibili per agire spontaneamente, spetta ai clienti dimostrare con forza la loro indignazione. Nel frattempo, le vitti-me del Rana Plaza e le loro famiglie, senza lavoro né risarcimento, stanno imparando a proprie spese quali sono le priorità nel ricco occidente
NEPAL
Kathmandu è stata paralizzata il 12 settembre da uno sciopero indetto dall’opposizione per chiedere garanzie sul to di novembre.

AMERICA CENTROMERIDIONALE
AEGENTINA
BUENO AIRES – L’Ambasciatore Teresa Castaldo dal 12 settembre a Buenos Aires / La prima donna a capo della Rappresentanza diplomatica italiana in Argentina, coniuga una importante esperienza diplomatica a una riconosciuta intelligenza politica, caratteristiche che saranno preziose per una ripresa e un rilancio dei tradizionali e straordinari vincoli di amicizia tra i due Paesi. …
Secondo quanto abbiamo potuto apprendere a Roma in ambienti vicini al Ministero degli Esteri, il nuovo Ambasciatore d’Italia in Argentina, Teresa Castaldo, arriverà a Buenos Aires il prossimo 12 settembre, come confermato anche dalla Rappresentanza italiana in Argentina.
Nominata dal Consiglio dei Ministri sin dal maggio scorso per succedere all’ambasciatore Guido La Tella, l’ambasciatore Castaldo non ha rilasciato ancora alcuna dichiarazione sulla sua futura attività in Argentina che – come si sa – diverrà ufficiale ed operativa, secondo la prassi diplomatica tradizionale, soltanto dopo aver presentato le sue credenziali alle autorità locali.
Nata a Castellammare di Stabia (Napoli), la nuova Ambasciatrice si è laureata in Scienze Politiche all’Università di Napoli ed è entrata in carriera al Ministero degli Esteri italiano nel 1987, dopo regolare concorso.
Alcuni anni fa ha prestato servizio a Parigi e a Montevideo in settori sia culturali che economici e ha poi sviluppato gran parte della sua carriera a Roma, nella sede centrale del Ministero degli Esteri, alla Farnesina, con rilevanti e delicati incarichi come le funzioni di Vice Capo del Gabinetto del Ministro, con delega per i rapporti con il Parlamento, ricoperte fino a questa nomina quale Capo della Missione diplomatica a Buenos Aires.
Il nuovo Ambasciatore è stato anche distaccato per un periodo a Palazzo Chigi, sede della Presidenza del Consiglio, con le funzioni di Consigliere Diplomatico.
Nel porgerLe un doveroso saluto al momento del suo arrivo in Argentina, desideriamo anche formulare per il nuovo Capo Missione della Calle Billinghurst i migliori auguri di buon lavoro in questa sede che – siamo certi – le offrirà anche un soggiorno gradevole e un contesto di grande interesse professionale.
Intanto desideriamo anche segnalare come in certi ambienti della vasta comunità italiana d’Argentina sia stato facile nelle ultime settimane cogliere l’interesse ed il clima di attesa regnante per l’inizio di questa nuova fase delle relazioni bilaterali, con il cambio di Ambasciatore che, per la prima volta, in questa occasione è un cambio anche di genere, perché mai c’era stata una donna a capo della Rappresentanza italiana a Buenos Aires.
Interesse e aspettative, peraltro, più che spiegabili – crediamo di poter aggiungere – anche in relazione a quello che negli ultimi tempi è stato difficile non avvertire come un certo tono minore in queste relazioni bilaterali, dovuto forse a questioni e congiunture che non sempre sono sembrate agevolare la storica e consolidata tradizione di straordinaria amicizia, di proficua cooperazione e finanche – perché no? – diremmo di “hermandad”, con preghiera di non essere accusati di facile retorica: oltre due secoli di questa particolare quanto concreta convivenza ci possono assolvere da tale peccato…
Per il resto – e concludiamo – speriamo che la brillante carriera di Teresa Castaldo, la sua consolidata esperienza diplomatica, unita alla riconosciuta intelligenza politica che la caratterizza e alla storica tradizione d’amicizia che unisce da sempre le due Nazioni, si rivelino rapidamente elementi portanti per un attivo rinnovamento e una generale ripresa dei rapporti italo-argentini, superando – semmai davvero ci fossero stati – ombre e malintesi di qualunque origine e natura.
Ben arrivata e buon lavoro, dunque! MB
ARGENTINA
La parola alla presidente / Il 14 settembre la tv e la radio pubbliche argentine hanno tra-smesso in simultanea la prima intervista che la presidente Cri-stina Fernández ha concesso ai mezzi d’informazione nazionali dal 2009. "Il giornalista prescel-to è stato l’ultrakirchnerista Hernán Brienza", scrive il Clarín, quotidiano critico con il governo. L’intervista, durata mezz’ora, continuerà il 21 settembre. "La presidente ha criti-ato i mezzi d’informazione, ag-giungendo che fortunatamente oggi gli argentini stanno meglio di dieci anni fa".

NICARAGUA
Diplomazia Tensione con il Nicaragua / Semana, Colombia / La sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja, che alla fine del 2012 ha ridefinito i limiti marittimi tra la Colombia e il Nicaragua, non sarà applicabile finché mancherà un trattato bilaterale tra i due paesi. L’ha dichiarato il 16 settembre il presidente colombiano Juan Manuel Santos, che vuole proteggere la sovranità del suo paese sul Caribe e sull’arcipelago San Andres, Providencia y Santa Catalina. "Questo significa", scrive Semana, "che la sentenza non è applicabile oggi, ma lo sarà in futuro. Quando? Non si sa. Potrebbero passare anni, ma nel frattempo il governo ha messo a segno un colpo da maestro, perché la maggioranza dei colombiani si oppone alla sentenza della corte. Santos ha lasciato i suoi critici con pochi argomenti e ha accontentato i cittadini che non vogliono cedere a Managua la sovranità sull’arcipelago. È la prima volta nella storia della Colombia", conclude la rivista, "che un messaggio così ambiguo ha messo d’accordo il governo e l’opposizione".

BRASILE
BRASILIA – VIAGGIO CANCELLATO / Dopo le rivelazioni sullo spionaggio della National security agency (Nsa) ai danni di Dilma RoussefF, il 17 settembre la presidente del Brasile ha annuncia-to che rimanderà il suo viaggio ufficiale negli Stati Uniti previ-sto per il 23 ottobre. Secondo la nota diffusa dal governo, la decisione è stata presa d’accordo con il presidente statunitense Barack Obama. "La scelta di Rousseff", ammette Carta Ca-pital, "potrebbe provocare qualche tensione diplomatica. Ma era l’unica alternativa in at-tesa di ricevere delle scuse for-mali da Washington, condizione necessaria alla realizzazione del viaggio. La crisi ha dimostrato che nel mondo c’è poco spazio di manovra per un Brasile che vive all’ombra degli Stati Uniti".

VENEZUELA
II 17 settembre 16 persone sono morte negli scontri tra detenuti nella prigione Sabaneta, a Maracaibo. Le violenze sono scoppiate tra bande rivali che si contendevano il controllo del carcere.

MESSICO
II 15 settembre Benjamin Medrano è entrato in carica come sindaco di Fresnillo, nello stato di Zacatecas. È il primo sindaco apertamente gay nella storia del Messico.

MESSICO
Citta del Messico – Messico e nuvole? La lotta dei maestri non si ferma davanti alla repressione SI,. le nuvole si vedono nell’orizzonte del grande Messico, e sono proprio grigie. A parte il tirs di torna di che lo sta accerchiando, è il paese delle grandi contraddizioni che vive oggi una guerra, una delle tante che deve affrontare, diviso tra un governo totalitario e un narcotraffico dilagante.
In questi giorni, nel pieno dei nubifragi che già hanno fatto decine di morti e di una mobilitazione degli insegnanti che nonostante la repressione non arretra, gira sul web una richiesta di aiuto per ripristinare la pace e la tranquillità a livello sociale. Da settimane il più importante sindacato dei maestri e gli insegnanti (SNTE)si batte contro la nuova riforma che vuole imporre il governo di Peña Nieto. Peña Nieto, è il giovane presidente messicano figlio prodigo del più vecchio partito politico messicano, il Partido Revolucionario Institucional e governatore dello Stato del Messico.
Il movimento degli insegnanti diretto dall’aguerrito SNTE di Oxaca sta portando avanti la protesta contro la riforma educativa e, dopo una dura repressione della polizia lo scorso venerdì, è tornato a riprendersi Città del Messico . Da ieri, gli insegnanti hanno ripreso a manifestare con lo slogan “dare il grido” davanti al Monumento de la Revolución in pieno centro della capitale. Gli insegnanti hanno deciso di “continuare con questa lotta”e realizzare una consultazione il prossimo 20 settembre per definire la situazione del movimento. Il segretario generale della sezione 22 di Oaxaca, Ruben Nuñez Ginés, ha avvertito che con l’arrivo di migliaia di insegnanti tra lunedi e martedì, non solo si arriverá a prendere tutto il Zocalo se no tutta la di Città del Messico gridando in faccia al governo di Enrique Peña Nieto “che la riforma scolastica non verrà applicata nella capitale e neppure negli altri stati in cui opera il gruppo di insegnanti dissidenti”.
Peña Nieto, ultimamente, ha avuto a che fare con il caso di San Salvador di Atenco, che ha commosso l’opinoine pubblica messicana, mostrando il suo volto peggiore. La vicenda costò la vita a Alexis Benhumea e Javier Cortés, l’incarceramento di più di 200 persone, l’umiliazione e la violenza sessuale nei confronti delle donne fermate e portate in carcere e l’espulsione di stranieri. Secondo la Commissione Nazionale per i Diritti Umani e la Corte Suprema si sono commessi abusi sessuali e violenze contro le donne che protestavano soltanto per non perdere la proprietà della loro terra ed impedire al governo di strappargli l’unico bene prezioso e chiudere cosi l’affare più importante dell’ amministrazione Calderón: costruire un aeroporto e un corridoio commerciale di lusso. In questi quattro anni la vicenda di Atenco è stata un simbolo della repressione che in Messico vorrebbe far tacere chi si oppone, però anche della continuazione di una mobilitazione per non lasciar soli i prigionieri e continuare a mantenere aperti gli spazi di critica e di azione politica dal basso

ECUADOR
IL PRESIDENTE RAFAEL CORREA HA DATO INIZIO ALLA CAMPAGNA CONTRO LA CHEVRON PER DANNI AMBIENTALI / LE MANI SPORCHE DELLA MULTINAZIONALE PETROLIFERA STATUNITENSE.
di Geraldina Colotti
«LA MANO NEGRA DE CHEVRON», la mano sporca della Chevron. Si chiama così la campagna lanciata da Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, contro la multinazionale statunitense che ha acquisito la precedente Texaco. Correa ne ha illustrato i termini durante un viaggio in Amazzonia in cui si è soffermato soprattutto nei pressi del pozzo petrolifero Aguarico 4, nella regione di Sucumbios, dove ha operato la compagnia Usa. La multinazionale, che ha spadroneggiato in quella zona tra il 1972 e il 1990 sotto il marchio Texaco, prima di essere acquisita dalla Chevron nel 2001, ha contaminato l’area e per questo è stata condannata a pagare una multa di 19 miliardi di dollari per gravi danni ambientali, nel febbraio 2011. E si rifiuta di pagare, minacciando anzi pesanti ritorsioni.
Tutto si era messo in moto quando un tribunale di Sucumbios aveva riconosciuto legittime le denunce presentate dagli avvocati di 30.000 abitanti della regione, e aveva fissato a 9,5 miliardi di dollari l’ammenda. La sentenza prevedeva anche che la compagnia porgesse «pubbliche scuse alle vittime», pena l’aumento della sanzione. Chevron ha però cercato di scaricare tutte le responsabilità sull’azienda statale ecuadoriana Petroecuador e ha presentato ricorsi su ricorsi. Ha anche sostenuto che la controparte ha corrotto i giudici per addomesticare la sentenza e si è nuovamente appellata al Ciadi, un organismo di arbitraggio internazionale che i paesi progressisti dell’America latina disconoscono per la sua permeabilità agli interessi delle grandi corporations. Il Ciadi ha già ritenuto illegali le espropriazioni delle grandi compagnie petrolifere messe in atto nel Venezuela bolivariano di Hugo Chávez e il 5 ottobre tornerà a decidere sull’Ecuador, altro paese dell’America latina che ha deciso di impiegare le risorse petrolifere per il benessere degli strati popolari. La Chevron accusa l’Ecuador di aver disatteso il Trattato bilaterale di protesione degli investimenti (Tbi) con gli Stati uniti. L’Ecuador ribatte che il Tbi è entrato in vigore nel 1997, cinque anni dopo che Texaco aveva abbandonato il paese. L’applicazione retroattiva del trattato sarebbe «un’autentica aberrazione giuridica», ha affermato il ministro degli Esteri ecuadoriano Ricardo Patiño, e ha messo in guardia la multinazionale Usa «dallo screditare un paese come il nostro» e ad adempiere invece a «quanto prescritto dalle leggi ecuadoriane». D’altro canto – ha detto Correa – è chiaro che solo Texaco ha sfruttato Aguarico 4, «abbandonandolo definitivamente nel 1992». Una zona che non è mai stata bonificata e per questo la campagna contro la Chevron mostra una mano che si immerge nella terra e che diventa nera per il petrolio. Correa lo aveva denunciato già nel 2007 e ieri è tornato sul posto per far vedere al mondo «le menzogne di Chevron».
Per questo, Rafael Correa ha chiesto aiuto agli altri governi socialisti della regione, e alla solidarietà internazionale.

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI
Tutti assicurati / I cittadini statunitensi che non hanno un’assicurazione sanitaria avranno tempo dal 1 ottobre al 31 marzo per comprarne una. Entra in vigore così una delle parti più discusse della riforma sanitaria firmata dal presidente Barack Obama nel 2010, quella che obbliga tutti i cittadini ad avere una copertura sanitaria. Le legge prevede la creazione, in tutti gli stati, di exchange, mercati delle polizze sanitarie dove i cittadini potranno scegliere, sotto la supervisione del ministero della sanità, il tipo di copertura più adatto a loro. I repubblicani, ostili alla riforma, sono pronti a criticare il minimo intoppo in questo complicato passaggio, scrive Politico: "Non vedono l’ora di dire che la legge è un fallimento". Molti governatori repubblicani stanno ostacolando la creazione di exchange nei loro stati. Nel frattempo il congresso si prepara ad approvare il nuovo bilancio, e i repubblicani potrebbero respingere ogni accordo che non comprenda il taglio dei fondi alla ri-forma sanitaria.
USA
Sparatoria a Washington / Il 16 settembre Aaron Alexis, un texano di 34 anni, ha aperto il fuoco in un edificio della marina militare statunitense a Washington uccidendo 12 persone e ferendone 8. Poi è rimasto ucciso nello scontro a fuoco con la polizia. Alexis, che lavorava come consulente per la marina, ha sparato con un fucile legalmente acquistato in Virginia. Sof¬friva di disturbi mentali e aveva avuto problemi con la giustizia.

CANADA
Almeno cinque persone sono morte il 18 settembre in un incidente tra un treno e un autobus a un passaggio a livello alla periferia di Ottawa.

( articoli da : Azzaman Iraq, The Rwanda Focus, El Pais Spagna, Tribuna Italiana, Adncronos , ItalPlanet News, Le Monde, NYC Time, Time, Guardian, Clarin, Internazionale, Il Manifesto e AGVNoveColonne)

 

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