10819 COME CI VEDONO GLI ALTRI

20130914 22:22:00 guglielmoz

• La decadenza di Berlusconi. La Vanguardia, Spagna
• Un paese che affonda Il voto sulla decadenza da senatore di silvio Berlusconi e il recupero della costa concordia hanno dei tratti in comune. Philippe Ridet, Le Monde, Francia
• Razzisti per tradizione. Maaza Mengiste, the Guardian, Regno Unito. Gli insulti contro Cécile Kyenge derivano anche dall’incapacità italiana di fare i conti con il passato coloniale.
• Gli altri guardano avanti e l’Italia retrocede Thomas Fromm, Suddeutsche Zeitung, Germania / il paese ha perso anni preziosi per colpa del cavaliere. E ora non ha gli strumenti per agganciare la ripresa economica.
• CHIUSURA ESTIVA A TEMPO INDETERMINATO – Elisabetta Povoledo, The New York Times, Stati Uniti / Alcune aziende chiudono definitivamente o si trasferiscono all’estero senza dire nulla ai loro dipendenti.

LA DECADENZA DI BERLUSCONI. La Vanguardia, Spagna
Silvio Berlusconi, quattro volte presidente del consiglio e da vent’anni figura centrale della politica italiana, è coinvolto in una serie di processi per i quali si calcola che i suoi avvocati gli siano costati circa 300 milioni di euro. La cifra basta a darci un’idea della sua frenetica vita giudiziaria. Poi ci sono le sentenze. Per citare solo l’ultima, ricordiamo la condanna dell’ottobre 2012 a quattro anni per frode fiscale, confermata dalla cassazione ad agosto. Fino a oggi Berlusconi ha navigato senza naufragare in queste acque tempestose. Il sostegno incondizionato del suo impero televisivo, il suo talento di manipolatore e il potere accumulato negli anni sono stati gli strumenti del suo successo. Ma oggi sembra che intorno a lui il cerchio si stia chiudendo. Il suo ultimo tentativo per ottenere l’impunità è il ricorso presentato qualche giorno fa alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Così spera di non decadere dalla carica di senatore e che non gli sia vietato di partecipare alle prossime elezioni. Berlusconi si rifiuta di accettare una fine così disonorevole della sua carriera politica. Ma non gli sarà facile sfuggire al destino che si è costruito con tanto impegno. La cosa più inquietante di questo pasticcio è che sembra determinato a restare al suo posto a qualsiasi costo. Anche a quello di far cadere il governo Letta, di cui fanno parte vari ministri del Popolo della libertà. Se c’è una cosa di cui l’Italia oggi non ha bisogno, con tassi d’interesse sui titoli di stato già al livello spagnolo, è affrontare una crisi di governo che turbi la sua fragile stabilità. Quindi Berlusconi sbaglia a minacciare di far cadere il governo Letta se non accetta di compiacerlo dopo la sua lunga e peculiare carriera politica. A quasi 77 anni, ormai dovrebbe aver imparato che gli interessi privati non possono essere anteposti a quelli del paese. Eppure continua ostinatamente a farlo.

UN PAESE CHE AFFONDA
IL VOTO SULLA DECADENZA DA SENATORE DI SILVIO BERLUSCONI E IL RECUPERO DELLA COSTA CONCORDIA HANNO DEI TRATTI IN COMUNE. Philippe Ridet, Le Monde, Francia
CHI ARRIVERÀ PRIMA? GLI OPERAI, i sommozzatori, gli ingegneri che devono tirare su il relitto della Costa Concordia, incagliata da due anni all’entrata del porto dell’isola del Giglio? Oppure i 321 senatori della repubblica chiamati a pronunciarsi sulla decadenza di Silvio Berlusconi, condannato in via definitiva il 1 agosto per frode fiscale a quattro anni di reclusione, con pena ridotta a un anno per effetto dell’indulto?
Nel primo caso si tratta di far riemergere completamente una nave di 45mila tonnellate, una procedura indispensabile per trainarla, nell’estate del 2014, nel porto in cui sarà demolita. Nel secondo caso si tratta di porre fine alla carriera politica di un uomo il cui lungo regno sarà ricordato per l’immobilismo, il conflitto di interessi, la litania dei suoi processi (una trentina dal 1992) e il contrasto permanente tra i suoi sostenitori e i suoi avversari, una lotta dalla volta quale l’Italia esce sfinita.
Le operazioni di recupero della Costa Concordia dovrebbero cominciare a metà settembre, tempo permettendo. Il 9 settembre si è riunita per la prima volta la giunta per le elezioni del senato, che a ottobre dovrebbe pronunciarsi sulla sorte di Berlusconi. Due sfide per l’Italia, una tecnologica e l’altra democratica. Dal loro successo dipende in gran parte l’immagine del paese che prima Mario Monti ha tentato e oggi Enrico Letta tenta di ripristinare.
Sono tutte e due procedure inedite. Da un lato, non è mai successo che si provasse a recuperare una nave così grande: 289 metri di lunghezza per 35 di larghezza. Dall’altro, bisogna applicare la "legge Severino", votata alla fine del 2012 e mai applicata fino a oggi, in base alla quale chi deve scontare una condanna superiore ai due anni di carcere non può fare il parlamentare. In entrambi i casi i rischi sono enormi. Se la nave – non si conoscono di preciso le condizioni della parte di scafo sommersa – si dovesse spezzare, l’arcipelago toscano correrebbe un gravissimo pericolo di inquinamento. Sul fronte politico, se i senatori dovessero votare contro la decadenza di Berlusconi da senatore, l’Italia sarebbe ancora una volta indicata come una "anomalia" dove i politici possono evitare il rigore delle leggi che hanno votato. Se invece dovessero mettere fine alla carriera politica di Berlusconi, si esporrebbero alla sua minaccia di far cadere il governo con il rischio di far piombare il paese in una nuova fase d’instabilità. Quando, il 13 gennaio del 2011, la Costa Concordia ha urtato uno scoglio vicino al porto del Giglio, Silvio Berlusconi aveva lasciato il potere da due mesi. La personalità del comandante Francesco Schettino – spaccone, seduttore e imbrillantinato -, che ha abbandonato la nave prima che le operazioni di salvataggio fossero concluse, ha ricordato agli italiani i problemi del presidente del consiglio. Un crudele gioco di specchi in cui il Cavaliere era stato sostituito, da un punto di vista simbolico, da questo capitano di operetta.
FACCIAMO UN SOGNO
Le persone che lavorano intorno allo scafo devono riparare un mastodonte immobile, ma anche l’errore di un uomo che ha causato la morte di 32 persone. Sono tanti gli italiani che si sono sentiti offesi dalla vigliaccheria e dall’incompetenza di Schettino. Lo stato italiano si è costituito parte civile nel processo ir. corso al tribunale di Grosseto, perche pretende da Schettino i danni per aver leso l’immagine dell’Italia. Questa stessa fragile ~ immagine" e in gioco al senato. Aggrappandosi al suo mandato dopo aver esaurito tutti i ricorsi possibili, tenendo sotto scacco permanente il suo paese, rivitalizzando un conflitto tra i "giudici di sinistra illegittimi" e i "milioni di elettori" che hanno votato per il suo partito, Silvio Berlusconi continua a danneggiare l’Italia. Attraverso il voto a scrutinio segreto i suoi colleghi senatori avranno la possibilità di "colpirlo" duramente, addirittura di "affondarlo", si spera una volta per tutte.
Pronti alla gara? Il Partito democratico per ora ostenta una posizione inflessibile. "La legge è uguale per tutti", giurano. Lo stesso vale per il Movimento 5 stelle e, in misura minore, per il partito centrista di Mario Monti. Sulla carta c’è una maggioranza favorevole alla decadenza di Silvio Berlusconi. Intanto sull’isola del Giglio i tecnici scommettono sul successo del recupero. Facciamo un sogno: entro un anno la Costa Concordia farà il suo ultimo pericoloso viaggio e Silvio Berlusconi sarà costretto ad andare in pensione. L’Italia se lo merita.

RAZZISTI PER TRADIZIONE. Maaza Mengiste, The Guardian, Regno Unito
GLI INSULTI CONTRO CÉCILE KYENGE DERIVANO ANCHE DALL’INCAPACITÀ ITALIANA DI FARE I CONTI CON IL PASSATO COLONIALE
IL4 settembre, di fronte alla sede del X municipio di Roma, dove era attesa la visita di Cécile Kyenge, prima donna nera alla guida di un ministero italiano, sono stati trovati tre manichini coperti di sangue finto. Accanto c’erano dei volantini su cui si leggeva: "L’immigrazione è il genocidio dei popoli. Kyenge dimettiti". È l’ultimo di una serie sconvolgente di attacchi e minacce contro la ministra. Un ex ministro ha detto che somigliava a un orango e un vicesindaco l’ha paragonata a una prostituta. Infine, qualcuno le ha lanciato delle banane durante un discorso. La sua nomina a ministra dell’integrazione non ha solo scoperchiato i problemi dell’Italia con la tolleranza razziale, ma ha anche smentito il luogo comune degli "italiani brava gente". È questo luogo comune che mi ha spinto a scegliere l’Italia come argomento del mio nuovo libro. Un’idea che contraddice le esperienze di mio nonno, e della sua generazione, che combatté contro l’invasione fascista dell’Etiopia e subì cinque anni di occupazione italiana. Il partito fascista e Benito Mussolini governarono a Roma dal 1922 al 1943, e durante quel periodo l’Italia ampliò il suo impero oltre la Libia, l’Eritrea e la Somalia. Nel 1935 invase l’Etiopia con una miscela devastante di guerra aerea e attacchi terrestri. Gli etiopici dovettero subire il gas mostarda, i campi di concentramento e i massacri, tattiche che l’Italia mise a punto in Libia, dove si svolse per trent’anni una lotta brutale che gli italiani definirono "campagna di pacificazione".
I resoconti della guerra in Etiopia erano censurati e si parlava invece della missione civilizzatrice portata avanti dall’Italia. Inoltre, si sottoponeva la lingua ad accurate manipolazioni per convincere gli italiani non solo che avevano diritto di prendersi la terra di un altro popolo, ma anche che si trattava di un gesto di benevolenza. La cosa che più colpisce è che la vicenda coloniale italiana è quasi assente dai libri di storia e dal dibattito nazionale. Solo nel 1996, sessant’anni dopo, il ministero della difesa ha ammesso l’uso del gas mostarda nella campagna d’Etiopia. La Germania ha avuto i processi di Norimberga, il Sudafrica la sua Commissione per la verità e la riconciliazione. Neil’ Italia nel dopoguerra è mancato un dibattito simile che avviasse il paese sul difficile cammino verso la pacificazione.
TRASFORMAZIONE
Questi momenti di presa di coscienza ci hanno dimostrato che affrontare gli eventi dolorosi del passato cementa la memoria collettiva e contribuisce a creare un vocabolario del pentimento. Riawicina quanti ebbero il potere di ferire e quanti hanno il potere di perdonare. Il compito dell’Italia dal 1861, l’anno dell’unificazione, è stato quello di accomunare gruppi di persone molto diverse e spesso in conflitto fra loro. Si attribuisce a Massimo d’Azeglio la frase: "Abbiamo fatto l’Italia. Ora dobbiamo fare gli italiani". L’identità collettiva dell’Italia, ammesso che esista, è stata costruita con cura. Un’identità che ha avuto tra le sue componenti la pelle bianca. E che oggi si sente messa in discussione dalla presenza della ministra Kyenge. Ma l’Italia, volente o nolente, sta subendo una trasformazione. Gli immigrati di prima o di seconda generazione, e altri italiani, stanno tentando di modificare le leggi discriminatorie, combattono per una maggiore consapevolezza del passato e delle potenzialità per il futuro. Ricordo una cena a Roma con amici e colleghi. Da un altro tavolo è stato fatto un commento ad alta voce sul colore della mia pelle, il cibo, e certe volgari allusioni sessuali. Gli amici che mi stavano accanto sono rimasti esterrefatti. Poco dopo un signore anziano mi ha fatto l’occhiolino, e quando ho protestato ha allargato le braccia e si è messo a ridere. Se non avessimo sentito tutti quel che aveva appena detto, sarebbe sembrato un tipo allegro che era stato frainteso e ingiustamente accusato. Un esemplare degli "italiani brava gente".
Invece gli insulti a Cécile Kyenge sono stati molto più virulenti, non c’era la decantata giovialità degli italiani. Un mito che resiste solo perché non ci sono sanzioni severe contro i politici e i gruppi responsabili di certe violenze verbali. Occorre fare i conti con il proprio passato, coinvolgendo tutti gli italiani. Ho chiesto a una mia amica italiana di origini somale cosa ne pensasse degli insulti a Kyenge. "Questo è il mio paese", mi ha risposto. "Stiamo lavorando per migliorarlo. Oggi più che mai, l’Italia ha bisogno di persone come me".
Maaza Mengiste è una scrittrice etiopica-americana che vive negli Stati Uniti.

GLI ALTRI GUARDANO AVANTI E L’ITALIA RETROCEDE Thomas Fromm, Suddeutsche Zeitung, Germania
IL PAESE HA PERSO ANNI PREZIOSI PER COLPA DEL CAVALIERE. E ORA NON HA GLI STRUMENTI PER AGGANCIARE LA RIPRESA ECONOMICA

Di solito agosto è il mese in cui l’Italia si dimentica del resto del mondo. Il mese in cui un intero paese si spegne. Di politica e di economia parla il telegiornale, ma per fortuna le tv sono lontane e si possono anche spegnere.
Quest’anno, però, le cose sono andate diversamente. Molti italiani sono partiti per le vacanze estive con un brutto presentimento, che dopo le ferie molte cose sarebbero potute cambiare in peggio. Per esempio Chiara, 35 anni, è in vacanza a Palinuro, il mare è calmo e azzurro, ma lei non riesce a godersi niente di tutto questo. Chiara fa un tiro di sigaretta e racconta: lavora per un’impresa edile vicino a Napoli, ma da sei mesi non riceve lo stipendio e ora teme che al ritorno dal mare non troverà più il lavoro. Ha paura che la ditta si volatilizzi nel nulla. Di bancarotte aziendali durante le vacanze estive in Italia ce ne sono sempre state, ma ora stanno diventando la regola.
Molte aziende italiane, soprattutto quelle di piccole dimensioni, sono da anni in passivo, vittime di una recessione che non si è interrotta neanche nel secondo trimestre dell’anno, quando in altri paesi d’Europa c’è stata una ripresa. E non sembra che ci siano miglioramenti in vista. Al contrario, dopo aver perso anni preziosi intorno a un solo uomo, ai suoi interessi economici, ai suoi giochi di potere politici e alle sue orge notturne, il paese non trova pace, anche perché questa persona continua a tenere in pugno l’Italia e la sua economia.
Silvio Berlusconi, più volte presidente del consiglio, condannato per frode fiscale, ha ottenuto, in cambio del sostegno al governo Letta, l’abolizione dell’imposta sulla prima casa. Inoltre, se in seguito alla sua condanna per evasione fiscale, Berlusconi fosse escluso dal parlamento, il paese rischierebbe il tracollo. Politici di maggioranza, economisti e perfino operatori di borsa affermano che se Berlusconi farà crollare la coalizione di governo le conseguenze saranno "drammatiche" sia per la società sia per l’economia italiana. E anche per i mercati finanziari internazionali.
Oltre a Berlusconi riemerge anche un altro spettro: la paura dello spread, la differenza tra il tasso d’interesse dei titoli di stato italiani e quelli tedeschi. In Italia i tassi dei titoli di stato stavano diminuendo da settimane ed erano tornati al livello di due anni fa. Però le turbolenze politiche romane hanno fatto scendere la borsa e anche i tassi d’interesse dei titoli di stato hanno ripreso ad aumentare, superando quelle dei titoli spagnoli. Se questa tendenza continuerà, l’Italia dovrà pagare di più per l’emissione delle sue obbligazioni e lo spread ricomincerà a salire. Ma questo succederebbe in un momento particolarmente inopportuno: secondo le stime degli analisti, Roma dovrebbe collocare nuovi titoli di stato per 65 miliardi di euro entro la fine dell’anno. Se questa impresa dovesse rivelarsi più costosa del previsto per l’Italia, ci sarebbero ripercussioni sull’economia nazionale e la minima ripresa congiunturale osservata di recente potrebbe essere soffocata sul nascere.
SOPRAVVIVERE A OGNI COSTO
Molte aziende italiane preferiscono non aspettare. Ne hanno abbastanza. Come nel caso del fornitore di componenti per ascensori Hydronic Lift di Pero, in provincia di Milano, un’azienda che avrebbe dovuto chiudere solo tre settimane per le vacanze estive e che invece non ha più riaperto. Oppure come la Firem di Modena, che produce resistenze elettriche: ad agosto il titolare dell’azienda ha augurato buone vacanze ai quaranta dipendenti, ma appena il capannone è rimasto vuoto ha cominciato a smantellare gli impianti per riaprire l’azienda in Polonia. "Se avessi annunciato la mia intenzione di trasferire la produzione all’estero, gli operai avrebbero occupato la fabbrica", spiega. Lui voleva solo sopravvivere, a ogni costo.
La terza economia d’Europa è stata superata, per competitività e produttività, da molti paesi e ormai si attesta accanto ai paesi africani. In Italia sono in tanti a citare la Polonia come esempio da seguire. I sindacati avvertono: la chiusura silenziosa e senza preavviso delle aziende è diventata una sorta di sport nazionale degli imprenditori durante l’estate. I diretti interessati si difendono: in Italia c’è troppa burocrazia, associata a inefficienza, instabilità politica, tasse elevate ed economia sommersa. E poi non minaccia di trasferirsi negli Stati Uniti anche la Fiat, l’azienda più grande del paese? Chiara, una volta tornata a casa da Palinuro, avrà ritrovato il suo lavoro.

CHIUSURA ESTIVA A TEMPO INDETERMINATO
Elisabetta Povoledo, The New York Times, Stati Uniti
ALCUNE AZIENDE CHIUDONO DEFINITIVAMENTE O SI TRASFERISCONO ALL’ESTERO SENZA DIRE NULLA AI LORO DIPENDENTI
I lavoratori italiani riconoscono che la lunga recessione nell’industria può rendere inevitabile chiudere alcune fabbriche. Sostengono, però, che c’è modo e modo di farlo.
I primi giorni di agosto i trenta dipendenti della Hydronic Lift, un’azienda che produce componenti per ascensori, sono partiti per le ferie estive. Tre settimane dopo, tornati al lavoro, hanno trovato i cancelli della fabbrica chiusi con catene e lucchetti. L’azienda non gli aveva detto nulla. "Non per fare i sentimentali, ma un operaio rischia danni psicologici seri se va in ferie con l’angoscia che al ritorno forse non troverà più il suo lavoro", afferma Alberto Larghi del sindacato dei metalmeccanici.
L’episodio è stato solo l’ultimo di una serie di chiusure di stabilimenti che hanno fatto notizia in Italia. Il sindacato dei metalmeccanici Fiom, che fa parte della Cgil e rappresenta i dipendenti della Hydronic Lift, in una nota ha scritto: "Pare che lo sport in voga tra gli imprenditori in questa estate del 2013 sia trasformare la chiusura per ferie in chiusura definitiva, senza alcun preavviso e approfittando dell’assenza dei lavoratori: quando si dice capitani coraggiosi".
Parlare di sport estivo è un po’ esagerato: i casi si contano sulle dita di una mano, compreso quello di una fabbrica in provincia di Modena, dove la direzione ha approfittato della chiusura ad agosto per spostare in Polonia i macchinari per produrre componenti elettroniche. Il paese, pur subendo i contraccolpi di una lunga crisi economica, tenta tra mille difficoltà di far ripartire la produzione industriale e di affrontare le pressioni della globalizzazione.
I dipendenti della Hydronic Lift dicono di essere preoccupati per il futuro, ma af-
fermano che ad averli scioccati di più è stata la chiusura furtiva. Non sospettavano nulla, anzi dicono che poco prima delle ferie lo stabilimento ha evaso vari ordinativi. Inoltre, in fabbrica erano state installate nuove telecamere di sicurezza e si era cominciato a parlare di aumentare i premi di produzione. Non sembrava certo di lavorare in un’azienda che stava per fallire.
"È UN PUGNO NELLO STOMACO", dice Domenico Carbonara, un dipendente che si trovava in Croazia con la famiglia quando ha ricevuto la notizia della chiusura dello stabilimento. Per una settimana lui e i suoi colleghi di lavoro hanno piantonato ventiquattro ore al giorno i cancelli dello stabilimento – la Hydronic Lift è un’impresa di medie dimensioni che ha la sede a Pero, una zona industriale fuori Milano – per il timore che la direzione tentasse di portare via i macchinari rendendo così irrevocabile la chiusura. I dirigenti della Hydronic Lift non hanno risposto alle chiamate e alle email per commentare l’accaduto.
Il 3 settembre i rappresentanti dei sindacati e i dirigenti dell’azienda sono stati ricevuti al ministero del lavoro per cercare di negoziare un accordo per la riapertura dello stabilimento o per la ricollocazione dei dipendenti negli altri suoi stabilimenti. L’azienda, pero, non è disposta ad accettare nessuna delle due soluzioni, spiega Larghi, che ha partecipato alla riunione in rappresentanza del sindacato. "Sostengono che le vendite sono calate del 40 per cento. Loro, però, hanno anche licenziato la metà dei dipendenti", dice Larghi. "Siamo troppo giovani per andare in pensione, ma troppo vecchi per trovare un altro lavoro", afferma Antonio Fusarpoli, cinquant’anni, entrato a lavorare alla Hydronic Lift ventisei anni fa. Negli ultimi quindici anni l’azienda ha dimezzato il numero dei suoi dipendenti e, negli ultimi tempi, si è avvalsa in più occasioni delle norme che consentono alle aziende di far lavorare meno i dipendenti, invece di licenziarli, usando i sussidi dello stato.
L’ECONOMIA NON CRESCE
Uno studio pubblicato a giugno dalla Confìndustria afferma che dal 2009, quando è cominciata la crisi economica, l’Italia ha perso il 15 per cento del settore manifatturiero. La produzione industriale è scesa del 25 per cento rispetto al punto massimo, toccato nel 2007, e il tasso di disoccupazione è arrivato al 12 per cento. Malgrado una serie di provvedimenti del governo Letta e del governo Monti, l’Italia non cresce.
Secondo i dati relativi ad agosto, diffusi dall’ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat), mentre la Germania e la Francia stanno uscendo dalla recessione, l’economia italiana rimane indietro. Anche l’Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico (Ocse) prevede che alla fine del 2013 il pil italiano sarà sceso dell’ 1,8 per cento. L’economia italiana sarà l’unica, tra le prime sette al mondo, per la quale quest’anno si prevede un arretramento.
I dipendenti della Hydronic Lift sostengono che l’azienda non ha gravi problemi finanziari. Sul sito aziendale si legge che "oltre duecentomila ascensori in tutto il mondo installano dispositivi prodotti nello stabilimento di Pero".
Poco prima delle ferie estive, dicono i dipendenti, sono stati smaltiti ordinativi sufficienti a caricare quindici tir. "C’era tanto di quel lavoro che non era certo il momento di chiudere", osserva Daniele Fiore, un dipendente. "Quando c’è una crisi si intavolano trattative. Invece il modo in cui l’azienda si è comportata in questa situazione ha qualcosa di indecente

(articoli da: Internazionale , The New York Time, Suddeutsche Zeitung, The Guardian, Le Monde e La Vanguardia)

 

Views: 1

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.